mercoledì 23 gennaio 2013

Calasso: "K."





In un imprecisato giorno d’inizio primavera approdai a Firenze.
Lasciai il mio eremo a ridosso della spiaggia di una Marina perché un’amica fotografa inaugurava una mostra.
Ero in anticipo e passeggiavo per le vie centrali con un occhio all’orologio e uno distrattamente, a quel che mi accadeva intorno.
Sono attirato, da sempre, dalle bancarelle di libri usati o semplicemente non letti e consegnati al triste destino di una seconda scelta.
Catturò la mia attenzione, fra titoli dimenticabili, un’edizione della casa editrice Adelphi; un’opera di Roberto Calasso: “K.” pubblicata da qualche mese.
Lo gingillai un poco fra le mani e chiesi “quanto viene?” “Cinque!” mi disse il poco elegante giudice di un centinaio di libri posti in sua balia.
“Cinque ? Lo prendo”
Assolsi i miei impegni pubblici e tornai all’eremo…
E il libro, “K.”, iniziò a darmi la caccia in ogni angolo della casa.

I libri che stanno in con me, se non li leggo diventano ossessivi, opprimenti.
Hanno bisogno di farsi coccolare dalle mani e dagli occhi e in cambio mi offrono le loro parole.

Stavo leggendo il “Malte” e parallelamente scrutavo le opere di Balthus, cercando delle affinità, quindi rimandavo sempre.

Terminate queste meditazioni prendo “K.”, lo porto sul tavolo del giardino e inizio ad accudirlo.
Leggo le prime cinque righe e lo richiudo sconcertato. Mi dico: “non è possibile!”  Rientro in casa, recupero le opere di Kafka (ed Meridiani Mondadori e non solo), leggo l’inizio del romanzo “Il Castello” poi lascio questo gioiello adagiato ben aperto alla prima pagina e torno a “K.” di Calasso.

Valuto l’oggetto, lo soppeso. Bella grafica, color torrone. Tutto molto elegante. Un ghirigoro dal sapore esoterico in copertina che risulta essere una Kappa prodotta dalla mano di Kafka.

Ebbene, narro cos’è accaduto fra le pagine di K., le prime due facciate de “Il Castello” e la mia povera mente.


Il libro, “K.” di Calasso, inizia così:
“All’inizio c’è un ponte di legno coperto dalla neve. Nebbia spessa. K. Alza gli occhi “verso quel che in apparenza era il vuoto”, in die scheinbare Leere. Alla lettera  “verso il vuoto apparente”. K. Sa che in quel vuoto c’è qualcosa: il Castello. Non l’ ha mai visto prima, forse non vi metterà mai piede.”  

Ora, dal romanzo “Il Castello” trascrivo alcuni punti, racchiusi, si pensi un po’, in due sole scarne facciate
Ecco l’inizio del Romanzo (ho scelto la traduzione di Anita Rho, ma possiamo affrontare anche direttamente il testo originale…..):
 “Era tarda sera quando K. Arrivò. Il paese era affondato nella neve. La collina non si vedeva, nebbia e tenebre la nascondevano e non il più fioco raggio di luce indicava il grande Castello.
K. Si fermò a lungo sul ponte di legno che conduce dalla strada maestra al villaggio e guardò su, nel vuoto apparente. Poi andò a cercarsi un tetto.  …..”   
            
la trama si evolve così:  una volta nell’osteria, K. si sistema da solo un pagliericcio, non parla con nessuno e si addormenta.
Viene svegliato poco dopo da una persona che si qualifica come figlio del portinaio del Castello e dice a K. che senza un permesso del Conte non si può stare nei suoi territori.
K., appena desto, risponde “IN QUALE VILLAGGIO MI SONO SMARRITO? C’ E’ UN CASTELLO QUI?”

E’ evidente che Kafka nel “costruire” questa prima pagina, offre al lettore un dato che K. (il protagonista) non possiede. Noi, i lettori, sappiamo che nel nulla nebbioso che si vede dal ponte, c’è un castello. K. non lo sa e la sua domanda al figlio del portinaio rivela senza alcuna possibilità di dubbio, che non sa di quale villaggio si tratta e nemmeno  di conseguenza….!, che vi sia un castello.
In più, dalle poche parole dette dal figlio del portinaio, ha capito che per poter rimanere in quel luogo ed esattamente sul suo pagliericcio nell’osteria, (poiché era assonnato e in quel preciso frangente non pensava ad altro che a riposare in un luogo che lo riparasse dal freddo della notte invernale) è necessaria una autorizzazione che dovrebbe venire rilasciata da un conte.

K. si è appena svegliato e la mente va ancora a mezzo regime. Le informazioni del figlio del portinaio lo colgono di sorpresa e le sue successive domande (in che villaggio mi sono perso? E, qui c’è un castello?), lo dimostrano. K., un poco alla volta torna lucido e dialoga col figlio del portinaio.


Alcune frasi sono conferme, ripetizioni di quanto ha appena  sentito come se egli più che parlare con l’interlocutore, che comunque risponde, stia elaborando quelle informazioni mentre le riceve. Chiede se non si può fare a meno del permesso del conte, e anche questa domanda è inutile vista la perentorietà delle risposte già ricevute.
L’intenzione di K. è quindi di perdere un poco di tempo per recuperare la lucidità e studiare una reazione, che intende difendere in primo luogo, un momento di riposo interrotto, ma necessario. Egli, con le sue risposte, intende rimandare la questione a domani. K. dichiara che intende procurarsi quel il permesso rilasciabile solo dal conte, ma gli viene fatto notare che è mezzanotte e non si può. Ora la risposta di K. crea i presupposti dello scontro: “se non si può perché mi hai svegliato?” (risposta densa. Ci dice che non potendosi creare una “cucitura” normativa, si dovrà applicare la legge del più forte e, in assenza del conte la sfida diventa fra due singoli: il messo del Castello e K. ... elementare Watson…). k. viene considerato un vagabondo e riceve l’ordine di andarsene.
Notare bene!!! è il lettore a sapere che K. è considerato un vagabondo oppure è K. stesso a sentirselo dire? Si scopre che è valida la prima istanza. Anche questo non prova forse che Kafka si allea con il lettore offrendogli qualche dato in più che non a K.?
E poi; sul fatto che K. venga considerato un vagabondo, possiamo considerare un passo successivo, nel quale viene impietosamente descritto con un abbigliamento più un fagotto e un bastone che nel complesso ne fa l’immagine quasi chapliniana del viandante povero messo in una situazione che è al limite  del disperatamente dignitoso nonostante gli eventi ... oppure si deve intendere un "vagabondo" nel senso più corposo del termine, ovvero colui che vive così per scelta volontaria e fa dell’espediente uno stile di vita? questo nemmeno il lettore lo sa e lo scoprirà proseguendo nella lettura.

E’ il momento della reazione. K. pensa che, o si inventa qualcosa oppure sarà di nuovo in balia della notte e del freddo. Ed ecco l’idea: egli dichiara di essere l’agrimensore chiamato dal conte e, per mettere ancora più nell’incertezza il suo interlocutore (che potrebbe ben capire che sono state utilizzate le informazioni  or ora ricevute da lui medesimo ma evidentemente non ne è capace) e, per metterlo ancora di più a disagio, dice che domani, con la carrozza, arriveranno i suoi aiutanti con gli attrezzi.
Lui, K., è giunto a piedi perché voleva fare due passi nella neve.

E’ evidente che l’idea degli aiutanti che arriveranno l’indomani sposta il problema della menzogna al…. giorno dopo? Certo. Si è tutelata la notte, il giaciglio, il riposo. Anche l’idea di una passeggiata notturna nella neve causa il desiderio di fare due passi è palesemente falsa.

Il figlio del guardiano del Castello comunque decide di chiedere informazioni al Castello poiché la versione ricevuta potrebbe avere una minima probabilità di coerenza (o perché ha dei grossi limiti come tutti gli altri comprimari del romanzo?) e si appresta a telefonare. egli non può ovviamente tollerare neanche lontanamente la possibilità di disattendere ad un ordine che il conte sembra aver dato a quell'estraneo. l'unica possibilità del subalterno, al ci là dei suoi limiti, è quindi una verifica.

La scoperta dell’esistenza dell’apparecchio telefonico sconcerta K. perché così si potrà avere immediatamente la risposta e di conseguenza scoprire la frottola inventata per riposare sul povero giaciglio. Così infatti accade e solo l’ambiguità di una seconda telefonata, partita questa volta dal Castello, evita a K. di finire in malo modo nella neve del viottolo secondario del villaggio per poi  vedersi costretto a tornare sulla via maestra.

K. ha creato la figura dell’agrimensore chiamato dal conte, ma è evidente che probabilmente lui  (K.) di agrimensura non sa nulla. L’unica questione che a lui preme è quella di approdare al giorno successivo e ripartire di buon’ora, lo ripeto ..., prima che si avvicini il momento nel quale sarebbe normale attendersi che arrivino gli inesistenti aiutanti o una risposta definitiva e ovviamente negativa, dal Castello. Si faccia caso, così, tanto per condire un po’, che mai nel romanzo si affrontano problemi di agrimensura.

K. è quindi qualcosa di più di un viandante.
Tornando al ll'inizio del testo di Calasso, quel che non è accettabile, è che nell’analisi elementare ed insisto sulla parola elementare, di un testo, anzi delle pagine iniziali, ovvero del momento nel quale lo scrittore crea la situazione che poi evolverà, ecco, non è accettabile che ci si sbagli.

In questo specifico caso, Il prof dott arcivesc cardinal ecc. Roberto Kalasso ha dato tramite un testo ad una marea di persone, un'informazione errata.

I contenuti che ho qui esposto furono pubblicati sulla rivista “Night”, costola della Factoty di Wahrol, realizzata da Anton Perich, fotografo amico di Andy, e Marco Fioramanti, artista romano e se romano non è, comunque in quella città l’ho conosciuto.
Penso che si fosse nel 2007. È passato qualche anno e ho deciso di non mantenere la  rabbia rabbia di un tempo ... 

Aggiungo un particolare: prima di quella data, contattai Calasso e questi non si degnò di rispondere. La mail che conservo, era pacata, poiché ritengo che sia possibile, se ci si affida alla memoria, commettere errori di questo tipo. Non dimentico mai che un essere umano è … umano, quindi tendente, causa i suoi limiti, all’imperfezione. Irritato dal suo silenzio, e dopo aver verificato che il testo incriminato continuava ad essere pubblicato, decisi di farmi aiutare da un’amica di nome Valentina. Lei inviarò una e mail nella quale parlava da una studentessa stupita. Calasso rispose ... rispose e conservo copia della mail. Scrisse che si trattava di opinioni … e  chiese l’indirizzo per inviarle tre libri in dono …

Non commento. La situazione è talmente volgare che non merita altre parole.

Cosa dire del fatto che non accadde nulla e che il testo ha iniziato a circolare in versione economica? Un furto.... E una mancanza di rispetto verso il lettore. Già è dura la lotta per rendere consapevole il fruitore che intellettuali e artisti son due categorie completamente differenti, ma se poi non ci si inchina nemmeno davanti alle evidenze per migliorare!?!?!?

Ultimamente il blog ha avuto una impennata di lettori per me veramente sorprendente. Non mi interessa spiegarmelo. Forse un’infermiera di qualche centro di igiene mentale ha  ricevuto l’incarico di darmi questa soddisfazione per vedere se smorzo i toni …
Ovviamente è una battuta. Per me non si tratta comunque di una soddisfazione, ma di responsabilità. anni fa curai una rubrica nella quale consigliavo, settimanalmente un libro da leggere. nel giro di poco qualche libraio mi contatò per sapere in anticipo i titoli e fornirsi, poichè si era reso conto che certe vendite dipendevano da quel che avevo consigliato. allora il guadagno per articolo era veramente irrisorio. ora, con questo blog è nullo, ma non me ne lamento. in un'epoca nella quale si agisce solo per denaro e che fa un male tremendo a chi, e non sono l'unico, tende ad amare oltre che a ragionare, in un'epoca come questa, si chiama purezza. nessuno condiziona quel che consiglio. è fra il cuore e l'anima che ho posto alcuni volumi e racconto perchè li amo, tutto quì. il caso di Calasso, con questo libro, che non è stato tolto dal commercio e corretto, nonostante sia stato informato di un errore evidente e capace di sviare il lettore, il caso che vi ho mostrato è sintomatico di una disonestà sia intellettuale che economica. qualcuno ci ha rimesso qualche euro. capita spesso attualmente che un prodotto disattenda le aspettative, quindi ci si può rassegnare ... la perdita pecuniaria è piccola. quel che non tollero è invece il danno intellettuale. Kafka è difficile? sbagliato. Kafka non è semplice, e il motivo è dato dal periodo storico che non è troppo noto e dal fatto che non apparteneva se non in parte alla nostra cultura. agire così, lasciando in circolazione quel libro che dovrebbe chiarire ... si commette un danno che ha un prezzo nell'allontanamento del pubblico da un'opera, come quella di kafka, che merita molto ... che insegna tanto.

Torniamo ora a "Il Castello" di Kafka. Un uomo arriva di notte in un'osteria e li si addormenta. Noi lettori sappiamo che non sa dove si trova. un messo di un conte lo sveglia e gli dice che se non ha il permesso deve andarsene. fuori è freddo ed è buio. il protagonista, utilizzando le informazioni del messo, riesce a trovare una scusa che gli permette di rimandare tutto a domani. dice di essere un agrimensore chiamato dal conte e che domattina arriveranno i suoi due aiutanti.
Il messo telefona per ricevere conferma e viene a sapere che al castello non sanno nulla di agrimensori. sta per accadere un guaio, ovvero K. sta per essere buttato fuori quando accade un fatto per K. incomprensibile, poichè lui sa di aver inventato una bugia. il telefono squilla, il Castello ammette che è possibile che l'agrimensore sia stato chiamato e quindi la notte è salva.
se è possibile che nel dubbio il Castello tergiversi, sorprende e diviene illogico il fatto che l'indomani arrivino davvero due aiutanti che K. dimostra di non conoscere ... mi fermo qui. L'ebreo errante ha una possibilità di inserirsi, di non essere più errante. ci riuscira? ora, con queste basi, la lettura avrà un senso.

ciao

p.s.
(chiedo scusa a chi ha letto il post fra la notte del 23 gennaio e la mattina del 24. era impresentabile e scorretto. qualcuno mi ha avvisato e alle 12, 30 del 24, rimedio la situazione.)

2 commenti:

  1. Molto bello! Complimenti! Ma vorrei fare una correzione, Esenin si era suicidato (o stato ucciso) a Leningrad - cioè San Pietroburgo.

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  2. E io la ringrazio per avermi corretto! Scrivo di getto e con una certa passionalità e quindi capita che ci scappi qualche imprecisione. Pensi che nel post di oggi 31 gennaio, non so a causa di quale interferenza, ho scritto 31 ottobre... Me lo hanno immediatamente comunicato e ho rimediato. Penso che non correggerò il testo. Apparirà dalla sua mail e mi fa piacere che accada perchè penso che se lei mi avesse ritenuto insignificante non avrebbe speso tampo per correggermi!

    ciao

    ciao!

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