giovedì 7 maggio 2015

Lettera ad un diciottenne disorientato

Causa salute, ho lasciato l'insegnamento. Non lo facevo per soldi. So fare ben poco per soldi e ben poco merita di essere sporcato … coi soldi.
Accade comunque che ex studenti cerchino dialogo e di recente uno di essi ha agito con un'urgenza che non sapevo come soddisfare. Troppo grandi le sue domande. Troppo assurda questa epoca.
Egli è al quinto anno. Ha l'esame di maturità. Va bene e manca un mese al termine delle lezioni. Non vorrebbe più frequentare e presentarsi all'esame che, visto il suo livello, sarà una formalità, ma qualche docente lo ha già sgridato per le troppe assenze che di recente ha accumulato. Esse sono molto al di sotto del limite che il regolamento interno considera come una condanna e io gli do ragione. Non è la frequenza che può essere utile a colui che ha già raggiunto il livello richiesto! Ricordo con un pizzico di Ironia, quando mio padre fu richiamato per le mie eccessive assenze. Non c'erano problemi di voti. Mio padre disse che lo sapeva e che sapeva anche dove andavo, ma questo essere che giudico tuttora ridicolo, si permise di sgridarlo. Mio padre, assai malato e claudicante, venne a scuola, lo costrinse ad uscire e a venire a vedere dov'ero. Biblioteca pubblica, davanti a me un libro. UN LIBRO! Perché volevo veramente crescere! E è inaccettabile rimanere parcheggiati in un banco perché la burocrazia, l'ipocrisia e quant'altro esista di fesso, doveva essere assecondata. Ricordo anche all'università. Per la prima laurea terminai gli esami e la tesi con sei mesi abbondanti di anticipo … ma niente, per quella cloaca, che si considera la più vecchia d'Europa (quando invece fu la schola medica di Salerno), dovevo attendere quel tempo, buttarlo via, e vidi la sessione passarmi davanti e odiai quell'inaccessibilità, quello spreco di tempo, del mio tempo, della mia esistenza che stava cercando di fiorire.
Ricordo un dialogo con X (così chiamerò questo studente). Mi racconta del nonno. È sera, è seduto al tavolo e lo sguardo è immerso nella tivù. X chiede “nonno, per te cosa c'è di più importante dopo i soldi!”, il nonno ci pensa un po' e poi dice “forse la salute”. X prosegue, parlando con me ma in fondo con se stesso “lo so che pensano sempre e solo ai soldi, ma mi aspettavo che almeno dicesse i figli! La moglie! I nipoti! no. Io non voglio diventare come loro.”
Ed ecco che un ragazzo di diciotto anni, che pensa (e capita assai di rado), ha cercato un prof che sembrava disposto ad ascoltare … e desiderava, desidera delle risposte. Durante l'ultimo dialogo, proprio in conclusione, come se la domanda bruciasse, ma non avesse comunque avuto il coraggio di liberarsene, ha detto “Ma per cosa posso vivere ...” e gli ho detto “non esiste risposta. Se tela dessi sarei un falsario, uno che vende illusioni. Devi vivere, lanciarti nella vita, e un poco alla volta scoprirai cosa ti piace fare. Potrebbe essere anche semplicemente fare il padre, o amare una donna, o un mestiere. Io non posso darti una risposta.”
ma quel che mi fa male in quella domanda è che conosco la mia epoca a sufficienza per comprendere che la sua generazione, come la mia, rimarrà schiacciata dai fatti enormi e volgari che stanno accadendo. E non ci si può affidare ai media per comprendere.
Se mai, quando venni in Italia, toccai con mano una situazione di raccomandazioni di partito e privilegi talmente feroci da distruggere tutti coloro che non ne godevano anche se di valore, se mai compresi che la lotta era vana e feci scelte estreme che tuttora vivo senza rimpianti, la sua generazione, che si affaccia su una crisi indotta da potenze che ho ben nitide davanti agli occhi della mente, questa generazione che ha ora diciotto anni, cosa può fare se non comperare tutto? E comperi solo se hai i soldi, ma tutto, veramente tutto ormai, si acquista.
Feci sentire di recente a due ex studenti che vennero a trovarmi (e uno di questi era X), il discorso sul PIL di Bob Kennedy. Rabbrividirono, non per il discorso, che approvarono (è su youtube), ma per il fatto che sia Bob che John Kennedy pagarono con la vita quei pensieri che volevano trasformare in azione politica.
Quel discorso dimostra che nelle alte sfere si sa quel che è giusto e quel che è sbagliato. Non accade che l'economia liberista produca un'azione fisiologicamente inevitabile. Tutt'altro. Ci basti pensare alla Federal Reserve che, fondata nel 1903, da alcuni privati (sette per l'esattezza) accorpava capitali per un totale superiore a quel che si trovava nelle casse degli Stati Uniti … cosa dire poi della Gran Bretagna che con la fine della prima guerra mondiale, era talmente indebitata con mister Morgan (uno dei sette della fed), da poter essere considerata da questi come una proprietà privata … e che sensi di colpa per me insegnare storia quando si sanno queste cose e i libri che rifilano a questi diciottenni nemmeno dopo un secolo quella verità la dicono … e non la dicono perché essa vige tuttora …
Ora salto, ma solo in apparenza, di palo in frasca. “Suite francese”, di Irene Nemirovsky. Lei aveva in mente un opera composta da cinque libri. Arrivò a produrne due e poi una malattia la fece soccombere in un campo di concentramento. La prima parte è una lezione enorme, oltre che un gioiello all'altezza dei più grandi scrittori di sempre. Si intitola “Temporale di giugno”. Narra della Francia che soccombe ignobilmente all'avanzata tedesca. Una famiglia benestante fugge in provincia. Ebbene, chiedo ad X di leggere “Temporale di giugno” proprio perché ho compreso la natura delle sue domande e vorrei mostrargli che è nella grande arte che ci sono le risposte vere. Gli chiedo qual'è il capitolo che lo ha colpito di più. Mi dice “quello del prete ucciso dai ragazzini”. “Esatto rispondo” e gli chiedo se mi sa spiegare il senso di quella scena. Tace, ci pensa un po e poi con lo sguardo chiede la risposta. “Quei ragazzi, mantenuti e pseudoeducati in un mare di ipocrisia per nulla celata, sono il punto più basso della società, l'essere umano ridotto alla bestia, senza una minima educazione, una minima cultura. Tutto intorno a loro è orrendo. Le parole del prete sono una bolla vuota, la carità che ricevono è una umiliazione continuamente rimarcata, e sin dai primi capitoli vediamo una borghesia inconsapevole dell'umiliazione continua alla quale fa soggiacere servi e, in fondo, tutti coloro che borghesi non sono. Quando il prete porta i ragazzi in fuga verso le campagne, in quel tremendo capitolo venticinque, assistiamo prima all'uccisione gratuita di due lucertole prese a sassate, preludio del dramma, e poi la violenza pura, nella quale più singoli, uccidono e si appropriano di una libertà totale, che “sentiamo” essere spaventosa, perché basata sulla totale assenza di regole che porta alla lotta di tutto contro tutti.
Ecco quel che La Nemirovsky ci disse in “Temporale di giugno”. Ipocrisia, sottomissione umiliante, mancanza di cuore in fondo, ed ecco che una massa sterminata è avviata verso la china della bestialità.
Proseguo affidandomi ad Edoardo Weiss.
Vi invito a leggere quanto segue: “Poteva sopravvivere soltanto il furbo che ogni giorno, con attenzione sempre desta, conquistava il suo palmo di terreno. Gli inetti, gli apatici, i miti, gli agitati, gli inadatti, gli afflitti, quelli che si commiseravano, erano schiacciati.”
Quelle parole descrivono secondo voi la situazione attuale? Questo oggi che dura ormai da tanti anni? Secondo me si … e che effetto vi fa scoprire che sono le parole del testimone numero cinque del processo di Francoforte (1963-65) che riguardò funzionari ed SS di Auschwitz?
Quel che per me è tremendo è la sensazione che la realtà che si tentava di sopportare in quei campi per salvare la pelle, ora è la nostra realtà quotidiana. Sopravvive soltanto il furbo …. e chi sono gli inetti per il furbo? Coloro che amano, che vivono secondo dei principi morali. Ricordare! Ogni principio morale è una zavorra, il furbo corre leggero verso la meta … una meta anafettiva, che poi scoprirà non essere soddisfacente e che lo renderà spesso arrabbiato col mondo.
Un Rockfeller anzianissimo (uno dei sette della fed), abitava da anni a Venezia. Parlava ormai anche il veneziano. Lo videro passare e gli chiesero “Come va!”, lui rispose “la me sta de drio ma non ghe dago confidensia... “ (mi sta dietro ma non le do confidenza). Bella amica la morte ….
ma ad un'altra domanda, diede una risposta meno ironica e con un fondo drammatico che a certi livelli spesso ho visto: “che differenza c'è tra l'essere ricchi e l'essere poveri?”: “essere ricchi non da la felicità ma permette di pagare una buona equipe per studiare il problema”, aggiunse poi, a microfoni spenti, che i ricchi hanno case più grandi nelle quali è più facile sentirsi soli” … e muoiono più soli? si. L'ho visto spesso. Tutti contro tutti. Sempre la Nemirovsky ce lo racconta in “David Golder”, e io sorrido amaramente pensando al “mio” studente che mi manda oggi una poesia. Mi dice che è la prima volta in assoluto che scrive:

“Sono quant'altro
seduto su uno scoglio
circondato da uno strato di nebbia
avvolgente come i dubbi
che attraversano la mente

pian piano l'acqua si ritira.

Vedo un pescatore.
Si ritira anche lui
… non preso niente.

Non posso fare a meno di notare
le numerose macchine che lavorano
sulla spiaggia,
per proteggere quella poca sabbia

mentre a pochi chilometri da qui
i terreni pian piano
si trasformano in deserto.

E penso …
ad un futuro sempre più incerto
osservando il mondo,
e capendoci ben poco
che va a fondo.

Penso a noi, ad esso
guardando le onde
guardando la nebbia cieca
e non comprendo l'essenza.

E sono seduto
su uno scoglio del tempo
circondato di nebbia.

Avevo la sua età e scrissi qualcosa di simile. Sentivo la forza fisica, la voglia di fare immensa. Sempre il mare e la voglia di remare, e quella domanda a me stesso, se era possibile nei miei vent'anni io che potevo remare per ore, scalare per ore, studiare per ore, mesi, anni, se era possibile che mi si consumassero gli anni migliori dietro alle marche da bollo, l'ipocrisia, la sottomissione a chi, a chi, a chi, a un nulla che ti schiaccia.
Quella nebbia di X, l'ho vissuta e si è diradata negli anni grazia all'amore dei cani e della letteratura.
In fondo è andata bene. L'anima è un seme. Devi scoprire che ce l'hai e poi concentrarti, ascoltarla e nutrirla. Ormai sono vivo ed eterno, ma la mia è stata ed è una vita assurda, al limite, che non consiglio a nessuna.
E a X cosa posso dire? Con questi governanti ovunque nel mondo? Con queste regole del più ricco che anche se è stupido è il più forte? Una volta si ascoltavano i poeti. Ora essi son cattive coscienze, fanno pensare, e sono stati buttati via. Ora è dura. Accarezzo il cane e dico che nelle mie scelte estreme (mai l'uomo però sceglie, s'illude, ma è scelto...) ho trovato un poco di serenità. E i rapporti umani son diventati troppo speculativi, in senso economico ovviamente.
Vai caro X, illuditi prima di tutto che qualcosa di buono possa accadere e, se la tua generazione riuscirà ad essere meno individualista della mia, e meno feroce di quella dei nostri nonni, allora forse …. tornerà la poesia.


(Non l'ho riletto. Scritto di getto. Torno al mio mondo. ciao)