giovedì 17 marzo 2016

Meditazione in un giorno di eterna pioggia (i Dioscuri)

“Una volta compiuto il tuo destino, che ti volle omicida, liberato da tutti questi guai, sarai felice.”
Così disse Castore, uno dei Dioscuri, al nipote Oreste. Erano fratelli di sua madre, Clitemestra, che Oreste aveva appena ucciso con l’aiuto della sorella Elettra, per vendicare la morte per ascia che essa diede al marito, Agamennone. Clitemestra lo fece per vendicare il sacrificio della figlia Ifigenia, ordinato dal veggente Calcante, per poter permettere la partenza della spedizione per Troia, bloccata dalla volontà di alcuni Dei, oppure, come sembra lei disse in seguito, per gelosia di Cassandra, che Agamennone portò come trofeo dalla città distrutta … e vagava come baccante in casa e come amante nel letto del re … quella medesima Cassandra che disse si ad Apollo e ricevette il dono della veggenza, ma poi non ebbe la forza o il coraggio o la gioia di darsi al Dio. Apollo non volle riprendere il dono; gli Dei gesti banali non ne compiono, ma la maledisse: “che nessuno creda nei tuoi oracoli!”. E così Cassandra profetava, che era più forte di lei trattenersi, ma non creduta vagava, resa folle dalla gravità di quel che nel futuro vedeva.
Ora, in questa sveglia allucinazione, sento ripetere, addomesticata per me, la frase dei Dioscuri, rivelatami in voce sognante dalla invasata Cassandra ora in Ade:
“Una volta compiuto il tuo destino, che ti volle poeta, liberato da tutti questi guai, sarai felice. È soddisfatto il Dio. Egli ti libera, e una Dea prenderà quanto fu purificato consacrandolo a se stessa”.
Una eco da stanza umida e vuota. Questo è il suono dell’Ade che già conosco, e che riverbera dopo quelle parole. Ho veduto per un attimo, ora, il tuo volto o Cassandra, scompigliato e stupendo … e poi ho sentito una porta chiudersi. Dal soffitto di terra, le radici dei boschi, contorte, scendono e si fan bianchi fili. Vengo incarnato in un’ombra per poter accedere … e sento dei passi che da un punto a me di fronte, si avvicinano. Loro, i Dioscuri, lo so, lo “sento”, tornano. Tornano ora che il mio compito è concluso ….
“Si. Siamo noi. Siamo qui. Veniamo a chi non ha mai tradito se stesso. Il tuo compito è terminato. È esaurita, per la tua carne, la dose di sofferenza”.
Nel silenzio umido, gocce d’acqua scivolano dalle radici e mi bagnano il viso.
“Ora puoi chiedere e ti sarà dato”
“che Apollo perdoni Cassandra e la ami” dico
“sarà fatto. Ma ora decidi per te”
“e secondo voi non è per me? Posso io aspirare alla felicità … considerare felicità quel che desidero e ottengo, se intorno a me si agita la follia?”
“ora hai insegnato agli dei” rispondono i Dioscuri insieme, “ e ognuno di loro si è alzato dal suo trono per rispetto alle tue parole … ma chiedi ancora, perché solo a chi ha perseverato senza mai nulla domandare, sarà dato”
“chiedo acqua pura per la mia “sete” ….”
“non esiste”
“chiedo oblio per le mie pene”
“anche gli dei lo vorrebbero”
“chiedo la fine”
“anche gli dei la vorrebbero …”
“e allora non so cosa chiedere più”
“abbiamo fama … onori …”
“e niente per l’anima?”
“niente”
“Anche gli dei vorrebbero?”
“anche gli dei vorrebbero”.
Nel silenzio eterno dell’antro, le gocce sembrano mettersi in fila nella caduta dalle radici, e gettare nel caos dell’eternità un sentore di orologio.
“… e lo chiedono a te” proseguono i sacri fratelli
“a me? E come posso fare …”
“puoi lasciarti andare scrivendo, ora non più spinto dalla sofferenza”
“ora … oltre la sofferenza? Ma esistono le parole?”
“non esistono ma puoi provare”.
Una mano destra fatta di buio, mi tocca il mento.
due braccia mi cingono le gambe.
E’ un attimo.
I due antichi gesti dei supplici son compiuti
e poi
nel silenzio
una coppa si illumina
qui davanti.
“Bevi. Nulla più sarà amaro per te.”
E in quell’attimo sospeso, lungo e breve, oltre il tempo dell’uomo, sento nascere in me il gesto che il corpo libererà verso la bevanda. Già sento il sapore e l’ebbrezza che dona … e non esistono le parole … le potrei cercare ora che sono incarnato in un’ombra. … Oppure riposare nel corpo, vincente, dicono gli Dei, nonostante i doni del fato.
“Una volta compiuto il destino … liberato … sarai felice”
Ecco ripetuto l’oracolo da una Cassandra che ora ride
e l’odore di menta che sento è il passaggio di Apollo
non più crudele.

E Cassandra
solo voce ai miei occhi
dice: “qui è tuo padre …”

Attendo un nome
un gesto
un volto
una parola.

Sento una carezza leggera
ed è tutto,
conferma
e messaggio.

Io e Lui nell’Ade
di fronte
finalmente.

“Padre … una parola …”

Due mani a nido
mi porgono un pettirosso.
Le dita non lo sentono
ma lo vedo
che dalle mie mani prende il volo
e mi porterà all’uscita, alla nuova vita

Va bene
ho compreso
… Padre …
vado …
ciao.
E sento distante una voce che canta …
limpida e sicura è Atena nel suo dire …
e ripete come nenia ….

“Lenta forse ma efficace, è l’azione degli Dei”

venerdì 11 marzo 2016

Il potere (meditazione sulle sue caratteristiche attuali)


IL POTERE


Anticamente lo si “incontrava” in forma direi individuale. Un io che agisce su degli io definiti. Il p era esercitato su pochi altri che si conoscevano per nome. Secondo passo: sottomettere il capo del clan e il clan era tuo. Terzo passo: sottomettere colui che ha sottomesso i capiclan (siamo già a misura di città), quarto passo: sottomettere i capi di città. Si pensi in proposito a Firenze che cerca di sottomettere Siena, Lucca, Pisa, e poi diventa uno stato regionale (più o meno l'attuale Toscana).
L'espansione del potere avviene in relazione ai cambiamenti dei sistemi di comunicazione e alla capacità di muoversi in essi. La rapidità dello spostamento di idee (anche di ordini), persone e merci, espandono la mappa mentale. Un primitivo dominava il suo villaggio. Andare oltre la selva, selvaggia e aspra e forte ancora ai tempi di Dante, era un'avventura. Ho visto testamenti che esplicitano il problema. Partire da Ravenna per recarsi a Bologna e fare testamento. Ora quegli ottanta chilometri richiedono cinquanta minuti in treno, dai venti ai quaranta in macchina (a seconda del modello ovviamente) e in elicottero, il mezzo di chi può, un quarto d'ora.

C'erano boschi con lonze e lupe, i lioni li metteva la fantasia, i banditi non scarseggiavano e quindi un testamento ci stava tutto

Il capo villaggio scopre che se abbatte qualche albero e fa dei sentieri, può aver a che fare con un territorio maggiore, poi scopre che se si fa portare, prima ad esempio in una portantina gestita da coloro che ha sottomesso nel suo villaggio, poi da un ciuco, arriverà in un altrove fresco di energie. Sentieri fra i villaggi e ciuchi diventeranno strade fra nazioni e cavalli e carri ed ecco l'impero romano. Senza quelle vie di comunicazione mantenute efficienti c'era il rischio che un ordine emanato oggi a Roma sarebbe arrivato quando il suo senso era ormai … senza senso. Immaginare. Io, l'imperator, ordino di spostare le truppe sul confine persiano perché penso che da li potrebbe arrivare una brutta sorpresa. Dopo vent'anni l'ordine arriva alle mie truppe che sono a oriente e nel frattempo i persiani hanno già invaso tutto.
Ogni potere ha quindi chiaramente le sue esigenze per potersi espandere.

Osserviamo ora il presente. Velocità di comunicazione: immediata.
Velocità di spostamento persone: stratificata.
L'élite si muove in aereo (non sto scherzando), il popolo in auto. Girare in auto crea paradossi. Immaginiamo di essere a X e di dover andare a Y. Non ragioniamo più in base ai chilometri, ma del tempo impiegato e spesso auto e treno, e aerei legati a orari fissi, sono enormemente svantaggiati se messi a confronto con chi ha un aereo privato. L'aeroporto “La Guardia” a N.Y. È per voli privati. Alcuni di questi privati hanno aerei da guerra disarmati, quindi possono essere ovunque nell'arco, al massimo di un giorno.

Questo de localizza il potere e lo rende irraggiungibile, anche se si riuscisse ad identificarlo.
Nelle epoche precedenti c'era sempre un io definito, riconoscibile, e questi aveva uno o più luoghi identificabili nei quali svolgeva i suoi affari, e questo accadeva poiché era necessario il contatto diretto almeno col livello più alto dei subalterni.
Attualmente, per gestire un potere, non è necessario incontrare diciamo “corporalmente” e lo sappiamo. Di fatto noi quotidianamente incontriamo poche persone concretamente e centinaia virtualmente.

Si tratta di meditare accuratamente su queste variabili necessarie alla gestione del potere per comprendere che chi lo ha acquisito concretamente in epoche precedenti ora lo può gestire, al limite, senza incontrare alcun sottoposto. Questo rende assai difficile individuarlo e anche dargli un nome.

Solo un accurato studio del passato, particolarmente dalla rivoluzione francese ai giorni nostri, permette di attuare una individuazione.

Aggiungo a queste considerazioni un dato che penso sia intuitivo, anche se speso viene sottovalutato o non dedotto. Il sistema capitalistico, dalla repubblica di Venezia in poi ha assunto una caratteristica indiscutibile: la potenza economica privata è in grado di superare spesso quella degli stati e quindi nel privato bisogna acuire l'osservazione, e non è semplice, poiché spesso quest'ultimo fagocita gli stati. Esempio. Cosimo il vecchio, nonnino di Lorenzo il magnifico, non intaccò la struttura democratica che governava Firenze. Era in grado però di mettere a tutte le cariche dei suoi “dipendenti”. La medesima faccenda con la Venezia dei dogi. Una ristretta cerchia di persone si allea per gestire lo stato non in nome degli interessi collettivi, ma di quelli privati.

Attualmente, poiché il sistema di comunicazione è accelerato e nell'arco di un giorno chi può è ovunque e a livello di messaggi addirittura con lo scarto di pochi secondi, ovviamente il “gioco” può farsi trans nazionale. Io che ho lo stato più potente sotto controllo, secondo l'insegnamento di Cosimo il vecchio, posso gestire altri stati … che diventano di fatto colonie della mia economia domestica ma in apparenza non si coglie nulla ….. a meno che non si studi accuratamente la storia dalle risoluzione francese in poi … no, da Cosimo in poi.

Altra caratteristica evidente ma troppo spesso trascurata dal capitalismo attuale: il pesce grande mangerà il più piccolo e alla fine rimarrà un solo pesce. Era già accaduto, con Carlo quinto, poiché la famiglia seppe gestire matrimoni ed eredità, poi con la regina Vittoria, che però di fatto non regnava ed era solo il parafulmine di un gruppo che agiva in modo lievemente spregiudicato. Per fugare i dubbi ricordare la “guerra dell'oppio” come fece a conquistare il mercato delle pezze di cotone in India. (la prima ve la cercate su goooooooogle, la seconda ve la ri spolvero: l'india non comperava pezze di cotone perché coi suoi telai a mano bastava a sé stessa. Divenne colonia inglese e questi, coi telai a vapore producevano talmente tanto da aver saturato il mercato mondiale. Come rimediare? Distruggendo i telai di primitivi degli indiani che, per quel popolo senza fretta erano più che sufficienti. Gli indiani furono così costretti a comperare le pezze dagli unici venditori presenti sul loro territorio, i conquistatori inglesi).

Torniamo a Noi. Ne rimarrà soltanto uno. Quando? É già accaduto? Sta accadendo? Accadrà?

Studiare o osservare il presente … e troverete la risposta.


Solo possedendo questa si potrà agire sulla nostra epoca tentando di sanarla.