lunedì 28 gennaio 2013

Nabokov e la visita del folletto


Vladimir Nabokov, purtroppo troppo noto per Lolita e quasi sconosciuto per altre sue opere, ci ha lasciato un racconto breve, circa quattro facciate nell'edizione italiana, che secondo me è, in assoluto, il suo capolavoro. In Italia lo si può reperire nel volume “La veneziana”, edito Adelphi. Questa edizione spende undici righe e spiccioli, per darci qualche informazione. Decisamente non si sono sprecati … Scopriamo così che esiste un'edizione madre con quel titolo, uscita in Francia nel 1990 e che l'edizione italiana ha scelto, a differenza di questa, l'ordine cronologico.

I racconti furono scritti in russo “ … per lo più tra il 1923 e il 1925”.

Le undici righe e spiccioli, ci comunicano anche che “... quattro di essi (racconti), sono rimasti inediti fino a tempi recentissimi” … ma non si sprecano per dirci quali tempi e quali fra quei tredici, sono i quattro inediti!!!

Possiamo andare quindi solo per deduzione per quel che riguarda la data del racconto del quale intendo parlarvi: si tratta de “Lo spirito dei boschi”. Esso è il primo della raccolta quindi si può, anzi, si deve pensare, che sia del 1923. non sappiamo comunque se fu mai pubblicato anche solo su rivista, e nemmeno dove si trovava Nabokov quando lo scrisse eccetera eccetera.

Non è la prima volta che noto mancanze di questo tipo nelle pubblicazioni della casa editrice Adelphi. Ho scritto recentemente di James Stephens e del suo “La pentola dell'oro” e in questo caso manca un glossarietto che risulta a dir poco fondamentale. Un altro caso è quello del volume “Salons” di Manganelli. Riporta una raccolta di articoli riducendo a men che il minimo i riferimenti e la cronologia e poiché spesso parla di attualità, non potendo noi lettori contestualizzarla se non con molto pressapochismo … ci si ritrova a lanciare uno strale all'editore.

Ma … purtroppo per gli editori svogliati, le opere che appartengono anche allo ieri più recente, hanno necessità di una introduzione, di due cronologie, una storica e una delle opere, e di una serie di note.

Nel caso di Nabokov per esempio, egli fa dire ad un certo punto al suo folletto: “... e ce ne siamo andati tutti, messi in fuga da un folle agrimensore.”

E chi è questo agrimensore? Ovviamente qualcuno può arrivare a comprendere che forse si tratta di Lenin oppure … penso e mi viene un dubbio …

Lo spirito dei boschi apparve una sera a Nabokov, dopo aver bussato dodici volte alla porta. Gli raccontò che il loro boschetto, era stato tagliato e che lui si era rifugiato in un altro che andò in cenere. Poi se ne andò in un terzo bosco nel quale sentiva uno strano crepitio. Pensò prima di tutto che fosse un altro folletto ma si rese conto che si trattava di ben altro. Vide degli uomini che sembravano dormire, decise di disturbarli per un'oretta: “Beh, mi dico, ora li sveglio, li smuovo un po'! Mi metto a scuotere i rami, a lanciare pigne, a frusciare. A ululare ...” ma non si mossero. Scoprì che erano cadaveri e scappò, per la terza volta, urlando. Vagò per vari boschi senza pace e poi fuggì dalla Russia con la collaborazione del fratello, lo spirito delle acque, che non riusciva più a stare fra cadaveri galleggianti e sangue.

Fermiamoci un attimo. E facciamo due conti.

Il primo bosco è stato tagliato: industrializzazione.

Il secondo bosco bruciato: forse la prima guerra mondiale? Penso di si, poiché un incendio è una distruzione voluta o accidentale, mentre la precedente, il taglio, rappresenta una scelta per un utilizzo.

Il terzo bosco è pieno di cadaveri e il crepitio è sicuramente il rumore del mitra: rivoluzione comunista.

Al quarto posto ci son tutti i boschi nei quali non trova più pace, e questo accadrà per quel che ha visto nei boschi precedenti. E' evidente che quel che vedrà ancora , sicuramente appartiene a quel che ci ha già narrato, altrimenti tornerebbe se stesso con gioia.

Si noti infatti che dopo due boschi negativi, gli è bastato vedere uomini che dormono per tornare se stesso e agire come sempre.

Deduciamo quindi che non si son più create le condizioni per permettere a questo spirito dei boschi di tornare ad essere se stesso.

L'evento, dopo una narrazione singolare, si fa plurale con due sole conclusioni possibili: “... in tutta la Russia non è rimasto nessuno della nostra razza. Alcuni si sono dissolti in nebbia, altri vagano dispersi per il mondo.”

Ma cosa sono per Nabokov questi folletti, spiriti, gnomi, kabouter, tomte, nisse, heinzelmaennchen, tonttu, djudjè, skritek, manò, come vengono chiamati nella vasta Europa e domovoj o djèdoesjka in Russia?

Ce lo dice lo stesso domovoj: “Eppure, Rus', siamo noi la tua ispirazione, la tua misteriosa bellezza, il tuo incanto secolare … e ce ne siamo andati tutti, messi in fuga da un folle agrimensore”

Prima torniamo al dubbio presentato all'inizio: chi è il folle agrimensore? L'industrializzazione? La rivoluzione? Lenin? Preferisco ricordare che Nabokov fu geniale e lo immagino che scelse una parola che li conteneva tutti e tre. Certo che una cronologia degli eventi in relazione al testo … avrebbe aiutato e non ci si sarebbe spremuti in, forse inutili congetture!

Veniamo ora ai motivi della fuga degli spiriti della natura dal loro luogo di origine:

e riporto con commozione un'altra frase del domovoj come esempio: “...nessuno più sparge con briosa mano i bagliori lunari sulla superficie delle acque.”

Ed ecco che la mia commozione, (non sto giocando con le parole), ha preso la forma del volto di Esenin. Rivedo lui bambino che chiede al padre “ma chi ha messo lì la luna?” e il padre gli dice che è stato un tipo grosso che ha la bancarella al mercato. La prossima volta lo porterà con sé e glielo farà vedere. E nella poesia di Esenin, il riflesso della luna nell'acqua è forse più vero della luna stessa. Secondo la storia, quella ufficiale, si sarebbe suicidato impiccandosi con la cintura al termosifone di una camera d'albergo, a Mosca. … deduco quindi che come i folletti, lui che decisamente lo era, fra le due vie possibili, la fuga e la dissoluzione in nebbia, scelse la seconda.

Ma forse ci ho messo troppa fantasia e la meditazione offerta dal figlio del regista Dobgenka, fa svanire tutto in una realtà più cruda. La sera prima del fatale gesto suo padre e Esenin erano a cena insieme. Il grande regista, ora defunto, disse col figlio, tuttora vivente, che il poeta era tranquillo. Parlò di tanti progetti. Il domani per lui esisteva. Ha poi fatto notare che non è cosa semplice impiccarsi con la cintura ad un termosifone. La cosa può invece riuscire te ti “danno una mano”. In poche parole, Esenin, che era decisamente scomodo, fu ucciso. Da quando l'ho saputo, quella visione di un Esenin che come un folletto sceglie di “dissolversi in nebbia” non ne ha voluto sapere di inchinarsi alla realtà. Lui per me era e rimarrà sempre un folletto, come Mandel'stam, che dicono essere stato ucciso sbattendogli la testa contro un water. No. Non lo accetto. Per me si sono dissolti e basta. Come per l'Olocausto, come per qualsiasi eccidio, la mia mente non è in grado di sopportare troppa realtà e per reagire deve scegliere se fuggire o “dissolversi in nebbia” … e ho scelto di fuggire nella poesia.

Questo racconto è il capolavoro di Vladimir Nabokov. In quattro pagine la durezza angosciante dei suoi, forse, ventiquattro anni con gli eventi che son precipitati, che si son fatti irreversibili, e con la consapevolezza di essere ormai esule per sempre, si sentono tutti. La sua patria, anche se il triplice agrimensore si calmasse, non sarebbe più la medesima. Non ci son più gli spiriti della natura. Non ci son più i loro doni.

E a questo punto del discorso vi invito ad un ragionamento.

Ma non è il caso di dare ai bambini un po' d'infanzia? Io inorridisco quando penso che già da piccoli, decisamente troppo piccoli si parla loro di olocausto e scienza. Il primo dramma contiene troppa morte, troppo dolore. È in grado di essere una scoperta traumatica anche per un adulto. Ma non sarebbe il caso di metterli davanti a queste realtà per gradi? Non è il caso di lavorare prima sui razzismi e approdare con calma, verso i vent'anni a quel baratro infernale?

E la scienza! Essa ha il difetto, per un bambino, di bloccare la fantasia. Un sasso cade per una legge precisa, siamo d'accordo, ma ... ecco che non potrà più volare … Non è più saggio allenare prima la fantasia e lasciare che gli asini e i sassi volino se ne hanno voglia, che gli elefanti cinguettino e gli ippopotami ballino la “danza delle ore” come in “Fantasia” di Walt Disney?

Io la penso così. Prima la fantasia, poi, con calma, la scienza e chissà che, poi, negli anni, scienza e fantasia insieme non producano qualcosa di interessante!

Per quale motivo il guscio di noce non deve poter essere, nell'infanzia, il letto di una fata o la sua barchetta? Ricordo che un certo Albert Einstein si rese conto che i bambini erano più vicini, nella loro logica così anarchica, alle scoperte della relatività, degli adulti. Chiedete a un bambino se secondo lui un'automobile, che accelera sempre più, cambia in lunghezza o rimane uguale! Chi è già stato inquinato da troppa ratio direbbe che è identica e considererebbe squinternato chiunque la pensasse diversamente, ma il fatto concreto rivelato dalla relatività, ci dice che invece la misura cambia! E Einstein si rivolse a Piaget e si preoccupò di far fare certe domande a bambini per immaginare soluzioni che lui, ormai adulto e troppo scienziato, non era in grado di vedere anzi, di accettare serenamente.

Torniamo a Nabokov e ai suoi probabili ventiquattro anni. Vi invito a fare una ricerca. Provate a vedere quali opere Raffaello, Tiziano, Leonardo e Michelangelo avevano già prodotto a quell'età. Essa, quell'età appunto, ha qualcosa di unico poiché, possiamo dire grosso modo dai sedici anni fino ai venticinque, accade che il ragazzo ceda definitivamente le redini all'uomo. Un uomo, troppo spesso, riproduce qual che ha intorno. Ripete. Un ragazzo invece ha ancora una visione molto personale della vita e quindi agisce con personalismi. L'esperienza collettiva in lui, si sta arricchendo, ma è ancora in minorità.

Vi faccio un esempio. Un qualsiasi oggetto per noi ha un ruolo. Per il ragazzo che ancora non lo sa cosa accade? Che potrebbe utilizzarlo in un modo diverso. Egli è davanti ad un disequilibrio ancora in atto, fra il se stesso accumulato, e la massa di informazioni decisamente conformiste, che dovrà acquisire. L'anticonformismo di un adulto è una volontaria, razionale, opposizione ad una regola, che agisce in quello spazio di possibilità che non rende il suo l'atto esecrabile, ma solo eccentrico. Un esempio. Oscar Wilde quando si mise un girasole all'occhiello e andò a passeggio, non fece altro che portare al limite una situazione comune, ovvero il fiore all'occhiello, badando bene di non risultare un problema per gli altri.

Un esempio che invece ci spiega la possibilità delle soluzione di una mente ancora al bivio fra se stessa e la società e le sue regole, è il seguente: vidi un giorno in un salotto abbastanza affollato una ragazza straniera prendere per la prima volta il tè. A casa sua c'erano probabilmente le tazze ma senza piattino, pensai, quelle che gli inglesi chiamano mug. Lei del piattino non sapeva nulla e il tè scottava. Decise allora di versarci un po' della bevanda e poi lo mosse in modo circolare, con delicatezza per raffreddarla. Erano tutti incantati. Pensavano che dalle sue parti fosse una cosa normale. Quando mi disse che, non sapendo a cosa servisse il piattino, aveva pensato che il suo ruolo fosse quello di raffreddare il tè, le ho detto di non dirlo a nessuno. Era sembrato a tutti un gesto molto elegante, tipico appunto del suo mondo. Se avessero saputo, sarebbe stata degradata al rango di chi non conosce le buone maniere … provate a pensare al vostro disagio quando vi portano un cibo che non sapete come affrontare e intorno avete qualche posata sconosciuta! Se tendete ad imitare, siete adulti ... se invece vi inventate qualcosa con gli attrezzi che avete a disposizione, forse siete ancora “vicini” al bambino che foste e che si metteva a cavalcioni di un pezzo di legno perché riusciva a vederci un cavallo, e forse da piccoli con i folletti ci avete parlato...

L'imbarazzo che spesso ci mette a disagio bloccando la nostra capacità relazionale, nasce dal bisogno di sapersi conformi alle norme sociali. Il ragazzo potrebbe non sentire ancora questo disagio e tranquillamente agire.

È un po' così anche per il pudore. Lo si acquisisce ed è altamente condizionante, ma in noi non c'è … e così mi accadde di essere a disagio nel mostrare la mia nudità in una occasione, in Svezia, nella quale le persone con le quali viaggiavo e che agivano in grazia di altre norme sociali, non resistettero alla vista di un fiumicello che poteva aiutare a rendere sopportabile l'afa … se fossi stato ancora un ragazzo, la vittoria sull'afa e la situazione, mi avrebbero spinto ad agire, invece ero adulto e ci misi parecchio rischiando di apparire ridicolo. Forse pensarono ad un difetto fisico? Non lo so, ma mi decisi e alla fine mi rinfrescai con loro.

Ho reso l'idea? La posizione di una divinità nella composizione di un quadro, se la bottega dalla quale provieni ti ha già costretto ai tuoi schemi, sarà scontata, ma se ti lasciassero fare forse l'angelo come ti pare forse, azzarderesti un nuovo volteggio …

Ecco quindi un Nabokov di forse ventiquattro anni, col passato distrutto e irrecuperabile e un avvenire angosciante che, a sera, riceve una visita irreale. È un addio. È l'ultimo. Ora rimane l'uomo? Non nel suo caso. Un artista non diventa mai adulto completamente, aridamente. Quando può il ragazzo corre per i prati e, nel caso suo insegue farfalle … per sempre.








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