Vladimir Nabokov,
purtroppo troppo noto per Lolita e quasi sconosciuto per altre sue
opere, ci ha lasciato un racconto breve, circa quattro facciate
nell'edizione italiana, che secondo me è, in assoluto, il suo
capolavoro. In Italia lo si può reperire nel volume “La
veneziana”, edito Adelphi. Questa edizione spende undici righe e
spiccioli, per darci qualche informazione. Decisamente non si sono
sprecati … Scopriamo così che esiste un'edizione madre con quel
titolo, uscita in Francia nel 1990 e che l'edizione italiana ha
scelto, a differenza di questa, l'ordine cronologico.
I racconti furono scritti
in russo “ … per lo più tra il 1923 e il 1925”.
Le undici righe e
spiccioli, ci comunicano anche che “... quattro di essi (racconti),
sono rimasti inediti fino a tempi recentissimi” … ma non si
sprecano per dirci quali tempi e quali fra quei tredici, sono i
quattro inediti!!!
Possiamo andare quindi
solo per deduzione per quel che riguarda la data del racconto del
quale intendo parlarvi: si tratta de “Lo spirito dei boschi”.
Esso è il primo della raccolta quindi si può, anzi, si deve
pensare, che sia del 1923. non sappiamo comunque se fu mai pubblicato
anche solo su rivista, e nemmeno dove si trovava Nabokov quando lo
scrisse eccetera eccetera.
Non è la prima volta che
noto mancanze di questo tipo nelle pubblicazioni della casa editrice
Adelphi. Ho scritto recentemente di James Stephens e del suo “La
pentola dell'oro” e in questo caso manca un glossarietto che
risulta a dir poco fondamentale. Un altro caso è quello del volume
“Salons” di Manganelli. Riporta una raccolta di articoli
riducendo a men che il minimo i riferimenti e la cronologia e poiché
spesso parla di attualità, non potendo noi lettori contestualizzarla
se non con molto pressapochismo … ci si ritrova a lanciare uno
strale all'editore.
Ma … purtroppo per gli
editori svogliati, le opere che appartengono anche allo ieri più
recente, hanno necessità di una introduzione, di due cronologie, una
storica e una delle opere, e di una serie di note.
Nel caso di Nabokov per
esempio, egli fa dire ad un certo punto al suo folletto: “... e ce
ne siamo andati tutti, messi in fuga da un folle agrimensore.”
E chi è questo
agrimensore? Ovviamente qualcuno può arrivare a comprendere che
forse si tratta di Lenin oppure … penso e mi viene un dubbio …
Lo spirito dei boschi
apparve una sera a Nabokov, dopo aver bussato dodici volte alla
porta. Gli raccontò che il loro boschetto, era stato tagliato e che
lui si era rifugiato in un altro che andò in cenere. Poi se ne andò
in un terzo bosco nel quale sentiva uno strano crepitio. Pensò prima
di tutto che fosse un altro folletto ma si rese conto che si trattava
di ben altro. Vide degli uomini che sembravano dormire, decise di
disturbarli per un'oretta: “Beh, mi dico, ora li sveglio, li smuovo
un po'! Mi metto a scuotere i rami, a lanciare pigne, a frusciare. A
ululare ...” ma non si mossero. Scoprì che erano cadaveri e
scappò, per la terza volta, urlando. Vagò per vari boschi senza
pace e poi fuggì dalla Russia con la collaborazione del fratello, lo
spirito delle acque, che non riusciva più a stare fra cadaveri
galleggianti e sangue.
Fermiamoci un attimo. E
facciamo due conti.
Il primo bosco è stato
tagliato: industrializzazione.
Il secondo bosco bruciato:
forse la prima guerra mondiale? Penso di si, poiché un incendio è
una distruzione voluta o accidentale, mentre la precedente, il
taglio, rappresenta una scelta per un utilizzo.
Il terzo bosco è pieno di
cadaveri e il crepitio è sicuramente il rumore del mitra:
rivoluzione comunista.
Al quarto posto ci son
tutti i boschi nei quali non trova più pace, e questo accadrà per
quel che ha visto nei boschi precedenti. E' evidente che quel che
vedrà ancora , sicuramente appartiene a quel che ci ha già narrato,
altrimenti tornerebbe se stesso con gioia.
Si noti infatti che dopo
due boschi negativi, gli è bastato vedere uomini che dormono per
tornare se stesso e agire come sempre.
Deduciamo quindi che non
si son più create le condizioni per permettere a questo spirito dei
boschi di tornare ad essere se stesso.
L'evento, dopo una
narrazione singolare, si fa plurale con due sole conclusioni
possibili: “... in tutta la Russia non è rimasto nessuno della
nostra razza. Alcuni si sono dissolti in nebbia, altri vagano
dispersi per il mondo.”
Ma cosa sono per Nabokov
questi folletti, spiriti, gnomi, kabouter, tomte, nisse,
heinzelmaennchen, tonttu, djudjè, skritek, manò, come vengono
chiamati nella vasta Europa e domovoj o djèdoesjka in Russia?
Ce lo dice lo stesso
domovoj: “Eppure, Rus', siamo noi la tua ispirazione, la tua
misteriosa bellezza, il tuo incanto secolare … e ce ne siamo andati
tutti, messi in fuga da un folle agrimensore”
Prima torniamo al dubbio
presentato all'inizio: chi è il folle agrimensore?
L'industrializzazione? La rivoluzione? Lenin? Preferisco ricordare
che Nabokov fu geniale e lo immagino che scelse una parola che li
conteneva tutti e tre. Certo che una cronologia degli eventi in
relazione al testo … avrebbe aiutato e non ci si sarebbe spremuti
in, forse inutili congetture!
Veniamo ora ai motivi della fuga degli spiriti della natura dal loro luogo di origine:
e riporto con commozione
un'altra frase del domovoj come esempio: “...nessuno più sparge
con briosa mano i bagliori lunari sulla superficie delle acque.”
Ed ecco che la mia
commozione, (non sto giocando con le parole), ha preso la forma del
volto di Esenin. Rivedo lui bambino che chiede al padre “ma chi ha
messo lì la luna?” e il padre gli dice che è stato un tipo
grosso che ha la bancarella al mercato. La prossima volta lo porterà
con sé e glielo farà vedere. E nella poesia di Esenin, il riflesso
della luna nell'acqua è forse più vero della luna stessa. Secondo
la storia, quella ufficiale, si sarebbe suicidato impiccandosi con la
cintura al termosifone di una camera d'albergo, a Mosca. … deduco
quindi che come i folletti, lui che decisamente lo era, fra le due
vie possibili, la fuga e la dissoluzione in nebbia, scelse la
seconda.
Ma forse ci ho messo
troppa fantasia e la meditazione offerta dal figlio del regista
Dobgenka, fa svanire tutto in una realtà più cruda. La sera prima
del fatale gesto suo padre e Esenin erano a cena insieme. Il grande
regista, ora defunto, disse col figlio, tuttora vivente, che il poeta
era tranquillo. Parlò di tanti progetti. Il domani per lui esisteva.
Ha poi fatto notare che non è cosa semplice impiccarsi con la
cintura ad un termosifone. La cosa può invece riuscire te ti “danno
una mano”. In poche parole, Esenin, che era decisamente scomodo, fu
ucciso. Da quando l'ho saputo, quella visione di un Esenin che come
un folletto sceglie di “dissolversi in nebbia” non ne ha voluto
sapere di inchinarsi alla realtà. Lui per me era e rimarrà sempre
un folletto, come Mandel'stam, che dicono essere stato ucciso
sbattendogli la testa contro un water. No. Non lo accetto. Per me si
sono dissolti e basta. Come per l'Olocausto, come per qualsiasi
eccidio, la mia mente non è in grado di sopportare troppa realtà e
per reagire deve scegliere se fuggire o “dissolversi in nebbia” …
e ho scelto di fuggire nella poesia.
Questo racconto è il
capolavoro di Vladimir Nabokov. In quattro pagine la durezza
angosciante dei suoi, forse, ventiquattro anni con gli eventi che son
precipitati, che si son fatti irreversibili, e con la consapevolezza
di essere ormai esule per sempre, si sentono tutti. La sua patria,
anche se il triplice agrimensore si calmasse, non sarebbe più la
medesima. Non ci son più gli spiriti della natura. Non ci son più i
loro doni.
E a questo punto del
discorso vi invito ad un ragionamento.
Ma non è il caso di dare
ai bambini un po' d'infanzia? Io inorridisco quando penso che già da
piccoli, decisamente troppo piccoli si parla loro di olocausto e
scienza. Il primo dramma contiene troppa morte, troppo dolore. È in
grado di essere una scoperta traumatica anche per un adulto. Ma non
sarebbe il caso di metterli davanti a queste realtà per gradi? Non è
il caso di lavorare prima sui razzismi e approdare con calma, verso i
vent'anni a quel baratro infernale?
E la scienza! Essa ha il
difetto, per un bambino, di bloccare la fantasia. Un sasso cade per
una legge precisa, siamo d'accordo, ma ... ecco che non potrà più
volare … Non è più saggio allenare prima la fantasia e lasciare
che gli asini e i sassi volino se ne hanno voglia, che gli elefanti
cinguettino e gli ippopotami ballino la “danza delle ore” come in
“Fantasia” di Walt Disney?
Io la penso così. Prima
la fantasia, poi, con calma, la scienza e chissà che, poi, negli
anni, scienza e fantasia insieme non producano qualcosa di
interessante!
Per quale motivo il guscio
di noce non deve poter essere, nell'infanzia, il letto di una fata o
la sua barchetta? Ricordo che un certo Albert Einstein si rese conto
che i bambini erano più vicini, nella loro logica così anarchica,
alle scoperte della relatività, degli adulti. Chiedete a un bambino
se secondo lui un'automobile, che accelera sempre più, cambia in
lunghezza o rimane uguale! Chi è già stato inquinato da troppa
ratio direbbe che è identica e considererebbe squinternato chiunque
la pensasse diversamente, ma il fatto concreto rivelato dalla
relatività, ci dice che invece la misura cambia! E Einstein si
rivolse a Piaget e si preoccupò di far fare certe domande a bambini
per immaginare soluzioni che lui, ormai adulto e troppo scienziato,
non era in grado di vedere anzi, di accettare serenamente.
Torniamo a Nabokov e ai
suoi probabili ventiquattro anni. Vi invito a fare una ricerca.
Provate a vedere quali opere Raffaello, Tiziano, Leonardo e
Michelangelo avevano già prodotto a quell'età. Essa, quell'età
appunto, ha qualcosa di unico poiché, possiamo dire grosso modo dai
sedici anni fino ai venticinque, accade che il ragazzo ceda
definitivamente le redini all'uomo. Un uomo, troppo spesso, riproduce
qual che ha intorno. Ripete. Un ragazzo invece ha ancora una visione
molto personale della vita e quindi agisce con personalismi.
L'esperienza collettiva in lui, si sta arricchendo, ma è ancora in
minorità.
Vi faccio un esempio. Un
qualsiasi oggetto per noi ha un ruolo. Per il ragazzo che ancora non
lo sa cosa accade? Che potrebbe utilizzarlo in un modo diverso. Egli
è davanti ad un disequilibrio ancora in atto, fra il se stesso
accumulato, e la massa di informazioni decisamente conformiste, che
dovrà acquisire. L'anticonformismo di un adulto è una volontaria,
razionale, opposizione ad una regola, che agisce in quello spazio di
possibilità che non rende il suo l'atto esecrabile, ma solo
eccentrico. Un esempio. Oscar Wilde quando si mise un girasole
all'occhiello e andò a passeggio, non fece altro che portare al
limite una situazione comune, ovvero il fiore all'occhiello, badando
bene di non risultare un problema per gli altri.
Un esempio che invece ci
spiega la possibilità delle soluzione di una mente ancora al bivio
fra se stessa e la società e le sue regole, è il seguente: vidi un
giorno in un salotto abbastanza affollato una ragazza straniera
prendere per la prima volta il tè. A casa sua c'erano probabilmente
le tazze ma senza piattino, pensai, quelle che gli inglesi chiamano
mug. Lei del piattino non sapeva nulla e il tè scottava. Decise
allora di versarci un po' della bevanda e poi lo mosse in modo
circolare, con delicatezza per raffreddarla. Erano tutti incantati.
Pensavano che dalle sue parti fosse una cosa normale. Quando mi disse
che, non sapendo a cosa servisse il piattino, aveva pensato che il
suo ruolo fosse quello di raffreddare il tè, le ho detto di non
dirlo a nessuno. Era sembrato a tutti un gesto molto elegante,
tipico appunto del suo mondo. Se avessero saputo, sarebbe stata
degradata al rango di chi non conosce le buone maniere … provate a
pensare al vostro disagio quando vi portano un cibo che non sapete
come affrontare e intorno avete qualche posata sconosciuta! Se
tendete ad imitare, siete adulti ... se invece vi inventate qualcosa
con gli attrezzi che avete a disposizione, forse siete ancora
“vicini” al bambino che foste e che si metteva a cavalcioni di un
pezzo di legno perché riusciva a vederci un cavallo, e forse da
piccoli con i folletti ci avete parlato...
L'imbarazzo che spesso ci
mette a disagio bloccando la nostra capacità relazionale, nasce
dal bisogno di sapersi conformi alle norme sociali. Il ragazzo
potrebbe non sentire ancora questo disagio e tranquillamente agire.
È un po' così anche per
il pudore. Lo si acquisisce ed è altamente condizionante, ma in noi
non c'è … e così mi accadde di essere a disagio nel mostrare la
mia nudità in una occasione, in Svezia, nella quale le persone con
le quali viaggiavo e che agivano in grazia di altre norme sociali,
non resistettero alla vista di un fiumicello che poteva aiutare a
rendere sopportabile l'afa … se fossi stato ancora un ragazzo, la
vittoria sull'afa e la situazione, mi avrebbero spinto ad agire,
invece ero adulto e ci misi parecchio rischiando di apparire
ridicolo. Forse pensarono ad un difetto fisico? Non lo so, ma mi
decisi e alla fine mi rinfrescai con loro.
Ho reso l'idea? La
posizione di una divinità nella composizione di un quadro, se la
bottega dalla quale provieni ti ha già costretto ai tuoi schemi,
sarà scontata, ma se ti lasciassero fare forse l'angelo come ti pare
forse, azzarderesti un nuovo volteggio …
Ecco quindi un Nabokov di
forse ventiquattro anni, col passato distrutto e irrecuperabile e un
avvenire angosciante che, a sera, riceve una visita irreale. È un
addio. È l'ultimo. Ora rimane l'uomo? Non nel suo caso. Un artista
non diventa mai adulto completamente, aridamente. Quando può il
ragazzo corre per i prati e, nel caso suo insegue farfalle … per
sempre.
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