domenica 25 agosto 2013

Simenon: "Maigret e il corpo senza testa"




Nel presente blog, il lettore interessato potrà trovare altri riferimenti a gialli di Maigret. Il mio interesse per l'opera di Simenon è da sempre notevole perché il valore che vi scopro va ben oltre quanto l'autore medesimo supponeva. Egli amava ricordare che certi scritti li realizzava con la penna, altri direttamente con la macchina per scrivere e questi ultimi servivano semplicemente per far quadrare il bilancio famigliare. Accade però che ogni essere umano non può far altro che “girare intorno a se stesso” e rivelare la sua visione del mondo. Per Simenon era la famiglia. Opere di qualità eccelsa scritte a penna come “il Libraio di Archangelsk” o “cargo”, hanno ovviamente un respiro maggiore, un più vasto raggio d'azione, poiché non sono vincolati alle esigenze minime richieste dal giallo, almeno secondo Simenon. Per lui, a differenza dei colleghi specialisti del genere, non si tratta di una lotta fra il bene e il male. Abbiamo apici eccellenti come “dieci piccoli indiani” di Agatha Christie che per una discreta manciata di pagine ci fa venire il sospetto che l'esecutore della messinscena e delle esecuzioni sia la divinità stessa, oppure, passando al cinema, il commissario Callaghan interpretato dal grande Clin Eastwood. Amo ricordare sempre che dietro alla sua scrivania fa bella mostra di sé il poster di un film con quel protagonista e il sottotitolo dice “il buono è quello col distintivo”; nel film in questione, fra poliziotto e assassino, fra male e bene avviene infatti una colluttazione sconcertante e disorientante per lunghezza e durezza. Il messaggio è chiaro. Nella lotta fra bene e male, le due parti, poiché spesso ricorrono alla violenza e sempre ai suoi simboli (sempre per il bene, il poliziotto è armato. Almeno l'arma di certi detective come il celebre tenente Colombo, è in prima istanza il cervello minuzioso …), nella lotta fra il bene e il male dicevo, è la violenza spesso a decidere del trionfo del bene e questa macchia, questa incoerenza, questa incapacità di ristabilire il bene solo col bene, è il corto circuito sottolineato da Eastwood e non solo.

Come agisce invece Simenon? Ovviamente ci deve essere il fattaccio moralmente esecrabile. Già questo però non è semplice da definire. Se quasi sempre Simenon ci mostra un omicidio è perché esso rappresenta una criticità, una problematica che egli sente non essere espressa in modo corretto dalla morale a lui contemporanea. Il caso chiave che rivela è “Maigret e il barbone” in esso, più chiaramente che negli altri gialli del commissario, l'omicidio si fa lecito, giusto, sensato. La legge scritta della civiltà, ovviamente condanna, il barbone no e decide di non testimoniare. La trama è rapida. Un barcone che porta merci sulla Senna e dintorni. Lo governa un padre ubriacone che osteggia il rapporto della figlia con l'unico marinaio-operaio a bordo. Nell'ultima scena del libro vediamo un bimbo che gioca sulla barca. La famiglia si è formata, la natura ha avuto il suo corso ed essa, per Simenon, agisce in un sistema morale semplice ma rigoroso.

Possiamo paragonare “Maigret e il barbone” con il presente “Maigret e il corpo senza testa”. Il luogo della genuinità, la campagna, subisce una modifica negativa. Un amministratore di beni di una persona ricca riesce ad arricchirsi. Diciotto fattorie e un castello nel quale andrà ad abitare. Questo passaggio di casta, di vita, porta ad un disorientamento di valori. Colei che reagisce in modo estremo è la figlia che a diciassette anni, dopo aver tentato varie volte di dar fuoco al castello, fugge incinta e non si fa più trovare. Bella ed enorme come profondità, anche se non universale, è la seguente meditazione del commissario: “Maigret aveva già tentato di convincere altri, anche uomini di grande esperienza, che chi scende la china, chi prova un piacere morboso nel cadere sempre più in basso e infangarsi, è quasi sempre un idealista.” questa ragazza tremenda che si chiama Aline Calas, Fugge e la troviamo alcolista quarantenne mentre gestisce un bistrot col marito che è il medesimo della fuga. La sua vita è, nell'ottica di Maigret-Simenon, uno scempio, un esempio di negatività. Non si pensi che la sessualità promiscua di Aline, così accuratamente rivelata, sia per Simenon riprovevole nel senso più semplice del termine. Il problema non è che la donna sposata abbia rapporti anche con altri. La vita stessa dell'autore, ce lo spiega nelle prime pagine delle sue “Memorie intime”. È l'agire di Aline per vendetta, quello sporcare se stessa per macchiare il padre, che non viene accettato. La china dell'errore, della non naturalità dell'esistenza, legge questa spesso in contrasto con quella degli uomini, viene percorsa fino in fondo e il delitto, di conseguenza, è il più truce possibile. Un corpo smembrato e la testa buttata non si sa dove. Siamo davanti all'annientamento totale dell'umano. Simenon ci fa notare che davanti a pezzi di corpo la pietà non si innesca. Essa appare davanti ad un morto identificabile; diversamente siamo nel ridicolo, nel grottesco. Il braccio, trovato inizialmente, non è umano se non per il medico che lo analizza. Questo simbolo rappresenta la sconfitta totale, massima per l'essere umano, la resa ultima, la totale mancanza di dignità, di morale, il non essere nemmeno più riconosciuti come umani.

Ho accennato in vari brani su Maigret, che l'intento secondo me inizialmente inconscio, di Simenon, consiste nel salvare il salvabile secondo la legge di natura.

Qual'è il personaggio moralmente corretto del libro? Lucette Calas, la figlia di Aline. La sua fuga di casa all'età di quindici anni all'inizio ci disorienta, ma poi scopriamo che ha studiato, ha un lavoro decente e che sta per sposarsi col primario del suo reparto. La sua fuga si fa quindi sensata. Il padre picchiava la madre ed era un ozioso che vagava nel Bistrot e ai tavoli da biliardo di altri locali, tutti i pomeriggi. La madre beveva e in quei pomeriggi senza il marito si dava ad amori occasionali vendicativi, nel retro del bistrot. Questo era il mondo della quindicenne. Mi permetto di dire che l'idea di far fuggire una quindicenne perché risulta essere consapevole dell'immoralità della sua famiglia, del suo ambiente, è geniale. Ad una persona solamente intelligente può sembrare irreale se non impossibile, ma Simenon sa che quel che accade in letteratura deve rappresentare una visione personale del mondo e non, come con le esagerazioni spesso sgradevoli per esempio di Zola, solo la descrizione del reale che è comunque e sempre un'opinione, una relazione fra quel che si percepisce e i propri principi. Chi pensa che possa esistere una letteratura, un'arte puramente descrittiva, dell'arte non ha capito nulla. Perfino la scelta dell'inquadratura da parte di un fotografo, fatta su un oggetto qualsiasi, è un atto arbitrario che influenza il valore, il senso dell'oggetto medesimo. Questa consapevolezza, che in me è profonda, direi estrema, mi porta a non tollerare la mia immagine fotografata. Non sono io. È un involucro che mi somiglia e basta …

Torniamo a noi. Che senso ha quindi presentare una quasi impossibile fuga di una quindicenne per incompatibilità morale col proprio nucleo famigliare?

Il fatto che secondo Simenon, in noi, quando i sensi si svegliano nell'adolescenza, la guida morale è inclusa. La legge di natura è in noi, ma può venire fuorviata da eventi esterni. Quel che al tempo della filosofia greca era chiamato riminiscenza, è presente qui come messaggio che è nella carne. La riminiscenza, e si sappia che odio le parolone, quindi mi scuso se ne sto presentando una, la riminiscenza, dicevo, rappresenta tutto un sapere che dobbiamo ritrovare, che abbiamo dentro. La definizione, resa in modo così generico, funziona anche per quel che guida il gesto di fuga della quindicenne, ma con una caratteristica a se. La legge di natura si rende consapevole in noi col risveglio sessuale. Lei, la figlia di Aline, sa cosa fare perché ha una sua percezione di giusto e sbagliato che è ben diversa da bene e male. È male non obbedire ai genitori. È male scappare di casa primo nei confronti dei genitori e poi della legge che non tollera certe cose dai minorenni. Il male e il bene in parole povere sono ciò che è giusto o sbagliato secondo la morale stabilita dalle leggi scritte e spesso dalla tradizione. a Simenon non ha scelto un'età a caso. I diciassette a anni della fuga della madre Aline, incinta della figlia vanno così computati. Nascita alla femminilità a quindici anni, sesso agito per ferire il padre, concepimento e mancato rispetto delle apparenze (=aborto) come altro ferimento, non altro che esaltazione di una protesta che diventa abiezione. I quindici anni della figlia rappresentano quindi, in egual modo che per la madre, il momento del passaggio da bambina a femmina. In questo frangente si rivela la legge di natura, si ha consapevolezza della negatività e la reazione di fuga.

Per Simenon i bambini sono indifesi e quindi da difendere a spada tratta, ma colui che non è più bambino, ha acquisito col cambiamento, una morale, e diventa responsabile delle sue azioni. Si noti un aspetto curioso. Simenon agisce in un mondo laicissimo, senza alcuna divinità … ma questa legge di natura, così come lui la sente e descrive, la ritroviamo nelle religioni monoteiste; per esempio il Bar Mitzwah ebraico, se non ricordo male, all'età di tredici anni, rende responsabile e adulto davanti alla comunità, il maschio. Un ruolo simile aveva la cresima nel cristianesimo. Per la femmina, in generale, il momento, spesso non festeggiato se non nel gineceo, poiché si trattava di culture al maschile, corrispondeva al primo menarca.

Secondo me, le regole più antiche, delle più antiche tradizioni religiose e tribali, contengono tracce o interi frammenti del momento cruciale nel quale la legge di natura venne imbrigliata nelle regole sociali e pian piano modificata spesso fino alla nevrosi. Apro una parentesi che spero faccia meditare. Attualmente la maggior età è a diciotto anni. Questo vuol dire che per un periodo che varia mediamente fra i cinque e i tre anni di tempo, abbiamo degli adulti nel corpo che vengono trattati davanti alla legge, come bambini … ha senso? Non è il caso di produrre una giurisprudenza diciamo di transizione? Per un omicida di diciassette anni, una condanna a decenni di pena non sembra esagerata. Fa invece effetto se si tratta di un quindicenne. Questo secondo me dimostra che riconosciamo che si tratta di un momento di passaggio per il quale “la legge per i bambini” sembra insufficiente e “quella per gli adulti” esagerata. Meditare …

Torniamo a Simenon. Ho sempre asserito e dimostrato che Maigret, non agendo nell'ottica della giustizia della civiltà, ma in quella della natura, spesso si permette comportamenti diciamo illegali, sporchi per un rappresentante della legge civile. In questo caso non ce n'è bisogno. È il caso che rimette le cose a posto. La madre colpevole crea una condizione futura più che eccellente per colei che rispetta la legge di natura. Erediterà fattorie, milioni e il castello del nonno. Il giusto, riceve giustizia …. utopia meravigliosa ma spesso presente in Simenon-Maigret.

Un altro particolare. Nelle prime pagine, abbiamo un barcone che si chiama “I due fratelli”. Spesso Simenon ci parla della vita delle famiglie sui piccoli battelli da trasporto della Francia e del Belgio. In questo caso l'immagine che se ne ottiene, quando parte col suo carico di pietre da taglio, è meritevole di una meditazione e di un sorriso. Vado a memoria e mi sembra che i figli dei due fratelli che governano il mezzo siano cinque. Uno poppante e una madre sia in dolce attesa, quindi un totale di sei cuccioli! Abbiamo il massimo di vitalità e quindi, per Simenon, di bellezza poiché per lui la famiglia armoniosa era la grande meta che purtroppo tragicamente, nonostante la ricchezza e la fama, non raggiunse. Questa situazione così altamente feconda, ci farà sentire ancora più arida, ingiusta, distante, la pseudo famiglia del morto e ci fa comprendere che per Simenon, avere un solo figlio è ancora indice di sconfitta, di sterilità.

C'è un in questa immagine, anche un altro particolare che rappresenta la perfezione della vita, secondo l'ottica di Simenon. Egli non era, non riusciva ad essere stanziale. La vita che ha rappresentato in queste prime pagine, la vita sul barcone “I due fratelli” era il suo ideale. Viaggiare per il mondo col lavoro, che è ad esso legato.

Nella vita degli umani questo però non può accadere. Anche l'immagine dei due fratelli è falsata, è un fotogramma, un attimo di una situazione che non può durare. I bambini hanno l'obbligo scolastico quindi sappiamo che il domani di quella immagine deve comunque non allontanarsi mai troppo da un punto fisso. Così fu nella vita di Simenon. Dovette scendere continuamente a compromessi con la stanzialità per i figli, ma la sua natura, la natura originaria dell'uomo, e quindi la sua legge di natura … è raminga. Nella realtà della sua contemporaneità, e anche nostra, nei suoi macrocosmi che sempre “sente” come malati, come potenzialmente devianti, e che si chiamano città, sente la necessità della figura di un Maigret che, viaggiando ben oltre la legge dell'uomo, cerca di ristabilire un equilibrio che, causa l'impossibilità di essere nomadi, sempre porterà all'annichilimento della legge di natura e alla crisi umana.

Si noti che i due fratelli del battello quasi non parlano, si capiscono sempre al volo. E chi non parla? L'animale ... Egli utilizza i segni vocali e corporei minimi poiché, essendo completamente nella legge di natura, di più non gli serve. Egli quindi sa e la parola non ha senso.

Altro e ultimo particolare da sottolineare. Di Maigret sappiamo che fu figlio di un amministratore di campagna, esattamente come il capostipite di questo libretto. Sappiamo anche che ebbe una figlia ma che morì prestissimo. L'idea, la situazione creata da Simenon è bellissima. Egli, Maigret, per traslato, sarà il nume tutelate, il padre di riserva di tutti quei destini cuccioli che hanno la sfortuna di iniziare la vita in contesti troppo negativi.

Il morto, l'assassinato diventa quindi un opposto perfetto di Maigret, e questo “gioco”, percepibile ai lettori di decine di suoi casi, esalta ancora di più il senso paterno eccetera, del commissario.

Simenon scriveva questi libretti sul commissario, con la macchina per scrivere … e contengono tanto di quell'oro che passa inosservato se si cerca solo il colpevole …

ovviamente molti non la penseranno come lui, ameranno la stanzialità e troveranno giusto condannare sempre e comunque l'omicida, ma penso che anche solo per una frazione di secondo qualcosa dentro loro comunque vacillerà, penso che le certezze, creature assurde, si sentiranno a disagio e annuseranno un accenno di sgretolamento. Solo chi non ha certezze può accettare i cambiamenti senza traumi ….

amen



Aggiunta del 26 agosto 2013 (ovvero il giorno dopo quanto avete appena sopportato...)
Ho terminato, ieri notte, la lettura di "L'amica della signora Maigret". Se in questa opera seguiamo la figura del bambino, scopriamo che, in un gruppo che non si salva e tutti, ma proprio tutti finiranno o in galera o al bordello o impiccati per suicidio, in un gruppo come quello, il bambino di due anni, risulta un estraneo e un problema ingestibile. La ragazza che scopriamo essere la madre, conosciuta casualmente la signora Maigret che, avendo un appuntamento dal dentista e essendo sempre in anticipo per paura di arrivare in ritardo, si è seduta ad una panchina che da su una piazzetta che permette di vedere l'uscita del paziente che solitamente la precede, la ragazza con l'abito blu e il cappello bianco, improvvisamente, lascia il bimbo per ore ad un'estranea, ad una signora, appunto la moglie del commissario, conosciuta e vista su quella panchina un paio di volte. questo inizio del giallo, serve a definire la totale abiezione, incapacità morale della donna-madre che ci introduce pian piano alla conoscenza di un gruppo completamente senza senso per la legge di natura. se in essa il figlio è l'apice, il motivo, il sorriso, il senso, per questi malviventi vivere un duenne come un intralcio è un segnale chiaro. tutto quel che accadrà sarà senza misericordia. il male puro. e infatti come per "Maigret e il corpo senza testa", abbiamo un ucciso che viene poi smembrato e bruciato in una stufa oltre che una signora anziana uccisa con un colpo di pistola alla testa, in fondo senza un motivo valido, e poi gettata con l'auto, in un fiume. il disprezzo totale per la vita, espresso dall'annientamento del corpo dell'ucciso e dalla esecuzione di un'anziana, ha un terzo rinforzo dal trattamento che riceve il bambino. Merita una meditazione anche la pagina finale. Qui scopriamo la conclusione di tutti i destini negativi e la salvezza del bambino. La madre, ritrovata in un bordello, non dirà mai a chi ha lasciato il figlio. Maigret-Simenon ci da solo un'informazione che comunque rappresenta un mondo, una filosofia. Il bimbo è stato dato a dei contadini. questo è importantissimo, poiché dimostra e conferma che per Simenon, la morale naturale ottiene rispetto nelle sue origini, in ciò che anticipa il caos dell'inurbamento, della città. antecedente al contadino sarebbe il vagante, qualcuno che assomiglia nello stile di vita ai due fratelli di "Maigret e il corpo senza testa". Capita poi di trovare frasi del tipo: "come si può allevare un figlio in un quarto piano di un palazzo". quel che al palazzo manca, e per esteso alla città, è la relazione con la natura che sa direzionare la vita. Si osservi poi che Simenon, in "L'amica della signora Maigret", ci offre anche una chiave di lettura sul come ci si può inoltrare nell'abiezione. Il punto è un'infanzia povera fino alla fame, nella quale i sensi primari si fan nemici. lo scopriamo dall'origine dell'esistenza del falsario-rilegatore che, ci viene detto, partito da una povertà negativa, angosciante, si è evoluto in direzione dell'accumulazione di denaro per non ricadere nello spettro della fame e dell'indigenza più nera.
La possibilità del male, male secondo la legge di natura, sta quindi sì, nell'inurbamento che porta all'incapacità di ascoltare la nascita in se, nell'adolescenza, della legge di natura, ma anche dalle distorsioni provocate dall'indigenza forte.
Sempre di più, mi convinco che Simenon ha agito in un'ottica di crisi epocale che fu resa malissimo, in modo solo intellettuale, per esempio, da Pasolini. Fine della vita rurale o raminga, inurbamento e perdita di valori importanti. Simenon, a differenza di Pasolini, non ha costruito a freddo, da borghese che distrugge in relazione a regole che comunque son sue. Egli è partito dalla naturalità, dall'esigenza di coerenza con le leggi di natura che sentì sorgere in se e, agendo, come suppongo da tempo, inizialmente in modo inconscio, ha rivelato con onestà artistica totale, la sua fragilità, i suoi timori, che si son rivelati essere poi quelli di un'epoca.

Nessun commento:

Posta un commento