giovedì 15 agosto 2013

Melville: lettera dall'aldilà




Questo è il primo di una serie di lettere giunte dall'aldilà. Piccolo gioco fra il critico e il letterario che intende rendere note alcune informazioni che ritengo interessanti. Il primo caso riguarda Davide Rondoni

 

e Hermann Melville. Quest'ultimo mi ha comunicato di essere assai arrabbiato con Rondoni e mi ha “dettato” questa lettera. Chi sia Davide Rondoni lo scoprirete su internet. Quel che posso dire personalmente è che il ridicolo ha dei limiti e mi permetto tale affermazione poiché lo incontrai un giorno, in un teatro. Aveva appena parlato dal palco atteggiandosi in un modo così smaccato da farmi sentire a disagio. Avevo deciso di incontrarlo e di fargli una domandina. Accadde e, disgrazia volle, per lui, che non ero solo (quindi ho testimoni di quanto affermo). Gli chiesi se era veramente convinto che Melville, come aveva scritto in un articolo, avesse trattato un enigma indefinibile, se veramente lui e Dostoevskij hanno parlato di un male oscuro … ma non sappiamo cos'è..... ebbene. Negò di averlo mai scritto. Gli dissi che avevo l'articolo in tasca e se voleva potevamo controllare insieme quella sua affermazione, perché dire che Dostoevskij e Melville... ma non avevo terminato la frase che era già sparito nella ripetendo comunque che lui assolutamente no non aveva scritto quelle cose eccetera. La finzione, com'è ovvio, non può reggere un contraddittorio e men che meno se ci son testimoni. ..... l'arte, la letteratura son ben altro da questi personaggi dello spettacolo.....

. ma Melville, la notte mi parlò, ed era assai arrabbiato. Qui riporto quanto mi dettò.

Questo fatto innescò in me queste “comunicazioni”. E così anche Caravaggio, Picasso, Alda Merini e Duchamp, “scrissero” qualcosa per i vivi. Sembrava che la comunicazione potesse continuare, ma vi fu silenzio. La coscienza dei morti, non meno di quella dei vivi, ha bisogno di meditazione e di tempo. Penso che qualcuno in futuro si farà ancora sentire, come è vero che molti di loro vengono a farmi compagnia, con Mafalda, Tata, Sophie e i miei antichi gatti, nelle notti troppo lunghe da sopportare rimanendo nel corpo. Giuro su quel che ho di più sacro, il mio cane, che non bevo (giusto una birra ogni tanto), non faccio uso di droghe leggere e nemmeno pesanti, non fumo e non leggo Novella 2000. Quindi, certificarmi come malato mentale, per quanto non sia impossibile, è comunque abbastanza impegnativo...

Delle persone che “mi hanno scritto”, solo Alda Merini, ho potuto conoscere personalmente. Mi fece una tenerezza infinita. Roberto Vecchioni, con la sua “Canzone per Alda Merini”, l'ha descritta perfettamente. Ne lui ne io abbiamo pensato alla sua poesia, ma al dramma che visse e che la sbriciolò.

Per quel che riguarda Picasso, non conobbi lui per questioni anagrafiche, ma suoi conoscenti e amici. Uno di questi Franco Passoni, era uno studioso artistoide di Milano che mi trattava con paterno affetto. Spiegherò meglio quel che accadde nei nostri dialoghi, e che è secondo me assai importante per comprendere l'opera di Picasso, al termine della lettera di Picasso.

DALL'ALDILA’ 1 (Melville)

Sono Hermann Melville. Non si sorprenda per cortesia. Anche in Paradiso arrivano i quotidiani e, ovviamente, quando qualche collega mi comunica che si parla di me la curiosità ancora, fa il suo gioco.

Scopro che lei viene intervistato sulla mia opera ora più celebrata e dice delle cosine che mi hanno stupito.

Non immaginerà mai chi mi ha dato questo brandello di pagina 5 di giornale datato 26 luglio 2003: un certo Dostoevskij che lei cita. Sa, lui e io non ci vediamo spesso, Fiodor ama la città e io la campagna e il mare.

La sua citazione che ci ha unito nelle sue parole, ci ha riuniti davanti ad un buon bicchiere e abbiamo deciso in comune e fraterno accordo, di spiegarle un paio di cosucce.

Lei dice: “ Il fascino di quest’opera uscita in America nel 1851 sta innanzitutto nel fatto che il suo enigma è indefinibile, ci parla della balena, di un male oscuro, ma non sappiamo dire cos’è tutto ciò. Siamo alle stesse altezze di Dostoevskij.”

Bene, in un colpo solo ci ha fatto arrabbiare in due. Lei avrebbe dei seri problemi qui da noi in Paradiso e comunque pensiamo che il buon Dio, che tiene molto alla nostra serenità (ce la siamo guadagnata!), provvederà a darle ben altra sistemazione.

Riteniamo che quanto stiamo per dirle sia a dir poco banale, ma sembra necessario.

Le sembra possibile enunciare che “l’enigma è indefinibile?”, e che “ci parla della balena, di un male oscuro, ma non sappiamo dire cos’è tutto ciò?”

Quel “ci” presente in “ci parla della balena” mi tira in ballo personalmente ovvero io, Hermann Melville, vi parlo; e . . . . . corpo di mille balene, secondo te io scrivo di qualcosa che non so cos’è? Vi parlo della balena, di un male oscuro e non so cos’è? Ma come sei ridotto ragazzo!

Dialogavo ieri con Francis Scott Fitzgerald di queste tue assurde considerazioni e lui mi ha consigliato di citare una frase che lasciò a voi mortali nei suoi taccuini: “Non si scrive per dire qualcosa; lo si fa solo se si ha qualcosa da dire.”

Sono stato chiaro? Il male è oscuro per te che hai dei problemi di comprendonio, ma conosco altri lettori che hanno capito. Ora mi domando. Hai dei problemi a casa? Un’infanzia infelice? Sei stato un pollo di batteria? Dimmelo sinceramente. Potrei capirti, però smettila di dire queste corbellerie. Se le tue parole possono apparire su un quotidiano sii un po’ più responsabile.

Il caro vecchio Friedrich Nietsche, che finalmente si è tagliato quegli orribili baffoni, mi ha rammentato, per consolarmi, che in Germania questi fatti accadevano già nel 1873. Nelle “considerazioni inattuali” non esitò a definire la cultura tedesca “senza senso, senza sostanza, senza scopo: nient’altro che opinione pubblica”.

E’ curioso, mentre sto scrivendo queste righe gli amici che si aggiungono alla mia tavola stanno diventando più numerosi dei bicchieri che tengo in casa. Fiodor, Francis, Friedrich e io osserviamo altre ombre che si appressano alla porta socchiusa. Ne hai fatta arrabbiare di gente ragazzo mio.

Il caro Franz Kafka, mi ha appena detto che se al tuo giornale giunge una lettera nella quale cito il nome di un partito, si penserà che io sono della corrente opposta e mi invita a stare sul generico… Il caro Franz, come Oscar Wilde, ha sempre ragione.

L’articolo dice, che sei poeta e questo passi! In un periodo di “opinione senza cultura” questo può accadere, ma ci risulta anche che tu diriga il Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna e la rivista ClanDestino. Hai trentanove anni e ricopri questi incarichi? Allora sei un genio! Mi viene più facile pensare ad un pollo di batteria che inizia pulendo i tavoli di una “festa” e con una annosa, mediocre, costante militanza alla sede del partito e succursali varie ha avuto diritto ad una fetta di . . . . torta. E non dimenticare che lo sappiamo anche qui in Paradiso che l’Università di Bologna, è …. Franz mi dice che anche questo non lo posso dire! Ma che strano! C’è troppa gente che occupa i posti della cultura ma della cultura comprende ben poco. Ecco, si. Questo è abbastanza generico. Franz, che ha studiato legge anche se non di recente, dice che così può andare. Le risposte che hai dato al giornale sommate alle cariche che copri danno come risultato tanta tristezza. Vergognati. Torna a casa e leggi la mia opera e non fregiarti del titolo di poeta perché sappiamo anche quassù, che la pubblicazione di un testo da parte una buona casa editrice, non dimostra assolutamente nulla.

Dimostra di più il fatto che non sai qual’è il “male oscuro” del mio libro.

Se tu leggessi “Bartleby ” oppure “La torre Campanaria” o “Il venditore di Parafulmini” potresti forse allenare i neuroni e avvicinarti al “male oscuro” che anche in quei testi narro.

Parli poi delle mie poesie e ripeto imprecando, corpo di mille balene, che anche lì c’è la chiave. Concludo aggiungendo che anche Fiodor che ha un buon temperamento russo, è arrabbiato anzi arrabbiatissimo.

Dici che lui e io siamo alle stesse altezze e poi dici che non hai capito un’acca! Ma “fatti un orto” oppure vai un po’ per mare! Assaggia sulla tua pelle un po’ di vita dura razza di rammollito! E lascia quegli incarichi invocando per te stesso e per la tua epoca che un vero poeta ti sostituisca, ma è anche vero che ad un Poeta con la P maiuscola non gliene fregherebbe niente di un centro di poesia contemporanea per giunta gestito da un’università.

Un brindisi ora alla tua vanità e lasciaci in pace.










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