Ora
che il ciclone della “tragedia” zurighese di Oprah Winfrey ha
spento l'ultimo briciolo di clamori, ne parlo.
Riassumo
il dramma. Questa signora arriva a Zurigo perché si sposa l'amica
(Tina Turner) e alla vetrina del negozio di lusso Trois Pommes, vede
una borsa che le piace. Entra e chiede di vederla. A questo punto le
informazioni in nostro possesso si fanno poco chiare. I fatti che
possediamo come certi sono i seguenti: 1) la cliente esce senza aver
comprato e si lamenterà poi nel programma di Larry King (sul canale
statunitense Cbs), “di essere stata trattata con sufficienza dalla
commessa che si è rifiutata di mostrarle una borsa; -è troppo cara,
non se la può permettere-” ( così leggiamo sui quotidiani del 10
agosto 2013). i vari giornali ci informano anche che l'articolo
costava ventottomila euro e che si trattava di una borsa che Tom Ford
avrebbe progettato per Jennifer Aniston.
Veniamo al sodo. Per quanto io mi sforzi, di razzismo non ne vedo. Colgo invece la tigna esasperata di una signora famosa e viziata che si è offesa per vari motivi e primo fra tutti il non essere stata riconosciuta. Mi permetto anche di dire che le commesse di negozi di alta gamma sono addestrate ad essere educatissime e ad una conoscenza minuziosa del prodotto. Da un altro articolo scopriamo che la commessa avrebbe elencato storia e caratteristiche della borsa in questione facendo presente che esiste in vari formati e materiali. Sappiamo anche che la proprietaria del negozio ha difeso la sua dipendente dichiarando che agito come di consueto.
Come
ho già detto, io di razzismo non ne vedo e, davanti all'atto
concreto della difesa della commessa da parte della datrice di
lavoro, deduco che la Winfrey ha agito per motivi apparentemente non
deducibili dalle informazioni date. Si può comunque meditare sulla
faccenda....
Io
ipotizzo varie cosucce: 1) far notizia per finire di nuovo sui media
e mantenere alto il valore d'immagine. Si sa che non conta la
veridicità dell'informazione. Non importano banalità come pure il
bene e il male. Importa che si parli …2) effettivamente, la Winfrey
si è rattristata e quindi stizzita una volta che ha compreso di non
essere riconosciuta. 3) la Winfrey ha fuso per il caldo di Zurigo …
oppure … nonostante il ruolo, non ha un grande spessore e non sa
controllare la sua emotività.
Punto
Uno. Le notizie fasulle o vuote di contenuto sono una marea. Ricordo
per esempio dei titoloni dello scorso anno: “Chi vuole uccidere i
cani della regina?”. Vai a leggere e scopri che nel paese a ridosso
del castello per le vacanze della regina Elisabetta, un virus ha
fatto qualche vittima fra i poveri cagnetti. Il titolo era
completamente fuori luogo. I casi si sprecano e farne un elenco non
fa bene alla salute di nessuno, non migliorerà la situazione. Cito
comunque un celebre attore che, “lo potete vedere nei film “Quattro
matrimoni e un funerale”...) consapevole del calo della sua
immagine, si fece pescare in una via centralissima se non ricordo
male di Los Angeles, in macchina con una prostituta. Ci furono lievi
conseguenze penali ma ritorni d'immagine planetari....
Punto
due. Quando una persona che si considera nota, non viene
riconosciuta, se è banale, e accade spesso ..., se ne angoscia. Un
esempio che mi accadde qualche tempo fa. Colli Romani. A casa di
un'amica per salutarla e mi ritrovo in una folta festa di compleanno
di non so chi. Intorno alla piscina mi presentano delle persone che
sembrano fare gruppo a sé. Mi chiedono se li riconosco. Dico
serenamente di no, divento un reietto e vengo trattato come un malato
di mente. Erano gli attori di una nota soap opera italiana.... uno di
loro è venuto da me poco dopo dicendomi che evidentemente scherzavo
e che alcuni di loro ci avevano creduto. Io, con un pizzico di sadico
piacere, ho fatto presente che non ho la tivù da ormai vent'anni e
certe cose le ignoro. Rise. Per lui sembrava che io volessi tenere,
per gioco, quella posizione estrema. Amen.
Avrei
altri esempi ma penso che questo sia sufficiente. Per loro, ma
fortunatamente non per tutti, il pubblico adorante diventa una droga
e quindi si ha una dipendenza che diventa patologica. Immaginiamo la
Winfrey che scopre di non essere riconosciuta a Zurigo e commossi
partecipiamo al suo dolore ma, se così fosse, di razzismo non si può
parlare. È certo comunque, che la commessa non sapeva si trattasse
di una star.
Punto
tre. Questo mi affascina poiché ho avuto esperienza varie volte
della metamorfosi assurda che deforma le persone che fanno shopping.
Un esempio senza far nomi è il seguente. Si entra in una delle più
note boutiques italiane. Le commesse la conoscono e una, la solita,
si prende cura di lei. Sì, si prende “cura”. Ho “sentito”
immediatamente la dimensione della persona malata che viene
vezzeggiata. dicasi anche "nutrire il narcisismo". Le verrà detto tutto quel che si immagina che ami
sentirsi dire in funzione di uno scopo per il quale si riceve una
percentuale, ovvero vendere. È una finzione grottesca. Addirittura
il tono di voce della cliente cambia e si fa ridicolo, con le erre un
po' più mosce e le esse che scivolano fino a diventare uno stridio.
Anche il passo si fa più accentuato per non dire ridicolo. La
metamorfosi della bambina-donna che viene vezzeggiata non perché
vale ma per essere accuratamente spennata, è avvenuta. Il “gioco”
è evidente alle parti, ma si deve fingere di non saperlo. La o il,
commesso, deve avere l'abilità di comprendere l'umore della cliente.
Questa/o potrebbe avere i nervi a fior di pelle perché il suo
cagnolino non ha fatto esattamente i ventitré grammi di cacca
mattutina o perché ha scoperto un capello bianco sul cuscino …
dura la vita … il o la, commessa, deve quindi essere psicologa,
intuitiva e rapida. Sbagliare qualcosa è facile e se per caso il
livello di nervosismo della cliente è tale che solo una sfuriata la
calma, niente è più adatto di un o una commessa per recuperare
l'equilibrio. Uscire fintamente offese equivale a traslare, spostare
su un altro l 'incrinatura della propria momentanea agitazione e
domani loro quelli del negozio, hanno il sacrosanto dovere di
sorridere e di avere dimenticato.
Posso
dire anche che nelle boutiques di lusso l'attenzione al cliente è
estrema e, a meno che non entri un personaggio tipo i coatti per
nulla inventati da Verdone, (e anche con loro recitano pazienza),
paroline sibilline non ne scaturiscono.
Ricordo
da “Bottega Veneta” a Milano … un russo giovane e noiosissimo
che si atteggiava a dio in terra e in fondo era solo ricco. Era da
calci nel sedere per quanto era antipatico e sbruffone, ma hanno
assorbito tutta quella negatività in modo esemplare. C'era poi il
tipo di colore, con jeans accuratamente stracciati e cannotta che
sembrava quella del nonno di Noè. Ha chiesto ed è stato
accontentato senza che accadesse nulla di tragico. Tocca a me e nasce
un equivoco. Sarei interessato ad una ventiquattro ore. La commessa
mi mostra cose belle ma non sono quel che immagino. Le spiego che
anticamente, dieci anni fa forse, una ventiquattro ore era una
valigetta rigida con combinazione. Sono stato sibillino ma
lievemente. Comprendiamo entrambi che il vocabolo ha cambiato, di
poco, significato. Ora esso intende, almeno per quel negozio, una
cartella di pelle morbida. Si arriva al chiarimento e tutto fila
liscio. Era possibile che, davanti all'incomprensione che aveva
creato quel piccolo problema di comunicazione, se mai il mio cane
quella mattina non avesse provveduto regolarmente con i suoi cinque
etti (è grosso....) di prodotto interno molto lordo, è possibile
dicevo … che mi sarei inalberato e me ne sarei andato infuriato? No
… a me non sarebbe accaduto perché ho altre malattie ma non quella
della star o dell'essere supremamente viziato dalla famiglia o dalla
carta di credito. So oltre il resto che quando si entra in certi
negozi si ha a che fare con la sfera del non necessario, quindi anche
se non si trova quel che si cerca, l'esistenza non subisce un
tracollo. Wilde disse che nulla è più necessario del superfluo; in
un certo senso aveva ragione e tendo a credere che si riferisse non
ad accessori di lusso ma all'arte ... ma anche se non fosse così e
stesse pensando a certi guanti color pulce senza i quali per esempio
non osava uscire, son necessità rimandabili e non è la loro
immediata soddisfazione a massacrare l'esistenza.....
Morale.
Penso che questa notizia sia palesemente finta nel senso che non si
tratta di un caso di razzismo. Dovrebbe vergognarsi la Winfrey per
questo, ma so che certa gente non ne è capace. Vive solo la sua
emotività e basta. Che si informi sul vero significato di quella
parola e rispetti il dramma di chi dal razzismo è stato annientato o
ridimensionato veramente. Non essere riconosciuta è stata secondo me
la sua tragedia del momento. Appartenere ad un certo ghetto, perché
attualmente una certa elite (non tutta ovviamente) è talmente chiusa
che non altro che di ghetto si può parlare, a lungo andare diventa
patologico, e a questo aspetto, sommo un particolare orrendo. Chi ha
molti soldi …. può permettersi anche le sue “malattie”.
Semplicemente non le chiama così. Bere e sfasciare macchine e corpi
altrui si dice “avere alzato un attimo il gomito”, insultare e
offendere era un momento di rabbia … Ricordo il racconto di un
amico avvocato. Una certa persona aveva appena schiacciato un ignaro
viandante contro un muro con la macchina. Era riverso sul cofano. Chi
guidava, chi ha commesso il fatto, secondo voi chi ha chiamato
immediatamente col cellulare? L'ambulanza? Sbagliato … l'avvocato,
non quello che mi raccontava sconcertato, il fatto, avvocato che è
arrivato come un fulmine dicendo che lui era presente e aveva visto
tutto..... Nel frattempo quella persona stava morendo …
Solo
rari eccessi di quel ghetto diventano casi da tribunale. Il resto si
insabbia a suon di denari.
In
questa tragedia-farsa della Winfrey vedo tanti, troppi mali, che come
un eisberg mostrano solo la punta e nascondono il corpo enorme
sott'acqua. La notizia che notizia non è, e un giornalismo malato
che da esse non intende difendersi; e poi ricchezza e fama che si
offendono di un'inezia, che agiscono nel ridicolo senza rendersene
conto.
Manca
spessore, anima, vita.
Manca
la vita.
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