Nel
presente blog, il lettore interessato potrà trovare altri
riferimenti a gialli di Maigret. Il mio interesse per l'opera di
Simenon è da sempre notevole perché il valore che vi scopro va ben
oltre quanto l'autore medesimo supponeva. Egli amava ricordare che
certi scritti li realizzava con la penna, altri direttamente con la
macchina per scrivere e questi ultimi servivano semplicemente per far
quadrare il bilancio famigliare. Accade però che ogni essere umano
non può far altro che “girare intorno a se stesso” e rivelare la
sua visione del mondo. Per Simenon era la famiglia. Opere di qualità
eccelsa scritte a penna come “il Libraio di Archangelsk” o
“cargo”, hanno ovviamente un respiro maggiore, un più vasto
raggio d'azione, poiché non sono vincolati alle esigenze minime
richieste dal giallo, almeno secondo Simenon. Per lui, a differenza
dei colleghi specialisti del genere, non si tratta di una lotta fra
il bene e il male. Abbiamo apici eccellenti come “dieci piccoli
indiani” di Agatha Christie che per una discreta manciata di pagine
ci fa venire il sospetto che l'esecutore della messinscena e delle
esecuzioni sia la divinità stessa, oppure, passando al cinema, il
commissario Callaghan interpretato dal grande Clin Eastwood. Amo
ricordare sempre che dietro alla sua scrivania fa bella mostra di sé
il poster di un film con quel protagonista e il sottotitolo dice “il
buono è quello col distintivo”; nel film in questione, fra
poliziotto e assassino, fra male e bene avviene infatti una
colluttazione sconcertante e disorientante per lunghezza e durezza.
Il messaggio è chiaro. Nella lotta fra bene e male, le due parti,
poiché spesso ricorrono alla violenza e sempre ai suoi simboli
(sempre per il bene, il poliziotto è armato. Almeno l'arma di certi
detective come il celebre tenente Colombo, è in prima istanza il
cervello minuzioso …), nella lotta fra il bene e il male dicevo, è
la violenza spesso a decidere del trionfo del bene e questa macchia,
questa incoerenza, questa incapacità di ristabilire il bene solo col
bene, è il corto circuito sottolineato da Eastwood e non solo.
Come
agisce invece Simenon? Ovviamente ci deve essere il fattaccio
moralmente esecrabile. Già questo però non è semplice da definire.
Se quasi sempre Simenon ci mostra un omicidio è perché esso
rappresenta una criticità, una problematica che egli sente non
essere espressa in modo corretto dalla morale a lui contemporanea. Il
caso chiave che rivela è “Maigret e il barbone” in esso, più
chiaramente che negli altri gialli del commissario, l'omicidio si fa
lecito, giusto, sensato. La legge scritta della civiltà, ovviamente
condanna, il barbone no e decide di non testimoniare. La trama è
rapida. Un barcone che porta merci sulla Senna e dintorni. Lo governa
un padre ubriacone che osteggia il rapporto della figlia con l'unico
marinaio-operaio a bordo. Nell'ultima scena del libro vediamo un
bimbo che gioca sulla barca. La famiglia si è formata, la natura ha
avuto il suo corso ed essa, per Simenon, agisce in un sistema morale
semplice ma rigoroso.
Possiamo
paragonare “Maigret e il barbone” con il presente “Maigret e il
corpo senza testa”. Il luogo della genuinità, la campagna, subisce
una modifica negativa. Un amministratore di beni di una persona ricca
riesce ad arricchirsi. Diciotto fattorie e un castello nel quale
andrà ad abitare. Questo passaggio di casta, di vita, porta ad un
disorientamento di valori. Colei che reagisce in modo estremo è la
figlia che a diciassette anni, dopo aver tentato varie volte di dar
fuoco al castello, fugge incinta e non si fa più trovare. Bella ed
enorme come profondità, anche se non universale, è la seguente
meditazione del commissario: “Maigret aveva già tentato di
convincere altri, anche uomini di grande esperienza, che chi scende
la china, chi prova un piacere morboso nel cadere sempre più in
basso e infangarsi, è quasi sempre un idealista.” questa ragazza
tremenda che si chiama Aline Calas, Fugge e la troviamo alcolista
quarantenne mentre gestisce un bistrot col marito che è il medesimo
della fuga. La sua vita è, nell'ottica di Maigret-Simenon, uno
scempio, un esempio di negatività. Non si pensi che la sessualità
promiscua di Aline, così accuratamente rivelata, sia per Simenon
riprovevole nel senso più semplice del termine. Il problema non è
che la donna sposata abbia rapporti anche con altri. La vita stessa
dell'autore, ce lo spiega nelle prime pagine delle sue “Memorie
intime”. È l'agire di Aline per vendetta, quello sporcare se
stessa per macchiare il padre, che non viene accettato. La china
dell'errore, della non naturalità dell'esistenza, legge questa
spesso in contrasto con quella degli uomini, viene percorsa fino in
fondo e il delitto, di conseguenza, è il più truce possibile. Un
corpo smembrato e la testa buttata non si sa dove. Siamo davanti
all'annientamento totale dell'umano. Simenon ci fa notare che davanti
a pezzi di corpo la pietà non si innesca. Essa appare davanti ad un
morto identificabile; diversamente siamo nel ridicolo, nel grottesco.
Il braccio, trovato inizialmente, non è umano se non per il medico
che lo analizza. Questo simbolo rappresenta la sconfitta totale,
massima per l'essere umano, la resa ultima, la totale mancanza di
dignità, di morale, il non essere nemmeno più riconosciuti come
umani.
Ho
accennato in vari brani su Maigret, che l'intento secondo me
inizialmente inconscio, di Simenon, consiste nel salvare il salvabile
secondo la legge di natura.
Qual'è
il personaggio moralmente corretto del libro? Lucette Calas, la
figlia di Aline. La sua fuga di casa all'età di quindici anni
all'inizio ci disorienta, ma poi scopriamo che ha studiato, ha un
lavoro decente e che sta per sposarsi col primario del suo reparto.
La sua fuga si fa quindi sensata. Il padre picchiava la madre ed era
un ozioso che vagava nel Bistrot e ai tavoli da biliardo di altri
locali, tutti i pomeriggi. La madre beveva e in quei pomeriggi senza
il marito si dava ad amori occasionali vendicativi, nel retro del
bistrot. Questo era il mondo della quindicenne. Mi permetto di dire
che l'idea di far fuggire una quindicenne perché risulta essere
consapevole dell'immoralità della sua famiglia, del suo ambiente, è
geniale. Ad una persona solamente intelligente può sembrare irreale
se non impossibile, ma Simenon sa che quel che accade in letteratura
deve rappresentare una visione personale del mondo e non, come con le
esagerazioni spesso sgradevoli per esempio di Zola, solo la
descrizione del reale che è comunque e sempre un'opinione, una
relazione fra quel che si percepisce e i propri principi. Chi pensa
che possa esistere una letteratura, un'arte puramente descrittiva,
dell'arte non ha capito nulla. Perfino la scelta dell'inquadratura da
parte di un fotografo, fatta su un oggetto qualsiasi, è un atto
arbitrario che influenza il valore, il senso dell'oggetto medesimo.
Questa consapevolezza, che in me è profonda, direi estrema, mi porta
a non tollerare la mia immagine fotografata. Non sono io. È un
involucro che mi somiglia e basta …
Torniamo
a noi. Che senso ha quindi presentare una quasi impossibile fuga di
una quindicenne per incompatibilità morale col proprio nucleo
famigliare?
Il
fatto che secondo Simenon, in noi, quando i sensi si svegliano
nell'adolescenza, la guida morale è inclusa. La legge di natura è
in noi, ma può venire fuorviata da eventi esterni. Quel che al tempo
della filosofia greca era chiamato riminiscenza, è presente qui come
messaggio che è nella carne. La riminiscenza, e si sappia che odio
le parolone, quindi mi scuso se ne sto presentando una, la
riminiscenza, dicevo, rappresenta tutto un sapere che dobbiamo
ritrovare, che abbiamo dentro. La definizione, resa in modo così
generico, funziona anche per quel che guida il gesto di fuga della
quindicenne, ma con una caratteristica a se. La legge di natura si
rende consapevole in noi col risveglio sessuale. Lei, la figlia di
Aline, sa cosa fare perché ha una sua percezione di giusto e
sbagliato che è ben diversa da bene e male. È male non obbedire ai
genitori. È male scappare di casa primo nei confronti dei genitori e
poi della legge che non tollera certe cose dai minorenni. Il male e
il bene in parole povere sono ciò che è giusto o sbagliato secondo
la morale stabilita dalle leggi scritte e spesso dalla tradizione. a
Simenon non ha scelto un'età a caso. I diciassette a anni della fuga
della madre Aline, incinta della figlia vanno così computati.
Nascita alla femminilità a quindici anni, sesso agito per ferire il
padre, concepimento e mancato rispetto delle apparenze (=aborto) come
altro ferimento, non altro che esaltazione di una protesta che
diventa abiezione. I quindici anni della figlia rappresentano quindi,
in egual modo che per la madre, il momento del passaggio da bambina a
femmina. In questo frangente si rivela la legge di natura, si ha
consapevolezza della negatività e la reazione di fuga.
Per
Simenon i bambini sono indifesi e quindi da difendere a spada tratta,
ma colui che non è più bambino, ha acquisito col cambiamento, una
morale, e diventa responsabile delle sue azioni. Si noti un aspetto
curioso. Simenon agisce in un mondo laicissimo, senza alcuna divinità
… ma questa legge di natura, così come lui la sente e descrive, la
ritroviamo nelle religioni monoteiste; per esempio il Bar Mitzwah
ebraico, se non ricordo male, all'età di tredici anni, rende
responsabile e adulto davanti alla comunità, il maschio. Un ruolo
simile aveva la cresima nel cristianesimo. Per la femmina, in
generale, il momento, spesso non festeggiato se non nel gineceo,
poiché si trattava di culture al maschile, corrispondeva al primo
menarca.
Secondo
me, le regole più antiche, delle più antiche tradizioni religiose e
tribali, contengono tracce o interi frammenti del momento cruciale
nel quale la legge di natura venne imbrigliata nelle regole sociali e
pian piano modificata spesso fino alla nevrosi. Apro una parentesi
che spero faccia meditare. Attualmente la maggior età è a diciotto
anni. Questo vuol dire che per un periodo che varia mediamente fra i
cinque e i tre anni di tempo, abbiamo degli adulti nel corpo che
vengono trattati davanti alla legge, come bambini … ha senso? Non è
il caso di produrre una giurisprudenza diciamo di transizione? Per un
omicida di diciassette anni, una condanna a decenni di pena non
sembra esagerata. Fa invece effetto se si tratta di un quindicenne.
Questo secondo me dimostra che riconosciamo che si tratta di un
momento di passaggio per il quale “la legge per i bambini” sembra
insufficiente e “quella per gli adulti” esagerata. Meditare …
Torniamo a Simenon. Ho sempre asserito e dimostrato che Maigret, non agendo nell'ottica della giustizia della civiltà, ma in quella della natura, spesso si permette comportamenti diciamo illegali, sporchi per un rappresentante della legge civile. In questo caso non ce n'è bisogno. È il caso che rimette le cose a posto. La madre colpevole crea una condizione futura più che eccellente per colei che rispetta la legge di natura. Erediterà fattorie, milioni e il castello del nonno. Il giusto, riceve giustizia …. utopia meravigliosa ma spesso presente in Simenon-Maigret.
Un
altro particolare. Nelle prime pagine, abbiamo un barcone che si
chiama “I due fratelli”. Spesso Simenon ci parla della vita delle
famiglie sui piccoli battelli da trasporto della Francia e del
Belgio. In questo caso l'immagine che se ne ottiene, quando parte col
suo carico di pietre da taglio, è meritevole di una meditazione e di
un sorriso. Vado a memoria e mi sembra che i figli dei due fratelli
che governano il mezzo siano cinque. Uno poppante e una madre sia in
dolce attesa, quindi un totale di sei cuccioli! Abbiamo il massimo di
vitalità e quindi, per Simenon, di bellezza poiché per lui la
famiglia armoniosa era la grande meta che purtroppo tragicamente,
nonostante la ricchezza e la fama, non raggiunse. Questa situazione
così altamente feconda, ci farà sentire ancora più arida,
ingiusta, distante, la pseudo famiglia del morto e ci fa comprendere
che per Simenon, avere un solo figlio è ancora indice di sconfitta,
di sterilità.
C'è
un in questa immagine, anche un altro particolare che rappresenta la
perfezione della vita, secondo l'ottica di Simenon. Egli non era,
non riusciva ad essere stanziale. La vita che ha rappresentato in
queste prime pagine, la vita sul barcone “I due fratelli” era il
suo ideale. Viaggiare per il mondo col lavoro, che è ad esso legato.
Nella
vita degli umani questo però non può accadere. Anche l'immagine dei
due fratelli è falsata, è un fotogramma, un attimo di una
situazione che non può durare. I bambini hanno l'obbligo scolastico
quindi sappiamo che il domani di quella immagine deve comunque non
allontanarsi mai troppo da un punto fisso. Così fu nella vita di
Simenon. Dovette scendere continuamente a compromessi con la
stanzialità per i figli, ma la sua natura, la natura originaria
dell'uomo, e quindi la sua legge di natura … è raminga. Nella
realtà della sua contemporaneità, e anche nostra, nei suoi
macrocosmi che sempre “sente” come malati, come potenzialmente
devianti, e che si chiamano città, sente la necessità della figura
di un Maigret che, viaggiando ben oltre la legge dell'uomo, cerca di
ristabilire un equilibrio che, causa l'impossibilità di essere
nomadi, sempre porterà all'annichilimento della legge di natura e
alla crisi umana.
Si
noti che i due fratelli del battello quasi non parlano, si capiscono
sempre al volo. E chi non parla? L'animale ... Egli utilizza i segni
vocali e corporei minimi poiché, essendo completamente nella legge
di natura, di più non gli serve. Egli quindi sa e la parola non ha
senso.
Altro
e ultimo particolare da sottolineare. Di Maigret sappiamo che fu
figlio di un amministratore di campagna, esattamente come il
capostipite di questo libretto. Sappiamo anche che ebbe una figlia ma
che morì prestissimo. L'idea, la situazione creata da Simenon è
bellissima. Egli, Maigret, per traslato, sarà il nume tutelate, il
padre di riserva di tutti quei destini cuccioli che hanno la sfortuna
di iniziare la vita in contesti troppo negativi.
Il
morto, l'assassinato diventa quindi un opposto perfetto di Maigret, e
questo “gioco”, percepibile ai lettori di decine di suoi casi,
esalta ancora di più il senso paterno eccetera, del commissario.
Simenon
scriveva questi libretti sul commissario, con la macchina per
scrivere … e contengono tanto di quell'oro che passa inosservato se
si cerca solo il colpevole …
ovviamente
molti non la penseranno come lui, ameranno la stanzialità e
troveranno giusto condannare sempre e comunque l'omicida, ma penso
che anche solo per una frazione di secondo qualcosa dentro loro
comunque vacillerà, penso che le certezze, creature assurde, si
sentiranno a disagio e annuseranno un accenno di sgretolamento. Solo
chi non ha certezze può accettare i cambiamenti senza traumi ….
amen
Aggiunta del 26 agosto 2013 (ovvero il giorno dopo quanto avete appena sopportato...)
Ho terminato, ieri notte, la lettura di "L'amica della signora Maigret". Se in questa opera seguiamo la figura del bambino, scopriamo che, in un gruppo che non si salva e tutti, ma proprio tutti finiranno o in galera o al bordello o impiccati per suicidio, in un gruppo come quello, il bambino di due anni, risulta un estraneo e un problema ingestibile. La ragazza che scopriamo essere la madre, conosciuta casualmente la signora Maigret che, avendo un appuntamento dal dentista e essendo sempre in anticipo per paura di arrivare in ritardo, si è seduta ad una panchina che da su una piazzetta che permette di vedere l'uscita del paziente che solitamente la precede, la ragazza con l'abito blu e il cappello bianco, improvvisamente, lascia il bimbo per ore ad un'estranea, ad una signora, appunto la moglie del commissario, conosciuta e vista su quella panchina un paio di volte. questo inizio del giallo, serve a definire la totale abiezione, incapacità morale della donna-madre che ci introduce pian piano alla conoscenza di un gruppo completamente senza senso per la legge di natura. se in essa il figlio è l'apice, il motivo, il sorriso, il senso, per questi malviventi vivere un duenne come un intralcio è un segnale chiaro. tutto quel che accadrà sarà senza misericordia. il male puro. e infatti come per "Maigret e il corpo senza testa", abbiamo un ucciso che viene poi smembrato e bruciato in una stufa oltre che una signora anziana uccisa con un colpo di pistola alla testa, in fondo senza un motivo valido, e poi gettata con l'auto, in un fiume. il disprezzo totale per la vita, espresso dall'annientamento del corpo dell'ucciso e dalla esecuzione di un'anziana, ha un terzo rinforzo dal trattamento che riceve il bambino. Merita una meditazione anche la pagina finale. Qui scopriamo la conclusione di tutti i destini negativi e la salvezza del bambino. La madre, ritrovata in un bordello, non dirà mai a chi ha lasciato il figlio. Maigret-Simenon ci da solo un'informazione che comunque rappresenta un mondo, una filosofia. Il bimbo è stato dato a dei contadini. questo è importantissimo, poiché dimostra e conferma che per Simenon, la morale naturale ottiene rispetto nelle sue origini, in ciò che anticipa il caos dell'inurbamento, della città. antecedente al contadino sarebbe il vagante, qualcuno che assomiglia nello stile di vita ai due fratelli di "Maigret e il corpo senza testa". Capita poi di trovare frasi del tipo: "come si può allevare un figlio in un quarto piano di un palazzo". quel che al palazzo manca, e per esteso alla città, è la relazione con la natura che sa direzionare la vita. Si osservi poi che Simenon, in "L'amica della signora Maigret", ci offre anche una chiave di lettura sul come ci si può inoltrare nell'abiezione. Il punto è un'infanzia povera fino alla fame, nella quale i sensi primari si fan nemici. lo scopriamo dall'origine dell'esistenza del falsario-rilegatore che, ci viene detto, partito da una povertà negativa, angosciante, si è evoluto in direzione dell'accumulazione di denaro per non ricadere nello spettro della fame e dell'indigenza più nera.
La possibilità del male, male secondo la legge di natura, sta quindi sì, nell'inurbamento che porta all'incapacità di ascoltare la nascita in se, nell'adolescenza, della legge di natura, ma anche dalle distorsioni provocate dall'indigenza forte.
Sempre di più, mi convinco che Simenon ha agito in un'ottica di crisi epocale che fu resa malissimo, in modo solo intellettuale, per esempio, da Pasolini. Fine della vita rurale o raminga, inurbamento e perdita di valori importanti. Simenon, a differenza di Pasolini, non ha costruito a freddo, da borghese che distrugge in relazione a regole che comunque son sue. Egli è partito dalla naturalità, dall'esigenza di coerenza con le leggi di natura che sentì sorgere in se e, agendo, come suppongo da tempo, inizialmente in modo inconscio, ha rivelato con onestà artistica totale, la sua fragilità, i suoi timori, che si son rivelati essere poi quelli di un'epoca.
Aggiunta del 26 agosto 2013 (ovvero il giorno dopo quanto avete appena sopportato...)
Ho terminato, ieri notte, la lettura di "L'amica della signora Maigret". Se in questa opera seguiamo la figura del bambino, scopriamo che, in un gruppo che non si salva e tutti, ma proprio tutti finiranno o in galera o al bordello o impiccati per suicidio, in un gruppo come quello, il bambino di due anni, risulta un estraneo e un problema ingestibile. La ragazza che scopriamo essere la madre, conosciuta casualmente la signora Maigret che, avendo un appuntamento dal dentista e essendo sempre in anticipo per paura di arrivare in ritardo, si è seduta ad una panchina che da su una piazzetta che permette di vedere l'uscita del paziente che solitamente la precede, la ragazza con l'abito blu e il cappello bianco, improvvisamente, lascia il bimbo per ore ad un'estranea, ad una signora, appunto la moglie del commissario, conosciuta e vista su quella panchina un paio di volte. questo inizio del giallo, serve a definire la totale abiezione, incapacità morale della donna-madre che ci introduce pian piano alla conoscenza di un gruppo completamente senza senso per la legge di natura. se in essa il figlio è l'apice, il motivo, il sorriso, il senso, per questi malviventi vivere un duenne come un intralcio è un segnale chiaro. tutto quel che accadrà sarà senza misericordia. il male puro. e infatti come per "Maigret e il corpo senza testa", abbiamo un ucciso che viene poi smembrato e bruciato in una stufa oltre che una signora anziana uccisa con un colpo di pistola alla testa, in fondo senza un motivo valido, e poi gettata con l'auto, in un fiume. il disprezzo totale per la vita, espresso dall'annientamento del corpo dell'ucciso e dalla esecuzione di un'anziana, ha un terzo rinforzo dal trattamento che riceve il bambino. Merita una meditazione anche la pagina finale. Qui scopriamo la conclusione di tutti i destini negativi e la salvezza del bambino. La madre, ritrovata in un bordello, non dirà mai a chi ha lasciato il figlio. Maigret-Simenon ci da solo un'informazione che comunque rappresenta un mondo, una filosofia. Il bimbo è stato dato a dei contadini. questo è importantissimo, poiché dimostra e conferma che per Simenon, la morale naturale ottiene rispetto nelle sue origini, in ciò che anticipa il caos dell'inurbamento, della città. antecedente al contadino sarebbe il vagante, qualcuno che assomiglia nello stile di vita ai due fratelli di "Maigret e il corpo senza testa". Capita poi di trovare frasi del tipo: "come si può allevare un figlio in un quarto piano di un palazzo". quel che al palazzo manca, e per esteso alla città, è la relazione con la natura che sa direzionare la vita. Si osservi poi che Simenon, in "L'amica della signora Maigret", ci offre anche una chiave di lettura sul come ci si può inoltrare nell'abiezione. Il punto è un'infanzia povera fino alla fame, nella quale i sensi primari si fan nemici. lo scopriamo dall'origine dell'esistenza del falsario-rilegatore che, ci viene detto, partito da una povertà negativa, angosciante, si è evoluto in direzione dell'accumulazione di denaro per non ricadere nello spettro della fame e dell'indigenza più nera.
La possibilità del male, male secondo la legge di natura, sta quindi sì, nell'inurbamento che porta all'incapacità di ascoltare la nascita in se, nell'adolescenza, della legge di natura, ma anche dalle distorsioni provocate dall'indigenza forte.
Sempre di più, mi convinco che Simenon ha agito in un'ottica di crisi epocale che fu resa malissimo, in modo solo intellettuale, per esempio, da Pasolini. Fine della vita rurale o raminga, inurbamento e perdita di valori importanti. Simenon, a differenza di Pasolini, non ha costruito a freddo, da borghese che distrugge in relazione a regole che comunque son sue. Egli è partito dalla naturalità, dall'esigenza di coerenza con le leggi di natura che sentì sorgere in se e, agendo, come suppongo da tempo, inizialmente in modo inconscio, ha rivelato con onestà artistica totale, la sua fragilità, i suoi timori, che si son rivelati essere poi quelli di un'epoca.