Per entrare nell'atmosfera
di questo post son necessarie alcune istruzioni: Primo, leggere il
post “Simenon e il commissario Maigret” del 10 aprile 2013.
Secondo, leggere “Maigret e i testimoni reticenti. Questo post l'ho
pubblicato in data 15 aprile 2013 e prosegue il ragionamento. Segue,
nella medesima data, "Maigret a scuola”. Quindi il seguente testo che consiglio di aver letto prima di inoltrarsi....
Come ho già spiegato, ho
scelto tutti i testi a caso tranne “Maigret e il barbone”. Anche
“la chiusa n. 1” ha seguito la medesima sorte. L'avevo comunque
già letto qualche anno fa. Non si tratta quindi di una scelta
tendenziosa e lo dimostrerà la particolarità del testo che si
riduce alla seguente regola: tre eventi sono oltre la colpa e
l'assurdo. Il suicidio di un figlio e la consapevolezza continua che
si sta morendo e la scoperta di non essere fertili.
Andiamo con ordine. Il
suicidio del figlio. Se esso accade come nel caso narrato ne “La
chiusa n.1”, colui che l'ha causata, anche se non volontariamente,
ma con comportamenti che hanno massacrato il valore per Maigret
fondamentale della famiglia, non potrà essere riabilitato per il
semplice fatto che nemmeno un dio può farti tornare dalla morte. La
morte è un evento che conclude e non permette di ristabilire un
equilibrio.
Il secondo caso, quello
della consapevolezza che sta sta morendo, Maigret lo esamina in modo
eccellente nel volume “Maigret si diverte”. In quel caso, una
ragazzina scopre che ha un problema al cuore e che non vivrà a
lungo, questa scoperta, fatta origliando quel che si dicevano
genitori e specialista, porta ad una reazione di frenesia di vita che
scombina tutte le regole. La figlia che essa avrà dal marito, sarà
una conseguenza secondaria di un terremoto totale.
Il terzo caso, la scoperta
di non essere fertili, con relativa reazione di una attività
sessuale sfrenata che equivale all'immagine di bussare alla porta
della vita che mai si aprirà, è ben descritta ne “Maigret e la
vecchia signora”. Si può ben dire che, a livello inconscio,
l'infertilità è una sensazione di morte che proietta nello stato
conscio comportamenti socialmente distruttivi esattamente come accade
ai comportamenti di Eveline jave, la donna morta de “Maigret si
diverte”. Il dramma dell'infertilità di Arlette Sudre de “Maigret
e la vecchia signora”, si somma, viene accentuato dal comportamento
anaffettivo totale della figura materna; realtà questa attualmente
comunissima che porta a futuri blocchi della capacità relazionale.
Questo modo di agire
appartiene sempre alla sfera inconscia e possiamo constatare che è
un portato individuale presente precedentemente espresso, nella
tragedia greca. In essa le situazioni rilevate, sono quelle che
mandano in crisi il sistema morale che vorrebbe sovrapporsi
perfettamente a quello legale e alla sua continua impossibilità di
adattarsi alle regole divine. Riscontro, particolarmente nei primi
quarant'anni del novecento, una tendenza alla tragedia di tipo greco,
ma trasposta anche nella letteratura, nella cultura americana. Il suo
sistema giovane ha utilizzato la crisi presentata dalle opere per
esempio di Arthur Miller come una coscienza pulsante. Ebbe quel ruolo
anche Fitzgerald e attualmente le cosccienze americane sono, a
livello alto, Clint Eastwood e Robert Altman, a livello medio, George
Clooney e Robert Harris, e a livello basso, ma assai influente,
Stephen King.
Devo far comunque presente
un particolare. Risulta che Simenon abbia scritto settantasei testi
sul celebre commissario, in un periodo compreso fra il 1931 e il
1972.
è possibile che qualcuno
di essi non rientri in quello schema che ha natura secondo me
inconscia. È comunque possibile che due ragioni abbiano portato ad
un agire diverso, puramente intellettuale, oltre al sondare casi
limite come quelli che ho descritto.
Primo: Simenon scriveva
tanto e comunque sempre ad un livello notevole. L'abitudine
quotidiana alla scrittura porta come risultato secondario, alla
capacità di scrivere sempre bene, anche quando le idee esposte non
appartengono all'io profondo o quando qualcosa di contingente,
appartenente alla vita quotidiana, allenta o crea tensioni. Il nostro
io, per accedere al subconscio, ha bisogno di determinate condizioni
che non sono uguali per tutti. Ognuno di noi le deve scoprire.
Secondo. Simenon, che non
era uno stupido, potrebbe aver colto la sua chiave di lettura e aver
cercato di “evitarla” coscientemente. Questo può esser accaduto
o per pudore, rivelare la chiave che fondamentale della propria anima
potrebbe farci sentire fragili, attaccabili, oppure può essere
accaduto per una sorta di esigenza tecnica. Si rischiava di essere
ripetitivi, anche se, l'autore fu ben consapevole che quella chiave
non era stata colta.
Ne “La chiusa numero
uno” vedremo confermata in pieno la mia teoria. Se ci tengo a
precisare queste cose è perché ritengo che, comprendere la chiave
profonda di un grande artista, non corrisponde all'aver decodificato
tutta l'opera. Simenon scriveva per sé, ma anche per far quadrare il
bilancio e si può supporre che qualcuno gli abbia chiesto pure una
trama con un certo ambiente, con certi personaggi. Un esempio a lui
precedente e che riguarda la storia del cinema, è col regista
ukraino, Dovgenko. Il figlio racconta che il regime comunista gli
imponeva forti limitazioni espressive e che una quota del dieci per
cento di ogni film è da considerarsi effettivamente libera a livello
espressivo. Un dieci per cento che è stato comunque sufficiente per
creare capolavori come “La terra”, appartenente ancora al periodo
del film muto, e che amo molto.
Il fatto che per ora sei
libri su settantasei, scelti tutti a caso tranne “Maigret e il
Barbone”, ci deve insegnare che questa è la chiave giusta, ma non
si dimentiche che l'artista è calato nella vita, che la sua libertà
espressiva raramente è totalmente libera. Per farlo devi esiliarti
dal tuo tempo, non avere legami, poiché ogni legame ti attacca
sempre più al suolo. Kafka ci è riuscito. Bulgakov anche e questa
sua libertà in un mondo, quello russo di Stalin, decisamente
oppressivo nel campo delle arti, gli è costato sofferenza e salute.
Il compromesso che penso possa essere esistito per Simenon è più
leggero. La sua era l'epoca del commercio che continua tuttora. Si
hanno così uomini col portafoglio che in ragione di quel possesso
dettano legge e sembrano soddisfatti solo dagli incassi. Se chi ti fa
lavorare ti pone degli ostacoli per motivi che non sono i tuoi, puoi
rifiutare, e Simenon poteva, oppure, se l'ostacolo ti sembra
irrisorio, aggirarlo. La sua onestà intellettuale era esemplare. Lo
dico pensando a quando diresse un Festival del Cinema, Cannes, e
premiò Fellini messo in competizione con Antonioni. Scelse il meglio
e lo premiò. Le case di produzione, particolarmente quelle
americane, avevano fatto pressioni su di lui e sulla giuria per
assegnare qualche premio al mercato americano. Maigret non li ascoltò
e il risultato fu che non diresse mai più un festival del cinema.
Peccato....
Mi raccomando! Non si
pensi che io stia cercando delle pezze perché il prossimo testo
“scappa” dalla rete della mia idea! Tutt'altro!
Dico che sono invece
preoccupato dal fatto che possa accadere il contrario. Disporre di
settantasei testi con la medesima chiave inconscia, sarebbe
sbalorditivo e quasi insensato.
Veniamo al testo:
Parto subito da quello che
considero il punto più importante. Quella che definisco “scene
sacra”. Maigret va su un barcone per parlare con una ragazza e
accade …
: “... si trovò di
fronte la ragazza bionda che, seduta su una sedia di paglia,
allattava un bambino. Era una scena così inaspettata e allo stesso
tempo così naturale che il commissario si tolse goffamente il
cappello, si infilò in tasca la pipa ancora calda e indietreggiò di
un passo”.
Ci rendiamo conto dai
gesti, che si tratta di sacralità e ci basti pensare che,
nell'entrare in chiesa, un credente avrebbe agito esattamente nel
medesimo modo per due gesti, ovvero togliere il cappello e occultare
la pipa e che col terzo sottolinea il fatto che l'azione, essendo
vera, in carne e ossa, che va ben oltre l'effetto che si avrebbe
davanti ad una statua che allatta, porta a reagire ponendo quella
distanza che si deve frapporre fra il sacro accadente, e l'uomo. Si
pensi ora a “Il Castello” di Kafka … esiste la medesima scena.
Il protagonista entra in una casa di povera gente e vede una donna
che allatta e anche in questo caso la visione è sacralizzante. Nel
caso di Kafka si trattava della legge, della soglia che non era in
grado di varcare, nel caso di Simenon della presenza tangibile di
quello che considerava il valore più alto da tutelare. Tutta
l'opera, intendo il volumetto “La chiusa n.1” si imposta sulla
descrizione di un caso umano estremo e inconciliabile con la vita. Si
tratta di Emile Ducrau che agisce con potenza e non rispetta nessun
valore. Le conseguenze sono un figlio suicida e la paternità non
certa di una bambina, nata dalla moglie del suo miglior amico. Si
somma la reazione spropositata di impiccare una persona che ha agito
indubbiamente in modo impuro, ma nessuno negherà che esiste una
sproporzione intollerabile fra colpa e pena che Ducrau ha realizzato.
Per portare l'immagine di immoralità all'estremo, Simenon ci mostra
la situazione abitativa che è folle. Ducrau abita il primo piano
della sua casa, al secondo c'è l'amante, Rose, ballerina di Night e
il figlio è relegato al sesto piano, chiaro simbolo di mancanza di
dialogo. Conclude l'elenco delle efferatezze che rendono ducrau un
essere intollerabile per chiunque sia un minimo umano, il suicidio di
Gassin, l'amico di una vita, che non regge l'urto della scoperta del
tradimento.
Vediamo
che comunque la situazione di sicurezza per l'infante ovviamente
presente nel testo è ben delineata e anche in questo caso il suo
futuro possiamo immaginarlo deducendolo dai dati del testo che vanno
comunque sottolineati, poiché solo una lettura attenta rivela la
precisione del risultato. Veniamo al testo: Ducrau e Maigret
dialogano. Quest'ultimo ha intercettato una lettera destinata ad
Emma, sorella di Gassin, l'amico “cornificato”, la quale figlia,
forse sua, forse di Ducrau, ormai adulta, ha avuto una bimba che
allatta, e a lei è riferita la “scena sacra”. Maigret no fa
leggere la lettera a Ducrau, e scaturisce il seguente dialogo:
“a chi è
indirizzata?”
“a sua sorella”
“a Emma? Che fine
ha fatto? Per un po' ha vissuto sulla chiatta del fratello, e credo
anche di esserne stato innamorato. Poi si è sposata con un maestro
della Haute-Marne che dev'essere morto poco tempo dopo...”
“ha una locanda al
suo paese”.
Scrutiamo questo
dialogo. Ducrau non ha certezze su quel che dice, e la risposta di
Maigret sembra un oracolo delfico. Se si “passano” velocemente
queste parole si deduce che la sorella di Gassin abita in quella
certa zona ed è vedova ma … dire “ha una locanda al suo paese”,
il paese di chi, di lui, lui inteso come marito morto, o di lei? Si
tende ad incorrere, con una lettura affrettata, col dare credito a
quel che suppone Ducrau, fateci caso. La realtà evidente è invece
la seguente: Maigret sa la verità e da una risposta che deve essere
scrutata. Quel che io comprendo è che, al paese di lui, nella
Haute-Marne, il marito ha una locanda. Se poi sommiamo la lettura
della lettera che Gassin scrive alla sorella, scopriamo che lui si
rivolge da fratello a sorella, con un per sempre che rinforza il
legame di sangue e quindi può escludere ogni riferimento, nel patto
ultimo, col marito. Aggiungo che l'omertà di Maigret, opposta alle
imprecise informazioni di Ducrau, ha senso perché tutela un destino.
Veniamo ora ad una
chiave fondamentale. Simenon centellina accuratamente gli aspetti
autobiografici del suo commissario. Nel Volumetto “Maigret a
scuola”, scopriamo varie informazioni poiché il comportamento di
vari bambini innesca la sua memoria involontaria. Nel testo in
osservazione, scopriamo un dato che non si deve mai dimenticare ed è
il seguente:
“ha figli?”
chiese poi al commissario con quello sguardo di traverso che Maigret
cominciava a conoscere.
“Ho avuto solo una
bambina, che però è morta”.
Il commissario
Maigret ha vissuto quindi uno degli eventi più assurdi, e oserei
dire, quasi contro natura, della vita. Veder morire un figlio,
sopravvivere ad un figlio.
E si pensi ora a
quale gioco pazzesco è il destino! Sua figlia morì, e nel peggiore
dei modi, suicida. Quel timore che è nella chiave del ruolo di
protettore di bambini che definisce l'agire del suo personaggio più
noto, il commissario Maigret, quel timore dicevo, sconvolgerà la
parte finale della sua esistenza che divenne per lui un giallo da
rileggere identificandosi nel ruolo di innocente impuro che ha ceduto
ad una donna terribile, la seconda moglie, che col suo comportamento
ha portato la figlia al totale rifiuto della vita. Simenon ha
“giocato” con la sua paura, l'ha esorcizzata, l'ha in un certo
senso chiamata? Ognuno di noi sa della vita quel che umanamente ci è
consentito sapere, si legga il mio breve scritto intitolato “il
pensiero fisso di Gogol” datato 3 giugno 2012, e si mediti. Mai
farsi prendere da un timore e affilarlo con tonnellate di
meditazioni. Esso verrà e avrà i tuoi occhi ….
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