giovedì 18 aprile 2013

Adele: "Rollin the deep"




Oggi, riascoltando “Rolling the deep” di Adele, mi son sentito come l'uomo che attende nella parabola “Davanti alla legge” di Kafka.

Già è arduo trovarlo quell'ingresso e quando ci sei e dici finalmente, il guardiano ti lascia in sospeso. Non sai se puoi o devi o sta a te decidere, e nel dubbio attendi. Attendi e diventi vecchio e il guardiano che ti vede alla fine, sempre li, davanti alla legge, chiude la porta e rivela che quella porta era per te … (trovate la parabola in un capitolo de “Il processo” e come racconto autonomo)

Anni fa, compresi che quando sei davanti a quella porta può accadere che l'indecisione, la paura, il timore, si sfaldino, diventino in un attimo polvere. Ascoltavo Ray Charles. Dal vivo un'esperienza unica. Lui non era un uomo, il contrabbasso di fianco a lui non era uno strumento. In un attimo tutto sparì e io divenni ritmo. È difficile spiegarlo a parole ma ci provo. Sei seduto a Viareggio in mezzo ad altra gente. Sembra una serata mondana, cosa che aborro, ma accade che non sono più io. Il corpo impercettibilmente si muove a quel ritmo che impregna tutto. L'aria vibra, la vista non consegna più immagini. Ti rendi conto che il corpo danza, guidato da quella primordiale essenza e, in quel momento ho pensato, se ora fossi davanti alla Porta, che ancora non avevo trovato, se fossi Davanti alla legge, il ritmo divino che mi si è risvegliato dentro, mi farebbe camminare, accederei alla Legge, sarei un io in sintonia col tutto. Il brano terminò e mi ritrovai deluso, fragile nei confini di un corpo che ha assaporato il volo, ma non sa ripeterlo.

Non sono semplici parole quelle che ho appena utilizzato, con l'intento di fare buona letteratura. Mai desidero “fare buona letteratura”. Desidero Essere con la E majuscola, e non è facile. Quel che l'Essere compie, se sarà in forma parole, o qualsiasi altra strategia, avrà valore. Non si può decidere consapevolmente di “fare buona letteratura” o buona musica …

quel che provai con Ray Charles fu un brevissimo ma totale stato di trance. Quando ti capita comprendi cos'è la musica e cerchi nuovamente quella sensazione.

Mi è accaduto ancora, con Keith Jarrett e il primo brano del “Koln Concert”. Mi è accaduto e ogni tanto riesco a ripetere quell'estasi, con lo studio opera 8 numero 123 di Skriabin, mi accadde dal vivo nel momento in cui Fabrizio de Andrè iniziò gli accordi di una certa canzone antichissima e pur nuova …

e mi è parzialmente accaduto oggi con Adele.

Di solito “Parto” guardando il video ufficiale. Contiene delle idee eccellenti. “vedere” la percussione con l'idea di una distesa di bicchieri pieni d'acqua che ad ogni colpo vibrano,
lei seduta semplicemente su una sedia in stile, in una stanza coi muri coperti di teli di plastica … sensazione di partenza, di qualcosa che è terminato. Quella visione onirica in costume d'epoca in un mare di bianco in piume e polvere,
la città bianca sul tavolo
e il batterista nel sottoscala. Inizia il brano e sento che qualcosa si innesca, come un pegaso che mi carica e inizia la rincorsa … ma non c'è il volo.

Cerco di capire, ma non si vola.

Passo al video bellissimo (tutto su You tube) di lei in abito nero, guanti che non toglie e borsa matelassè nera di Chanel. Temo quella ricerca di stile ma funziona. Poca gente, diretta radio e alla fine il dj ripete entusiasta agli ascoltatori che era dal vivo …

parto anche qui, pegaso scalpita ma non decollo.

E allora inizio a pensare … quando mi è capitato ancora di partire e non decollare …

varie volte. E un ricordo viene a galla. Anni fa a Istambul, passeggio fra vie popolari per andare al caffè Lotì, e ovunque, dalle finestre aperte, sento “L'onbelico del mondo “ di Jovanotti. Sorrido. È divertente essere appena arrivati dall'Italia e sentire questo simpatico italiano … che non sa cantare, ma ha un'idea abbastanza chiara di così è il ritmo. Ma poi sentii il brano per intero e mi resi conto che era una promessa non mantenuta. Qualcosa scalciava ma non nasceva. Decido ora, di rivedere il video e, complici anni di meditazione, ho la sensazione di comprendere. Cercatelo su You tube e ascoltate solo i primi quaranta secondi …



... e siamo in sella a pegaso, ma quando inizia a cantare tutto si fa concetto, intelligenza, ripetizione, schema e … vita quotidiana. L'immagine potente di lui che “picchia” su un grosso tamburo, al centro della Sala dei Giganti di Mantova, mi mostra una primordialità che non considero primitiva, ma la sorgente espressiva necessaria per fare, per essere musica …

e mi torna a galla una immagine. Una ragazza che “picchia” su un tamburo simile …

ora ricordo. Kt Tunstall. Il brano è “Black Horse and a Cherry Tree”.



Lei è alla chitarra, lei che di ritmo ne ha non resiste e viene attirata dalla sorgente … dal tamburo. Guardo e penso. Anche qui non si decolla, ma si parte. Se si osserva poi il video fatto al Rolling Stone, dal vivo, si intuisce che le basi, le possibilità che questa fanciulla sia faccia Pegaso, ci sono. Cosa porta Adele e Kt Tunstall ad avvicinarsi alla “verità” della musica e poi deragliare nell'ordinario?

Ho una risposta che in fondo è solo un'ipotesi. Inizi la carriera e il mondo è sorpreso da quel che offri, che è tuo, abbastanza tuo e grezzo. Arrivano le leggi di mercato. Tutto si fa meccanismo, non te ne accorgi e le luci si spengono.

E allora penso a come immagino quella canzone di Adele, “Rollin the deep”.

Vado d'istinto, di follia, ma provate a seguirmi per favore. Neutralizzo il testo. Che si canti in una lingua morta. Una lingua che nessuno sa, oppure inventata. Che le parole non trascinino reti di significati e nemmeno ricordi! Nello scantinato solo un antico, robusto tamburo. Bicchieri ovunque. Quelli mi piacciono. Forse un contrabbasso, che ha una voce roca, che sa trasformare lo sfondo in un orologio quasi impercettibile all'orecchio ma nitido ai sensi. E la cantante? A lei chiedo di dimenticarsi di essere.

La ricchezza unica di musica e danza, che merita l'invidia degli esclusi, è che la persona si fa strumento. Essa è la musica. Essa è la danza. Dimenticarsi di esistere e lasciar fare a quel che il ritmo le detta. Un tamburo e lei.

Cos'è un tamburo. Gli sciamani, dall'era del Toro, dal quattromila Avanti Cristo. Lo percuotevano per svegliare qualcosa là fra le stelle, che era la loro guida, il loro consiglio. Che si prenda uno di quegli antichi tamburi che la mediocrità dell'occidente ha disposto in fila nelle teche dei musei trasformandoli da divinità in oggetti. Voglio sentire la loro voce roca. Era pelle di un toro nero con le pleiadi in fronte. Era un ritmo che andava oltre l'umano. E la grande voce di Adele che deve ascoltare solo se stessa. Essere vivi prima che umani. Vibrare come risposta a quel semplice battere antico.

...ma non ci deve essere pubblico. È bello il finale del concerto, mi sembra sia al Royal Albert Hall, ma quel cantare in coro fa tanto festa di paese e infatti lei non fa altro che cantare, senza lanciarsi, senza partire da se stessa …

è accaduto qualcosa di più alla radio. Nessuno l'ha distratta, ma ha ripetuto se stessa. Solo una mano, verso la fine, mimava l'alzarsi dei toni, forse non se n'è resa conto, ma la spontaneità è eleganza, e quel gesto “spingeva” la musica più su …

Adele è uno strumento perfetto. Può tutto con la voce. Ora deve scoprire la via stretta, che porta all'origine.

Zucchero Fornaciari, a inizio carriera, consapevole dei suoi limiti, si affidò alla musica nera che per un certo periodo gli fu buona maestra.

Ma esiste la musica Klezmer, le varie esperienze tribali e folcloriche. Son tante le vie che possono condurre al medesimo centro. Io immagino il ritmo che ci rende leggeri, che spinge i fiori fuori dal terreno nutrendoli di voglia di vivere. Ecco, ho trovato la parola. Il ritmo, quello originario, fondante di tutta la grande musica, è voglia di vivere. È vita. De Andrè, mi conquistava particolarmente con i testi dialettali. Non li capivo e non li volli capire per anni. “Megùn Megùn”, ora so cosa narra, ma quando non lo sapevo ancora, per me la sua voce era strumento che colmava un ritmo nuovo e antico che mi ammaliava. Sì, ora ricordo. Fu quell'inizio per me perfetto di “Megùn Megùn” a farmi decollare, dal vivo, l'unica volta che lo vidi dal vivo. Ora, una estasi calma, come un veleno dole e lento, me la dona “Da me riva”.

Come ho tentato di spiegare prima, troppi talenti producono la prima opera o liberi o in libertà vigilata. Penso a Tiziano Ferro. Era sorprendente. Ora è omologato. È come quando leggi un poeta indubbiamente eccellente, prendiamo per esempio Montale... senti che è giusto, che va, ma senti un freddo che non ti spieghi. E poi leggi Dylan Thomas e respiri e capisci tutto anche se in fondo non hai capito niente. Rispetto Montale ma amo Dylan Thomas. Per ora rsipetto il talento di Adele e …. spero di potere amarlo. Mi sembra una persona decisa, con un caratterino di quelli che se provi a pestarle i piedi … alcune cosette me le hanno raccontate …

La fortuna di de Andrè fu nel suo coraggio di essere in dipendente. Una volta che il problema economico è risolto, ci si può permettere di toglierlo dalla nostra mente. I soldi, oltre una certa quantità, non son altro che stupida accumulazione. I soldi sono possibilità. Quando le tue le stai vivendo, in banca stai accumulando le possibilità …. degli altri. Sentir dire sempre che il tale cantante o artista ha guadagnato una certa cifra, non appaga se non la casa discografica e una cultura che si sente bene solo nell'incremento continuo. È mania di accumulazione. È malattia. E nel frattempo, mentre accumuli la vita ti scappa via. Sembrava ieri, e le luci si spengono ….
Adele, è dopo Terence trent d'Arby il grande talento britannico...



maltrattato dal mercato ma grande talento. lo ricordo al pub la sera in centro a Londra. parcheggiava una Aston Martin d'epoca (il modello me lo hanno detto; non distinguo lei vari tipi di auto) stupenda e poi dentro a bere birra e chiacchiarare ...ma ci basta quando sappiamo che era ed è un talento strepitoso? e non lo hanno lasciato fare .... Ora Adele è la nuova promessa. Ha tempo, spero la voglia di esser libera e ... che il suo talento diventi  grande fino a farci volare con Pegaso, oltre noi stessi.







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