Col tipico ritardo di chi
non controlla blog e siti quotidianamente, nemmeno i suoi, mi accingo
a rispondere alla persona che mi ha scritto in relazione al post
intitolato: - “Strane” reazioni di musulmani a Londra...-. Il mio
scritto è del 31 gennaio e la risposta che ho ricevuto, la potete
leggere li in fondo. E' del 24 febbraio.
Veniamo ai dati a nostra
disposizione: la persona che interviene abita a Londra e dalla
scioltezza del suo italiano suppongo che sia la sua lingua madre.
Si presenta in forma
anonima. Penso che il motivo sia da ricercarsi nella sua supposizione
che dopo aver letto le sue considerazioni, lo si possa etichettare
come razzista.
Esiste anche la
possibilità che sia anonimo perché schivo e se questo fosse il
motivo avrebbe tutto il mio rispetto. Anch'io non amo mostrarmi.
Negli anni i miei scritti, sia letterari che artistici, son passati
da nome e cognome a solo nome e poi alle sole prime due lettere di
quest'ultimo. Son stato tentato anche dall'anonimato completo e
questo ha portato alla pubblicazione di un libretto di racconti
scritto da Mafalda, il mio amatissimo cane, che ora fa la divinità
in qualche cielo che per ora non mi è accessibile. Il punto per me
è che, se valgono le parole, non trovo necessario attaccare ad esse
un volto. Un pensiero, se merita di essere ricordato, lo deve a se
stesso, non al “padre”. I figli vanno per conto loro, e solo le
colpe del figlio il padre le condivide. I meriti no. Son solo suoi,
perché è lui, lo scritto che affronta il mondo.
Veniamo al primo passo
della risposta di questo signor Anonimo che chiamerò per comodità,
signor A o semplicemente A.
Inizio con la sua frase
finale: Teme di essere considerato razzista per quel che ha scritto e
dice di esserlo, razzista, ma solo contro i prepotenti. Come non
essere d'accordo, anche se, per la precisione, quella contro i
prepotenti è autodifesa, e la trovo legittima?
Ma... questo esser
prepotenti … forse lo interpretiamo in modi differenti. Mi
spiegherò fra poco.
Prima concludo col timore
dell'accusa di razzismo. Nel banalismo imperante, sembra che si sia
obbligati a fingere di essere allineati con le norme del perbenismo …
Non fa per me. Esiste il
razzismo. Tutti siamo razzisti. Se non lo si ammette si è falsi.
La nostra è una lotta
quotidiana con un principio bellissimo ma falso che ci ricorda che
siamo tutti uguali, ma che si smentisce sistematicamente. Detto con
ironia... io non sono uguale a Mastella, Corona, Emilio Fede,
Borghezio, il trota, Materazzi (quello degli insulti a Zidane)
eccetera! Questi esseri sono palesemente inferiori a me e lo dico in
modo deciso. Si tratta di un minimo elenco per non risultare pedante.
La questione è che io penso anzi, credo fermissimamente, di avere
dei principi che possono essere anche non condivisibili, ma che senza
ombra di dubbio, considero più validi per vivere in comunità e
anche per andare d'accordo con se stessi, di quelli ostentati dai
ceffi che ho appena nominato. Per me il razzismo è questo. “Ma in
che razza di modo vivi!”, “ma che razza di principi hai!”
Queste “razze” mi interessano e son disposto ad ascoltare gli
altri perché sono convinto di poter migliorare e che esista una
morale, anzi, più d'una, che renda la vita più vivibile per tutti.
Nessun rischio di razzismo
quindi, se con questa parola s'intende dire che siam tutti uguali!
Uguali siamo nell'avere dei diritti e dei doveri, ma per il resto
siam diversi. Sai che noia se dovessi svegliarmi in un mondo dove si
è tutti uguali, quindi un infinità di me stessi! Questo principio
“sinistrato”, nel senso che è bandiera della più stupida
sinistra merita di essere dimenticato. Solo la consapevolezza delle
differenze è costruttiva ... Anche a me è capitato di esser stato
tacciato di razzismo, quando un indocente di Bologna (Genoveve) fece
una prolusione in favore della situazione degli zingari. Cercava, con
le parole, di negare la gravità dei fatti. Io amo la loro cultura e
mi rendo conto che il loro modo di vivere, che ha una sua filosofia e
tradizione interessanti, è ormai quasi impraticabile e in fondo
causa la rigidità della stanzialità della nostra epoca. ...E
comunque, lo zingaro dice che noi siamo alberi e lui è il vento.
Poetica come immagine, ma quel prendere frutti da alberi umani mentre
si vaga per il mondo, ovvero scippare con destrezza nel metrò a Roma
per esempio, cosa che ho visto accadere troppo spesso, è una piaga
che nelle parole di Genovese e nelle operazioni attuate dallo stato
Italiano, e che sono altrettanto ridicolmente insufficienti, non
trova soluzione. Il disagio che si vive a Roma è troppo grande e
continuo e la soluzione non deve essere violenta … ma va trovata
non certo nel buonismo. L'esito fu che ero razzista. C'è stato da
ridere quando mi son reso conto che questo barone rampante non sapeva
nemmeno chi è Django Reinhardt! Per lui gli zingari erano e sono un
clichè non diverso dal suo buonismo standard, confezionato per tirar
su voti alle elezioni da quell'elettorato che sa agire solo in modo
emotivo.
Diceva che ci vuole
tolleranza … quando gli ho spiegato che la tolleranza interviene in
modo costruito per controllare una reazione, non ha capito. Son
dovuto “scendere” agli esempi. Gli chiesi: “Come lo risolviamo
il problema dei Watussi sempre a Roma? Con la tolleranza?” non
capiva. Gli ho proposto allora di risolvere il problema delle scarse
vendite di frigoriferi al Polo Sud... allora ha capito con uno
sguardo fra l'agonia e la rivelazione, che se non c'è il problema
nessuno se lo pone e quindi, per traslato, se non c'è problema fra i
gruppi umani, non esiste la tolleranza. È la presenza della
necessità di questa valvola comportamentale che è indice stesso
della crisi! Ha sudato, ma ha capito.
Come vede, signor A, in
questa civiltà tutto si fa complesso. E questo non accade certo
perché le situazioni lo siano più di tanto … la complessità si
fa necessaria perché altrimenti intere gerarchie si rivelerebbero
per quel che sono, ovvero inutili!
Veniamo ora ai dati
interessanti che lei ci offre. La polizia inglese, i bobbies, han
tolto fogli e foglietti e scritte e hanno messo a tacere. Questo non
lo sapevo ed è la sua esperienza diretta a darci una informazione
importante. E' evidente che si vuol neutralizzare il problema
tenendolo lontano dai media. La situazione a Londra è scottante. Lei
conosce quella città, io Oxford. Spesso venivo a Londra. Bei musei,
bei parchi; adoro i Kew garden, gli scoiattoli i cani così amati e
con lo sguardo sereno … Non amo altre faccenduole. Ricordo il mio
imbarazzo quando albergavo in Russel square. Avevo scelto una
“locanda” ad un passo dal Warburg Institute per proseguire certi
miei ragionamenti neoplatonici e, tutte le sere, vedevo un tipo con
la valigia, vestito decentemente, sistemarsi con una noncuranza che
mal celava la vergogna di una situazione homeless. Il suo tentativo
di sembrare per tutto il giorno una persona appena arrivata a Londra
… contrastava con lo sguardo di chi non sapeva bene dove andare, di
avere una meta. Io vado matto per il makrell, lo sgombro affumicato e
speziato che si trova a quintali in qualsiasi supermarket. Sono fiero
dei miei gusti spesso plebei, mi semplificano la vita. Erano in uno
scomparto in basso. Mi piego, scelgo un pezzo plasticato che soddisfi
anche la fame degli occhi e una mano bianca, sottile, non troppo
pulita, ma timida, si allunga nel mio campo visivo. Mi alzo con la
preda e con la coda dell'occhio vedo che è lui. Mi fa star male. La
sua dignità è una corazza che lo rende inavvicinabile. Per me
sarebbe niente donargli qualcosa e anche in quell'occasione ho
“sentito” quanto sia difficile donare … la sera, quando lui era
già coricato nell'androne della banca, son entrato nel pub adiacente
pieno di punk psikedelici misteriosamente sobri ed educatissimi, mi
son fatto coraggio, ho preso due birre e sono andato da lui. “to
sad to drink alone...”, son riuscito a dire solo questo. Avrà
pensato ad una donna, non mi interessa, abbiamo bevuto senza parlare,
e così dal giorno dopo ho potuto almeno donargli il good morning,
che spesso, in troppi non lo sanno, ti fa sentire nel mondo.
Ricordo, la prima volta a
Londra. Intimidito, ventenne, vestito elegantemente, quasi dandy. Un
cabrio rosso si ferma. Due tipi seduti sul cofano dietro. Quello con
jeans bianchi e camicia sempre bianca, aderentissimi, è sudato, con
due baffi che sembrano mascherarlo per una carnevalata. Parlano
veloce fra loro e poi con me, non capisco quasi niente. Questa sera,
una festa, mi dicono l'indirizzo e mi danno un cartoncino. È un
volto che ho già visto, non ricordo. Decido solo a sera e vado.
Porta aperta e due energumeni plastificati e radiocomandati. Consegno
il bigliettino e vago fra gente estrema in tutto, dalle risate, alle
bevute, alle sniffate. Sento gridare enfaticamente un nome e lo vedo,
ora in jeans e maglietta. Freddie, il divo, Freddie Mercury. Lo
sguardo lo perde nei corridoi affollati. Sembra la Factory di Wahrol.
Finzione finzione e finzione. Esco. Non amo quella musica e nemmeno
quel genere di vita. Non puoi, quando in quella medesima giornata, di
mattina, alla National Gallery hai minuziosamente osservato
l'annunciazione del Crivelli...
Cosa posso dire ancora di
Londra. Tre classi sociali. I pezzenti, tanti, ignoranti e lasciati
nella loro ignoranza. L'emancipazione, la cultura, costa un occhio.
Anche vivere costa troppo, quindi sopravvivono senza dignità. Cerchi
casa? Ti fai ragazza madre e te la danno subito. Pensare a cos'è un
figlio? Una vita nuova? Ma com'è possibile se i bisogni elementari
sono in debito con te? Ed ecco che un figlio val bene una casa. In
Italia so di gente altrettanto elementare che fa figli per aumentare
il punteggio nella graduatoria a scuola …
E poi la seconda classe.
Quelli che guadagnano molto, spendono molto e son contenti così.
Torno dal Cairo. In aereo ho di fianco un tipo simpatico e
abbronzatissimo. Mi dice che è stato a Sharm. Dico “anche tu in
Egitto”, mi risponde “no, ero a Sharm”. Non me la sono sentita
di dirgli che Sharm era in …. Egitto. Era firmato dalla testa ai
piedi, col reverso dei giocatori di polo e le unghie fatte dalla
manicure. Le mie spesso sono tagliate con l'accetta, è vero, ma...
lasciamo perdere.
E la terza classe? I
nobili? Potresti non vederli per nulla perché il parafulmine è la
famiglia reale. Loro attirano le attenzioni e nutrono le apparenze,
gli altri vivono in modo regale. Strana democrazia questa, con delle
classi così definite e un pelino medievali...
E poi penso alla guerra
dell'oppio, uno degli atti più ignobili degli inglesi che ci può
offendere dalle pagine di qualsiasi libro di storia.
E quell'azienda che
recuperava ossa di cavalli e soldati dai campi di battaglia! Una
ditta inglese … io lo sapevo da Victor Hugo, lo raccontavo ma non
ero creduto. Un decennio dopo la battaglia di Waterloo, andarono a
rastrellare le ossa, le macinarono e ne fecero mangime per bestie. Fu
venduto alla Francia. Si tratta di cannibalismo indiretto? Forse. Le
loro bestie mangiarono le ossa di quei morti. Le bistecche erano
fatte con le ossa dei morti, dei figli, dei padri, dei mariti.
Magnifico...
Qualche giorno fa ricevo
una telefonata: “Sono stato a teatro, c'era una cosa di Alan
Bennett, lo conosci?”
“Ho letto di lui “La
sovrana lettrice”.
“come lo trovi?”
“elegantemente banale”
“beh! Ti ricordi di
quella faccenda di Waterloo e delle ossa che raccontavi?”
“si...”
“è vera, ne parla anche
lui...”
“quindi?”
“ti devo un caffè”
“grazie, ma sono su
Marte e ci resterò per un po'. Ti ringrazio comunque di avermi
riabilitato.”
Eccetera...
Mi si potrebbe dire che
ogni nazione ha i suoi scheletri nell'armadio. È vero, è
tristemente vero, ma gli scheletri del capitalismo amorale son più
osceni degli altri. Quando tutto ha un prezzo, quando tutto è
vendibile o acquistabile con i soldi… nulla ha più senso.
Per la Gran Bretagna la
tensione sociale è arrivata, secondo me, a limiti difficilissimi da
gestire. Troppi egoismi. E qui interviene il discorso che ho lasciato
sospeso all'inizio di questo scritto: il signor A dice che è
razzista con i prepotenti. Intendeva dire certamente che vuole
difendersi dalle prepotenze. Ma è prepotente una comunità che ha
una morale anche discutibile se confrontata con un'altra comunità
che dietro la facciata ha il nulla? Guadagnare, spendere bere e sesso
se da sbronzi ci si riesce. Basta. In Gran Bretagna non c'è altro
attualmente.
Di Oxford amo gli edifici,
il fiume Cherwell, i plotoni di anatre sui prati lungo le rive. Mi
sedevo per terra e col pane appena comprato al forno sbriciolavo per
un'oretta. Mangiano dalle mani e poi, una volta sazie, si riposano a
portata di mano e si lasciavano accarezzare. Ricordo il cavallo che
mi mangiava la posta, le orme di dinosauro davanti al Pitt Rivers e
là dentro un totem autentico, colorato, grande. Ricordo il pub the
Throut, un po' fuori Oxford, dove all'aperto mangiavo con le oche.
Ricordo la mattina di Natale, solo, completamente solo, dentro e
fuori, e un levriero che in High street, fra le cartacce della festa
di ieri mi sorride e mi viene incontro. Si passeggia insieme, si
corre, si gioca e mi accompagna a casa. Non l'ho più visto, ma ha
indorato quel giorno che prometteva il nulla. Ricordo la messa
squallida in una chiesa gotica con gli schermi come il Karaoke. Gente
senza memoria. Non serve più. C'è sempre uno strumento dall'uso
elementare che la sostituisce. Rimangono nel presente, per sempre,
isolati e inconsapevoli di esserlo. Questa, senza umani, è la Gran
Bretagna che amo. Mi son dovuto isolare nella favola per
sopravviverci. Cercare a Westminster la lapide dedicata a Muzio
Clementi, a Kew ammirare la monumentalità degli alberi che,
abbastanza distanti fra loro, hanno come sfondo un cielo di un blu
totale. Alberi che respirando lo spazio, non in folla come nei
boschi, si fanno divinità amiche. E le panchine per leggere e la
serra di Lady Diana con le piante grasse. Era Londra, ma sempre
lontano, sempre più lontano dagli umani …
Il signor A dice che nella
Muslim Zone, la legge europea no vale una cicca. Ma qual'è la legge
europea? Severissimi per i divieti di sosta e gli eccessi di
velocità, ma poi …?
Dice anche: “la legge di chi li ha accolti e dato una nuova vita, non vale un fico secco”.
Ma non esiste la legge di
chi li ha accolti! Volevano dei servi. Tutto qui, non si fanno leggi
per i servi. Ogni popolo che migra sa che è così. Lo dimentica dopo
due generazioni, deve dimenticarlo, per recuperare una dignità, ma
ogni generazione deve avere dei poeti che lo ricordano...
Il signor A dice anche che
“i problemi della droga, dell'alcol, del sesso, sarebbe carino che
ce li affrontassimo da soli, democraticamente, come abbiamo fatto con
i nostri problemi del passato”.
Ma... i problemi della
base, della terza classe, raramente vengono modificati dall'esterno.
È una legge della natura umana!
Esempio: si alzano i
prezzi delle rate universitarie. Siamo al limite assurdo che si nota
un incremento notevole delle prostitute. Comprendono, gli inglesi,
che le loro future mogli, per laurearsi si son vendute quel che
“hanno”. I giornali prendono atto e finisce li. Meraviglioso. E
l'affrontare da soli? Democraticamente?
Il Darwinismo, la
selezione della specie, nacque in Gran Bretagna dalle considerazioni
di un prete. Voleva togliere i sussidi ai poveri. Dovevano lottare
per vivere. Ci doveva essere una selezione. La scienza trovò
interessante l'idea e la fece sua. La selezione della specie i Gran
Bretagna è ancora legata alla mentalità di quel prete. Chi ha
deciso questa legge sociale rendendola di natura, aveva comunque il
piatto pieno. La lotta era degli altri, per gli altri.
Insisto sul monito che ho
lanciato nel primo pezzo: se una comunità con una morale decide di
contrastare una comunità amorale, penso che quest'ultima abbia solo
guadagnarci. Ovviamente non vuol dire che si deve diventare islamici.
La decenza, sta sempre in mezzo. Trovo che sia brutto e volgare
girare per strada con una birra in mano. Trovo che ubriacarsi sia
ridicolo e non accetto discorsi di libertà in proposito. Ognuno
faccia quello che vuole della sua vita, certo, ma quello è farsi
male, annichilirsi. Il corpo poi è una macchina meravigliosa che
quando è lisa e consumata non si limita a fermarsi … ci porta via,
definitivamente, e penso che valga la pena di godersela questa vita,
e non semplicemente alla giornata.
Amen.
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