“Sono un pellegrino che
inizia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio sulla terra.”
Parole dette da Papa Benedetto sedicesimo nell'ultimo giorno del suo pontificato, il ventotto febbraio del duemila tredici da Castelgandolfo, prima che la grande porta della residenza sacra, che dà sulla piazza, si chiudesse con un senso di definitivo addio.
Ha sempre parlato con
chiarezza e questo è fastidioso per i giornalisti. Come si può
inventare una trama sordida e oscura se parla chiaro? Verifichiamo
ogni parola. Solo pellegrino, pellegrinaggio, ha sapore d'incenso. Il
resto è umanità quotidiana. Posso aggiungere, e penso, senza
incorrere in errore, che il termine pellegrinaggio ormai sia
diventato anche sin troppo laico. Ho sentito dire da esseri assurdi
“vado in pellegrinaggio da Hermes!” e immagino ora i più
romantici fra i lettori che penseranno alla divinità, ma si tratta
semplicemente di un negozio …
Ma torniamo al gesto del
Papa, a quella rinuncia al pontificato, cosa raramente accaduta e con
odor di dubbio per esempio con Pier da Morrone.
Possiamo affidarci al giornalismo o ad altri sontuosi interpreti per comprendere?
Direi di no. Complotti
ipotizzati. Faide interne alla Chiesa. La banca vaticana che decide
su tutto, che ormai elegge i papi, come le multinazionali che
scelgono il presidente degli Stati Uniti in una farsa di democrazia?
E poi ascolto Messori, il
più cattolico, il più tradotto … il più banale. Ci dice che
Govanni Paolo secondo, essendo slavo fu un papa così e così. Di
Benedetto sedicesimo, che è tedesco, che è un teologo e un
ragionatore e che si vede e piripipì e pararpapà. La sagra
dell'ovvio insomma, e se ci sarà un papa messicano dirà che viene
col sombrero e se sarà africano, con la gonnellina di banane? E quel
cardinale filippino che ha madre cinese? Se lo facessero papa cosa
dovrebbe inventare? Già un filippino in sé è difficile da
banalizzare, e se lo mescoli con un cinese cosa accade? In quella
Cina fantastica e assurda nella quale la madre del presidente, che
era guardiana di maiali, detta le regole del caos. Non è
schematizzando, che troppo spesso è una forma di banalizzazione, che
si può comprendere.
Se si prova a considerare
concrete, come dei fatti, le parole che iniziano questo scritto e che
concludono un pontificato, si può arrivare ad una conclusione
decente? Penso di si. Una persona che lo vedeva spesso mi diceva che
la sua salute stava declinando.
Di recente un ictus
piccolino, ma comunque insolente, gli ha ridotto l'udito e spento un
occhio. Questo l' ha sussurrato anche la carta stampata, ma è più
d'effetto il complottismo e ci si dimentica, anche per paura, della
meta ultima.
Spiegavo di recente che
nella pubblicità il termine “morte” è bandito. Tempo due
giorni, il fatto è accaduto la settimana scorsa, mentre sorseggiavo
un pubblico caffè, vedo uno spot di un dolce. Il tipo è dentro a
un'auto in bilico su un burrone. Al lato da evitare, appare la
visione tentatrice di un wafer, il debole umano, si sporge, la
vettura traballa e vola nel vuoto per schiantarsi. Durante il volo
appare la scritta “buona da morire”. Ho la tentazione di
telefonare immediatamente alla persona con la quale avevo detto che
la morte “evita” la pubblicità, per smentirmi, ma mi trattengo.
È un'eccezione. Ne sono convinto.
La morte la fa da padrone
nei film violenti o di mostriciattoli. Essa ha la natura limitata del
gioco. Chi muore di fatto è solo sconfitto, scomparso.
Spesso ho immaginato un racconto
nel quale un ragazzo di vent'anni, età che in altri tempi non
distanti presupponeva già un uomo, la scopre per caso. Attualmente,
come accadde, al principe Siddharta i genitori e il mondo cercano di
tenerci lontani dai mali dell'esistenza. Così accade anche con i
batteri. Bambini allevati in modo quasi asettico che poi si rivelano
deboli a tutto, che si tratti di allergie o sofferenze, la dinamica è
la medesima. Ci si pensi. Immagino questo ventenne che subisce un
incidente e l'amico che è con lui, muore. Sono cattivo, ovviamente …
oltre all'ingiustizia dell'incidente senza colpa, anche la morte, la
morte che appare al di là del bene e del male. La morte
inconcepibile, insondabile, indiscutibile, imbattibile. La morte e
basta. “Il muro liscio, di cemento liscio. Il muro senza porte,
senza finestre, della morte” come lo definisce Malaparte.
Immaginare l'angoscia di questa scoperta, a vent'anni, quando ci si
sente immortali, eterni, anche se della morte sai tutto, penso sia
tremendo … e l'ho visto accadere.
Ora, ai giorni
nostri, accade che una persona dice, in modo inequivocabile che sta
morendo … e nessuno lo comprende?
Se così è si
tratta o di una patologia collettiva, oppure di una consapevole
negazione, sempre collettiva e sempre patologica, di questa risposta.
Tutti abbiamo preso in considerazione questa semplice e tremenda
possibilità, ma quasi tutti han fatto del loro meglio per negarla?
Per mascherarla? Accettando le tesi mai vere ma sempre possibili del
giornalismo crudelmente e crudamente banale e funzionale al
sensazionalismo?
Si, penso che stia
andando così. Rileggete quella riga che inizia lo scritto e provate
a fare i conti, con la realtà. Ratzinger sta morendo. Punto e basta.
Un uomo sta morendo, e lo scopriamo perché non si tratta di un uomo
a caso, ma del papa. È anche curioso che si pensi che ne eleggeranno
un altro e lui, che non potrà più mettere gli scarpini rossi e
altri orpelli, sarà ormai senza sigillo per i documenti, un papa
emerito. Ma cosa vuol dire papa emerito? Non ha senso. Il papa è lui
fino alla fine, anche se porta le scarpe bianche e lo dico perché
tutti, in quell'anticamera della coscienza che per la nostra epoca è
osceno frequentare di giorno, al lume della ragione, lo dico perché
tutti abbiamo “sentito” il vero senso di quelle parole.
Proviamo a meditare
le differenze fra l'essere papa e presidente di uno stato. Per il
presidente, a meno che non ti ammazzino e quello degli Stati Uniti ha
una mortalità elevatissima, sembra uno dei “lavori” più
rischiosi in assoluto … per il presidente, dicevo, abbiamo un
mandato a tempo e poi a casa e spesso quasi dimenticato. Sei finché
ricopri la carica. Ma si può dire questo di un Papa? No! Perché
egli non ha a che fare col potere, ma con le anime. Una volta che non
ci siano dubbi sulla legittimità della sua elezione, fino alla fine
del corpo, egli è con l'anima che guida, che si fa esempio.
Non sto parlando da
credente. Non lo sono. Ho un profondo rispetto per tutte le
religioni, le studio e ammiro il loro ruolo. Mi basta pensare che se
nasci in Europa molto probabilmente sarai cristiano, se nasci in
India sarai quasi certamente indù e se nasci in Pakistan, musulmano,
per sorridere delle diversità imposte dagli uomini a qualcosa che è
universale. L'abito, il luogo di culto, le immagini o niente immagini
… tutto limitato perché umano, perché è il tentativo di dare una
forma a ciò che umano non è, che va oltre e che si identifica
sempre con norme per un buon vivere che darà l'accesso a un'eternità
positiva. Sempre la morte che spaventa, e un dio che provvede.
Mi piace immaginare
un'anima che lascia il corpo e nel buio che misteriosamente non lo
spaventa, vede una luce che sembra distante. Percorrendo il nulla la
raggiunge, bussa e apre una scimmia. La sala è grande. Uomini ce ne
sono, ma fra insetti, alci e tutto ciò che è vivo. Uno scoiattolo
vestito di una livrea stupenda mi invita a guardare in una certa
direzione e ovviamente in alto, in un tripudio di luci, ecco la
divinità che sceglie di mostrarsi, nella sua infinità, col volto di
un cane, che per me è la massima saggezza che per ora ho conosciuto
…
Nella vastità delle
religioni, legate ad un unico problema da risolvere, un uomo, in
questa strana epoca, ha il dovere di ricoprire la sua carica fino
alla fine del corpo e questo risulta dolorosamente inaccettabile
perché rivela l'esistenza della fine … del corpo.
Anche un re può
farlo, e andarsene ma, legge nella legge, gestore del potere con un
velo pudico ma trasparente di amorale moralità, ormai, quasi sempre,
a meno che la morte non lo colga di sorpresa, abdica e diventa il
nulla …
Ma il Papa non può.
Il Papa non abdica mai. Egli è anima, rappresenta l'anima, e non
solo la sua.
Ne eleggeranno un
altro, e nella psiche di tutti sarà subordinato a Benedetto
sedicesimo. Uno curerà la burocrazia, pagherà le bollette, terrà
pulita e in ordine la casa della religione, ma l'altro, ovunque si
celerà, sarà enormemente presente, con quella sua ultima tappa da
compiere.
Qualcuno potrebbe
far paragoni con la fine più mediatica di Giovanni Paolo secondo, ma
tolto il velo delle apparenze, si scoprirà che differenze, di fatto,
non ce ne sono. In quel grande momento della vita si è soli, dicono
... e comunquel fatto che una telecamera ti riprenda in mondovisione
mentre piegato in due dalla fatica di avere un corpo ti reggi ad un
bastone che termina con una croce, non conta per chi sta finendo.
E ora un pensiero,
una supposizione nutrita di profondo rispetto verso chi sta
affrontando l'ultimo passo, che sia domani o fra un anno, ma lo sente
prossimo in una nuova dimensione nella quale il tempo non scorre più,
e tutto si fa equidistante.
Vi racconto un
fatto. A un medico appena assunto in un ospedale, negli Stati Uniti,
viene detto che può girare fra le corsie per iniziare a comprendere
come funziona la struttura. Dopo molto vagare, è nel corridoio, e
vede un uomo anziano che smania in un letto, in una stanza. È solo.
Si avvicina, gli prende la mano e gli chiede “Che hai?” l'uomo
si aggrappa a quella stretta con delicatezza, ma anche con
quell'ardore che ha chi sente di aver trovato un orientamento. Dice
“stavo camminando nel boschetto vicino a casa ...” il medico lo
asseconda: “e cos'è accaduto?”
“è accaduto che
son uscito dal boschetto e ho attraversato tutto il prato che porta
alla scuola”
“quale scuola?”
“la mia scuola
elementare!”
“e com'è questa
scuola?”
“è semplice,
bassa, rossa.”
“e adesso cosa
vuoi fare”
“cosa devo fare …
devo entrare. Ci sono tre gradini.”
“vieni, ti
accompagno”
“no. Ora vado da
solo. Ciao”.
E si spense.
Ricordatelo, per voi e per gli altri.
Il
fatto è veramente accaduto, non è una favoletta consolatoria.
È errato quindi pensare che si è soli davanti
alla morte. Ricordatelo!
E io sono stato quel
medico per qualcuno. lo ricordo con affetto e ora la morte, la loro, e forse anche la mia, fa meno paura.
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