Nei giorni scorsi, alcuni
quotidiani hanno scritto sul premio strega (minuscolo meritato...).
Tutto sembra essere
iniziato con la defezione di Trevi che risulta essere scrittore e
giurato di quella istituzione. Raffaella de Santis, su “La
Repubblica”, imposta un articolo interessante e valido, si pone in
posizione quasi neutrale. Lei fa le domande e Trevi risponde.
L'influenza della de Santis si riduce al minimo. Ha scelto
(speriamo...) cosa chiedere, e questa è la giusta libertà che le
spetta, il giusto raggio d'azione che si è concessa. Ma ...quel che
dice Trevi è interessante? È nuovo? Concordo con Paolo Crepet
quando dice che si tratta di un premio italiano e che quindi ne
riflette la mentalità e con Inge Feltrinelli, che da Mosca dice che
si tratta di un premio un po' mafioso. Niente di nuovo quindi … una
cosuccia all'italiana che merita di essere ignorata. Un vero
scrittore e un vero lettore, non “guardano” ai premi! Gli editori
che monopolizzano il premio strega non hanno a che fare con la
Letteratura con la elle maiuscola. È tutto così semplice che mi
annoio a ri spiegarlo. Chi conosce il mio blog, ha chiara la mia
posizione che è certamente estrema, ma ambisce ad essere pulita.
Torno all'intervista fatta
a Trevi. Ecco una sua critica: “Non mi piace un premio in cui il
candidato è stato stabilito dalle case editrici, che scelgono da
sole i loro cavalli di battaglia, e in cui molti giurati sono
stipendiati dagli stessi editori che poi gli chiedono il voto.”
Ma che belle parole! E se
mi permettessi di dire che non rappresentano nemmeno la superficie
del problema? Mi spiego con un esempio. In politica, secondo me, la
posizione che una persona decide di prendere, è subordinata al
seguente ragionamento: prima viene un “Problema”. Questo viene
studiato e poi si decide come risolverlo. Esistono vari gruppi, che
si chiamano partiti o movimenti, che hanno scelto una soluzione.
L'elettore e il militante, agiranno in relazione al tipo di
soluzione. Di solito l'attenzione alla accurata definizione del
“Problema” è scarsa o parziale. Ora dimostro che la destra e la
sinistra e i loro partiti, son da gettare nel medesimo bidone di
indifferenziata tossica radioattiva pestilenziale … Qual è il
“Problema” che la politica deve risolvere? La vivibilità
dell'esistenza. Essa si definisce secondo parametri economici e
sociali valutati in una visione d'insieme, locale, nazionale, europea
e mondiale. Vi sembra che qualche politico italiano agisca così?
Direi di no. È il punto di partenza, l'inizio del pensiero, la
coerenza col “Problema” che manca. Come costruire la felicità
che posso scomporre in dati economici e sociali? Questa domanda chi
se la pone? Facciamo dei nomi. Monti si è posto solo delle domande
economiche. Del sociale non suppone nemmeno l'esistenza e rappresenta
una dimensione europea di parte che trascura quelle locali e
nazionale. In più è interessante, e quindi utile, solo per la prima
casta. Il centro destra valuta il beneficio economico nell'immediato
e basta. Ignora l'importanza della dimensione sociale nell'equazione
fondante che manipola solo a livello emotivo per mezzo di un uso
massiccio dei media, e rappresenta la prima e la seconda casta ovvero
ricchissimi e borghesi benestanti. Il resto, cioè borghesia piccola
e popolo, sono un fastidio che non tollerano. Esempio triste fino al
ridicolo e maleducatissimo, il comportamento di Brunetta, quando era
ministro, con i precari, problema questo che non voleva risolvere, ma
annullare ignorando. Il centro sinistra invece è un dinosauro che ha
cambiato troppe volte nome e mai la pellaccia. É diretto da una
signora democristiana (paradosso evidente ma negato) e si regge su un
comitato che è attaccato alle poltrone col vinavil. Che Renzi sia il
nuovo non ne sono troppo sicuro. Non basta mostrarsi con un look
“all'ammerigana” come dicono a Roma. L'immagine che egli dà è
per ora solo meno stantia di quella dei suoi colleghi, ma se egli
pretende di rinnovare le facce ricollocandole in una struttura
superata, non otterrà altro che una nuova generazione di affezionati
al vinavil. E ora Grillo. Visioni globali anche minuziose. Lui e il
suo guru che comandano, e se sollevi qualche obiezione è finita e
vieni vomitato. Essere aperti a internet non basta per essere
innovatori. Essere disposti a creare un movimento, non è detto che
superi la stupida rigidità gerarchica di un partito … e, comandare
in due senza accettare il dialogo porta ad una sensazione brutta. E
poi ... problemi sono presenti ora. Ogni comportamento che rimanda
crea fame, morti e disagi umilianti. Scendere a compromessi anche con
chi non merita si fa necessario anche perché un cambiamento di
troppe variabili in un colpo solo, risulta traumatico. Se i due
partiti, di destra e sinistra, son rimasti troppo indietro, Grillo è
troppo avanti e quindi equidistante dagli altri dal presente. Un
esempio? Lui inneggia alla democrazia diretta. Ok, ma il suo
supporto, la tecnologia del computer e di internet, non è ancora
così diffusa da permetterne la realizzazione, e la diffusione
dell'oggetto computer, non basta. Per “usarlo” con civile
capacità serve un'esperienza che richiede tempo, e certe generazioni
un po' avanti negli anni, come sempre resistono alle novità non
perché ne son contrarie, ma perché non hanno ereditato gli
strumenti anche mentali per adeguarsi. Comunque, anche se li si
volesse forzare, non sarà nell'immediatezza che la democrazia
diretta sarà realizzabile. E poi? Quanto vi è di utopia in questa
tendenza? Un nucleo centrale che trasforma i dati della democrazia
diretta è pur sempre necessario ...
Torniamo ai premi
letterari. Qual'è l'equazione fondante? Il “Problema”? La
definizione di artista, che contiene anche quella di scrittore e
poeta che in questo contesto ci interessano. Una volta che abbiamo
definito l'artista, il sistema che gli potrebbe “girare intorno”
ne discende come conseguenza. Chi legge le mie cose sa che parto
dalla distinzione fra Artista e intellettuale. Il primo usa la
sensibilità e l'intelligenza, l'altro solo l'intelligenza. Non ci
riguarda quindi minimamente cosa farà l'editore con un libro sulla
pesca sportiva alla trota e nemmeno con un testo di un “indocente”
universitario. Lo Scrittore e il Poeta poi, quelli veri, non
esercitano questa attività come un mestiere. È l'editore che li
deforma e annulla in questo modo. Scrivere a livello artistico non
deve essere condizionato quindi ad una produzione costante nel tempo.
L'artista scrive quando c'è l'idea e potrebbe accadere una volta
nella vita o due o tre o sempre. Chi agisce condizionando questa
spontaneità deve essere evitato come un nemico.
Chiarita la definizione,
io artista come mi posso comportare verso gli editori? Con malcelata
sufficienza. Li evito. Scrivo a livello artistico, ma lo tengo per me
e per pochi amici. Qualcosa l'ho pubblicato, ma ho sempre evitato chi
ha una mentalità troppo diversa da quella mia che considero garante
della condizione minima di libertà che mi permette di creare
l'opera. Nel blog, di mio a livello letterario, non c'è nulla. È
una scelta che riguarda l'ambizione che voglio annullare. Il blog
l'ho progettato con l'intenzione di far amare la letteratura e le
arti e di invogliare anche con consigli, verso certi autori. Qual'è
il mio metro di valutazione? Il sentimento. Io certe opere le amo. Se
le amo lo dico. Non si riesce a tacere su ciò che si ama. Tutti voi
che leggete averte certamente amato almeno una volta nella vita e
quindi sapete di quale sensazione sto parlando.
Dopo aver esplicitato
quella che io chiamo l'equazione fondante della Letteratura con la
elle maiuscola, provate un poco ad interessarvi alle obiezioni di
Trevi che aprono questo post …!. Esse risultano non interessanti.
Rivelano un mondo che è già stato bocciato alla radice. Nulla hanno
a che fare, quelle questioni con la definizione di artista. Ora,
immagino un vero Scrittore che scopre, da un amico, di aver vinto un
premio come lo strega. Per essere coerente con la mia definizione
come dovrebbe agire? Con indifferenza. Che vada l'editore a
ritirarlo. A lui non riguarda. Se l'editore gli dice con la voce
grossa “devi venire alla premiazione!” perché ovviamente fa
audience e può incrementare le vendite, sarebbe saggio non
rispondere nemmeno. All'artista le vendite possono anche venire utili
e far piacere, ma non devono assolutamente condizionare quella
situazione fondamentale che permette all'opera di nascere. Un viaggio
per mostrare la faccia e dire due ovvietà a un ricevimento valgono
la pace mia di un bosco, del mio cane, del pettirosso che aspetta le
briciole tutte le mattine? Vale la pena di romper il filo della
meditazione per qualche copia in più? Assssssolutamente no.
L'editore ha come mira le vendite. L'autore, l'opera. Sono
inconciliabili. Possono sopportarsi, ma attualmente son diventati
talmente invadenti che chi scrive sul serio è scappato ….parlo per
esperienza vissuta. Un premio letterario l'ho vinto ed è stata
un'esperienza nel complesso offensiva.
Ora: quelle persone che
son giurate allo strega.... quattrocento persone che vengono chiamate
se non ricordo male, “amici della domenica”, secondo la
definizione fondante, non fanno parte della Letteratura con la elle
maiuscola poiché dimostrano che le loro intenzioni non sono l'opera
ma …. qualcos'altro.
È per questo che ho fatto
il blog. Non mi interessa solo il presente letterario e nemmeno se
chi scrive è giovane o vecchio o uomo o donna o “indeciso”. Mi
interessa la qualità, e infatti spesso propongo testi difficili da
reperire oppure considerati “vecchi”. La qualità è fuori dal
tempo e nell'arte la si misura con il sentimento e non con
l'intelletto.
A questo punto si potrebbe dedurre che per un autore, sia un premio vero apparire sul blog. Qualcuno, ovviamente vivente, me lo ha detto. Mi ha fatto piacere, ma non è per questo “premio” che agisco. Non riesco ad immaginare la mia vita senza un cane, senza un bosco, senza tanti animaletti liberi, senza qualche rara vera amicizia e senza il dono dell'arte nelle sue varie forme e queste sensazioni non valgono il viaggio verso un luogo che si muove secondo logiche che non mi appartengono.
Un esempio: Marquez arriva
a Roma. È ospite da Francesco Rosi in centro, e riceve una
telefonata. Quando torna ai presenti dice che ha ricevuto un invito
ma preferisce restare lì. Si farà una spaghettata e sarà una
cenetta fra “veri” artisti. Ebbene. Aveva telefonato la Loren.
Stava per avere inizio un grande ricevimento in onore di Marquez …
e lui ha detto no. (fatto realmente accaduto!)
Tutti questi ingredienti
che rendono la mia quotidianità sopportabile, li consiglio. Entrare
in confidenza con un merlo e vederlo entrare in casa e senza paura
avvicinarsi, guardarlo poi dritto negli occhi, è una soddisfazione
enorme, della medesima qualità che traggo dalla lettura del
capolavoro. In essi “sento” una sintonia conquistata e duramente,
con la natura, la vita, e quel che oltre la vita del corpo esiste e
che va ben oltre a un dio barbuto …
E cosa posso farmene di un
editore? Potrei dire che mi ispira indifferenza se non per una
questione. Un artista può arrivare ad una consapevolezza che lo
costringe ad un patto, se questo non si fa troppo oneroso, quando
scopre che quel che scrive aiuta altri a trovare la via. Niente di
mistico e religioso per quanto nulla sia escluso, ma quando ti dicono
o ti fanno capire che di quel che hai scritto hanno bisogno, allora
tu artista, che di altre opere hai fatto la base della tua esistenza,
non puoi tirarti indietro.
Questo è l'unico punto di
contatto fra un editore e un artista o un poeta.
Avevo poco più di
vent'anni. Ero in treno e di fronte a me sedeva una ragazza. Nel
prendere il diario dalla borsa, dei ritagli giallo chiaro son caduti
per terra. Mi resi conto che erano le mie “cose” che
settimanalmente pubblicavo in quel periodo. Le parlai. Amava quegli
scritti. Li aveva tutti e me li ha mostrati. Queste cose ti cambiano
e ti rendono responsabile di quel che fai. Ti rendono consapevole.
Pubblicavo con pseudonimo e le dissi che ero io l'autore e che
finalmente “sentivo” che stavo facendo qualcosa di sensato,
grazie a lei. Non fu l'unica situazione che mi capitò, ma in questa
il livello di casualità e di spontaneità era al massimo e le mie
cose, che non son mai state una passeggiata, le sentivo sole.
Scoprire che ero letto, e capire perché, poterlo chiedere, fu un
mondo nuovo.
Cosa dire ora per esempio
di uno Scurati che vuol vincere premi e quando per un solo punto lo
ha perso ci dice di avere sofferto? Nulla. Non ne vale la pena.
Umberto Saba un giorno,
uscendo da un premio letterario che non lo aveva visto vincitore, fu
fermato da due ragazze. Non si limitarono a chiedere l'autografo.
Fecero domande sulla sua opera! Umberto Saba alla fine del dialogo
disse soddisfatto che era lui ad aver vinto, non quella persona che
ora ritirava una medaglietta. E aveva ragione. Ma vi rendete conto di
quale fastidio è, per chi scrive sul serio, scoprire di avere
migliaia e forse milioni di lettori e non aver modo di comprendere
cosa hanno “trattenuto”, cosa hanno apprezzato o meno? A me
capita, quando incontro un mio lettore, di tagliar corto con i
complimenti che spesso son accessori salottieri d'obbligo, e di
chiedere e chiedere. Chi ti legge è un mistero che vuoi comprendere.
Fermarsi alla soddisfazione della quantità di anonimi che hanno
comperato l'oggetto libro, non mi dice niente.
E poi, quando Scurati usa
il verbo “vincere” mi innervosisco. È un vocabolo preso, rubato
allo sport! E una sensazione di rubato di illegittimo la provavo per
esempio a Santarcangelo di Romagna, quando passavo davanti a quell'ex
lavatoio che tuttora mostra fiero la scritta “laboratorio di
ricerca teatrale” … , ma la parola “laboratorio” ha sapore di
chimica!, di analisi! E “ricerca” è un altro termine che
scimmiotta la scienza! E infatti c'è nel teatro come in qualsiasi
arte troppa gente che fa ricerca, guarda in avanti, “sperimenta”,
senza avere cognizione se non leggerissima, del passato!!!!
Se proprio devo immaginare
un premio letterario, mi verrebbe più facile premiare cinque autori!
Come faccio a dire che questo deve essere secondo e quell'altro
primo! Chi mi dà questa forza se non l'ambizione!, poiché c'è una
insana ambizione sia nel voler vincere un premio che nel voler
giudicare, che equivale a voler affermare che si è più che
profondi, perfetti conoscitori del proprio tempo!!... son forme di
potere entrambe e il potere non mi interessa. In tutte le sue forme,
anche la più banale, semina sofferenza.
Quando Trevi dice che la
giuria deve essere riqualificata, che devono essere i giurati a
scegliere i libri, liberamente, penso che ora sia completamente
comprensibile la mia indifferenza. Che un giurato scelga, spinto,
condizionato da un editore, o liberamente, non può riguardarmi,
poiché le due soluzioni avvengono fuori dagli spazi della mia
equazione fondante.
Quando Inge Feltrinelli
richiede una giuria più fresca e indipendente, come posso non
sorridere! Più fresca penso si intenda nel senso di più giovane ma,
la qualità artistica, che è anche, spesso ma non sempre, capacità
di scelta delle opere di valore, non va a braccetto con l'età! Se
alla giuria telefonassero Marquez e Coetzee, si squaglierebbero
dall'emozione ... eppure non ci tratta di “carne fresca”. Vedete
come la non validità di certe affermazioni è evidente?
Come disse un altro poeta,
è un'allegria di naufragi. Morti che parlano.
Amen
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