mercoledì 27 marzo 2013

Irene Nemirovsky: "Il calore del sangue"



Consiglio questo post solo a chi ha letto il libro.


É stato molto difficile decidere quale opera di Irene Nemirovsky presentare per prima. Tutto quel che ha scritto merita di essere letto. Ho deciso di “partire” con “Il calore del sangue” poiché mi son reso conto che l'argomento che tratta è in fondo il medesimo che si trova per esempio in Simenon, Forster, D.H. Lawrence, Tolstoj, Kafka, Bulgakov, solo per citare qualche grande. Se si osservano le date, ci si rende conto che dal terzo quarto dell'ottocento in poi, quest'argomento, che è l'emancipazione nella scelta del partner, diventa enorme e non riesce più a scendere a patti con le regole della società.

Si faccia caso che la Nemirovsky è l'unica donna che ho messo in elenco. Ce ne sono altre, per esempio nella letteratura inglese e per l'Italia metterei la Deledda. Quel che capita leggendo questo libro è che, se strappassi la copertina e ve lo dessi dicendovi che l'autore è un maschio, non esitereste a credermi e accade non solo perché la voce narrante è maschile. Questo dimostra, secondo me, che la Nemirovsky ha condiviso nel suo io profondo questo nodo epocale. L'ispirazione spontanea, in lei si è fatta poi gestire da una capacità intellettuale eccellente che ha rivestito di una trama che stimo perfetta quella sensazione pulsante e viva, se non per un particolare del quale parlerò più avanti.

La domanda che mi sembra lecito persi è, come mai, una schiera di scrittori eccezionali, prima di lei, hanno preso a cuore questo tema. Sembra ovvio pensare che la libertà della donna debba stare a cuore … alle donne, o almeno, in quest'ottica ho l'impressione che sia sempre stato proposto.

Ma se “Anna Karenina” è stato scritto da Tolstoj, una spiegazione ci deve essere io penso di averla trovata …

Immaginate di dover quasi comperare una moglie. La società nella quale vivi non si interessa dell'affetto. L'unione vien decisa dai soldi, dalle parentele, dalla tradizione. Ed ecco che si ha la madre dei propri figli e, per qualcuno, l'amante fuori casa. E chi non desidererebbe che l'amante fosse anche la moglie! È vero che, come dice un detto, l'amore è eterno finché dura e che l'amore nel matrimonio si diluisce in abitudine per diventare amicizia, quindi sembra non offrire un finale migliore di un matrimonio diciamo “comperato”, ma iniziare con una persona per la quale non si prova quel sentimento mi sembra di una tristezza intollerabile.

Anna Karenina, per chi legge attualmente quel capolavoro, è l'ingiusta vittima di un sistema che non considera il sentimento. L'apparenza va salvata, lei non resiste e un treno la libera dall'angoscia assurda della sua non vita e chi ne parla è un Uomo con la U majuscola; Leone Tolstoj.

Tolstoy

Ma si osservi anche “Il Maestro e Margherita”! La base è una storia d'amore nata in clandestinità, fuori dalla norma sociale, che ottiene la possibilità di esistere da un certo Woland. 


Bulgakov

Perché affidarsi al diavolo? Perché egli, come tutte le creature, immaginarie o reali poco importa, esce dal seno della divinità quindi, anche se in modo indiretto “opera il male, ma per ottenere il bene” come ci disse Goethe.

E Kafka? Sembra che, come fanno gli intellettuali, si debba indagare sul rapporto che ebbe con Felice Bauer e che dopo vari fidanzamenti naufragò, ma nell'opera, e non nei diari e nelle lettere private, i segni sono forti e sufficienti. Come ho detto anche altrove, un'opera “vera” cammina da sé. Non ha bisogno di una versione universitaria di Novella duemila, ovvero nell'indagare nelle pieghe della vita privata! Accade il contrario, se si è validi nella interpretazione dell'opera, cioè essa ci mostra la realtà interiore di chi scrive, tralasciando quel che è secondario. Se ci limitiamo ad agire intuitivamente sulla sua opera, troveremo delle “cosucce” interessanti, ma che, a differenza di quel che dice la critica, non ha a che fare con Felice Bauer; quel dramma fra lei e Kafka, fatto di un fidanzamento pieno di incertezze e infine sciolto, conferma, a chi ha già capito dalla sua ultima storia d'amore e dall'influenza evidentissima che ebbe sulla sua opera, conferma, dicevo, che lasciarsi andare solo all'amore vero a costo di annichilirsi, era quel che nell'intimo di questo grande, stava accadendo. Proviamo a fissarci una data in testa, il luglio del 1923. Quella data è uno spartiacque fondamentale. Con la sorella si è recato al mare a Muritz, sul Baltico. Nella colonia ebraica dove è ospite per il pranzo, essendo lui vegetariano, lo invitano a recarsi in cucina per dire cosa intende farsi preparare. Scende le scale. Davanti a lui vede una ragazza che sta tagliando pezzi di carne. Non è stato notato poiché il lavoro è rumoroso e lei concentrata. Ad un certo punto lei “sente” quella presenza, alza lo sguardo e lui, un lui raffinatissimo che dimostra anche in queste poche parole quale tensione continua e profonda fu la sua esistenza, dice: “mani così belle sporche di sangue...”. Lei raccoglie le mani nel grembiule e scappa. Quel medesimo pomeriggio passeggiano sulla spiaggia e dopo poco tempo vanno a convivere a Berlino. Lei si chiama Dora Diamant, spesso erroneamente scritta Dora Dymant.

Dora

Io artista, a differenza di un intellettuale, semplicemente perché non dimentico mai che chi scrive è un uomo... leggendo l'opera completa di Kafka, mi ero reso conto che in alcuni racconti, la logica ferrea che sempre si dipana con fatica e che inizialmente sembra assurda e comunque sofferta, in alcuni casi era semplicemente struttura. La scrittura era allentata, il soggetto non era più un io. Ottima ancora la costruzione, sempre necessaria e sufficiente, ma ormai ridotta al rango di un gioco di un'abitudine che ha perso il suo senso, alleggerita dal problema che la guidava. Decisi di porre una barriera e di leggere le opere scritte dopo quel luglio 1923. Esiste la società, il mondo, non più l'angoscia. L'io si fa popolo, popolo ovviamente ebraico e, per esempio nel racconto “Giuseppina la cantante”, l'io individuale sparisce completamente e l'argomento diventa il mistero dell'arte, dell'arte per il suo popolo, dell'arte per gli ebrei, che anche se laica, si fa identità fondante.

Per Kafka, il problema, la vergogna, l'irrisolvibile, era quel sistema di vita che prevedeva che lui, ragazzo borghese benestante che girava in moto, giocava a tennis, si era laureato e quindi alla moda e appetibile, non potesse lasciar fare al sentimento.

Di Lawrence è il caso di parlare? Nella mente di chiunque lo ha letto egli è il principe dell'emancipazione erotica riuscita! 



Quel che a “Madame Bovary” non riuscì e finì in veleno, all'altra eroina accade e siamo tutti con lei consapevoli ora, nel 2013, che quell'esperienza, che all'epoca era avventura proibita, è giusto che si compia.


Forster
Di Edward Morgan Forster ho parlato in un altro post e l'affinità che posso mostrarvi si rivela nel nome del protagonista di questo libro della Nemirovsky: Sylvestre, ovvero del boschi. Abbreviato in Silvio e spesso paragonato a Pan, merita di essere accostato alla novella “Storia di un panico” che si trova nel volume “L'omnibus celeste”.

di Forster. Quella situazione diciamo folle, vissuta da un ragazzino oltre il resto svogliato all'ennesima potenza, non è diverso a quel richiamo del sangue che unisce Sylvestre a Helene nel romanzo della Nemirovsky.

Non trovate sorprendente che due autori distanti come stile di vita e cultura arrivino ad utilizzare addirittura la medesima immagine che si chiama Pan, con il suo carico simbolico vasto e chiaro? Una liberazione, un non resistere ad una compressione sociale, una reazione che sembra follia per l'epoca, ma che è la vita che canta se stessa. Nella medesima epoca l'argomento è trattato da James Stephens in due opere: La prima è “La pentola dell'oro”, che ho trattato in un post e che di Pan ce ne mostra due, quello del paganesimo irlandese e quello greco. La seconda opera di Stephens, affine per argomento, ma con un passo in più che è pieno di senso profondo, è “I semidei”. In questa storia, tre angeli scendono in terra e vagabondano in modo zingaresco con un anziano signore assai scaltro, il suo saggio asino, l'unico che ha una visione completa della realtà, e la figlia. Accade che uno degli angeli, quando è ora di tornare in cielo, rinuncia, e lo fa per amore della figlia del vecchio. Il senso è chiaro. Anche le regole divine soggiaciono ad eros...

Più difficile è cogliere l'affinità con questo tema in Simenon.



In futuro, quando ritrovo il libro più adatto per spiegarmi e che si intitola “Maigret e il barbone”, gli dedicherò un post. Quel piccolo libretto giallo è assai anarchico. Appare per un paio d'ore e poi se ne va e se non colgo l'attimo si fa desiderare per mesi. La prossima volta che lo prendo …. in Simenon, comunque, e direi in quasi tutta la sua opera, lo spirito vitale arriva a scardinare sistemi, situazioni costruite per essere tranquille, omologate, ma che non reggono proprio perché si dimenticano di quel “fuoco primordiale”...

La trama del libro merita di essere osservata con attenzione poiché, più che in altri testi, si “sente” il luogo dell'idea e come da essa, nata nell'anima, scaturisca la capacità ordinatrice che si fa trama.

Abbiamo delle coppie che definisco imperfette, e la loro imperfezione causa il dramma.

Helene, giovanissima, ha un amore condiviso e platonico che si fa promessa fra i due. Lui va a studiare poiché lei ha solo tredici anni, ma quando torna, è sposata. Non ha resistito alla matrigna che è insopportabile. Helene è figlia di primo letto di un padre che si è poi risposato e ha avuto una seconda figlia, Cecile, la sorellastra brutta e incapace di accasarsi. Helene, che ha sposato un notaio in pensione di quarant'anni più vecchio di lei, rivede il suo amore. Si promettono di nuovo, ma solo dopo che il marito è deceduto. Il promesso riparte e va in Bohemia a lavorare. Il marito si ammala e una lunga e fastidiosa malattia se lo porta via. Lei fa la brava infermiera e nel frattempo, come da accordo, mai si sente col promesso. Lo avviserà quando sarà vedova. Il sacrificio di Helene, nato dalla fretta di accasarsi per fuggire alla matrigna insopportabile, va in polvere davanti a Sylvestre, uomo inquieto che non accetta il paese d'origine e, guidato da una inquietudine che definisce “il calore del sangue”, gira per il mondo. A pagina 124 dell'edizione Adelphi, possiamo leggere quanto segue: “Mia madre sarebbe riuscita a tenermi con sé. Se solo mi avesse lasciato vivere come desideravo, di giorno nei boschi e la sera in sua compagnia. Ma naturalmente voleva che trovassi moglie. Nei nostri paesi i matrimoni si combinano nel corso di conviti solenni a cui sono invitate tutte le ragazze in età da marito. Gli uomini si presentano avendo ben chiaro il conteggio di doti e future eredità, come quando partecipa a un'asta conoscendo in anticipo il prezzo di vendita di ogni oggetto ...”

Ecco il luogo del ridicolo. Così ce lo mostra la Nemirovsky in un'epoca nella quale quella era ancora la prassi. Per sradicarla servirà un periodo che va dalla prima alla seconda guerra mondiale e che preferisco unire in un dramma unico che chiamerei la Grande guerra, mettendo come data 1914-1945. un evento continuo dal quale esce un mondo definitivamente cambiato. Veniamo ai fatti. Nella prima guerra, le donne vengono chiamate in fabbrica per aiutare la patria. Accade in tutta Europa. Terminata la guerra, le si ri vorrebbe in casa a fare la calza e allevare i figli, in un ruolo completamente subordinato ai mariti. La donna reagisce. Essa ha già degli avamposti emancipati, le grandi città ... e arriverà una Grande Virginia Woolf che con “Le tre ghinee” e aprirà letteralmente la testa al maschile... 



Arriva poi la grande crisi del '29 che licenzia tutti e poi la seconda fetta di guerra che di nuovo, quando conviene, non fa distinzione fra maschi e femmine che riesce a vedere ora solo come forza lavoro. Ma … lavoro è indipendenza! Chi lavora guadagna e chi guadagna può comperare quel che desidera. Se prima il maschio, comprava letteralmente la femmina, ora, dal secondo dopoguerra essendo lei indipendente, saranno altre leve che richiederanno di esser sollecitate ... i soldi non spariscono certo, ma se li si considera la causa primaria di una scelta , oggi, ammettiamolo, si è considerati volgari, quasi immorali.

Kafka conviveva con Dora. Ci si pensi. Nella cultura ebraica era letteralmente obbligatorio sposarsi! Ma anche per l'epoca, che era il primo quarto del '900 ... Ma lui convive. La prima guerra è terminata. Nel caos di Berlin, nel caos della povertà e della crisi economica, condizione che trasforma tutto in sopravvivenza e elimina tutto quel che è superfluo, convivere resistendo ai malumori della famiglia allargata, diventa possibile, in più, vivere a Berlin, lontano da Praha, lontano dagli occhi, diluisce l'imbarazzo già malridotto dalla crisi. Se l'unione si fosse realizzata in quel modo in un periodo di pace, senza baldacchino, che per la sinagoga sta per matrimonio, i famigliari, col burbero padre in testa, sarebbero andati a prenderlo e lo avrebbero costretto con la forza perché la vergogna sarebbe stata insopportabile. Incrinare la normalità. Ecco la colpa de “Il processo”. Lui, Franz kafka, mezzo ebreo, e mezzo occidentale, con il lato ebraico che inizia a dominarlo, sente di essere fuori dalla regola sociale che affianca a quella divina, ma accade che non sia il matrimonio l'incrinatura ... ma il saper amare! e Kafka medesimo lo comprende quando finalmente l'amore lo pervaderà, lo illuminerà, rendendo la sua vita non inutile per lui medesimo. Per noi fu un'esistenza grande e immenso è quel che ci ha lasciato, ma per lui, se la soluzione, se quel processo con una colpa data da un mondo che non si spiegava, che non sapeva e non poteva spiegarsi, se la soluzione non fosse arrivata, avrebbe concluso un'esistenza ben buia …

Nel testo della Nemirovsky, la scena delle promesse spose esposte ai pretendenti, accade due volte: la prima per volontà della madre di Sylvestre-Pan. Egli è promesso senza impegno a Cecile, la sorellastra di secondo letto di Helene, alla quale lo si vuole indirizzare, ma era presente anche quest'ultima... ora, si osservi quel nome, Elena. La letteratura antica la rese stupende e ambita. Rapita e involontaria madre di guerre e rabbie fra dei... nella scena delle pretendenti, è vestita di rosso, e anche questo non è un caso. Lei accompagna solo la sorella? No! Nel senso più profondo del termine, come Cecile, non ha ancora vissuto. Quel matrimonio col vecchio notaio, non ha intaccato il suo ruolo che viene percepito come eroticamente presente e vivo, come le altre donne presenti.

Abbiamo un'altra scena nella quale un uomo va dalla pretendente scelta dalla famiglia. In questo caso non si tratta di un branco di fanciulle e di una finta festa che di fatto è un mercato delle vergini. Abbiamo Francois, che si reca a casa di colei che gli vogliono “rifilare” … ed è sempre la povera Cecile. L'ambiente è immobile, mediocre, senza verve. Quando esce da quella casa vede una ragazzina che gioca nella neve. Ma lasciamo parlare il testo:

Vi racconterò il mio primo incontro con la mamma.....La ragazza, cioè la sorrellastra di vostra madre, mi era stata destinata in sposa …. entro dunque in quella casa trascinato dai miei genitori, mi avvio al matrimonio come un cane restio al guinzaglio. Ma mia madre, povera donna, teneva molto a sistemarmi, e a forza di suppliche aveva ottenuto quel colloquio che non mi impegnava in alcun modo, come si era affrettata a precisare. Entriamo. Immaginatevi il più severo, Il più freddo dei salotti di provincia. Sul caminetto c'erano due torciere in bronzo che raffiguravano le fiaccole dell'amore e che a ripensarci mi fanno inorridire ancora adesso … quelle fiamme gelide e immobili, nel salone dove non veniva mai acceso il fuoco, avevano un valore simbolico … cercai di abbreviare al massimo la visita. Quando finalmente uscimmo (frattanto aveva iniziato a nevicare) vidi i bambini che tornavano dalla scuola li vicino: in mezzo a loro correva e scivolava sulla neve una ragazzina allora tredicenne, ai piedi aveva un paio di grossi zoccoli di legno e sulle spalle una mantellina rossa. I capelli neri tutti scarmigliati, le guance scarlatte, la punta del naso e le ciglia cosparse di neve … gli altri ragazzini la inseguivano gettandole palle di neve sul collo. Si trovava a pochi passi da me, si voltò, raccolse un'intera manciata di neve e la gettò davanti a sé, ridendo; poi, giacché ne aveva uno zoccolo pieno, se lo tolse e restò in piedi sulla soglia di casa saltellando su una gamba sola, con i capelli neri che le cadevano sul viso. Dopo aver lasciato le due donne compassate e il loro gelido salotto, non avete idea di quanto quella bambina mi sembrasse viva e seducente.”

Questo brano è importantissimo. La ragazzina ha la mantellina e le guance, rosse. Nel momento culminante, quando eros scatta, anche nell'altro incontro, qualcosa di rosso è presente. Vedete, qui esiste una parte di calcolo, e la troviamo per esempio nella scelta di dire quel che in fondo il lettore accorto comprende da solo, ovvero che le due torciere che rappresentano la fiamma dell'amore, in quella stanza fredda, hanno un valore simbolico. Pensiamoci. Perché la Nemirovsky ha sottolineato quel che si dovrebbe comprendere con una certa immediatezza e che quindi non sembra necessario sottolineare? Esaminiamo il contesto: una figlia di Francois e Helene col fidanzato e gli altri figli presenti, hanno chiesto di sapere come fu quel primo incontro. Il padre racconta quindi a dei ragazzi. Ci sta che si sottolinei quel che è ovvio per un lettore. Nel raccontare oralmente, oltre il resto, ripetere le medesime parole non pesa come quando si scrive, e questo vale anche per i concetti. Abbiamo una prova quindi che l'autrice sta elaborando con intelligenza la trama. Essa però è tessuta con fili dettati dall'inconscio e sono fili rossi … la scelta del colore non è un atto intellettuale, come l'opposizione immobilità e dinamismo che pervade la scena della scelta.

Si passi al racconto “Storia di un panico” di E. M. Forster e si noterà che nuovamente il divario fra latenza e azione è enorme. Quel che accade in ambedue le opere, se avete la pazienza, come consiglio sempre, di rileggere, è che esiste un terzo tempo … mi spiego. Abbiamo l'immobilità di Cecile e dell'interno della casa, che fa da contraltare alla dinamicità in esterno con la nevicata e la piccola Helene che gioca, ma abbiamo anche il lento girare nel meccanismo sociale, di tutti gli altri che son sullo sfondo della scena! Passiamo al racconto di E. M. Forster e ri analizziamo: il ragazzo da ameba si fa iper attivo, ma non si muove in un mondo fermo. Esso si identifica nella lentezza del gruppo, che rappresenta la società che ha eliminato, Pan che equivale all'istinto vitale primigeno.

Fior di studi psicologici ci dimostrano che quando si seleziona il partner, molto del nostro agire ... ci agisce senza convocarci... lo sguardo seleziona i lineamenti non certo solo in base al canone estetico di moda! Ciò che esprime salute attira la vitalità! Ma non diciamo guarda com'è sana quella ragazza! Ed ecco quelle guance vermiglie di Helene.... che esprimono chiaramente una sana vitalità. Accade poi che l'olfatto sia diventato ormai quasi completamente ingestibile dalla mente razionale: esempio semplice: dialogate con una persona che vi piace. Siete in un luogo affollato e non vi è alcuna forma di contatto se non verbale e visiva. Una parte della selezione quindi ha promosso l'altro e scatta l'invito. Cenetta, passeggiata e poi il bacio... ma, in quel momento l'altro non è ancora promosso del tutto! Quel bacio è il primo contatto olfattivo! E infatti potrebbe accadere che l'indomani, quella persona che aveva affascinato gli occhi ed eventualmente le orecchie con il dialogo, non ha retto alla ormai inconscia prova olfattiva! Noi non sappiamo spiegare, ma l'attrazione si è spenta e se l'altro accennasse delle avances anche delicate, otterrebbe come reazione il disappunto. Sorridendo, vi dico che è quel che fanno i cani quando si annusano il sedere, solo che noi ci abbiamo messo un po' di civiltà in mezzo... Non si limitano a riconoscersi, si valutano, e può accadere che, se un odore è di molto cambiato, come accade con la malattia, il cane stenti a riconoscere l'altro. Il meccanismo si attua in tanti modi. Come spegnere gli ardori del marito che ha la moglie in dolce attesa? Essa emanerà un odore diverso da prima di essere fecondata. Un odore che inibisce, addormenta le velleità maschili....

Vedete ora come in quel brano è stato organizzato un materiale che appartiene al vero dell'inconscio? Questo fa il grande artista, e la Nemirovsky lo è con capacità e sottigliezza. Quel vermiglio delle guance, quel giocare allegro, prima che essere infanzia, è vita! L'inconscio offre il materiale e l'intelligenza lo organizza. Bach e Vivaldi ne sono due apici. E così tanti altri artisti. Aggiungo una considerazione “consigliatami” da Alberto Savinio. Con queste capacità possiamo parlare di genio? “il genio è una lunga pazienza”, disse appunto Savinio, e noi ora possiamo aggiungere che è una lunga pazienza che lavora sulle immagini dell'inconscio organizzandole con l'intelletto. La lunga pazienza serve come all'atleta l'allenamento. Tutto qui. Non staccare mai1 è fondamentale. È questo che fa sembrare l'artista uno stravagante a chi, lentamente, fa parte dello sfondo e vive secondo regole non comprese ma ereditate dal contesto e nel libro sono Cecile e Jean Dorin…

Di quest'opera della Nemirovsky potrei sezionare dell'altro. La sua abilità è anche commerciale. Si pensa che esista un enigma, ed è la coppia Helene-Sylvestre che scopriremo a poco a poco, ma sorprende veramente la paternità di Brigitte.

Possiamo aggiungere che i destini che non hanno rispettato Pan, pagano il conto. Lo paga Helene per non aver resistito alla matrigna, lo pagano Jean Dorin e Cecile, ambedue con la vita, uno morendo ucciso e l'altra non vivendo ... la vita.

Le due incarnazioni della Vitalità, Sylvestre e Marc Ohnet, vivono invece fino alla sazietà.

Può sembrare che stoni l'omicidio attuato da Marc Ahnet? Questo è un punto chiave che ritroviamo in Simenon e molto chiaro ne “Maigret e il barbone”. Ricordiamo che, sempre, l'istinto vitale elimina gli ostacoli che impediscono la sua realizzazione. Simenon ci mostra chiaramente che più su della legge scritta dagli uomini esiste quella della natura. Quando Maigret scopre chi ha ucciso, comprende che quel che è accaduto rispetta una legge appunto superiore. L'unico testimone il barbone, glielo fa capire, ed è per quello che non accetta di testimoniare. Quel padre padrone eliminato ha permesso la nascita di una famiglia e di un bambino, ha permesso alla vita di essere viva.

Helene che ha sbagliato, sposandosi per sfuggire alla matrigna insopportabile non ottiene il pieno premio dalla vita. Anche in questo la Nemirovsky è coerente. Quel Francois tanto atteso, è più un compagno, un amico. Il palpito, il grande momento è stato per lei una fiammata, non lo ha saputo cogliere. Per farlo avrebbe dovuto accettare di vivere fin dall'inizio per quella vitalità che aveva sacrificato sposando il vecchio.

Brigitte invece? Perché a lei spetta il dono di una vita viva e piena? Poiché non ha mai tradito quella vitalità. Era mal visto il suo agire libero, quando era sposata al vecchio contadino, ma lei quel matrimonio se l'era visto imporre, non lo ha certo cercato come Helene per fuggire a qualcosa. Se si pongono troppo sotto pressione le strutture sociali, queste crollano e si rimane in un deserto. E così lei, Brigitte, ha agito al limite, ma senza mai distruggere. Ballava con gli uomini, partecipava alla parte della festa destinata ai giovani, termine col quale si intendeva i non sposati, di nascosto vedeva l'amante … ha cercato di vivere, e mai ha tradito Pan. Quindi intuiamo che avrà il premio di una vita eroticamente completa.

E Marc Ohnet? Esiste un neo? Lui premiato? Lui che ha ucciso?... ha tradito Brigitte seducendo anche un'altra donna... Colette. Ebbene, l'istinto vitale puro non ha il senso del pudore e nemmeno divide l'agire in bene e male. Pan vive e basta e tutto in lui è vitalità. Anche Sylvestre ha avuto varie donne, anche se, sembra, non contemporaneamente. Sembra quasi che la Nemirovsky, sempre in modo inconscio … ci faccia sapere che, finché non si ama, anche la promiscuità sessuale, è possibile, e non sporca nulla. Il subconscio dunque, offre nozioni che probabilmente nemmeno chi le ha fatte emergere è in grado di comprendere completamente? La Nemirovsky ha dato la precedenza all'idea di rapporto uomo donna che deve nascere nel cuore e nell'erotismo, insieme. Altri messaggi non erano interni al tema che le stava a cuore e quindi non li ha trascurati. Semplicemente non erano funzionali a quanto le stava a cuore.

Un capolavoro. Non l'unico. Un altro libro si è nascosto in casa. Avrebbe avuto la precedenza, ma ho dovuto rinunciare: è “I cani e i Lupi”. Anche questo, quando la smetterà di farsi gioco di me e lo catturerò e lo spremerò in un post. Medito con il piacere della vendetta, la fine di questo “prendermi per il naso” che i libri, capaci di vita propria almeno nella mia casa, compressi nell'e-book, dovranno accettare. Da quella scatolina non scapperanno certo! Escogiteranno qualcos'altro? In fondo mi divertono anche per questa loro irriverente mobilità....

Dimenticavo. All'inizio dello scritto ho detto che c'è comunque qualcosa che, almeno per me stride: due personaggi muoiono. I due vecchi mariti. Io penso che la morte, dell'altro, quando la si vive da vicino, sia un'esperienza travolgente, irrazionale quanto l'influenza di Pan. Trovo coerente che in quel “momento”, col marito alla fine, Helene ceda. Funziona, ma penso che, chi ha visto un corpo deperire e spegnersi, oltre il resto di una persona, volente o nolente, nota, rimanga segnato in modo forte, e questo nella trama non lo “sento”. Questa notte ho meditato su una possibilità che darebbe la ragione alla Nemirovsky. Le donne hanno le chiavi della nascita e della fine. Noi uomini deragliamo davanti a questi momenti estremi. Per loro fanno parte della vita, per noi sono un mistero al quale sappiamo solo soccombere. Sì, questa notte ho pensato che il limite è mio. Irene, ha “guardato” da donna, quindi posso solo imparare.

Irina Nemirovskaja. Così si chiamava. Ne parlai con un'amica influente. “E' ucraina? Strano, mai sentita”

e ti dico che è un fenomeno. Decisamente da mettere accanto ai più grandi”

mi fa notare che il nome Irene in Ucraina e anche in Russia non usava”

un'eccezione non è possibile?”

no”.

Ero in disaccordo. Le mostrai i libri. Era esistita ed è veramente di valore.

com'è possibile che in Ukraina non sappiano chi è!”

L'amica apre la sua agendina che ha tentacoli fino in paradiso e alcuni all'inferno e chiama il ministro della cultura di quello stato. Non si arriva a nulla.

Poi, pensa un po' e decide che Irene doveva essere Irina. Mi dice anche che Nemirovsky, scritto così, è un cognome da uomo. Al femminile diventa Nemirovskaya.

Richiama il ministro e questa volta ha conferma. Esiste ed è stimata, ma il ministro non sapeva della grande fortuna che stava avendo in Europa. Tutto è partito dalla Francia nel 2004, con la scoperta di una “cosa” che sembrava un diario e invece era un romanzo incompiuto. Auschwitz, quella neritudine assurda, la ingoiò. Le figlie ereditarono una valigia. Il tempo fece il resto.

ciao




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