martedì 17 maggio 2011

"Il Bounty" di Angelo Solmi. "l paradiso ritrovato

Dal 26 ottobre 1788 al 4 aprile 1789, mentre in Francia scoppiava la Rivoluzione, abbuffata di morte senza ideali legata alla fame del popolo, sbarcavano a Tahiti dei marinai inglesi. Ci era già passato Cook nel 1779 nel viaggio che gli costò la vita.
Una nave vi era giunta per prendere pianticelle dell'albero del pane coll'intento di trapiantarle nelle Indie Occidentali, esattamente in Giamaica, per di sfamare così, a costo men che minimo, gli schiavi delle piantagioni. Era comandata da William Bligh che con Cook, all'età di ventidue anni, si era imbarcato come ufficiale in quel terzo viaggio che, per la prima volta, aveva portato degli europei in quei luoghi.

Stettero su quell'isola circa cinque mesi, un tempo sufficiente per integrarsi con una popolazione che, fra le tante cose, non sapeva cos'era il pudore. A loro sembrò un paradiso. Alcuni marinai pensarono che, dopo aver vissuto quella libertà, non solo nel sesso ma anche nella relazione, sarebbe stato impossibile accettare ancora, la vita della madrepatria.

Quando intrapresero il viaggio di ritorno, nel giro di poco tempo l'equipaggio si ammutinò.
La storia, noi, preferisce credere che si trattò di nostalgia del “paradiso ritrovato”, ma in realtà si trattò di qualcosa di più umano e meno poetico.

Il capitano Bligh divenuto insopportabile, diede la sensazione anticipata di un ritorno alla vita inglese e comunque europea, fatta di subordinazione violenta senza scampo.

In un aspetto sbagliarono gli ammutinati. Diedero al capitano la possibilità di salvarsi lasciandolo su una scialuppa con altri uomini, munito di sestante, qualche carta geografica, acqua e cibo.

Scattò così la giustizia della civiltà europea e per la ciurma di quella nave, che oltre il resto apparteneva alla marina militare, si trattò di una procedura che non accetta certo come attenuante  la descrizione di  un qualsiasi vero e raggiungibile paradiso.

I cosiddetti colpevoli, furono considerati dall'opinione pubblica, delle vittime. La fame di ideale, sempre giustamente insaziabile, malcelata in persone costrette ad obbedire a qualcuno sempre e a non poter mai vivere semplicemente si scatenò.... E poi un dio che imponeva anche lui obbedienza, che invitava a considerare la sofferenza come un'opportunità elargita per dimostrarsi degni, una volta defunti, di un paradiso che aveva però il difetto di essere solo immaginato e non provato e che offriva il solo piacere, che risultava non troppo attraente, di contemplare e adorare la divinità.....si, anche quel dio ebbe partita persa.

E ovviamente, come poteva reggere il confronto, quel paradiso immaginato e accessibile solo per mezzo della sofferenza, si, come poteva reggere il confronto con quello vero, che era stato visto e descritto e indicato su una mappa?

Alcuni aspetti poi, davano una dimensione di purezza strana e piacevole. Quelle donne, quella gente, per quanto primitiva, si lavava tutti i giorni. Ci voleva della fantasia a considerarsi puri quando si puzzava come dei caproni e....giungere li, fra gente che in  confronto era quasi inodore, scoprire che l'odore di femmina è buono, che ….. e il resto viene da solo. Una sensazione di purezza concreta. Un bel dono che avvicina i corpi-sentieri, che se ben percorsi possono portare anche all'anima.

E questo paradiso dava soluzioni concrete anche a tante altre faccende spiacevoli della vita quotidiana. La natura dava cibo e affrancava dal lavoro e il clima era sempre delizioso. Ma più di tutto affascinava il fatto che amare non soggiaceva ad alcun contratto e il desiderio rispondeva solo ad un altro desiderio.

...il più celebre “illuso” in questa strana favola, che nella realtà non mancò di morti impiccati e condannati, fu  forse Gauguin che poteva permettersi di lasciare tutto anche se quel tutto era Parigi. Si trattò  in fondo scegliere fra un paradiso artificiale e uno ideale decantato con nostalgia da Rousseau.

Lasciò tutto e comprò il biglietto per il paradiso.

E chi non poteva permetterselo? Sognò.

Sognò le donne e i personaggi dei quadri di Gauguin che diedero forma visibile non certo alla realtà, esattamente come l'immagine allo specchio rappresenta solo una parte di noi. E le sue opere furono preferite anche alle incisioni degli esperti che rendevano tutto troppo crudo, appunto troppo vero. Ci vuol tempo per comprendere che c'è più fascino in un amore sognato che non in uno vero, e prima o poi, a questa consapevolezza, tutti ci arriviamo, se ci impegneremo a dominare almeno per un secondo al giorno, gli istinti. Nelle tele di Gauguin il selvaggio non sembrava un selvaggio, ma un essere consapevole, si, del paradiso.

Ecco forse, il motivo del successo di un artista in fondo mediocre.

Per questo lo ringraziarono ammirando in lui la fortuna di esserci andato da vivo in paradiso, e mostrando il piacere non certo solo carnale, di una pace, e la sua possibilità concreta, che è il miglior biglietto d'ingresso nel sogno.

Si legga di Faber, “Il petalo cremisi e il pallido” per esempio. Descrive assai bene la Londra di qualche anno dopo. È una mostruosità nella quale è difficile, trovare un po' di poesia. Oggi non sembra così male? In un presente così intenso nel quale si arriva a sera senza fiato e con nulla nella mano del cuore? Penso spesso che ora una persona con un macchinario è in grado di fare quel che una volta faceva una folla, ma ugualmente ci ammazziamo di lavoro e niente ci basta mai. C'è una fame che non sembra nostra e che domina questa epoca? Si, ma dobbiamo renderci conto che è anche nostra. Quando entriamo in un negozio e non resistiamo alla tentazione di comperare, ecco che inneschiamo quel meccanismo subdolo che ci rende schiavi di quantità spaventose di superfluo. È così che diventa insensato quel singolo che è in grado di fare da solo per esempio mille scarpe al giorno quando in un ieri non lontano ci volevano forse mille persone per ottenere il medesimo risultato. Ed è così anche, che nemmeno l'evoluzione tecnologica è più in grado di darci una tregua che poi consisterebbe nel rendere possibile il dono più grande e voluttuoso, il tempo. Perché per amare la bella tahitiana o la vicina di casa, serve tempo e invece ci riduciamo spesso a credere che basti un bel dono eventualmente costosissimo o direttamente i l contante....

Dopo il Bounty ci furono altri ammutinamenti? si. Un'epoca lo fu. Il sessantotto, e poi di generazione in generazione quel momento nel quale gli adolescenti comprendono quale esistenza g toccherà loro e tentano di reagire, di protestare arrendendosi in alcool e droga prima di morire di vita regolata che ti vuole consumatore trionfante e fintamente felice.

Veniamo alla lettura consigliata.

Si tratta de “Il Bounty” scritto da Angelo Solmi ed edito dalla Rizzoli. La prima edizione è del giugno del 1983. Non so nulla in proposito di edizioni successive.

Immagino la sorpresa di molti davanti al consiglio di un testo così datato. Il punto è che non mi interessa se è una novità o, come si dice oggi di qualsiasi cosa che è al mondo da più di un mese, se è “roba” vecchia. È difficile trovarlo? Non lo so e nemmeno questo problema non mi sfiora. Io non l'ho cercato. L'ho trovato. Era in un mercatino dell'usato ed è costato meno di un caffè. Sul primo momento mi ha attratto perché c'era una cartina all'interno che segnava il viaggio del Bounty. Sfogliando ho visto qualche immagine seria. Riproduzioni di incisioni dell'epoca e foto in bianco e nero dei quadri di alcuni dei protagonisti. Sul primo momento ho pensato, anche a causa del formato, che si trattasse di una lettura per ragazzi e non ne ero per nulla dispiaciuto. Ce ne sono molte che son gradevolissime. Quando ho iniziato a leggerlo, mi son reso conto che invece per affrontarlo, era il caso di essere maggiorenni, problema che ho risolto da qualche mesetto...
Alcune descrizioni è meglio se vengono recepite da chi ha ormai una certa esperienza della vita. Un libro serio quindi, che cerca, nel limite del possibile concesso ad ogni epoca, di essere oggettivo e di non scandalizzarsi gratuitamente. I fatti son fatti e basta, sembra leggersi fra le righe. Una volta terminata la lettura, è il caso di aggiungere del nostro. Di pensare un bel po'. Ecco come nasce un mito che ha affascinato per più di un secolo. Ora è superato o meglio, quasi dimenticato. So che ne han tratto vari film. Non li ho visti. Penso comunque che, prima di vederli, o anche dopo, se il destino ci ha colti di sorpresa, sarebbe il caso di leggere questo libro che permetterà di partire dalla realtà per apprezzare meglio i sogni ad occhi aperti spesso gratificanti del cinema.

Sulla probabile difficoltà di trovarlo, come ho già accennato, non mi pronuncio. Non mi interessa e basta. Se siam capaci di dedicare pomeriggi e serate intere per vedere una partita a calcio o per scegliere un maglione, possiamo anche sobbarcarci la, per me piacevole fatica, di cercare un libro via internet, nei mercatini dell'usato e parlandone con gli amici. Se non lo si troverà si potranno attuare due strategie. La prima, mettere il titolo nella memoria del cervello e, perché no, nel telefonino; la seconda, inoltrare via e mail una nota all'editore nella quale si invita a ripubblicare l'opera. Mi risulta che, se ricevono un discreto numero di solleciti, diventano affettuosi e sensibili, come certe prostitute che, davanti alle grosse cifre, riescono ad far finta di amare in modo sorprendentemente vero.....

4 commenti:

  1. Sempre sulle bancarelle o sul web, prova a cercare altri libri di Angelo Solmi, come Il fantasma della baia, Il diavolo sulla Sierra o I gladiatori del mare. Non credo che ne resterai deluso. Sul tema dei transfughi del Bounty a Pitcairn, invece, c'è anche un bel libro più recente, di taglio saggistico, L'ultimo uomo del Bounty, di Trevor Lummis.

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  2. Sempre sulle bancarelle o sul web, prova a cercare altri libri di Angelo Solmi, come Il fantasma della baia, Il diavolo sulla Sierra o I gladiatori del mare. Non credo che ne resterai deluso. Sul tema dei transfughi del Bounty a Pitcairn, invece, c'è anche un bel libro più recente, di taglio saggistico, L'ultimo uomo del Bounty, di Trevor Lummis.

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