sabato 21 maggio 2011

come si può fare per Scrivere bene....

Cercherò ora di dare risposta ad una domanda che mi viene rivolta spesso.

“Si può imparare a Scrivere?”

Si noti che si tratta, per me, di un saper Scrivere con la esse maiuscola.



Prima esigenza: definire cosa vuol dire, ovviamente secondo me “saper Scrivere”.



Per essere chiaro agirò in modo negativo e per esempi. Cercherò cioè di definire in cosa consiste “non Scrivere” con la esse maiuscola. Non ho Scritto “non saper Scrivere” perché chi “sa Scrivere” con la esse maiuscola può volontariamente o involontariamente scrivere anche con la esse minuscola. Un esempio. Quando affondò l'Andrea Doria, apparve in prima pagina in Italia un articolo firmato da Dino Buzzati1. Varie sue opere sono Scritte con la esse maiuscola ma quando si scrive per un giornale, per una serie di motivi, la esse diventa minuscola. Conosco solo un caso, eccezionale nella sua unicità; si tratta di Alfred Polgar2. Di solito il giornalismo ha a che fare con la quotidianità, con il qui e ora. Ha una dimensione emotiva forte poiché è “attaccata” agli eventi che descrive o che cerca di comprendere. Ne la “Recherche”, il barone di Charlus dice che “leggere il giornale è come lavarsi le mani”. Pensateci. È vero. Una notizia finisce con la sua lettura e viene immediatamente soppiantata da un'altra sul medesimo argomento. Quando ci laviamo le mani sappiamo già che ripeteremo quel gesto di li a poco. È ovvio dimenticarlo come è ovvio dimenticare un articolo di giornale. È la notizia in sé, l'evento, che dagli articoli scaturisce, che può durare nel tempo e attualmente, il lettore è talmente calato in senso negativo nel presente che è sufficiente che una notizia non sia più supportata da una catena di articoli che essa viene completamente dimenticata.

Amo definire il giornalismo “parole che durano un giorno”. È vero che esistono i settimanali che fra tonnellate di pubblicità tentano di porsi in modo più distante dalla notizia. Sono quindi, di poco, meno emotivi dei quotidiani. Tutto qui, non c'è altra differenza. E la lettura è leggera leggera. Ve la sentite per esempio di fidarvi degli economisti che scrivono sui quotidiani? Io no. Se uno di loro “ci prende” allora è ricco e non farà certo il giornalista economico o l'economista. Questi loschi figuri campano di consigli che danno ma che non applicano esattamente come i maghi e le cartomanti. Prevedono ed è ovvio che su cento che guardano nella sfera magica per mezzo di formule e teorie semiserie, qualcuno ci prende alme3no un paio di volte nella vita. Se scelgo venti persone e le invito a fare un pronostico sul risultato di una partita di calcio vi meravigliereste poi così tanto se qualcuno “ci prendesse”? Direi di no perché è evidente che il caso farà la sua parte....



Sul giornalismo e sui mass media è importante fare un'altra precisazione che sarà assai utile per definire il campo assai ristretto, ma di valore eccezionale, della Scrittura con la esse maiuscola: Ci è necessario dare una definizione al termine “REALTA'”.... Non è assolutamente vero come dicono certi oscuri personaggi chiamati filosofi che la realtà non esiste. Esiste eccome. Essa è il frutto di un processo di comprensione che varia a seconda delle epoche. Se ben poco siamo in grado di dire sui tempi passati3, sicuramente l'epoca presente, se non le permettiamo di travolgerci sempre sempre sempre, e ogni tanto ne usciamo sedendoci sulla sua sponda e ci mettiamo ad osservarla mentre scorre, può dirci qualcosa di non completamente definito e forse incerto, ma sicuramente più interessante delle mani vuote...

Secondo me LA REALTA' oggi, PER LA MASSA, E' QUEL CHE I MASS MEDIA DICONO.

Un fatto per esistere non ha più bisogno di accadere. È sufficiente che i mass media lo narrino, lo descrivano. Esempio celebre fu il caso di un certo regista americano che anni fa disse per radio negli Stati Uniti, che i marziani stavano invadendo la terra. Ci fu il panico. Si trattava del grande Orson Wells. Egli intendeva solo dimostrare la potenza dei mezzi d'informazione e dovette smentire al più presto una notizia che stava sconvolgendo la nazione. Ecco, vedete, in quel caso fu considerata realtà, la notizia. Il fatto diviene quindi un qualcosa di secondario e altamente manipolabile.... La massa, l'uomo comune, dispone quindi di una realtà concreta che consiste nel mondo che vive ed esplora personalmente, per intenderci il suo spazio visivo quotidiano, e una realtà diciamo discutibile per non dire irreale, fornitagli dall'esterno, e che dovrebbe provenire, così almeno egli crede, da quelle distanze alla quali i suoi sensi e la sua elaborazione mentale non possono arrivare.



Ho parlato di massa, di uomo comune.

Esiste poi l'uomo (e anche donna, mi raccomando, è un'aberrazione della lingua italiana utilizzare il termine uomo sia per definire il maschio che il genere umano) che riesce a non farsi semplicemente travolgere dalla sua epoca. Egli si distanzia, come ho già accennato, si siede sulla riva del tempo e lo guarda passare, lo osserva. Accade così un fatto curioso. Invecchia il corpo, non la mente. Essa si rigenera. Possiamo quasi dire che ringiovanisce, si ri impossessa di se stessa e, se lo comprenderà, mirerà a raggiungere quel livello massimo nel quale tutte le briciole di tempo sono equidistanti intorno a noi, come se fossimo al centro di una sfera e non, come accade e tristemente, quando non si vive ma ci si lascia vivere, quando il tempo si fa sentiero col passato che irrimediabilmente ci sfugge, si allontana, e il presente che ci inghiotte con la sue mille bocche, le sue mille voci che distraggono da dimensioni più interessanti.



Immaginate una folla che sbraita poi, per un qualche mistero, improvvisamente si zittisce. Ecco che si potrebbe sentire l'usignolo, e per noi il tempo non si farà più calendario, orario di lavoro e altro, ma tornerà, con quell'oro squillante, al ritmo delle stagioni. Si annuserà di nuovo la natura, un'anima potrà di nuovo guidarci e tutto questo il rumore appunto ce lo nasconde. Rumore di mercato, di acquisti, di esigenze non necessarie...

Ricordo una bella lezione di Mafalda, il mio cane. Per lei, che si salisse su una macchina scalcagnata o su una Ferrari, oltre alla scomodità di quest'ultima essendo lei quarantacinque chili, era la medesima cosa, perché l'importante era essere insieme. Tutti capiamo e conosciamo questa lezione, ma raramente la si fa nostra ed ecco che si schiavizzano anni di vita in rate per un oggetto funambolico e spaccone perdendo occasioni di relazionalità …. e di usignoli.



Tengo a precisare che nell'esempio della folla, questa non deve essere immaginata di persone. Si tratta di una metafora un po' strettina ma ormai ho preso il dritto e la userò ugualmente. La folla è l'insieme di stimoli che riceviamo e che dobbiamo imparare a selezionare e deviare se non necessari. La vita, lo sapete, è fatta di giornate di ventiquattro ore. Immaginiamo otto ore di sonno notturno più una pennichella di mezz'ora dopo pranzo, che io adoro. Rimangono quindici ore e mezza di attività mentale che arrotondiamo per comodità a quattordici. Di queste ore otto minimo se le succhia il lavoro. Quando si lavora di solito la mente non è libera, ma appunto deve lavorare. È vero che chi per esempio raccoglie mele, può agire “in automatico” e pensare ad altro, ma penso che questi lavori sian pochi e a me non sono mai capitati. Quattordici meno otto. Abbiamo sei ore per noi. Una miseria, non credete? Penso che sia ovvio ora dire che l'oro sia il tempo. Vedete, i soldi cosa sono se non possibilità? Bene, se così la pensate, non compratevi la borsa o il borsello di Louis Vuitton, ma del tempo, si, del tempo per sedervi alla riva del tempo e pensare....



Penso che ormai sia chiaro quanto sia stato necessario e utile definire il termine REALTA'.

Per saper Scrivere con la esse maiuscola e non solo per quello, ma per qualsiasi operare artistico, è necessaria questa consapevolezza e, si badi bene, non basta saperlo, si deve anche strutturare la propria vita in funzione dell'acquisizione dell'oro vero che è appunto il tempo.

Avete due case? Vendetene subito una e vivete vivete vivete. Senza sprecare in idoli stupidi. Anche le donne non si comprano. Non fate finta di non saperlo. E per parità di diritti, poiché ormai si sa che anche le donne vanno a far viaggetti per comperare....uomini, si sappia che son corpi e sfamano solo corpi. Ma noi non siamo solo questo ed è un volerci male accontentarsi di questo. La somma di cuore e pensiero si chiama anima e la seduzione attuata tramite questa ci può offrire un partner affascinante perché completo....



Dicevo, vendetela quella roba che non vi serve e col tempo che potrete acquistare ...pensate, guardate in voi stessi. Se tutto va bene troverete quelle parole che diventeranno poesia, letteratura. Roba vera, che meriterà di essere ricordata.



Ora, quali son le parole e le cose in generale che non meritano di essere ricordate? Quelle della moda. La moda è un mostro orribile e pericoloso. Spesso ci rende ridicoli e non ce ne rendiamo conto. Essa si impone e per assecondarla rinunciamo ai nostri gusti. É pazzesco, non trovate?

Ricordo che anni fa andarono di moda, per una sola stagione degli stivaletti da donna inguardabili, un po' pitonati e un po' no, con punte aggressive e colorini che andavano dal fucsia alternato all'azzurro per finire in certi arancioni esasperati. Roba oscena. Accadde che l'anno dopo nessuna più le portava. Una personcina di mia conoscenza ammise poi candidamente che erano improponibili e si domandava dove potesse aver trovato il coraggio di metterle. E noi lo sappiamo dove quel coraggio ha invece trovato lei, nella moda... ebbene, essa non si limita a vestirci in modi ridicoli e a renderci tutti uguali come tanti soldatini, ma ci condiziona in tutto, nei cibi, nelle letture e perfino nei modi di scrivere.



Un caso per me tragico ed esemplare accadde in Italia nel secondo dopoguerra. Una generazione di autori si sentì in dovere di scrivere “Il Testo” che esaltasse e rendesse mitica l'esperienza partigiana. Si sapeva che non era strettamente necessario (parole non mie, lo disse Italo Calvino, che i “sinistrati” se la prendano con questo loro discepolo...) poiché altri eventi storici non furono trasformati in parole dorate dalla grande letteratura. Non tutte le epoche hanno degli Stendhal e degli Hugo pronti al via.... Davanti alla consapevolezza che i “mostri sacri” della letteratura, per intenderci, Flaiano, Pavese solo per dirne due, non riuscirono o non trovarono interesse a cimentarsi in questa operazione, la retroguardia di mediocri, che ha sempre la mamma incinta, ha sfornato pseudo capolavori pompati a dovere. E cosa si inventarono per mascherare la loro povertà si badi, non di intelletto, ma di sensibilità artistica? Un linguaggio. Dopo “L'Assomoir”4 di Zola, la tentazione di pescare fra le bucce e gli avanzi degli ultimi, di rotolarsi con gusto in gerghi triviali spacciandoli per veri, questa tentazione dicevo, ha dato un gran prurito a chi non aveva altro da offrire se non la tecnica letteraria. Si sommò in quel periodo l'esigenza di vivere una stagione che, causa il fascismo in Italia, fece solo qualche magra compoarsata, ma che era assai sentita; si trattava dell'espressionismo, che in Germania nel primo dopoguerra caratterizzò l'arte e la letteratura con decisione5. Effettivamente, sia nel cinema che nella pittura e nella letteratura, intervenne una dimensione surreale posta in direzione del caricaturale grottesco.

Ci troviamo quindi davanti ad un'epoca che ha incensato l'opera di mediocri che nascosti dietro ad un gergo popolare e partigiano, ha occultato un nulla che ha durato, come la moda, una stagione. Son libri che se te li consigliano li leggi certamente, ma assai raramente li rileggi e questo nostro comportamento dovrebbe insegnarci qualcosa. Quei testi furono deformati da una propaganda di parte che ora non “sentiamo” più. Era la fine di un'epoca nella quale in politica, a differenza di ora, si scontravano ideali e la battaglia richiedeva lo sforzo di tutti. Qualcuno disse che il letterato deve suonare il piffero (o era il tamburo?) della rivoluzione. Ora che, dopo tanti anni, rimangono quelle opere senza l'atmosfera che le ha richieste e incensate, ora sono insipide. Strani documenti storici messi giù in un linguaggio che si sente che è costruito. Con questo, mi raccomando, non si vuol certo dar contro ai partigiani! Diciamocela chiara. Fra fascismo e comunismo non so quale fosse la tragedia migliore. Certo è che all'epoca, del comunismo russo, così feroce, ben poco si sapeva. Era al suo ideale che si inneggiava e, per quel che mi conosco so che sarei stato rosso fin nelle mutande e avrei fatto del mio meglio per difendere la mia idea. È vero che col senno di poi san far tutti, ma si osservi questo blog...esso è una battaglia persa in partenza in favore di qualche grande ideale...non credete? Non so se avrei preso la via dei monti, ma per me, la mia vita del singolo, vale poco. Vale invece quella dell'umanità e quindi propendo a pensare che sarei andato. Il fatto curioso, per quel che riguarda la letteratura su quei fatti, è che le pagine migliori sono alla fin fine, secondo me, proprio in “Pavese”. Per esempio, ne “La casa in collina” che è fortemente autobiografico, egli descrive questa lotta fra gli ideali e la paura del protagonista che non sceglie di essere rosso o nero e di combattere, ma riconosce la sua vigliaccheria. Ed essa ha in sé qualcosa di arcaico e positivo che è il desiderio di sopravvivere. Penso che in Pavese, questo aspetto, abbia lavorato come un tarlo, creando un senso di colpa che, sommato alla tragedia dei suoi rapporti col femminile, che nella sua opera è sempre un enigma tremendo, fece scattare il grilletto di una pistola da lui medesimo tirata. Ne “La luna e i falò”, libro eccellentissimo, quando la gente parla male dei partigiani perché trova cadaveri sepolti un po' ovunque e si lamenta della non legittimità della sua azione, il personaggio principale dice ad un certo punto: “In quell'anno, dissi, ero in America. (silenzio). E in America che è in America, dissi, i giornali hanno stampato un proclama del re e di Badoglio che ordinava agli italiani di darsi alla macchia, di fare la guerra, di aggredire i tedeschi e i fascisti alle spalle. Più nessuno se lo ricordava...”

Ecco, vedete, durante una discussione, in un attimo, il movimento partigiano è reso legale e coerente con la storia d'Italia. Questo lo si sente in Pavese come senso vero e chi in quell'opera lo dice è l'italiano che non c'era, quello che era in America a lavorare.



Per quel che riguarda il danno fatto dal linguaggio artefatto, questa scatola che spesso quando la apri è vuota e tutto il suo mistero è nella forma, per quanto riguarda il linguaggio, porterò come esempio Beppe Fenoglio. Ho letto varie cose sue e non le amo, poi ho scoperto che vale, che aveva delle possibilità e spero non se le sie bruciate nel dare all'editoria e al suo tempo quel che essi chiedevamo. Vi spiego cosa mi è accaduto. Dopo aver letto varie opere, approdo, ormai rassegnato, alla raccolta di racconti “I ventitré giorni della città di Alba”. Leggo più annoiato che mai e poi il racconto “Nove lune” sveglia il mio torpore. Qui non c'è la guerra. C'è la vita, ed ecco che Fenoglio brilla. Anche il linguaggio è cambiato. Ci siamo, mi dico. E quel racconto è affine nei contenuti a “Il carcere” di Pavese. In questo libro un uomo dopo il carcere deve andare al confino in un paese della Calabria. Non sapremo nulla dei motivi che lo hanno condotto li. Ci ritroveremo invece a “vivere” un uomo che ha pulsioni che diventano quasi primitive e angoscianti. C'è la sua lotta con la fame del corpo e con la solitudine in un mondo che di quella primigena pulsione sembra l'espressione vivente. Notevole. Un gioiello. Ecco che Fenoglio si muove sulla medesima lunghezza d'onda. La dimensione storica si fa corteccia esterna, diventaq sfondo, valore secondario. Quel che non cambia mai è l'uomo e la sua continuità, è la forza che lo salva. Una primitività sensuale che viene imbrigliata dalle convenienze, in quel racconto di Fenoglio. Un istinto che è il nostro convivente mai sazio per anni. Vado avanti nella lettura con le antenne ben dritte e trovo che anche “Pioggia e la sposa” meriti di essere ricordato.



Nel '40, Balthus, rifugiato in Svizzera e ferito, dipinge un quadro sorprendente. Un albero di ciliegie e una ragazza su una scala che le raccoglie. Al primo impatto verrebbe da domandarsi “ma cosa c'entra un soggetto simile col suo dolore di un mondo, di una Parigi perduta, di amici spariti?" C'entra eccome. La consapevolezza che, nonostante la violenza furibonda che gli uomini stanno esprimendo, la primavera tornerà sempre, ancora. Questo vedere un segno nel ritorno ciclico del fiore, del frutto, è un indice di speranza. La medesima cosa accade nel protagonista di Pavese che culla i suoi sensi ne “Il carcere” e la vigliaccheria dell'uomo de “La casa in collina” diviene sensata se intesa come desiderio di vivere un'altra primavera, di vivere quella positività della natura che mai soccomberà, questo loro pensavano, all'uomo. Oggi qualche dubbio in proposito iniziamo ad averlo....



Torniamo a noi. La moda nella letteratura e nelle arti. Un altro esempio che non si può ancora dire senza finire con l'essere insultati ma lo dico ugualmente..... Renato Gruttuso (l'errore è cercato...non lo reggo) fu fascista e poi si adeguò meravigliosamente alla nuova “ondata” diventando la bandiera dall'arte sinistrata (e come chiamarla diversamente quando inneggiava senza memoria a chi prima si nutriva al tavolo del fascio ricevendo premi e facendo dediche su opere che poi scrostò, riscrisse per nuovi leccaculismi...). Oltre a farmi ribrezzo l'essere voltagabbana in modo così scoperto (almeno il pudore please) per due idee che fanno a botte fra loro, era pure un cane col pennello. Fu una moda a lanciarlo e a fare il tutto. Ora la moda è finita...



Altri casi? C'è un regista che ha fatto tre film che lisciavano il fascio e poi è diventato uno dei padri del neorealismo....



E poi? Per altre vie è passata la moda. Manzù ebbe solo la fortuna di essere amico di un papa (Paolo IV)che era suo compaesano e se lo portò a Roma riempiendolo di commissioni importanti (la cosa ridicola è che anche i suoi parenti lo ammettono serenamente).



E lo scultore Mastroianni? La sua rendita migliore furono monumenti ai partigiani che sicuramente ne meritavano, ma quei suoi ammassi di ferraglia non dicevano nulla anche a chi doveva esserne fiero ed era presente (si tenga conto che il nipotino, certo Marcello Mastroianni, l'ho conosciuto personalmente e ne abbiamo parlato). È sufficiente quel che ho citato per mettere a nudo solo alcuni dei danni fatti dalle mode?



Quando una corrente politica o un milionario che hanno fame di eternarsi anche come mecenati, assalgono un artista, esso non deve dimenticare che è un vendersi. O si ha la fortuna di Tiziano che si ritrovò l'imperatore Carlo quinto che gli disse fai quel che vuoi e io pago, oppure bisogna avere paura. Se li lasci fare hai un finto presente che soddisferà il palato e la gloria. Fami fittizie che devi continuamente nutrire e che ti vogliono schiavo.



Vi è mai capitato di pensare “ma come fa questo schifo ad essere qui in un museo” oppure di un libro “ma come è potuto accadere che l'abbiano pubblicato”? Io ho avuto occasione, alcune volte, di chiederlo direttamente con gli autori di quelle robacce. Cesar per esempio. Si chiacchierava all'hotel Lutetia dove abitava a Parigi e sul tavolino faceva brutta mostra di sé una piccola compressione di barattoli di coca cola. quel parallelepipedo rossiccio, glielo dissi, non mi diceva niente. Mi rispose che anche a lui era indifferente, però serviva a pagare le spese e ci riusciva egregiamente...e tornammo a parlare di Folon e altri artisti che come me, amava.



Esiste poi qualche autore che volontariamente o meno, diventa un idolo perché rappresenta qualcosa di maledetto, di proibito. Mi è capitato spesso di informarmi su cosa pensassero altre persone di Pasolini, per esempio. Non ho mai trovato riscontri positivi se non fra gli addetti ai lavori e i sinistrati. “Ragazzi di vita” per esempio viene a noia quasi subito. Il suo cinema, con rare eccezioni è visto come troppo violento, una violenza che non viene capita. Il curioso è che anche persone che lo conoscevano, al massimo, quando vanno proprio di fino, sospendono il giudizio. Cito due fonti dirette: Tonino Guerra e Francesco Rosi. Andarono insieme a vedere “Salò”. Uscirono senza parole. Solo Tonino osò dire, “forse lo capiremo fra anni”. Gli ho fatto presente che mi sembrava una scusa per lavarsene le mani e ha ammesso che è così. Ebbene, quel che penso è che, dire di essere omosessuale e pure masochista, in quell'epoca era forte, troppo forte. Lo si voleva vedere, odiare, amare nella sua maledizione, poiché così era sentita. Aveva anche un'altra aura che ormai si è persa. Quando uno del suo “giro” aveva per esempio la gatta che partoriva, lo chiamava e diceva che ci pensava Pierpaolo, che lui era magico in quelle cose. Oggi, lo dimostra il caso di qualche outing recente fatto da qualche celebrità, che rivelare di essere gay, non fa più notizia. Si pensa “sono affari suoi” e se è belloccio, il clan degli etero brinda perché c'è un concorrente in meno.

Per darvi l'idea della situazione, sempre Tonino mi raccontò di quel che un giorno discusse mentre era in macchina con Pasolini, Visconti e Moravia. Gli feci notare che era l'unico eterosessuale e gli chiesi se aveva, per l'occasione, le mutande di ferro. Ha riso e mi ha detto che Moravia era un po' “tutto” e sapeva anche di sue storie con donne oltre alle sue scappatelle con le tasche piene di soldi sui colli romani a caccia di ragazzini. Ma erano tranquilli. Si vivevano la loro sessualità senza clamore. E Pasolini' gli chiesi? Anche lui, mi disse, era tranquillo, solo che non perdeva tempo a nascondere nulla...

Ovviamente non è l'unica fonte di cui dispongo. La più importante comunque rimane l'opera. Se essa non ci “parla” è finita. Il tempo toglie tutte le finzioni delle mode. La sua aura magica che faceva sì che lo si chiamasse se un animale partoriva è già polvere. Crollerà anche il resto. Rimarranno i testi e per me son muti....



potrei continuare con altri esempi. Ma ha senso?



Si! ancora per uno il senso c'è, poiché imperversa smodatamente nel nostro presente. Avete “in mente” Damien Hirst? Oltre le chiacchiere ridicole dei critici pagati bene per parlar bene, sapete perché ha messo uno squalo in formalina? Quest'opera, che l'ha consegnato alla fama internazionale, nacque per una scommessa. Quell'uomo, artista non mi viene... voleva dimostrare che attualmente si può comperare qualsiasi cosa. Decise di farlo pretendendo di riuscire ad ottenere uno squalo. Ci divenne quasi matto perché, contrariamente alle sue pretese, non era proprio facilino. Si stava rassegnando quando uno specialista australiano gliene spedì uno....

E l'arte dov'è?

E ora veniamo al Cranio del settecento tempestato di diamanti che mentre scrivo dovrebbe essere ancora esposto a palazzo Vecchio a Firenze. Vi racconto com'è nata quella “roba”. La Lobby dei diamanti va da Hirst e gli chiede di inventarsi qualcosa. Servono oggetti da vendere per soddisfare personaggi che vogliono spendere un centinaio di milioni (che sian dollari o euro poco importa) in un colpo solo. I Picasso del periodo blu e precedenti, chi li ha se li tiene, i Raffaello, Tiziano e mostri simili idem come sopra. Per Caravaggio si è arrivati a dire che le tre tele che si dice siano andate distrutte durante il bombardamento di Berlino nel '45, “forse sono reperibili”...che tristezza, non trovate? C'è pure odore di falsi, ma il mercato ha fame di roba che verrà comperata, se si trova, da una certa fascia di clienti facoltosissimi e per niente stupidi quindi, quando la “merce” non c'è, bisogna inventarla... ed ecco che nasce il teschio, che è seguito da altre cosucce fatte coi diamanti. Vi spiego una cosina. Il mercato dell'arte ha lanciato artisti che han durato una stagione. Compri il quadro, lo paghi una fortuna e poi, terminata la moda non sei più capace di rivenderlo. Ora, col teschio la musica cambia ed è per questo che considero quei facoltosi acquirenti, molto svegli.... se passa la moda e quel surplus di valore che viene dato all'opera dalla firma dell'artista, si annulla, prendo il cacciavite, mi metto con cura a staccare i diamanti e un buon ottanta per cento del valore l'ho recuperato. Provate voi a scrostare una tela di Pollock o a rattoppare un taglio di Fontana e vedere quanto "tirate su" per salvare le spese e la faccia.... La fonte mia è certissima. Ad un mio conoscente, Hirst ha confidato di domandarsi quando scopriranno che è tutta una farsa. La risposta è presto detta. Mai. Anche scriverlo qui non conterà. Vedete, chi compera quelle badilate di diamanti, un valore effettivo lo possiederà e deve agire così perchè l'arte contemporanea nel novantanove virgola novecentonovantanove per cento dei casi è solo un'operazione commerciale che dura poco e una volta venduta l'opera per i galleristi il discorso è chiuso. L'idea funziona meglio di una tela imbrattata con secchiate di colore o pennellate date come uno spadaccino come faceva Karen Appel6. Io non ho nulla da dire se qualche riccone desidera il water tempestato di pietruzze e perché no anche la carta igienica. Però mi dà immensamente fastidio che tutta questa operazione la si voglia mascherare per arte...


Via la moda, e non è facile distinguerla quando ci sei dentro nella vita e vivi la quotidianità ovviamente come tutti, con tutti...Ci può capitare di sentir puzza di bruciato, di renderci conto che sta accadendo qualcosa di completamente frigido. Scovare il perché di queste operazioni raramente ci è concesso. Ci tocca subire. Sapete qual'è il ruolo della gente nelle mostre? Solo quello di pagare il biglietto, e se non capiscono sono etichettati come ignoranti, ma da chi? da coloro che attuano operazioni commerciali mascherate....



E mi viene in mente anche Sanguineti. In Università a Bologna, mi dicevano degli studenti, che è impossibile laurearsi senza “subire” almeno un esame su di lui. Non è amato. Non è “sentito”. Me ne han dette da forca e da galera sui professori che non lo propongono ma lo impongono e che, quando qualcuno chiede di fare dell'altro viene maltrattato. E questo gruppo '63? pompato dall'università e basta e chi dovrebbe averne fatto parte se ne dichiara fuori come Eco e Vassalli? Come dire che erano passati per caso in quella stanza quella sera mentre stava accadendo qualcosa che non ricordano bene, ma loro erano appunto, ci tengono dirlo, erano solo di passaggio...



E Achille Bonito Oliva che in una intervista alla radio disse di essere stato un enfant prodige er ora è un prodige? Che tragedia del ridicolo, non trovate? E ci si deve far spazio fra tutta questa spazzatura modaiola o mercantesca, dopo che si ha lottato per comperare l'oro del tempo.

È chiaro che non basta averlo, il tempo. Ci vuole poi qualcuno di cui potersi fidare, che dia consigli e ci lasci fare, e dialogo con altri esseri che han scelto, come noi, con l'oro, di comperare il tempo.



Iniziamo a comprendere ora perché le “scuole di scrittura creativa” non possono insegnare a Scrivere con la esse maiuscola?



Ora tocca alla tecnica della scrittura.

La letteratura è l'unica espressione artistica che sembra, volendo, che non abbia bisogno di troppa attenzione per il suo mezzo espressivo. È ovvio dover prendere lezioni di pittura o di musica o di scultura o di fotografia. Si può fare anche da autodidatti, ma siamo consapevoli che un po' di “gavetta” con la tecnica la si deve fare. La scrittura invece, con il fatto che ce la insegnano a scuola sembra che possa “camminare da sola”. E purtroppo non né così. Premetto che non è necessario conoscere tutti i tipi di rime. Se li sai bene, se non li sai puoi andare avanti ugualmente per la tua strada. ...ma occorre il pensiero e una fonte alla quale attingere per le idee.



Non è poco e non è molto. È tutto....



L'intelligenza deve intervenire solo dopo. E quel prima è il grande mistero.

La mia idea, e almeno per me così funziona, è che si deve vivere, leggere, ascoltare musica vera, dialogare ma non al bar di calcio, amare, e lasciare che tutto si mescoli dentro il crogiolo dell'anima che, lo ripeto, è la somma di cuore e mente. Da quel bollire che noi non cogliamo, ma che vi garantisco, accade, nascono le idee, questi germogli che bisogna rispettare e lasciar crescere dentro di noi. Raccoglierle troppo presto è come ucciderle. Bisogna tenerle “d'occhio” pensandole, lasciandole vivere, una volta nate, nel pensiero. Quando son cresciute non cambiano più e questo vuol dire che è giunta la maturazione. Accade ora come per la madre col suo pancione. L'idea deve, vuole, sente l'esigenza di uscire da noi, altrimenti, si, altrimenti muore e muore perché abbiamo terminato di viverla e. la stiamo superando Quel che accade in noi quando quell'idea si è fermata e ha ultimato la sua crescita, appartiene già a un futuro che la esclude.



Mai ho scritto qualcosa perché lo volevo fare consapevolmente e mai mi son tediato perché non “mi veniva niente”. Può capitare che per molto tempo la mia anima (si ricordi, la somma di cuore e mente...) non si esprima e accetto il suo silenzio senza rancori e struggimenti. La vita va vissuta e quindi da fare, ce n'è sempre. E poi, per me leggere è una miniera nella quale scopro come le altre anime hanno vissuto certi aspetti della vita, che ho a cuore. La letteratura (e non solo, tutta l'arte è inclusa) mi ha anche insegnato ad essere sensibile che non vuol dire secondo me altro che affinare la capacità di osservazione e non rinunciare mai a pensare a quel che ho fatto, si fa, si legge, si vive.



Credo poco nei talenti. Ci sono eccezioni. Simenon per citarne uno. Ma non credo che La Yourcenar per esempio lo fosse. Il genio, diceva Alberto Savinio “è una lunga pazienza”. In questo credo, e chiunque, se decide di percorre una ben definita lunga pazienza, raccoglierà, da se stesso la Rosa.





1Da “Corriere della sera” di Venerdì 27 luglio 1956. prima pagina a destra. Titolo dell'articolo: “Un lembo di patria”

2Ed Adelphi – collana “Biblioteca” n. 291. Merita di essere letto...

3Un esempio di percezione della realtà. Nei testi omerici, è la mano a colpire, a sfuggire alla volontà dell'uomo. Ettore non fugge di sua volontà, sono le sue gambe a fuggire e lui, essendoci attaccato, non può non seguirle. La percezione di sé in quell'epoca era quindi diciamo “scomposta”. Si può notare che nella vasistica greca dipinta più antica, i corpi sono non rappresentati come un continuo strutturale, come accadrà dal quinto secolo a.c., ma come, per intenderci, composti da parti, tipo le formiche o certi bambolotti smontabili che piacciono tanto ai bimbi piccoli. Per loro il cuore era il luogo nel quale si accendevano le emozioni e accadeva per esempio che le gambe, per paura per esempio davanti all'invincibile Achille, scattassero impaurite, oppure che la mano agisse per vendicare un torto percepito appunto nel cuore. La mano aveva come una mente sua. Ricordate qualche mesetto più tardi, nell'antica Roma Muzio Scevola che disse “punisco la mano che sbagliò il colpo?” siamo davanti al residuo archeologico rimasto presente nel linguaggio, di un pensiero più antico. Tante parole, tante frasi che usiamo contengono reperti antichissimi.
Un altro esempio di percezione della realtà che è cambiato e quindi siamo in grado oggi di cogliere... Per noi, per quasi tutti noi, il sogno non ha nulla a che fare con la realtà. Anticamente la persona sognata, viva o morta che fosse era secondario, poteva anche essere semplicemente in un altro luogo, la persona sognata dicevo, era considerata vera nel senso che la sua apparizione in sogno rappresentava l'urgenza di consegnare un messaggio importante. Ora per noi il sogno non ha a che fare con la realtà, rimane qualche strascico nella dimensione magica, per esempio numeri del lotto o premonitoria, ma a tutti capita, quando va tutto male,di attaccarsi anche alle immagini di un sogno per impossessarsi di una speranza....

4Grazie al cielo la critica, o almeno una sua parte, riconosce oggi che l'operazione tentata da Zola con quel romanzo suona di falso. A me ha dato questo effetto senza attenuanti. Si tenga conto che di solito prima leggo l'opera e poi la roba di chi ci ronza intorno e se ne nutre in modo spesso tristemente universitario. Ebbene, “L'assomoir” rappresenta la visione che degli ultimi aveva (in questo caso operai, artigiani e bottegai dei quartieri periferici di Parigi) il borghese medio. La sensazione che i poveri fossero poveri perché la loro tempra morale fosse poco consistente, permetteva di considerarli colpevoli del loro destino e così il benestante poteva essere fiero di esserlo poiché la sua opulenza era la prova di una dirittura morale premiata. Abbiamo così davanti agli occhi un libro intelligente, calcolato. E la sensibilità dov'è? E quando Zola si è fermato davanti al fiume del tempo per rimeditare i suoi luoghi comuni e riconoscerli come tali? Non certo con questo testo che proprio per questa carenza di pensiero non”pescato” nella propria interiorità, e a causa della volontà pseudo scientificheggiante di dare dimostrazione con quell'opera ad una teoria allora in voga, è qualcosa di finto.

5Per chi non approva se la prenda nuovamente con Calvino. Nella prefazione che allegò a “I sentieri dei nidi di ragno”, disse queste cose. Curioso personaggio Calvino. Come scrittore non lo reggo. Lo sento artificioso, costruito. Anche la sua presunta fantasia è prodotto non di una sensibilità sentita ma dell'intelligenza. I saggi invece ci rivelano un uomo notevole che merita attenzione. Quante volte è capitato e capita nella cultura italiana che una persona di valore non ha la possibilità o la volontà di ricoprire il posto che gli spetta. Il caso più eclatante è Roberto Benigni. Non è attore, Non è Regista, legge dante in modo banalissimo e infatti lo danno in pasto alle folle che “mangiano” tutto, anche la cultura, come un panino.... e cos'è allora questo folletto toscano? Dalla lingua inglese prendo in prestito una figura. One man show. E non è poco. Lo si deve mettere su un palcoscenico, possibilmente da solo e invitarlo a parlare di tutto ma non di politica. In questo caso, nel suo habitat più congeniale, eccellerà e diventerà irresistibile.....

6Vedere filmatino su Google e ridere please

Nessun commento:

Posta un commento