martedì 11 ottobre 2011

Una visita alla Fiera del Libro a Roma

Tratta da una lettera inviata ad un'amica per raccontarle questa mia disavventura

E’ la seconda volta che mi avventuro e non per mia scelta, in questa manifestazione. Nella prima occasione avevo espresso il desiderio di andare a fare un giro a Porta Portese per poter rovistare fra vecchi libri, ma non guidavo io... e anche per il fatto che era stato appena pubblicato un mio libro da un editore che aveva lo stand, mi ci son ritrovato, ma rigorosamente controvoglia. Quel che è accaduto di quasi ridicolo te lo racconto subito....

Disgrazia vuole che fosse freddino e mi è toccato di andare ad aspergere una ceramica di Ginori. Reazione normale quando i piedi gelano, e nel frattempo ho meditato che la Ginori appunto, che spazia dai water alla roba veramente fina, non ha mai avuto l’idea di esporre fra tazzine dipinte e centrotavola….i water appunto. Gli editori invece in un certo senso lo fanno. Una guida turistica, un romanzo, un libro di cucina, una raccolta di poesia, un saggio storico; tutto nella stessa struttura che si chiama libreria. Ma com’è possibile che la Ginori ha capito che non è il caso di esporre i, chiamiamoli “pezzi igienici”, con le zuppiere e chi gestisce le librerie non è in grado di fare un ragionamento simile? Per loro tutto fa brodo. Se ha una copertina e contiene pagine scritte è un libro e può essere venduto nello stesso luogo e con le medesime logiche….
Si sa che il tempo passato in bagno porta meditazione. Posso dire con certezza che un amico ha rimediato un discreto livello culturale grazie alla stitichezza e, quasi di fronte al “trono” ha messo un mobiletto sul quale giacciono, ben vissuti, libri anche impegnativi.
Quel che invece ho pensato io, è stato un lampo e oltre il resto un pensiero ricorrente, poiché soffro varie cosucce che accadono a certi libri, che non sono asssssolutamente libri come gli altri!
Uscito dal tempio delle esigenze naturali, un corridoio mi ha offerto sulla sinistra la visione di una conferenza in corso. Mi attira una frase di quel personaggio su tre che erano, seduto a sinistra e che spiegava l’esigenza di incrementare il numero dei lettori. Mi son seduto incuriosito. E’ un argomento al quale ho pensato spesso, quindi potrebbe essere interessante scoprire come la pensano gli altri e in questo caso degli addetti ai lavori. Scopro che La persona seduta al centro, è il presidente delle biblioteche italiane, alla sua destra il presidente degli editori. Il terzo, quello col microfono in mano scopro essere uno del quale mi ero appuntato il nome ma ora, veramente, per rigetto, non lo ricordo più.
Per prima cosa tutti e tre usano il termine “filiera” per definire i vari momenti di passaggio dalla produzione del libro al contatto col pubblico, che per loro avviene tramite biblioteche e librerie e…..basta. Quella parola, filiera, appartiene al mondo dell’economia, del commercio e dell'industria e ho come l’impressione che non si rendano conto, questi tre personaggi, che stanno considerando il libro solamente come oggetto di consumo, oggetto da vendere e quindi riducono il lettore a consumatore. Mi diverte constatare che il presidente dei piccoli editori dichiara che l’uso di quel termine non gli piace e si dimentica di spiegare il perché o almeno di provare ad analizzare questa sua sensazione che ha qualcosa di buono. Come vedete sono ottimista nonostante tutto. Sempre lui, fra i tanti discorsi che son quasi vuoti, dice che non gli interessa il lettore occasionale ma quello affezionato. Ok. È “andato”. Il solito italiano che capisce poco e non si sforza e nel frattempo ricopre un ruolo per mezzo del quale si potrebbe fare qualcosa di importante. Sobrio e coerente, ma con una concezione incentrata solo sulle biblioteche e non sulla visione d’insieme, mi risulta l’altro che comunque si dimostra aperto al pensiero. Si lamenta che le biblioteche non sono sufficientemente diffuse sul territorio nazionale e che mancano i fondi per mantenerle aggiornate. Ha ragione. Non ho dubbi su questo, ma, se il problema che ci si pone è quello di incrementare i lettori, forse è il caso di pensare in un modo più onnicomprensivo?
Dopo aver sentito esalare flatulenze sempre più tragicamente fritte e rifritte dal presidente dei piccoli editori, mi son deciso di andare ad un bancone ove sedevano alcune persone munite di computer. Ho chiesto se si poteva intervenire. Si son informati e mi han detto che verso la fine si poteva parlare. Mi son detto: se la fine non è troppo distante qualcosa la dico. Dopo dieci minuti tristi come i programmi della televisione italiana, forte di alcuni appunti presi, ho alzato la mano. Mi volevano portare il microfono ma so andato io da loro. Per prima cosa ho fatto presente che il lettore fedele non ha bisogno di molti aiuti e invece quello occasionale va sedotto. Ho fatto presente che certe librerie, come internet, son degli infiniti che non hanno senso se non vieni aiutato ad orientarti e che una delle possibili soluzioni sarebbe il mettere alle casse oppure a disposizione del pubblico, persone con un po’ di cultura. Invece, troviamo gente che è solo in grado di fare uno scontrino oppure di cercare un libro col pc. Immediatamente il presidente dei librai mi ha detto che per quel che riguarda i lettori occasionali la pensava esattamente come me e che forse non si era espresso bene. Rispondo che invece si era espresso benissimo e intendevo dire così: “mentalmente sei ridotto da ridere”; cambiare le carte in tavola durante la partita dimostra che sei disposto a fare il permaloso e non certo ad evolvere un pensiero che ha due disgrazie, costa impegno per essere elaborato e non è il tuo quindi non ti piace….
Proseguo a questo punto, facendo presente che in quella che loro chiamano “filiera”, manca un passaggio soppresso verso la fine degli anni sessanta. Spiego in un attimo la volgarità di quel termine che dimostra comunque la radice della mentalità in corso e poi passo ad una breve spiegazione riguardante il ruolo che quotidiani e settimanali non svolgono più. Ricordo loro, che racconti e romanzi a puntate venivano così letti, e anche l’editore era certo di pubblicare testi altamente vendibili poiché il pubblico aveva già espresso un suo giudizio. Attualmente invece, si rifila, non al lettore ma al consumatore,  un prodotto che di fatto è a “scatola chiusa” e come per il cinema, una lieve e spesso scorretta pubblicità, invita. Ma se poi si scopre che il libro o il film fa schifo? Ti tieni la fregatura. Semplicemente puoi mettere quell’autore in una tua personale lista nera. Accade però che dopo tre o quattro fregature, intervenga una diffidenza che passerà poi alla repulsione. Un adulto consapevole e con poco tempo a disposizione per scegliere ha solo due vie: i classici o i consigli di un amico fidato. Esiste poi la figura del critico e sarebbe ora di ammettere che non riscuote alcuna fiducia della gente. Dare in pasto ai leoni, al pubblico, la preda, lo scrittore, sarebbe più sano anche se non totalmente corretto perché ritengo comunque e sempre che intuire un grande sia una capacità di pochissimi che di solito son veri e grandi artisti e non solo della parola. Sarebbe il caso di non porre filtri che deformano la realtà come la pubblicità e il critico appunto. (Ricordo che qualche anno fa scrissi un pezzo per due artisti che venne poi pubblicato. Iniziava ricordando che il critico è colui che viene pagato per parlare bene. (attualmente è spesso anche colui che si crea una scuderia sulla quale investe i suoi capitali. Business dunque, e per arte o libri o cinema il succo della questione non cambia. Mi fece ridere, amaramente, la telefonata fatta per convincermi a togliere quella frase iniziale perché al catalogo collaboravano alcuni prezzolati che avrebbero potuto offendersi. Poveri cocchi! A proposito, riuscite ad immaginare chi è uno dei produttori del film (di Sokurov come regista) che ha vinto il festival del cinema di Venezia?  Andate a vedere, fatevi due risate e poi, se siete saggi organizzate una strage.....).

Ho fatto anche notare al presidente delle biblioteche, che se le strutture che dirige non coprono il territorio nazionale e non hanno fondi, è vero comunque che in qualsiasi caffè i quotidiani esistono e molta gente, anche decisamente povera, col prezzo di un caffè si può avventurare fra quelle pagine e quindi la diffusione e l'utilizzo del quotidiano per usi libreschi si fa ancor più necessaria.
Il presidente degli editori, mi fa notare che dovrei dire quelle cose con i giornali e le altre con il presidente dell’associazione librai. Gli faccio notare, assai irritato, che posso dirlo anche a lui, perché se l’argomento del dibattito è l’incremento dei lettori, l’importante è ascoltare chi ha qualcosa da proporre e poi parlarne. Aggiunge con stizza che da quando quella manifestazione è in piedi, i giornali non sono mai intervenuti e che lui per esempio quelli di “La Repubblica” li ha invitati. Ma glielo devo proprio spiegare che lui li vuole senza spartire nemmeno una fettina della sua “torta”? Glielo devo dire che ha anche imbecillizzato il ruolo degli addetti alle librerie solo per pagarli di meno? Ma come può questo personaggio che forse abita su Marte, non “vedere” questa situazione? Mi son accanito anche quando ha parlato dei critici. Ha detto che i giornali fanno recensioni piccole così con di fianco le copertine dei libri e i critici…. Non ci ho più visto. Gli ho detto con un certo calore che dei critici da un pezzo non si fida più nessuno e che Savinio, un loro genio dimenticato disse: “nessuno farà mai un monumento a un critico”, massima che si è elevata a profezia che è tuttora valida. Il presidente, evidente, mini dotato, non ha saputo reagire diversamente se non con uno scatto rabbioso dicendo che non lo lascio parlare. Offre qualche risposta non risposta, mentre scorgo il sorriso sornione e accondiscendente nei miei confronti, del direttore delle biblioteche. Parla il personaggio a sinistra, ostentatamente, senza guardarmi, anche se in fondo sta rispondendo a me (tecnica ridicola che anche Wanna Marchi, conosceva ed evitava accuratamente per non irritare l'interlocutore…) e mi dice due cosette. Ora ricordo, il suo incarico riguardava le statistiche editoriali. La prima. I librai di Corso Buenos Aires, a Milano, tempo fa si domandarono perché la gente entrava nei negozi di abbigliamento o di articoli per la casa ma non da loro. Commissionarono un sondaggio e si scoprì che il problema stava nell’aprire la porta. Non ho ben compreso e mentre parlava pensavo. “Questo è ancor meno sveglio... del presidente dei piccoli editori. Ma come si fa a dire simili stronzate (e chi pensa che il termine sia pesante si ricordi che mi son trattenuto e lo trovo scorretto. Amo dare il giusto peso alle parole e qui occorreva ben altro, ma si sa che per troppa gente è importante salvare le apparenze e lasciar scivolare via i fatti....). Ma com’è possibile che questo poveretto non ha ancora capito che un vestito, una tazzina, una guida turistica, un testo di cucina per esempio, soddisfano esigenze diverse da quelle di certi libri! Soddisfano esigenze pratiche!!!! Concrete!!!!

Esistono poi libri per l’intelligenza, ad esempio i saggi storici o scientifici e libri per la sensibilità e l’intelligenza messi insieme, ovvero la Letteratura. È evidente che posso leggere dei campi di concentramento in un testo storico e ho dati su cui pensare, ma è altrettanto evidente che se leggo “Se questo è un uomo”, oltre ai dati storicamente corretti, ho la dimensione umana, che meriterebbe ogni tanto di fare la differenza, altrimenti si approda a paradossi come quello che mi ha inorridito l’anno corso e che spiegava che Stalin, dal punto di vista dell’economia e dell’industria  fece fare alla Russia uno scatto in avanti di molti anni, avvicinandola al passo dell’Europa. Peccato che questo “salto” sia costato milioni di vite umane e una intera classe sociale, i kulaki, ci ha rimesso la pelle. La sensibilità e il pensiero, se insieme, fanno l’uomo. Il pensiero da solo crea mostri che poi nel sonno della ragione si moltiplicano ed ecco che le opere di Goja ci rappresentano in pieno.

Pensavo queste cosucce quando quel personaggio già defunto senza nemmeno saperlo, (e non mi si dica che respirare è la prova di essere vivi! Siamo seri una buona volta!) questo personaggio dicevo, mi rimprovera perché nel mio discorso col mito delle piccole librerie propongo qualcosa di superato. Mi fa poi notare che non si possono avere figure professionali che sono in grado di leggere i quattrocento titoli che escono mediamente ogni mese.
Nonostante eviti il mio sguardo e tenti di tirare dritto, riesco a dire la mia. Gli faccio notare che forse sta rispondendo a qualcun altro, perché io non ho difeso le librerie piccole e parlato male delle grandi, ma ho semplicemente proposto di mettere gente competente, che sappia consigliare per fare in modo che la libreria da luogo freddo che è diventi caldo. Gli domando anche se preferisce le donne calde o quelle frigide (chissà se l’ha capita).
Per quel che riguarda la figura professionale che dovrebbe aver letto quattrocento libri al mese, è una considerazione talmente scema che non ho avuto la forza di rispondere. Mi son alzato e mentre me ne andavo ho detto che quella era una messinscena ridicola e nient’altro.

Ma come si fa a non pensare che la lettura di un libro richiede un impegno attivo! Non è come andare al cinema che ti siedi e il film ti entra dentro da tutte le parti e anche col cinema la poca parte attiva che consiste nello schiodare il sudovest dalla poltrona di casa per andare in un altro posto, sta facendo la differenza a vantaggio di megaschermi, pay tv, dvd eccetera. E come non paragonare la letteratura con la musica che non vende certo a scatola chiusa ma tramite radio e televisione ti fa assaggiare la sua merce! E poi, come pretendere che valga la mentalità che fa vendere salami e pannolini, per i prodotti dell’intelligenza e della sensibilità. Ma quando lo capiranno che è questo fatto che spiega la loro incapacità di scoprire talenti letterari e quando ne spunta uno è merito del caso o del tam tam fra i lettori ma mai di loro!
E ritorno all’immagine dei water che la Ginori ha la delicatezza di non esporre fra tazzine e zuppiere….

Riuscirà Luigi a non portarmi più in questo tempio dell’evanescenza? Ci prova sempre anche con la Biennale di Venezia e la mia mente vomita poi per mesi. Devo ammettere comunque che fra gli stand mi son rinfrancato e particolarmente, guardando testi per l’infanzia ben disegnati. E ricevendo complimenti quasi carbonari da molte persone che avevano assistito alla mia scorribanda nell'empireo delle menti dell'editoria.

Nessun commento:

Posta un commento