venerdì 1 luglio 2011

Erri de Luca - "Non ora, non qui" e altro




Ero a casa di una persona e, come sempre, mi son messo a scrutare libri. Ce n'erano quattro di Erri de Luca. Piccole edizioni Feltrinelli che mi hanno interessato. Uno ce l'ho anch'io. “una nuvola per tappeto”. Un regalo, e avevo letto solo il primo capitolo non perché non mi avesse attratto. Penso che spesso si faccia così con i libri donati; li si assaggia e poi li si mette da parte perché, almeno nel caso mio, si sta sicuramente leggendo qualcos'altro, e poi quel libro che si sta leggendo ne attira un altro e quest'ultimo un altro ancora e il tempo per “Una nuvola come tappeto” non si era più presentato. Ho chiesto alla persona che ne aveva quattro, se gli piace. Mi ha detto “si, letture di qualche anno fa e me ne rimase una buona impressione”. Più che buona ho aggiunto io mentalmente poiché avevo notato che una delle pagine bianche all'inizio di “In alto a sinistra” era fittamente scritta. Gliel'ho mostrato senza dire nulla. L'ha preso con curiosità, ha letto e mi ha detto: “si, l'ho scritto io. Non me lo ricordavo”. Mi son reso conto dallo sguardo che non aveva riconosciuto solo la sua calligrafia, ma anche lo stato d'animo contenuto in quella facciata stimolata dalla lettura di quella raccolta di racconti, come poi mi ha confermato. Non ho chiesto nulla. Ho preferito cambiare argomento. Non si poteva indagare di più perché c'era una possibilità che si andasse a “scavare” in un privato che poteva infastidire. La nostra epoca ha dimenticato che i pudori non sono solo quelli di natura sessuale che si leggono sui libri dei tempi andati. Essi, i pudori, sono presenti e da sempre insormontabili in quegli stati d'animo che possono celarsi come in questo caso in qualche parola scritta e che rivelerebbero delle fragilità delle quali forse ci si è liberati ma che comunque, essendo nostre, ci farebbero arrossire non solo agli altri, ma anche a noi stessi. Spesso si tende a percepire la persona che si è stata, come diversa da noi, come un fratello o sorella minore che non si può redarguire e della quale conosciamo minuziosamente tutto. Come non arrossire anche solo al pensiero di questo abisso condiviso....

ho chiesto invece, cambiando argomento anche per allentare una possibile tensione interiore, come fosse “arrivata” ad Erri de Luca. ...e mi ha raccontato una bella storia. Aveva della vigna e tutti gli anni venivano persone per la vendemmia. C'era fra loro un napoletano gentilissimo, pacato e colto, fresco della laurea in agraria che, non trovando nulla di attinente da fare con i suoi titoli, si era rassegnato per il momento a quel lavoro. Consigliò il libro, ma non si limitò a questo. A fine vendemmia ne regalò uno. E da uno in quella casa, in quella mente, son diventati quattro. Non aveva ricordi particolari se non una sensazione generica di soddisfazione. Questo capita quando si legge un libro una volta sola. Gliel'ho detto. Lo sa. Ha poco tempo....

Li ho chiesti in prestito e ho deciso, questa volta, spinto anche dal fatto che le cose prestate mi preme restituirle al più presto che, terminata la rilettura di un volume di Sciascia che mi aveva alquanto rattristato, leggerò questi quattro libretti seguendo l'ordine di pubblicazione.

Mi permetto una parentesi. Il libro di Sciascia è “Il contesto”. Ho letto anche le quattro lettere di critica che uscirono su “l'unità” (il minuscolo è voluto...) dal dicembre del '71 al febbraio del '72.
ne parlerò prossimamente....

un'altra parentesi utile....
come possono venire a noi gli autori di valore? È fuor di discussione che le operazioni commerciali effettuate sul prodotto “testo letterario” sono inaffidabili. Nel mondo della pubblicità. Si pensa ma non si dice ad alta voce, che un buon pubblicitario è in grado di “rifilarvi” di tutto..... Il fatto che quel che leggeremo sia buono è una mera coincidenza rarissima. Mi permetto di ri dire che solo una casa editrice in Italia può garantire che se comperiamo qualcosa da lei raramente sarà un flop; si tratta della Adelphi. Ci tengo a ripetere che non sono prezzolato e non conosco nessuno che nemmeno lontanamente la rappresenti. Vero è che la Adelphi rischia poco sul nuovo. Altre case editrici hanno avuto periodi d'oro, coma l'Einaudi quando le scelte erano guidate da Pavese e non solo e Sellerio quando ascoltavano Sciascia. Vedete... un altro autore di valore, spesso, non sempre, consiglia qualcosa di buono. Fitzgerald per esempio consigliò Hemingway e Yeats, Ezra Pound, solo per citare due casi non trascurabili e Anatole France stimò talmente Proust da scrivergli la prefazione del suo primo testo edito: “I piaceri e i giorni”.....

Torniamo ad Erri de Luca. C'è un ricordo quasi da humor inglese nel suo nome. Ne sentii parlare e nella mia mente egli era Harry de Luca. Scoprii poi in libreria che non era un ibrido fra varie culture ma un italiano di Napoli nato nel 1950, di più di lui non so. Mai vista una sua foto e mai letto recensioni. Me ne astengo quasi sempre ed eventualmente le guardo solo dopo che ho letto le opere. Son sempre curioso di vedere cosa ci capisco io.....

i libri che ho letto in questi giorni sono: “Non ora, non qui”, “Una Nuvola come tappeto”, “Aceto arcobaleno” e, “In alto a sinistra”.

Partirei dal primo dell'elenco ma forse è il caso di spezzare una lancia in favore del suo essere napoletano.... oggi, per raccontare come si deve questo aneddoto, ho telefonato a Tonino per ri sentire bene un fatterello che gli accadde con Vittorio de Sica al tempo che giravano “Matrimonio all'Italiana”. Tonino arrivò e de Sica lo prese in giro perché lo vedeva diffidente per quanto riguardava la città. Cercò di difendersi negando e asserendo che quelli come lui che vengono dal nord hanno spesso dei preconcetti eccetera ma de Sica passò ai fatti per dimostrare cos'è Napoli. Lo portò in un caffè non dei più belli. Era un caldo notevole. Si sedettero ad un tavolo interno vicino al bancone e mentre dialogavano accadde un fatterello incomprensibile. Due persone vi avevano ordinato due caffè e due “sospesi”. Tonino chiese spiegazione a de Sica che gli disse di osservare ed aspettare..... altri ordinarono da bere e qualche “sospeso”. Verso mezzogiorno dalla porta a vetri si vide entrare un tipo vestito male; si capiva che era male in arnese. Chiese al barista: “scusi, c'è un sospeso?”, e lui rispose “si, ce ne sono, venga”.

Fine della storia. Collego a questo fatto che secondo me è notevole un ricordo recente. Quando è stato festeggiato il centocinquantesimo dell'unità d'Italia ho scritto sul mio moleskine quanto segue:

17 marzo
“alla tivù. Una signorina di dieci anni circa in visita a Roma. Le chiedono cosa le piace della città e risponde che son tutti sorridenti. Chiedono di dov'è. Un paesino vicino a Como. “e com'è invece la gente da te?” “sempre seria e di fretta”.
...certo è che l'Italia parte dalla Toscana e va in giù. Quel che rimane a nord son i servi dei conti e dei bilanci...”

Scritto di getto, senza pensarci troppo. Secondo me il sud è certo più imbarlato, ma la vince sui rapporti umani....al nord non è più freddo solo il clima.




Per quel che riguardo Henry de Luca detto Erri, non si tema, la terra di Eduardo e Totò, che son due grandi ha una condizione secondo me giusta per produrre ogni tanto qualcosa di buono in letteratura e anche in musica.

Un altro punto: nascere nel 1950. Non è semplice. Mi si dirà che in fondo non lo è mai ed è vero, ma terminare le superiori con il sessantotto che esplode, condiziona. Difficile non allinearsi in qualche modo e ricordare con colori forti quei fatti.

E inizio a raccontare Erri de Luca da un racconto tratto da “In alto a sinistra”, il secondo, che si intitola “Il pannello”. Quando l'ho letto, ho chiuso il libro e mi son messo a pensare e dal suo racconto son venute idee a me, ma il il sessantotto non l'ho vissuto e quindi si tratta di un riflesso distante, che approderebbe ed infatti approda ad altro anche perché il mio centro di gravità è altro da quello di de Luca. Trama. In una classe del liceo classico nell'anno scolastico 1966-67; una seconda composta di studenti di sedici e diciassette anni qualcuno stacca un pannello della cattedra per poter vedere le gambe della bella supplente. Lei se ne accorge quasi immediatamente cogliendo gli sguardi e se ne va inviperita. Scoppia la tragedia. Arriva il preside che ne fa una tragedia e vuole sapere chi sono i colpevoli ma questi non saltano fuori. Si crea un'alleanza non concordata fra gli studenti che quando si ritrovano da soli ammutoliscono l'unico che protesta ignorandolo. Sanno chi è stato ma tacciono. De Luca ci racconta che quella era la fine di un'epoca nella quale i professori e il preside erano duri. L'emancipazione passava attraverso il diploma ed erano rigorosissimi. Ricorda anche che c'era stato un altro accenno generico di labile protesta. Quando uno studente interrogato non sapeva rispondere e il prof chiedeva agli altri, questi stavano zitti. Piccolo si, ma assai significativo. Rispondere equivaleva a mettere a disagio ancor di più il compagno in difficoltà.
Gli studenti di quella seconda liceo resistettero consapevoli dei problemi ai quali stavano andando incontro e che spesso erano senza rimedio. Alcuni di loro non sarebbero certo stati in condizione di ripetere l'anno perché avevano alle spalle famiglie povere. I genitori a casa poi, se la presero con i figli. Non certo come oggi, che vengono difesi anche quando fan cose veramente intollerabili. C'era un professore, quello di greco che aveva la loro stima. Merita di essere trascritto il perchè: “Ci innamorò della Grecia antica perché ne era innamorato”. Notevole!

Ho sempre detto con i miei colleghi, le poche volte che ho insegnato, che non mi interessava che sapessero la “filastrocca” a memoria. Così facendo si studia non per desiderio di sapere, ma per il voto. Io amo certe materie, mi ci appassiono e, mi son reso conto, la mia passione si “sente” e spesso contagia. Questo professore di greco era talmente stimato per il suo amore contagioso per la Grecia antica che Erri de Luca ne rivela il nome facendoci comprendere così che non è un racconto inventato ma un fatto vero meditato e raccontato e io, per stima di questa persona capace di far innamorare riporto il nome: Giovanni la Magna. Questo prof, il giorno prima dell'ultimatum del preside parla ai suoi studenti. Spiega che è indignato e perché. Non sono d'accordo coi suoi motivi ma è troppo facile per me che lo critico dall'alto del 2011! “egli dice fra le tante cose” Presto riterrete vostra facoltà abbassarle la gonna per ammirarle intere” (soggetto le gambe). Vedete, è come quando dicono che chi si fa un “cannone” poi pian piano finisce con roba più forte. Accade, ma non è certo la regola. Si tratta insomma di una mentalità dettata nel cristianesimo e in una visione della lotta del bene (la divinità) contro il male (diavolo) che non può esser certo data per conclusa con un fatto singolo altrimenti la storia finisce eccetera eccetera. Quella era una goliardata! E chi legge oggi così la percepisce. E all'epoca era l'innesco di un dramma. A questo punto mi dissocio dal racconto. De Luca ha la sua testa e io la mia. Il racconto lo trovo bello, fa pensare e quinti invito a leggerlo, ma la mia mente nei pensieri da esso avviati ha messo altra carne al fuoco che secondo me non merita di essere trascurata. Quei padri chi sono? facciamoci i conti 1966 meno sedici fa millenovecentocinquanta. Gente appena uscita dalla guerra, dal fascismo. E i nonni? Quelli non stanno meglio. Usciti dalla prima guerra per finire impantanati nella dittatura e poi la seconda guerra. La loro durezza era generazionale? E vado all'espressionismo. Ai rapporti padre figlio descritti da questi autori troppo spesso per ignorarli. Kafka ne è l'esempio più celebre. Il padre grosso, sano, rubicondo, borghese ma dentro plebeo e interessato solo a far soldi. Il figlio non è una macchina da soldi? È una mammoletta che scrive? Lo stresso ben bene perché è impensabile che non diventi come me che, poiché guadagno molto, sono un buon esempio. L'ho spiegata in parole povere. Chi ha cinquant'anni forse ricorda le sorelle e i fratelli dei genitori che davano del “voi” ai relativi genitori quindi ai nonni. Erri de Luca ci fa notare che quel baratro di durezza, di inflessibilità della serie o ti pieghi o ti spezzi, è dietro l'angolo. Era il 1966 e ancora i conati castravano la nuova generazione. Ora allarghiamo l'orizzonte. Dove sono iniziate le rivolte giovanili? Negli Stati Uniti. Un libro di Kundera (il nome non lo sopporto per questioni calcistiche...) si intitola “La vita è altrove”. Si trattava di una scritta che stava sui muri della Sorbona. Parigi. E poi Italia e tutto tutto il mondo occidentale. I giovani si rivoltano ai padri. Ai padri che salvano solo le apparenze, che ti dicono cosa è giusto è cosa è sbagliato e che nel frattempo si son decimati in due guerre e castrati solo in Europa in undici (si, mi sembra undici) ditttature grotteche ridicole e drammatiche. Quei padri erano i rappresentanti di una società maschilista. La politica la gestivano loro e così anche la grande finanza. Ecco cosa vedo dietro a quella rivolta. La volontà che l'obbedienza cieca ai padri finisse. La gioventù sbaglia spesso ma può, deve sbagliare perché non sa, sogna e deve capire ed è più che umano che desideri realizzare sogni. Perché la vita deve essere un rinunciare e darsi alle apparenze!ci pensate cosa vuol dire avere diciott'anni oggi? Vuol dire che devi entrare in caselle predefinite, non puoi scegliere. I tuoi sogni si infrangono. Puoi farcela se lotti senza morale e con i denti, ma quando arrivi comprendi che non hai vinto un bel niente, che il sogno non c'è perché non ci sei più tu. Sei cambiato.

La sessualità fino al sessantotto era laida. Prostitute e moglie. Con una ci facevi i figli e con l'altra l'amore o scaricavi la bestia. Quelli erano i padri, che andavano nelle case di tolleranza e si sposavano rigorosamente in chiesa. La facciata pulita e l'anima nera.
Ecco il perché del sessantotto. Come in ogni evento storico son poi capitate cose giuste e sbagliate. Qualcuno ha strumentalizzato, manipolato e in un certo senso quella generazione la battaglia l'ha persa sulla sua pelle. ….......l'ha persa per noi. Non posso, non devo, non dovete dimenticarlo.

Ecco cos'è un racconto. Erri di Luca quelle cose non le ha messe, ma me le ha fatte sentire tutte, me le ha “tirate fuori”. E quando ci dice che “l'anno seguente, stagione scolastica 1967-68, avremmo affrontato la maturità” percepiamo il cambiamento che è dietro l'angolo. Se accadesse oggi che qualcuno svita un pannello della cattedra (quindi niente danni) per vedere le gambe della bella prof? Ci si pensi, e si ricordi che quella differenza, che c'è, e che ci sembra normale, è stata duramente conquistata.

Veniamo ad un altro libro: “Non qui, non ora”.
Ha tutto per essere un gioiello e lo è. É sincero e la nostra epoca ne ha un bisogno angosciante, è scritto bene, è delicato, profondo, poetico.

Parte tutto dall'osservazione delle foto che fece il padre: “resta così documentata fino al dettaglio una sola età, forse l'unica che sono riuscito a dimenticare. Gli album, gli archivi non mi sorreggono la memoria, invece la sostituiscono”.

E racconta se stesso, la famiglia.

“Come tutti desideravo un cane, impossibile da ottenere nel nostro piccolo spazio. Mi affezionai a una palla gialla dai molti colori sbiaditi e al suo buon odore di gomma. Quand'ero solo nella stanza la palla mi saltava addosso per la gioia e giocava a non farsi acchiappare. D'improvviso mia madre gridava di smetterla e la palla finiva sotto il letto per la paura. La sua voce governava il mio respiro e lo fermava appena alzava anche di poco il tono. Quella voce era molto del mondo che avevo. Imparai a udirla anche dietro i muri”.

Non una parola superflua in quel brano. Immagini toccanti., e la voce della madre. Notevole.

“l'adolescenza era una delle stazioni della pazienza”.

“in aula durante l'appello il mio nome esclamato mi scuoteva. Era solo una sigla ed era già un ordine, mal pronunciato, mal annunciato. Era da poco il mio ed era già gualcito”.

Si sente che sta nascendo l'argomento del racconto che ho descritto prima....la scuola come un “ordine” in tutt'e due i sensi. Prima l'ordine materno che bloccava, ora l'ordine della scuola che condiziona. Una crescita ad ostacoli.

Tante immagini belle e riuscita sulla madre:

guardando una foto: “i capelli sono lunghi, non ancora accorciati dal taglio col quale decidesti che non eri più giovane”.
“presto vennero i capelli bianchi che non volesti tingere, incurante di correggere i particolari della tua immagine. Mostravi più anni delle tue coetanee, ma da anziana riguadagnasti vantaggio su di loro. Ho visto donne cadere nell'età successiva come si cade da uno scalino mal calcolato, per aver troppo trattenuto un'età precedente”.

Direi che è bello.

E poi frasi semplici e complesse ad un tempo che si rivelano esatte e che si vorrebbe poter ripetere a memoria:
“Il possibile è il limite mobile di ciò che uno è disposto ad ammettere”.

“Sapeva che la terra, come il mare, erano ricchi e, come i ricchi, avari”.

“parlare è percorrere un filo. Scrivere è invece possederlo, dipanarlo”.

“dovetti sapere per la prima volta che il male è irreparabile e non c'è modo di risanare un torto, qualsiasi cosa si faccia dopo. Non c'è rimedio al di fuori di non commetterli e non commetterli è opera la più ardua e segreta in mezzo al mondo”.

E mi raccomando, non si pensi ora che vado matto per le citazioni o le frasi ben tornite. Queste emergono da una narrazione riuscita. È un po' come isolare un tassello per mostrare come brilla, rimanendo consapevoli dell'insieme.

Diceva Gustav Meyrink: “hai piantato un albero? Hai allevato un figlio? Hai scritto un libro? Allora fai parte della storia del mondo....”

non so se de Luca ha figli, ma so che ha scritto un libro. Sono solo 91 pagine. Molti pensieri sono staccati da una spaziatura bianca quindi lo può leggere anche questo mondo che ha fretta.

Una tiratina d'orecchi alla Feltrinelli. “Frau Inge, tu afere spagliato sekonto me kon kopertina!”
torniamo all'italiano che è meglio. L'edizione che ho ricevuto in prestito, rappresenta un particolare di un quadro di Giacinto Gigante. Si tratta di un pittore notevole ma poco noto. Allora.... se io metto un particolare della Gioconda il fruitore può apprezzare la valenza simbolica di quella scelta perché conosce l'insieme. Ma di quel quadro, mostrarmi un particolare cosa significa? È un vezzo? Se c'è un pensiero mi sfugge e penso anche che si sia persa l'occasione di offrire una traccia visiva che sarà facilmente memorizzata se si apprezza il libro che la supporta. Sarebbe carino poi iniziare a mettere sotto il titolo la data di fine stesura oltre che quella di stampa, non krete frau Inge?
Konsiglien per immagine bild lipro di Erri de Luka.... una foto d'epoka di un ragazzen ke si tuffen nel maren da uno skogklien e perkè nein.... il pescatoriello di Gemito che non è un lamento ma un bravo scultore?

Comunque ne vale la pena.

Veniamo ora al libro “aceto, arcobaleno”.
È costruito, quasi si atteggia. Quelle belle frasi che ho estrapolato da “”Non ora, non qui” si sente che son cercate. Non si pensi se dico così che stimo solo quel che eventualmente assomiglia a come scrivo io o a un'idea che ho in mente e alla quale, per essere “promossi” ci si deve adeguare.
Ho letto cose così diverse fra loro nella mia vita, apprezzandole, che penso di essere guarito da quelle false velleità.

Penso che quel libro sia stato concepito in un “momento di stanca”, con contratti da rispettare, oppure nella onesta convinzione che lo stile potesse essere più visibile dell'anima. Ma cos'è un corpo anche letterario senz'anima? Una cosa senza vita. Non lo rileggerei, anche se l'ho letto con ben poco sforzo e sicuramente si può trovare di peggio.

Veniamo ora all'ultimo: “Una nuvola come tappeto”.
De Luca è cristiano. Credente. Un suo desiderio molto bello e per nulla stupido, contemporaneamente grandioso e umile, sarebbe quello di poter essere un granello di sabbia che si aggiunge con saggezza alle interpretazioni bibliche. Si legge bene. È comunque per ragionatori. Il capitolo di “Giacobbe e le sue due mogli più due serve e i suoi dodici digli necessita di uno schemino. Sarebbe stato bello poterne consultare uno fatto a matita, tremolante, semplice come un appunto, direttamente prodotto dall'autore. Merita. Lo rileggerò.

Son passati una ventina di giorni da quando ho scritto i pensieri che precedono questo.
Non mi tornavano i conti. Ad essere sincero con me stesso solo “Non qui, non ora”, mi era piaciuto. Gli altri due, “Aceto, arcobaleno” e “in alto a sinistra”, tranne qualche sprazzo, li ho “sentiti” costruiti. Le parole, le frasi, tornite per essere più belle che significative. Un gioco con materiale che pretende di avere un livello che nulla ha a che spartire col gioco. Il testo sulla Bibbia, “Una nuvola come tappeto” rappresenta un'ambizione: il desiderio di essere ricordato per aver detto qualcosa di interessante sull'esegesi biblica. Essere riconosciuto e accettato come parte attiva di quella vastissima comunità fatta di morti e vivi spalmati sui millenni, che ha cercato di capire qualcosa di più di un testo sicuramente affascinante. E lo fa da credente. Questo non vuol dire che si tratti di un tipo di analisi inaffidabile. Tutt'altro. Può arrivare dove la razionalità, che altro non è una gabbia, non può nemmeno pensare di mettersi in cammino. Questo libretto è interessante e mi fa pensare sull'uomo che l'ha scritto. Ho la sensazione che con “Non ora, non quì”, abbia consegnato al passato, alla compiutezza, la sua vita precedente. Anche in “In alto a sinistra” accade qualcosa di simile con la figura materna. E poi, dall'ammissione della propria fede religiosa, accade in lui un calarsi in essa per dare spazio e senso al futuro? Non male. Questo vuol dire che, escluso “Non ora, non quì” che è in un certo senso lo scrigno del passato compreso, si è avviato verso pellegrinaggio di natura profondamente diversa e, anche per lui ancora insondabile. Gli altri tre libri diventano quindi la testimonianza di una metamorfosi in atto sia nel linguaggio che nei contenuti? È possibile. Così posso comprendere ed accettare quella meditazione lunghissima su ogni singola parola che, trattata come una caramella alla quale si farà evitare lo “scrocchiare” sotto i denti, il lento succhiare porterà, almeno così lui spera, la sensazione di una qualche celestialità. Quando si parte per un viaggio nel quale tramite l'esperienza, che spero non venga accantonata, le parole cercano di interpretare un pensiero religioso che ci si sente nascere dentro, può accadere qualcosa di bello.
Kafka ha toccato il cielo così facendo, lo ha fatto suo e ce lo ha consegnato più vasto, più azzurro....più tutto.

Penso quindi che sia questione di attesa e se Erri de Luca troverà quel che cerca, e che essendo materia sacra non sa giustamente definire, sarà una bella soddisfazione leggerlo. Potrebbe anche accadere che la sua metamorfosi diventi lunga quanto la vita..... ha scelto di cristallizzare il passato e si sa questo non esiste in realtà al di fuori di noi e nel frattempo per noi è la realtà più grande....
ha scelto di spingersi in un futuro misterioso, dono altrettanto reale quanto il passato solo nella nostra intimità, ma in esso vi ha posto la lezione di un dio. Penso per questo che ci si potrebbe trovare nella situazione di chi vede una persona seduta su una panchina, che bisbiglia, completamente isolata dal contesto e quei bisbigli, frammentari, gocce di senso che si uniscono come in un puzzle infinito, sian quello che ci darà. Una volta in mano alla divinità, l'uomo si fa divinità o polvere e a noi resta il profumo di qualcosa che sta accadendo e che è più grande di noi al punto che nemmeno ci sarà dato immaginarlo.

2 commenti:

  1. scusa We, ma è risaputo che Erri De Luca sia "non credente" del resto avevi detto che non ti sei informato molto su di lui, poi credente o non credente è un fatto estremamente personale e in divenire, non è certo un aspetto che trovi nella carta d'identità, ti bastava forse leggere la bellissima poesia
    VALORE
    Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
    Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
    Considero valore il vino finché dura il pasto,
    un sorriso involontario,
    la stanchezza di chi non si è risparmiato,
    due vecchi che si amano.
    Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale
    ancora poco.
    Considero valore tutte le ferite.
    Considero valore risparmiare acqua,
    riparare un paio di scarpe,
    tacere in tempo, accorrere a un grido,
    chiedere permesso prima di sedersi,
    provare gratitudine senza ricordarsi di che.
    Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
    qual'è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
    Considero valore il viaggio del vagabondo,
    la clausura della monaca,
    la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
    Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
    Molti di questi valori non ho conosciuto.
    Erri De Luca (da “Opera sull'acqua e alt
    re poesie”, Einaudi, To, 2002)

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  2. mi sono accorto solo oggi, 31 gennaio, della tua risposta. quando leggo un autore, trascuro la biografia. devo ricevere solo dal testo. se la sua religiosità viene desunta dalla biografia a che serve? se si prova ad affidarsi solo all'opera, solo al messaggio che l'artista offre, si compie un atto di correttezza estremo ma anche giusto. lei non immagina quanti autori son stati fraintesi perchè prima di leggere la sua opera si è dedicato tempo a curiosare nella sua vita privata....l'opera parla, canta da sola.meglio dedurre da essa.
    e comunque mi sembra che il mioo scritto sia un attestato di stima per l'opera di Erri de Luca...
    ciao
    ciao

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