lunedì 11 luglio 2011

leggendo un articolo di Cesare Segre apparso sul Corrriere della Sera del 10 luglio 2011

Oggi, 11 luglio, intendo dire due cosine sull'articolo di Cesare Segre uscito ieri sul Corriere della Sera.

Mi permetto prima una parentesi generale. Un fatterello accadutomi che si riallaccia allo scritto di ieri, riguardante l'articolo di di Stefano.
Giorni fa, avevo notato una pubblicità su un quotidiano. Non ricordo quale. Riguardava la vendita, anzi, la svendita di alcuni libri, mi aveva attirato per la presenza fra essi di “Suite francese” di Irene Nemirovsky, testo che considero un capolavoro. La pubblicità aveva un marchio nero che recava una grande “vu”, iniziale della parola vintage. Mi son detto che l'editoria per l'ennesima volta aveva espresso un po' troppa fretta. La riscoperta della Nemirovsky è fresca di qualche anno e l'importanza della sua opera, notevolissima. Considerarla vintage lo trovavo affrettato, se posto in relazione alla recente riscoperta e sbagliato se posto in relazione alla qualità. La Recherche, non sarà mai vintage, per esempio. Mai un capolavoro lo è. Il capolavoro si situa fuori dal tempo. Il tempo è immobile. Noi ci muoviamo in esso. È a causa del nostro movimento che erroneamente pensiamo che sia il tempo a ...passare. Un po' come quando si credeva che fosse il sole a muoversi e invece siamo noi.... “Suite francese” sarà attuale sempre perché è nel tempo nel modo giusto. Immobile e per questo perennemente raggiungibile. E' la “roba” scadente che si allontana.

Curiosamente noto fra gli altri titoli, “Il cimitero di Praga”. Son sorpreso. Avevo la sensazione che fosse appena uscito. Che mi sia sbagliato? È possibile, son giustamente disattento nei riguardi delle cose che non mi interessano. L'attenzione è scattata perché mi sembra che stia accadendo qualcosa di vistosamente grossolano. Umberto Eco ovviamente non ne ha alcuna colpa. Le “manovre” commerciali l'editoria le fa senza pensare di consultare l'autore e, se ho ragione io, senza il minimo rispetto per i lettori. Mi accorgo di una specie di sottotitolo. Lo trascrivo e qui lo riporto: “I buoni libri migliorano col tempo”. Ora si tratta di valutare da quanto tempo è uscito il libro di Umberto Eco. Faccio una telefonata. A ricerca ultimata mi dicono che è stato pubblicato il 29 ottobre del 2010, son passati circa otto mesi....

Un essere pensante comprende che nonostante lo sforzo promozionale il libro è stato un flop.
L'editoria non si pone il problema. Considera il consumatore tipo come un essere che vive calato solo nel presente e cerca di rifilargli “I misteri di Praga” come robina vintage dando per scontato che sia un long seller.

A forza di considerar deficienti i lettori li perderanno poiché, per quanto sia vero che ci sia una tendenza a vivere solo nel presente, chi sceglie le arti come passione, il passato lo sonda.

Come collegarci all'articolo di di Stefano? Mah. Probabilmente ha quattordici anni e si sta appena aprendo al mondo. Lo si coglie dal fatto che ambisce ad inserire letteratura e poesia nei media. Si sa che i quattordicenni vengono da un'infanzia basata sulla tivù. Premetto che non ho preso alcuna informazione su di Stefano. È vero che dall'articolo, per alcuni aspetti si potrebbe pensare che quattordici anni non li ha ma, si ricordi che spesso i ragazzi giocano ad imitare i grandi.

E se poi fosse veramente una persona adulta? Eventualmente laureata eccetera eccetera? Allora sarebbe una tragedia. Una tragedia per lui. Oppure finge, e mescolato con altre essenze mai troppo dissimili nel metaforico pitale della “cul....tura” italiana, si sente un dio.

Veniamo a Cesare Segre.

L'articolo si intitola “Perché Dante e Rabelais non sono superiori a Manzoni e Kafka”.
Già il titolo....! secondo me non esiste un migliore, ma un gruppo di autori indiscutibilmente eccezionali. Ke Kafka sia per me un punto di riferimento vitale, essenziale, diventa un fattore soggettivo. Non è da meno sentirsi guidati interiormente da Melville o da Fitzgerald.
Non amo le graduatorie. Riguardano il calcio e in proposito ricordo (con indulgenza?) le tirature della poesia in Italia citate da di Stefano che si lamenta della loro esiguità. La tiratura fa il successo economico e basta. Il fatto che un libro di Moccia venda migliaia se non milioni di copie non fa nascere nella mente di nessuno un paragone per esempio fra lui e Kafka....

Ma in questa considerazione Segre non c'entra. Quel che infastidisce di quell' articolo è che manca il destinatario. Non è certo indirizzato al pubblico che compera il quotidiano e se mai esso desiderasse immergercisi, ne scapperebbe subito a a gambe levate...

Motivo principale: il linguaggio. È scritto in “profesorese”. Questa lingua usa un' analisi logica diversa da quella del linguaggio comune. In più non sa resistere all'utilizzo di qualche parolona. Esempi: cronòtopo, perifrasi, epistolografo, stilistica.

Caro Cesare Segre. Stai scrivendo su un QUO TI DIA NO!
“Questa carta igienica, questo water. Capito?”
“ Ora si fare Buana! Si badrone....!”

Sveglia!

Il mondo esiste ed è un pelino diverso da come ve lo immaginate!

E poi una pioggia di nomini: Spitzer, Contini, Bachtim, Rabelais, la Fontaine, Racine, Balzac, Flaubert, Hugo, Céline, Charles-Louis Philippe, Gadda, Dante, Pulci, Folengo, Swift, Petrarca, Ariosto, Leopardi, Manzoni, Kafka. Ventuno autori citati..... una follia. E le sembra possibile che uno che non sia un addetto ai lavori ci si raccapezzi? Io ho tre lauree e non mi ci perdo, ma trovo odioso agire così. Se volete conquistare uno spazietto nei quotidiani non sarebbe forse il caso di venire incontro a quel pubblico del quale lamentate l'assenza? È ovvio che scappa. Scappo anch'io..... in farmacia a curare una lieve orchite stile anguria.

Ebbri di se stessi. Comunicare dalla torre d'avorio ad una piazza vuota.

Bravo!

E frasi come “incidere sull'istituzione linguistica”, “problema delle linee (monolingue e plurilingue) della narrativa europea”, “nell'alternanza efficace di prosaicità e liricità con tutto un gioco di “sordina”, per esempio disindividualizzando il personaggio con l'uso dell'articolo indefinito o con la perifrasi....” mi fermo. Torno in farmacia....

Mah! Una curiosità: se lei mangia come scrive......

E poi. La lingua e le sue regole è lo strumento che supporta il significato di un'opera. Se lei continua, e non solo lei, a dare importanza solo al linguaggio e non a quel che l'artista ha da dire, mi sembra di poterla paragonare ad un commensale che non vuole mangiare l'arrosto, ma leccare gli schizzi della teglia dentro al forno, che il forno è lo strumento e di quello si accontenta.

Vede. Le porto l'esempio dell'opera do Picasso. Il periodo blu esprime un immenso dolore. Esiste anche un solo critico che si sia domandato di quale dolore si trattasse? Avesse cercato di capire l'uomo Picasso? No. Nessuno. E pensi, che scoprendo questo motivo si comprende perché, una volta terminato il periodo blu si sia dato quasi solo ed esclusivamente a virtuosismi tecnici......

Fitzgerald scrisse nei suoi taccuini una frasettina che lei eviterà senz'altro come la peste, e invece io l' ho trascritta a caratteri cubitali nel mio studio, e amo ripeterla ogni mattina per evitare il rischio di uscir dal seminato: “NON SI SCRIVE PER DIRE QUALCOSA. LO SI FA SOLO SE SI HA QUALCOSA DA DIRE”.

E allora.... cosa deduco dal suo articolo?
Ammetto di avere sentito già il suo nome ma non ho bisogno di fare ricerche per venire a sapere che lei è un indocente specializzato a spaccare il capello in quattro e che sta decidendo se è nato prima l'uovo o la gallina.


Domandina. Perché la gente come lei esiste?

8 commenti:

  1. Lei non ha nemmeno una vaga idea della potenza divulgativa degli scritti di Cesare Segre, né della sua capacità di rendere con straordinaria semplicità - la semplicità dei grandi, direi - concetti altrimenti (quelli sì) elitari.
    Ciò che emerge dal suo scritto è soltanto vuota saccenza e insopportabile narcisismo.
    Se li legga davvero, gli articoli di Segre, prima di sputare sentenze.

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    1. Mi spiace deluderla ma conosco l opera di segre...
      sorrido della sua critica dettata da luoghi comuni. Rilegga quegli articoli dialogo e provi a fare il conto di qyanta gente può goderli. Si deve utilizzare un congenuto comprensibile x tutti, particolarmente sui quotidiani. Affidarsi a un linguaggio criptico quasi da setta, da cosca, è la prov che l intellettualita' italiana è malata. Si cre cosi una esclusione in argomenti che devono e posdono essere di tutti. Certi temi poi sono pure masturbazioni mentali di un ristretta cerchia. Buona serata.

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    2. Dimenticavo .... complomenti x il codardo anonimato. Io ci metto la faccia e così mi rendo responsabile di quel che dico.... lei .... è forse troppo italiano...
      Avete i politici e gli intellettuali che meritate.... di nuovo buona serata.

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  2. Mi chiamo Giuseppe Mascherpa, sono assegnista di ricerca presso l'Università di Pavia e dottore di ricerca in filologia romanza.
    Per servirla.
    (il suo nome, invece, non mi pare di leggerlo da qualche parte).

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  3. A suo parere "perifrasi" e "stilistica" sono "paroloni"; io credo invece che siano del tutto alla portata del lettore medio del Corriere.
    Del resto, va anche detto che la terza pagina del primo quotidiano nazionale non è certo la sede per fornire quelle basi che le scuole medie superiori non danno...

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  4. Non vale nemmeno la pena di leggere una risposta di una persona che si rivela solo kuando gli si fa notare ke sta sgendo da codardo. Non le squaderno i miei titoli e le mie collaborazioni. Lo trovo ridikolo. Mi interessano le kose
    sensate. Certe parole son paroloni per la massa di lettori
    e lei dalla dua gabbia dorata non può rendersene conto. Scenda nel mondo dei vivi. Vada fra la gente e faccia leggere l articolo ke ho critikato. Mi diverte amaramente ki si attakka ai titoli. Ai pezzi di karta. Mi son scocciato di prender lauree e ne ho, poiché l università italiana è un covo di raccomandati ridicolo. Penso ai grandi italiani. Ad esempio savinio, flaiano, fellini antonioni guerra sciascia brancati manganelli norselli ecc e chissà perché non ce ne trovo nemmeno uno. Io sono un artist e lei in intellettuale. Questo è il punto. Frigidita' contro anima. A voi il presente. A noi il resto. Ciao

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  5. Ah, be', se lei è un artist...
    In ogni caso io il mio nome (che, tra parentesi, pensavo sarebbe comparso subito, essendomi io accreditato come profilo Google) l'ho dato, la faccia ce l'ho messa, e ce la metto tutti i giorni non solo nel mio lavoro "accademico", ma anche, per quello che posso, nella "divulgazione".
    Il suo, invece, continua a non comparire. Probabilmente si vergogna di essere un artist. O, più probabilmente, delle stupidaggini che scrive.
    Quanto ai titoli...ha cominciato lei: "Io ho tre lauree e non mi ci perdo".
    Buffone. Chiuda il blog, c'al fà una roba pusé bèla!

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    1. Non letto se non l inizio. C è un nome e una mail e se legge scoprirà che ho fatto collaborazioni che penso siano decenti a meno che Daverio e Tonino Guerra x lei siano esseri insignificanti. Scopro troppa supponenza. Studio e mexito da una vita. Sono abjtuato comunque a carenza di rispetto larticolarmente dall intellettualita italiana che notoriamente sa essere dolo autoreferenziale. Vada x la sua strada. E io per l mia. Ciao viao

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