lunedì 4 novembre 2013

Erri de Luca traduttore per passione e non per mestiere.




Questa mattina, 4 novembre 2013, ho sbirciato un quotidiano e un altro l'ho letto. Prima vi ho narrato quel che in me ha innescato quello letto, ora passiamo a quello sbirciato.

Si tratta di un fatterello letterariamente assai positivo, sempre secondo me. Il titolo che ho rubato, racconta che Erri de Luca, che stimo e che ho già “vissuto” in un altro post peraltro lettissimo, che Erri de Luca dicevo, ha ultimato una traduzione che, non ho ben capito, riguarda uno dei fratelli Singer. Il sorriso che avevo perso causa il precedente articolo, mi è tornato dopo aver scritto su di essi qualcosa al veleno, e aver dato libero corso ai pensieri su quel che rimaneva, ovvero Erri de Luca, Joshua e Israel Singer.

In un'epoca ormai terminata, quando Pavese era da Einaudi, quindi in modo ufficiale dal 1942 e Vittorini da Bompiani, già da qualche annetto, ti avvicinavi alle case editrici prima di tutto come traduttore da lingue straniere e poi, tentavi di proporre qualcosa di tuo. La regola ovviamente non era ferrea. Fino al dopoguerra inoltrato, era d'uso pubblicare i romanzi prima a puntate sui quotidiani e settimanali e poi, se il prodotto aveva “funzionato”, e lo si capiva dalla tiratura ma anche dalle lettere al direttore, si faceva il libro. Mussolini stesso dovette agire in questo modo quando era giornalista, col suo mediocre “L'amante del cardinale”....

la situazione degenerò qualche anno fa. Non amo “monetizzare” le date, spenderne troppe. Appesantiscono la lettura e ne ho già messa una. Roberto Sanesi, era un amico. Traduceva ottimamente dall'inglese per la Mondadori e non solo, ed era amico personale di molti grandi. Mi raccontò che ormai gli chiedevano di tradurre libri con tariffe da imbianchino. Ne era irritato, ma poteva permetterselo e si dedicava, in quel periodo al sua amato Milton.

Rimane qualche traccia autorevole di questo agire. Paola Capriolo, ama tradurre dal tedesco e ora, Erri de Luca provvede, penso dallo yiddish. É una persona molto studiosa, attento cultore della Bibbia. Il suo “Una nuvola come tappeto” ce lo rende noto ed è per questo che suppongo che non abbia fatto come molti, che traducono i fratelli Singer dall'americano. Insisto, non ho letto l'articolo, son riuscito solo a sbirciarlo, ma sono contento di questo accadimento perché è dettato dalla passione, e in fondo di approfondire non mi interessa più di tanto poiché intendo semplicemente raccontare di un fatto che sta accadendo.

Se si leggono le lettere conservate in Einaudi, del lavoro di Pavese, per esempio, si coglierà che si trattava di “lavoro” appunto. Pavese era pure oberato dagli impegni e si sa che in quella situazione si perde un poco di lucidità anche se sei un grande. Scartò, per esempio, l'ottimo “Padre e figlio” di Gosse privando l'Italia di questo testo che fu tradotto poi da Adelphi solo negli anni sessanta inoltrati. Considero geniale Pavese, ma anche i geni si stancano e si stressano, se li si “usano” in modo improprio. Torniamo alle traduzioni dell'epoca. Molti, tanti, troppi scrittori traducevano per campare e non per passione.

Nel dopoguerra si vendette la parola preferibilmente al cinema; il ruolo di sceneggiatore era spessissimo appannaggio di scrittori. ... Ma Erri de Luca e Paola Capriolo hanno ormai il possesso del loro tempo. Molti possono comperarlo ma pochi lo fanno. Si ricordi che questo è l'uso più santo, più grande che si può fare col denaro e, la vera letteratura agisce meglio in completa padronanza di …. tempo. Se hanno deciso di tradurre certi autori, è per affetto, per profonda stima. Il mestiere per il soldo, non c'è, e quindi penso che la qualità possa essere notevole.

Potrebbe anche accadere, essendo Capriolo e de Luca due persone di indubbio livello, che l'editore conceda loro anche di fare una prefazione? Una volta era normale. Il traduttore è un interprete, è un tramite, esattamente per esempio, come un pianista. Ci “leggono” libri con la loro mente, col loro punto di vista, e una prefazione può rivelarci innocenti o faziose tendenziosità o intenti, rivelare quali passi e perché, son stati più impegnativi. Io penso che questo modo di agire sia la normalità, il punto zero che sempre deve esserci fornito. Accade invece che spesso del traduttore conosciamo solo il nome e a pure, come nel caso del volumetto di Isaac Singer, “Nuove storie alla corte di mio padre”, che nemmeno ci fanno sapere da quale lingua o da quale testo ha tradotto....

Da mesi meditavo su come scrivere un post sui fratelli Singer. Chi mi legge avrà notato che spesso li cito. Loro son per me un punto di riferimento notevole. Ero arrivato proprio in questi giorni ad una conclusione. Iniziare a “raccontare” Isaac, il più noto e vincitore del Nobel, con due volumetti: “Storie dalla corte di mio padre” e “Nuove storie alla corte di mio padre” e Israel con “Joshe Kalb”.



Vedete … l'aspetto per me più utile per il lettore, è che nella casa di Pinchas menachem Mendl, figlio di Samuel il Kohen, rabbino e padre di questi due scrittori, in una via di Varsavia che forse non esiste più, ma che nella mia memoria è assai nitida, via Krochmalna, il padre che era rabbino, teneva un Beth din. Si trattava di una specie di tribunale. I due contendenti spiegavano le loro ragioni e poi, ad un certo punto, il rabbino li invitava a prendere due lati di un fazzoletto, rito che rappresentava la accettazione del giudizio che egli, in base ai testi sacri, avrebbe dato. La legge civile rimaneva fuori dalla porta e perfino per casi di speculazione commerciale, si poteva chiedere il “giudizio di Dio”.



E' un mondo scomparso. Il nazismo lo ha quasi completamente distrutto. Dico quasi perché per esempio a Belz esiste una comunità che vive ancora secondo quelle regole, e spero che non sia l'unica. Già nel secondo volume di Isaac, quando ci si inoltra nella prima guerra mondiale (mai mettere il maiuscolo per un'oscenità come una guerra!), si “sente” che quel mondo, quel sistema morale, si sta sfaldando.

La dissoluzione si “tocca” secondo me, avanzando nelle epoche in una sequenza di validissimi libri. Il “Lamento di Portnoy” di Philip Roth ne è un segnale potente, contenente la rottura definitiva con quel passato.



 Consiglio di passare poi al quasi attuale “Mr Vertigo” di Paul Auster.



In esso un maturo ebreo di origine ungherese, insegna ad un trovatello a lievitare, direi quasi a volare. Con l'arrivo dell'adolescenza il potere svanisce. Quel che Paul Auster non dice ma si “sente”, è che quel frammento di magia appartenente ad un'altra epoca, distorto e commercializzato negli Stati Uniti, dove molti, moltissimi ebrei fuggirono, rappresenta l'ultima traccia di un mondo ormai irraggiungibile, incomprensibile.

Troviamo tracce anche in Woody Allen. Si legga il bel racconto “La cambiale falsificata” di Isaac e si mediti il film “Crimini e misfatti”.



Vedremo il medesimo “trauma” morale, analizzato e che prende vie diverse. Secondo Allen il crimine non subisce condanna divina, e invece secondo Il padre rabbino dei due fratelli Singer, non si può prescindere dalla incomprensibile giustizia divina. Mai accade qualcosa che non rientri nella volontà di Dio, e infatti il padre di Isaac e Joshua, non dubita che dietro a quella situazione, anche se lui è innocente, ci sia un segnale, una punizione divina. Amo molto e cito spesso la seguente frase che quel padre diceva ai figli: “Meglio la sconfitta della cattiveria”. Una frase immensa. Se mi adeguo al modo di agire di chi mi tedia, e agisco con le sue medesime armi, di fatto distruggo il mio mondo morale, e quel che accadeva ad ogni ebreo di quelle comunità chassidiche ormai quasi completamente estinte, era di ricevere un mondo morale, una cognizione infinitesimale di ciò che è giusto e ciò che non lo è. La differenza con la nostra epoca è enorme. Si deve elaborare personalmente il codice morale, scoprirlo in fondo a se stessi. Chi vive di quello ereditato dalla comunità di provenienza, probabilmente tradisce se stesso. Ce lo dimostra già Israel, il figlio maggiore di questo rabbino, che sceglie, ma solo dopo accurata meditazione, una vita diversa, in senso morale, da quella ereditata.

Questi due libri di Isaac sono un raccontare, ovvero quello che per me non è il livello più alto della letteratura anche se spesso interessantissimo e sempre disseminato di dati storici interessanti. Vi scopriamo anche le vicissitudini di quel fratello, Isaac, morto troppo presto, e che raggiunse risultati eccellenti e secondo me migliori di Isaac …. ma è un po' come domandarsi se fu migliore Maradona o Pelè ….

Di Isaac, consiglio poi, per passare all'invenzione letteraria, a “Il Mago di Lublino”.



 Se a questo punto quel mondo non vi affascina, rinuncio, ma se vi va di proseguire, direi di passare a “La Famiglia Moskat”



 e, quando avete poco tempo, ai racconti per i quali la Mondadori ha prodotto un bel volume nella collana Meridiani.


Di Israel, il fratello, consiglio di partire, come ho già detto, da “Yoshe Kalb”. Mi permetto anche di consigliare di leggere subito dopo, “Il processo” di un certo Franz Kafka e ditemi voi se fra i due tribunali che troverete, non “sentite” tante somiglienze interessantissime! Come ho sempre detto, Kafka è un enigma perché è finito in mano agli intellettuali che amano masticarlo e dirne tutto e il contrario di tutto. Questo comunque non è l'unico problemino. Kafka fu influenzato particolarmente da Strindberg, un certo periodo di Strindberg, da Hamsun, e dal mondo chassidico... Leggere la letteratura detta Yiddish, aiuta quindi, a comprendere molto di colui che io considero il principale autore del novecento.

Posso aggiungere che i fratelli Singer che scrivevano, erano tre. C'era anche una certa sorellina che merita di essere ricordata.  Deborah Esther  Kreitman ( dal cognome del marito).



Vedete … l'altra faccia della medaglia. Da un lato la crassa banalità che, lo dico, inneggia a Zalone e Volo, e nel medesimo giorno, su un altro quotidiano, “La Repubblica”, una perla, un consiglio che grazie al nome amato di Erri de Luca, potrebbe fare breccia in molte persone e che per me ha avuto il medesimo effetto di un buon anti-infiammatorio....

Desidero sottolineare un altro aspetto. Mi sembra di aver compreso che per una certa questione, una linea ferroviaria internazionale che molta gente non vuole, ma gli interessi forti pretendono di imporre, Erri de Luca stia rischiando la querela. Si è messo in gioco. É evidente che ha la necessità profonda della coerenza. Dico sempre che devo fare i conti col mio io interiore ogni mattina. Se l'ho disilluso, svenduto o pressato in un compromesso, sarei irrimediabilmente, definitivamente solo perché non avrei più nemmeno me stesso … e penso che erri de Luca agisca nello stesso modo.

L'altra faccia della medaglia, oltre a darci badilate di luoghi comuni e sorrisetti facili facili … cosa fa? …. niente.

L'altro lato della medaglia. La prova che, con difficoltà qualcosa di sano comunque accade.

ciao

2 commenti:

  1. Una piccola libreria, sì perchè è una raccolta di libri e scrittori importanti.
    Ecco , credo che l'autore faccia riferimento a La stazione di Bakhmatch e all'ultimo capito inedito di La famiglia Mushkat nela traduzione di De Luca Ma chi ha scritto l'articolo?

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    1. Non ho capito cosa vuole dirmi. Sono l'autore dello scritto.

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