domenica 24 novembre 2013

Bacon e Koons


Ha fatto scalpore il prezzo raggiunto da due presunte opere d'arte da Christie's. Il trittico di Bacon con soggetto Lucian Freud, e il Balloon dog di Koons.


I quotidiani hanno cercato di ragionare ma, in spazi brevi, non è possibile un'analisi decente, e quindi il loro andare oltre la notizia e cercare di dare una spiegazione, si è infranto nella deduzione parzialmente esatta, ma semplicistica, che Bacon rappresenta il tragico, mentre Koons è il superfluo (da Corriere della Sera, titolo, del 14 novembre 2013). I termini utilizzati sono interessanti ma ambedue inesatti. Koons rappresenta qualcosa che è una contraddizione in termini che spiegherò nelle seguenti righe, ovvero ARTE COMMERCIALE, mentre Bacon è l'apice del novecento nel viaggio interiore.

Prima di Spiegare devo aprire una parentesi. Sento il dovere di spiegare, secondo me, alcuni artisti considerati importantissimi secondo i manuali di storia dell'arte, mentre, se si osserva da vicino.... Le mie banali scoperte, banali nel senso che sono accessibili a tutti, son nate dal fatto che l'opera di questi tre famosi, ma appunto per me non grandi, (Mirò, Duchamp, Kandinsky), non mi dicevano niente. Se non “sento” una scossa interiore, a volte anche negativa, come fu per esempio con Bacon che all'inizio rifiutai (ma un rifiuto è una reazione da elaborare, non è indifferenza...), inizio ad indagare. Mi accadde con Picasso. Fino al periodo blu era eccezionale. Il cuore in mano. Poi la freddezza, solo evoluzione tecnica, indubbiamente interessantissima, ma mai il discorso artistico o letterario o musicale, nella sola tecnica si esaurisce. Queste mostruosità tecnico intellettuali, nate tutte nel '900, con esso son terminate, e i pochi strascichi rimasti, fanno pena. Di Picasso si può leggere in questo blog la sua lettera dall'aldilà, dove descrivo, in modo semi letterario il risultato (certo) delle mie scoperte. Picasso non ne esce sminuito, anzi. Il suo dramma fu enorme e ci aiuta a comprendere a fondo l'opera che vale tantissimo.

Veniamo ai tre che ho nominato e detto di non stimare, al punto che non li considero artisti.

Juan Mirò. A Montmartre all'inizio, come tanti faceva la fame. Tutto partì con l'opera “La Fattoria”.


Come potete vedere, del Mirò che conosciamo non c'è nulla. Un paesaggio figurativo. Il gallerista che lo aveva in conto vendita, dopo averlo esposto per un po' senza esito, propose al pittore di tagliarlo e farne sei tele di misura più commerciabile. Mirò si indignò e riportò il quadro a casa. Venne Hemingway a Parigi. Andò dagli amici artisti e gli dissero che si passava a prendere anche Mirò (così almeno mangiava...). Arrivati a casa dello spagnolo, lo scrittore, che era già una star, vide il quadro e chiese quanto costava. Mirò ebbe l'intuizione di sparare un prezza molto alto. Hemingway, che un po' spaccone lo era (un bel po'...) ebbe una reazione di banale orgoglio e disse lo compro. L'opera attraversò Parigi sul suo cabrio e tutti videro e vollero sapere. Mirò iniziò così. Perché passò a quella "roba" macchiata con la quale lo identifichiamo? Perché sorta la moda, e in modo improvviso e insensato, ebbe maree di richieste. Non poteva fare cose come “La fattoria” che richiedevano tempo. Scelse la soluzione più rapida. Fu così in grado di fare tante tele quante il mercato, ormai quasi globale, chiedeva. Pensate... Riuscì a produrre opere che erano considerate artigianali, fatte a mano, individuali, ma di fatto seriali e in quantità, come le stampe. Idea geniale... per il mercato che richiedeva anche, ad un artista, di essere ripetitivo cioè immediatamente riconoscibile. Accadde comunque che l'ambiente degli artisti, che già vendeva pochino, e causa quel boom artificiale, per un certo periodo quasi nulla, ebbe reazioni in alcuni casi assai forti. Qualcuno tentò pure, in un impeto di rabbia, di impiccarlo...
L'opera, era di proprietà di Margot Hemingway, figlia dello scrittore. Ora non so chi ce l'abbia.

Bella storia, non trovate?

Marcel Duchamp. Di famiglia della piccola nobiltà, abile giocatore di scacchi (aura immediata di intelligenza appiccicata addosso) e … artista. Cosa gli accadde? Seppe cogliere l'occasione. Molti artisti erano invitati negli Stati Uniti alle manifestazioni, ma nessuno osava andarsene da Parigi. L'impegno (gli aerei ancora non esistevano...), richiedeva, fra viaggio e presenza, almeno quattro mesi. Una stagione della Parigi capitale dell'arte! Ma chi era disposto a perdersela? Duchamp...

Armory show; 1913, se non erro (sto andando a memoria). Lui presentò “Nudo che scende le scale” del 1912 che altro non è che la copia pittorica di una foto di Muybridge,



accurato studioso del movimento sia umano che animale. Niente in tutto quindi. Una copiatura con una tecnica in quel momento considerata più nobile della fotografia. Una furbata povera di contenuto. Negli Stati Uniti fece un giro nelle città più importanti. Ebbe accesso ai salotti buoni, che erano composti da milionari vogliosi di spendere, e con un passato rapace e solo calcolatore da ripulire, dandosi per esempio la patina del mecenate. Duchamp tornò in Europa che era una potenza. Disponeva del “portafoglio” di molti ricchi che gli chiesero di comprare per loro opere che lui giudicava di valore. Loro, i ricchi, non potevano, se non forse una volta nella vita, lasciare i loro affari per “cacciare” opere a Montmartre e Montparnasse. In più sapevano di capirci poco. Quell'uomo giovane, fine, salottiero e campione di scacchi (per corrispondenza), dava fiducia. Ci sapeva fare … ma saper fare nei salotti e saper fare l'arte... son due cosucce un po' diverse, non trovate?
Quando giunse in Europa, presto tutti capirono qual'era il suo potere. Chi poteva permettersi di contrastarlo? Nessuno. Se lo facevi perdevi la possibilità di qualche acquisto. Duchamp era comunque intelligente e non sensibile e volle pure essere artista. Poiché aveva il rispetto altrui per via pecuniaria, e sappiamo quanto essa sia sacra per molte, troppe persone... osò i ragionamenti più assurdi. Nessuno lo contrastò … anzi. Parlarne bene poteva servire …

Kandinsky. La sua fortuna venne dalla baronessa Hilla Rebay. Il vecchio Guggenheim la amava e lei se lo portò in Europa per scegliere un artista che fosse di punta per le sue idee. Aveva deciso che l'arte doveva essere non figurativa. Fu scelto Kandinsky, che era uno fra i tanti, senza infamia e senza lode, che spesso era ridotto a organizzare collettive per infilarci poi dentro qualche tela sua e sperare di venderla.

Sono fatti. Il caso di Hilla Rebay per esempio è noto, e la famiglia del vecchio milionario, la odiava e la apostrofava con un termine non proprio delicato, poiché si sapeva che aveva fatto perdere la testa a Solomom e questi obbediva come un cagnolino. in ogni scritto trovate riferimenti sufficienti per indagare di persona ...

Veniamo ora Koons.

Dagli articoli di Corriere della Sera, Stampa e La Repubblica, scopriamo che Ballopn dog è in acciaio, alto quattro metri. E' arancione e ne esistono quattro esemplari di colore diverso.




Si dice che “a differenza degli altri allievi di Wharol, non monumentalizza i prodotti di uso quotidiano, ma esalta oggetti inutili” (Corriere della Sera. 14 novembre). Una fatica bestia per trovare un senso ad un oggetto che non ce l'ha... Il paradosso dell' "arte commerciale", definizione di Wahrol, consiste nel fatto che l'arte commerciale non è. Può diventarlo, ma è una conseguenza involontaria all'agire dell'artista. Bacon, quando fece il trittico con Lucian Freud, aveva qualcosa di vero da dire. Gli premeva dirlo e non si preoccupava se il discorso portato avanti fosse o meno anticommerciale! Se si legge l'autobiografia di Wahrol, si scopre un mondo fatto di sregolatezza assoluta e di ricerca continua del successo. Quella di Bacon è invece fama... quella fama che scatta dal senso profondo delle cose che in arte, da Goya in poi (con poche eccezioni precedenti, in Rembrandt per esempio e Michelangelo) esprime la visione interiore senza attenuanti, senza scuse, oltre la morale che ogni epoca ha.

E qui inizia un percorso "vero". Quello di Bacon. Si parte appunto da Rembrandt che produce autoritratti non per venderli e nemmeno per avere una sua “foto” per i posteri.


Sono troppi per non risconoscerci un altro senso. Si studiava. Il mercato era fuori. La sua gioia, il suo narcisismo, la sua decadenza fisica! Michelangelo invece, assai abile (più di tutti gli altri secondo me anche in questo), Obbediva alla committenza, ma metteva poi il suo senso nelle cose. Il Giudizio della Sistina per esempio, venne composto dopo che si era consultato con rabbini, che stimava. Vediamo due ebrei dipinti, e il suo amante. Era la sua visone della vita che nascostamente alla chiesa ufficiale, ora leggiamo.

Goya ebbe qualche crisi al limite della follia. Vedere i dipinti della “Quinta del sordo” per esempio. Da pittore ufficiale di corte che rappresenta … l'ufficialità, con qualche raro spiraglio personalistico, accade dentro gli si rompe un equilibrio e inizia a disegnare, dipingere, incidere quel che pensa e sente. Autoritratti per esempio,


e poi la serie di incisioni dei disastri della guerra che sulla guerra diceva una verità risaputa ma che si taceva … morire per la patria! E lui fu il primo a dire di no anche in arte.

Si passa Poi a Toulouse Latrec, malato di nanismo,



nobilotto, che decise di vivere ai margini, a contatto con quel mondo che la morale negava ma sfruttava... Le sue opere ci mostrano saloni da ballo con uomini laidi, di fatto orrendi perché rispecchiano il loro nulla interiore, e donne che recitano la parte.



Era in grado di inneggiarev alla qualità. Il suo ritratto di Van Gogh,



del quale fu il primo strenuo valorizzatore, fin da sfidare a duello chi lo criticava, è un monumento che sacralizza.

Picasso arriva a Parigi. Vede i quadri del nobile Toulouse e comprende. Produrrà cosette che non son copie. Sale da ballo con sguardi lanciati in modo ferino. Aveva capito. C'era la recita e l'io.


Già qualcun altro, con abilità sopraffina aveva fatto un doppio gioco interessantissimo e che ora, dopo decenni ci è chiaro. Giovanni Boldini. La Parigi che conta voleva il ritratto da lui. La donna d'elite, voleva nel suo salotto la propria immagine. Boldini ce le mostra, narcisiste pure, che utilizzano lui, per i loro intenti modaioli. Io sente nelle sue tele, raramente la bellezza, il fascino di quelle donne, poiché secondo me lui stesso raramente la sentiva.



Le smascherava ma nascostamente. Diceva sei solo moda, solo apparenza.



Lo capìì bene ad una mostra di Boldini nella sua ferrara, a Palazzo diamanti, di qualche anno fa. Quando ritraeva gli uomini, sembrava di vedere quelle foto fatte fra amici ad una festa. In tre per esempio si chiamano e chiedono ad un quarto di fare uno scatto. Niente più quindi di un ricordo di una festicciola. Il quarto era il pittore, amato e vezzeggiato che i salotti li frequentava. Quegli uomini erano insipidi e seriali, nell'abito e nella mancanza di spessore nello sguardo. La mostra di Ferrara terminava con un grande quadro che rappresentava una donna americana. Mi sorprese. Questa non sfoggiava se stessa. Approfittava del momento della posa per cercare di comprendere qualcosa dell'artista. E Boldini che lo comprese lo impresse, delicatamente ma per sempre. La nuova civiltà. Viva perché curiosa...

se osserviamo quadri di Tissot,




vediamo la vita mondana nella sua patina di superficie e basta. Quel che Dumas ci racconta ne "La dama delle camelie" ancora non esce, non ne ha motivo ne coraggio. Un esempio. La protagonista del romanzo, Violetta, nei giorni "buoni",(faceva il mestiere d'alto bordo), portava una camelia bianca; quando aveva il ciclo, e quindi poteva solo far compagnia o dialogare, la camelia era rossa ... un tocco che al profano sarebbe sembrato eleganza ... e invece era miseria. Questo in Tissot per esempio non lo troviamo. Bei quadri, ma non sfondano l'apparenza di quel che ritraggono.



Questa dama, sempre di Tissot, rivela il salotto, non la relazione con l'artista e col proprio io puramente narcisistico che scopro in Boldini...
E Sargent per esempio, che ritrasse anche lui il guscio della borghesia inneggiandola.



Artisti belli tecnicamente. sensuali come per esempio anche Alma Tadema, ma senza una verità da dire. Pittori della corte ... borghese.

E Van Gogh che nel frattempo si ritrae in posa composta, ma mostrando con le pennellate l'inquietudine interiore che pervade anche l'azzurro del cielo.


E che non esita a ritrarsi dopo il primo attacco epilettico,



convalescente e sofferto e la ferita all'orecchio, medicata ma bene in vista.
la realtà quindi, intesa come connubio rivelato fra interno ed esterno dell'essere umano, e se stessi come soggetto in esame, l'unico di cui si potrebbe forse sapere tutto.

Picasso quindi, in un mondo di artisti che iniziano ad indagare l'io o quel che c'è oltre l'apparenza


(Gericault lo metto fra questi) approda tramite Lautrec a quell'analisi dell'interiorità ... che va oltre la facciata. (Sotto, autoritratto di Picasso, con cappotto nero 1911)


Bacon, (questo è un autoritratto)



e Lucian Freud, ( due autoritratti)





 e aggiungo Giacometti



con i loro ritratti  e autoritratti che amo molto, analizzano se stessi e gli altri e ne escono sconvolti. Per Freud il corpo è un ammasso di marciume, di decomposizione in atto, che corrisponde alla decomposizione interiore



che nessun atteggiamento, nessuno sguardo può rendere dignitoso. Il suo autoritratto rivela agitazione interiore che deraglia nel nulla. Spesso i modelli/e son nudi, senza attenuanti.

Bacon Invece scopre, non unico, l'aggressività. Anche Balthus ne “parla” nella sua opera e per lui è la dilaniante battaglia fra uomo e donna. Bacon invece decide di deformare, rendere mostruoso, e poi approda a quelli che considero i suoi capolavori. I cardinali






e la copia di Innocenzo decimo. Aggressività pura rivelata in quella che dovrebbe essere la figura simbolo della bontà, Il papa era solo a Roma, ma ogni zona del mondo ha il suo cardinale che è qualcosa di esistente, visibile. Scelse poi un papa defunto da un pezzo, senza toccare quello vivente. Non ce n'era bisogno. Non voleva offendere, rompere i vetri, ma far “sentire” quel che lui soffriva e probabilmente sentiva di essere.

Ecco tutto. Bacon mi fece una impressione tremenda. Quando era ancora vivo visitai il suo studio e lo vidi per un attimo. Aveva sul viso qualcosa di laido e sofferente. Un uomo che non credeva più in nulla. Lo studio era lurido fino all'inverosimile. Un immondezzaio, lo specchio della sua sofferenza. Lo rifiutavo. Non lo sopportavo. Mi faceva male la sua opera. E Poi scrissi “Kopf”, “Creatura” e “Peter” che potete trovare qui nel blog , e compresi che il mio messaggio era il medesimo suo, sconvolto per l'aggressività quotidiana che sentivo e sento ovunque, in piccole e grandi cose.


Anch'io ormai, come lui, vivo ai margini di me stesso, con un timore immenso per il mondo esterno. Quando mi relaziono spesso recito. Mi basta cogliere un minimo sentore di aggressività e chiudo tutto, anima e cuore, ma già è entrata in me quella tendenza spasmodica del tutti contro tutti che mira a sottomettere per sentirsi vivi, trionfanti. Bacon è immenso. É lo specchio di questa epoca e Lucian Freud lo segue, da vicino. In un post del quale ora non ricordo il titolo, critico non tanto Lucian Freud, ma quel che gli accadde intorno. Per una parentela non nota, con un re dei media, un'opera iniziata già si faceva visibilissima in tutto il mondo, già aveva un prezzo stellare. Già era moda. Ma Bacon e Freud moda non sono. Sono senso profondo. Che le operazioni commerciali si nutrano dei Koons, Oldenburg, Wahrol eccetera. Loro producono e producevano per vendere e per il successo. Bacon e Freud produssero con sofferenza e l'esito non voluto fu ed è, una giusta fama.

Amen






8 commenti:

  1. post stupendo e sconcertante... condivido tutto !!! i cardinali sono notevoli l'aggressività è famelica è tutto il negativo la fotografia del male .sn opere nn da cuore in mano ma da scossa interiore . Ti chiedono se hai l'anima oppure no .mi piace la dissolvenza del cranio in pennellate violente e la sedia ben visibile , simbolo del potere ke resta arroccato alla realtà.Nel suo kopf è il contrario rimane testa svanisce il corpo . l'uomo nn è affatto sinolo di materia e forma come sosteneva Aristotele ... quando c'è arte prevale l'anima . Grazie . mi piacciono molto i contributi al mondo della pittura

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  2. nei cardinali è importante anche quella specie di cubo appena accennato. definisce uno spazio della violenza psichica individuale che si ripercuote su chi la emana. spero di aver spiegato un valore, Bacon (e anche Giacometti e Freud) e un disvalore. Noi nell'intimo siamo ideale e non moda...

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    1. anche il ritratto di Bacon è bellissimo ; l'assemblaggio del viso da l'idea di una'anima che al suo interno si contorce , ci sn visi che sn anima ,penso allo Squallore di De Chirico che ammiro per la descrizione della spazialità ma che nn mi rende partecipe di nessuna umanità . un volto senza volto si kiede in latino (traduzione volutamente infamante ) ke kavolo sn io? è intellettualismo nn arte forse nn è nemmeno problema di moda ma di disvalore!!!! quella domanda piena di dignità potrà risuonare all'infinito , in tutte le lingue del mondo, ma nn avrà mai risposta xkè nn ci aiuta e di fatto nn ci dice niente,grazie

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  3. il soggetto è l'opera di de chirico è stata esposta in italia a Pavia mi pare 3 anni fa la domanda si intravede come scritta di un libro ed è la seguente: sum sed quid sum ? ma la domanda più tremenda è quella più semplice . Cm fa il soggetto pittorico a leggerla ke nn ha okki.... meglio Bacon

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  4. riveliamo un altro falso storico che si somma a quelli che ho spiegato di Duchamp, mirò e Kandinsky. L'uomo metafisico è un'idea di Alberto Savinio, ne troviamo la prima traccia in un "Canzone della mia morte" che fu pubblicato a Parigi. De Chrico, quello che ha mantenuto il cognome di famiglia, visse di rendita sulla genialità del fratello che si chiamava Andrea. Un'altra traccia enorme la troviamo nel libro "Ascolto il tuo cuore città" edito Adelphi. C'è un bombardamento a Milano. La statua al centro del cortile di Brera viene trovata più avanti, spostata dall'onda d'urto, come se volesse scappare. (mi sembra, vado a memoria, che fosse Napoleone a Cavallo). per Savinio la dimensione metafisica che offrì all'arte e al fratello, era un modo di vedere il mondo. LA statua ferma nel centro della piazza, in quell'atmosfera irreale, era "l'uomo fermo nell'atto del sogno".

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  5. mi permetto una precisazione. in un commento l'anonimo e colto estensore ha usato secondo me un vocabolo in modo improprio. Il volto di Bacon non è "bello". E' di più ... è sensato. Avere un senso è la chiave dell'arte degli ultimi due secoli (esattamente da Guya) in poi con una certa continuità. Continuò ad esserci roba commerciale o che rappresentava i gusti di una committenza o nobile o curiale o borghese, ma una linea si formò, un prendersi per mano autore dopo autore finio ad approdare all'oggi. Accadde in musica e per me Scriabin ne è la massima espressione. Accadde in letteratura, e qui i nomi son tanti e notissimi quasi tutti.

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  6. Jorge Louis borges diceva che la bellezza oggi è comune. Aveva ragione. Ci basta fare una passeggiata per vedere gente che si è costruita la bellezza del corpo e dei lineamenti. Gli oggetti son facilmente belli per esempio. Borges aggiunge anche che vale ciò che scopriamo che merita di essere ricordato. e io aggiungo che si tratta delle cose dell'arte che vanno altre la bellezza.

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    1. la correzione è giustissima il termine bello è infelice . a me piace dipingere e se qualcuno mi dice che il dipinto è bello di solito mi offende per due motivi. primo penso di aver generato qualcosa che nn ha senso, secondo penso di essere anke io qualcosa che nn ha senso x gli altri . nel "saggio sul perturbante" Freud usa a mio parere il termine ottimale , perturbante appunto.parlavamo della scossa interiore, dell'io ideale e reale ke fanno naufragio.Si la ritrattistica se nn è così nn ha senso.con quello che disegno o scrivo vivo un pò alla Oscar Wilde il terrore di aver dato troppa anima ...mi accade di vedere le persone della mia stessa sensibilità come tele in cui butto l'aggressività di bacon(quel viola e quel giallo sn i colori di Vincent nella Cattedrale fino al campo di grano!!!),,,dicevo ... quelle tele scappano con la loro storia e dietro la mia di dolore .in quei frammenti in cui ho vissuto con esse ho tuttavia se nn ottenuto sognato l'arte e la sua eternità. grazie per avermi dato l'occasione di chiarire.ci sarebbero tante cose da dire....

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