(Testo commestibile a chi ha già letto il libro..."
Veniamo subito al finale.
L'ossessione del denaro che distrugge irrimediabilmente due vite,
quella del figlio e del marito, e gravemente quella del secondo
marito. L'ossessione del denaro che rende una donna degna della
clinica psichiatrica.
Abbiamo un uomo che
desidera diventare ricco e le prova, onestamente tutte. Anni di
gavetta e poi riesce. È il signor Couchet che viene trovato
assassinato.
Quel che distrugge la
naturalità dell'esistenza di molte persone è una donna, in questo
caso, con l'ossessione della ricchezza che le è dovuta, non da
guadagnare con impegno. Il primo marito tenta e ritenta. Le lo
osteggia perché non riesce. Lo pianta per un dipendente statale che
presenta un vantaggio, quando morirà lascerà a lei la dignità di
una pensione. Ma accade l'imprevisto. Il primo marito diventa
veramente milionario. Sposa un'altra e con rancore non vuole avere a
che fare col la prima moglie. Ma c'è un figlio che vivacchia,
stritolato dalla personalità della madre secondo quale certe cose
son dovute e basta. Fra padre e figlio il legame non decolla. Il
figlio si droga con l'etere e vive, se vita è, in un modo
tristissimo, senza meta. Di lui, anzi, della sua stanza, dice
Maigret: “L'Atmosfera della camera, con quel disordine, con
quell'odore dolciastro, con quei due esseri senza spina dorsale, era
come la quintessenza di un mondo ormai privo di illusioni.”
una descrizione semplice,
perfetta, terribile.
“Che squallore! Uno squallore tale da far passare la voglia di vivere su questa terra, dove nondimeno il sole brilla per diverse ore al giorno e gli uccelli volano liberi!”
La sensorialità con la
quale Maigret/Simenon studia gli ambienti è eccellente. L'odore
della resa, della sconfitta, dell'esistenza senza senso di questo
figlio che si droga con la fidanzatina che vive di espedienti.
“C'era un'atmosfera indefinibile. Non un'atmosfera da tragedia. Era qualcosa di diverso, qualcosa che stringeva il cuore. Forse per via di quella sregolatezza senza poesia...”
Dove non c'è poesia, io
vedo morte … e dopo poco quel figlio di una “casa scoppiata”,
come direbbe Enzo Siciliano, si getterà dalla finestra. Maigret ha
intuito e gli ha chiesto l'arma. L'ha avuta con un sorriso, perchè
chi non ha poesia, chi non ha speranza, o uccide o si uccide, due
forme di morte che in fondo non sono così differenti come può
sembrare, poiché ambedue sanciscono l'uscita dalla società. È vero
che esiste anche l'uccidere come concretizzazione di un potere
bestiale, ma non è il caso di questo Martin senior che ha compreso
che il padre è stato ucciso dalla madre e che, a causa della sua
vita, senza poesia, senza meta, lui è il primo indiziato.
La lezione di
Maigret/Simenon è forte. Un pugno nello stomaco. Una famiglia
distrutta dalla mania della ricchezza di uno dei suoi componenti. La
sua ossessione riversata sul secondo marito. Dipendente all'anagrafe
da trentadue anni. Semplice, tranquillo, onesto. Un uomo che ha
passato gli anni di quel disgraziato matrimonio a calmare una moglie
incontentabile che ora criticava perché lui non faceva carriera.
Sempre gli altri che devono devono e devono. E quel povero marito
spinto da lei al furto, ma perdonato dal sommo dio della giustizia
naturale.
Siamo alle solite. La
giustizia umana lo condannerebbe, il signor Martin, per furto, ma per
Maigret, che vede più lontano di un codice, quella persona
martoriata da anni di insulti, è una vittima e rimarrà a casa,
nella casa ormai e finalmente vuota di quella donna che è impazzita
dietro al suo delirio costellato di cadaveri.
È curioso quel finale.
Sento due destini sospesi, quello della amante di Couchet, la sua
terza donna, Nine Moinard, e questo signor martin così provato dal
delirio vessatorio della moglie.
Io penso che, davanti al
dramma del suicidio di quel figlio, Maigret si sia bruciato le ali
come una farfalla bellissima che si è trovata disorientata dal
tunnel della notte e ha confuso il sole caldo per una candela di
fiamma.
C'è tutto il suo destino.
La seconda moglie stronzissima e probabilmente malata come quella di
questo libretto, la figlia di Simenon, tristemente suicida. Il crollo
di un uomo, perché Simenon era un uomo, e la disperazione. Si
leggano le “Memorie intime”. Io spesso interrompevo e andavo a
passeggiare col cuore stritolato in mano, il suo, e lo guardavo
allibito. Quel libro, le “Memorie intime”, è tremendo, tremendo
perché non c'è invenzione, sai che è vero. Sai che veramente le
ceneri di quella figlia erano nel giardino, oltre la finestra di un
padre angosciato che si sentiva in colpa per non aver capito che
razza di assurdità era quella seconda moglie.
Dicevo che Simenon si è
bruciato davanti al fatto che la trama sia deragliata in un suicidio.
Lui non progettava questi gialli che servivano per fare tornare c
conti della serva. Iniziava da uno spunto e poi si lasciava andare.
Ma quell'argomento, che la storia del Mondo già sapeva che avrebbe
toccato il suo destino, quell'argomento, ha deragliato secondo me la
trama, che immagino attenta ad un incontro fra la amante Nine e il
signor Martin, perché per la prima volta i due sani della storia son
lasciati a se stessi dalla divinità famigliare che l'inconscio di
Simenon ha creato. Inconscio che sa più di noi e era consapevole di
avere toccato un futuro dolore? È possibile, poiché la vita è un
mistero che non si spegne in un grumo di intelligenza governata da
cinque incertissimi sensi …
E ora osserviamo questa
frase. Una delle donne della trama sta osservando Maigret.
“Quell'uomo robusto dalle spalle larghe e dal collo tozzo che la guardava con occhi ingenui, quasi inespressivi, la intimoriva.”
Non “sentite” qualcosa
della divinità? Socrate era uno strano essere. Su una cosa si è
certi. Era bello dentro, ma fuori faceva concorrenza a Mastella.
Questa descrizione, se
l'immagine corrispondente la si dovesse inventare, senza pensare agli
attori che hanno interpretato quei ruoli … mi sembra un Buddha
sornione. Spesso leggiamo di Maigret che sembra che abbia gli occhi
chiusi, immerso in una immobilità che ha molto dell'assenza, almeno
con la mente.
Se dovessi fare una regia,
immaginerei un essere con un corpo sgraziato, goffo, grosso, che
acquisisce fascino solo con lo sguardo e la parola.
La sua impenetrabilità,
la sua capacità di comprendere della vita, delle situazioni, sempre
più di chiunque altro, rappresenta una situazione simile, ma questa
volta positiva, di quella creata da Robert Harris per il suo
“Silenzio degli innocenti”.
Il dialogo con la
dottoressa/poliziotta, quando si parla di agnelli sgozzati. L'abilità
di questo essere cannibale, superiore a quella di qualsiasi altro
umano … qualcosa, un'aura di divinità. Non viene ucciso. È vivo e
temuto, nella sua stanza in galera, super controllata. Ferocia pura.
Intelligenza in negativo. E Maigret? Un essere che va oltre gli
uomini e che spesso si incarica di plasmare destini e non solo di
sbattere qualcuno in galera. In un certo senso il super eroe normale.
Non ha poteri come la forza o il volo. Apparentemente ti somiglia e
in più è grosso e tozzo, ed è infinitamente positivo, nel suo
tentativo di portare il destino dell'uomo alla legge di natura e non
a quella del codice.
Sera del due giugno 1932.
A Cleveland tre uomini entrano in un negozio di abbigliamento
dell'ebreo Mitchell Siegel e portano via dei vestiti. Lui si accascia
e le versioni sono due. Infarto per lo spavento oppure un colpo di
pistola che qualcuno dice di aver sentito. Nel gennaio del '33, il
figlio di questo signore, Jerry Siegel, sul giornaletto della scuola,
“il regno di Super Man”, la storia di un cattivo tremendo. Nel
1938 Superman diventa l'eroe positivo che conosciamo, baciato dalla
fama negli anni quaranta.
Vedete cosa fa il destino?
Il dolore è vicino, troppo vicino, si vede nero ed ecco che
l'assassino del padre diventa il mostro universale. Si cresce, la
vita cerca di riguadagnare la stima e può accadere che il mostro
subisca una metamorfosi...
Ecco, io penso che Maigret
sia il super eroe di Simenon. Quell'essere che riscatta ciò che è
giusto secondo una legge non solo umana, quella legge che aveva
condannato il nonno al tracollo economico. Curioso è che, una volta
famoso, Simenon, in una cena ufficiale alla sua città natale, si
ritrovò a tavola con gli eredi di colui che aveva attuato quella
rovinosa giustizia che ridusse la sua infanzia all'osso.
Potrebbe essere solo una
mia fantasia, ma penso a Maigret come un supereroe dotato del solo
potere di comprendere le situazioni. Non è poco. Non sarebbe poco
nemmeno oggi e così questa lettura si fa positiva, accogliente, con
l'unico fuoco nero del suicidio al quale la vitale mente di Simenon,
non sa opporre resistenza.
Mi permetto un ultimo
omaggio, negativo, al signor Antonio Scurati. In un suo articolo
uscito su “La stampa” il 18 giugno del 2013, corrente anno,
campeggia il seguente titolo: “Simenon, L'enciclopedia della gente
modesta”.
Niente di più sbagliato.
Nell'opera di Simenon ci sono tutti, i milionari, i nobili e i
poveretti. Non bastasse che l'articolo è una lieta farcitura
dell'ovvio che indubbiamente può far colpo dalla parrucchiera o al
Bar Sport, ma far passare per populista Un autore che guarda tutti
indistintamente negli occhi....!
Ricordo tanti anni fa, una
professoressa che insisteva col dirmi che fra' Cristoforo era un
populista! Ero piccolo ma indignato. Mi consegnò uno scritto di un
certo Carlo Salinari che lo dichiarava e ci misi poco a dar del
cretino a lei e a questo figlio di operai del sale. Anni dopo a Fano,
casualmente, in libreria, incontro due persone canute che avevano
conosciuto La Capria, Soldati, e nel mazzo mettono anche questo Carlo
Salinari. Racconto il fatto e sorridono, confabulano e poi mi
confidano che lo scrisse e lo disse nel secondo dopoguerra per tener
buoni coloro che assegnavano le cattedre, ma quando la ebbe si
rimangiò quell'assurdità spiegando che lo fece per sopravvivere …
Ora. Scurati secondo me arriva a certe conclusioni non per
sopravvivenza. Lui non ha tempo per fare sul serio. Troppi impegni,
come ho già narrato per Daverio, che è arrivato al punto di
definire “ideale femminile” una donna-mostro di Balthus.
Ci vuole tempo. Si legge,
si lascia depositare, si rilegge, e si fa portare via il superfluo
dalla corrente della quotidianità. Quel che rimane, filtrato così
dal tempo, è oro. Con la fretta …. stavo per dire una bella
volgarità .... Scurati. Ci siam capiti? Rallenta. Così avrai il
successo e non la fama.....
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