mercoledì 10 luglio 2013

Simenon: "Il crocevia delle Tre Vedove"




(testo comprensibile per chi ha letto il libro...)

Perché mi sto concentrando sui Gialli di Simenon. Questo mi è stato chiesto, e la risposta è leggera e pesante nello stesso tempo. Quei libretti amano la vita e nell'arco di una giornatina pigra si lasciano divorare senza troppo sforzo. È estate. Siamo al picco e immagino qualcuno arenato in spiaggia, e anche qualcun altro che, oppresso dalla crisi, ha tempo e non sa che farsene. A me non è mai accaduto ma so che c'è troppa gente che soffre di questa tremenda malattia. Immagino che si legga volentieri un giallo. Si cerca il colpevole, ci si potrebbe forse anche divertire e forse, barando spesso un poco con se stessi, sentirsi furbi come il celebre commissario. Bene, prendete il libretto, vi avventurate e pensate di agire in modo consapevole, ma quel che esiste di inconscio in quei libretti, e che è stato versato inconsapevolmente anche dai suo autore, non a voi si rivolgerà, ma all'inconscio appunto. Potrebbe accadere che ne leggiate più d'uno ed ecco che una piccola involontaria terapia di questo dio delle famiglia, vi porterà, con vostro stupore, a sorridere ad un bambino al parco, a dire pensare che quella donna è bella non solo ai sensi ma anche perché …. e non sapete dirlo, ma iniziate a capire, capire col corpo, col cuore … inizia una lenta modificazione, che come un'ipnosi leggera vi farà vedere un senso dell'esistenza che potrebbe forse anche non essere il vostro, ma solo il fatto di poter immaginare un senso …. è un sollievo non da poco.

Il crocevia delle Tre Vedove” presenta la “storia” di tre coppie. In ognuna di esse troviamo la persona sgangherata, e la persona con un'idea semplice, appunto di famiglia come Simenon involontariamente pretende per dare un senso all'esistenza. Due uomini sono fuori rotta. Uno sarebbe a posto, l'assicuratore, ma è tentato da un malaffare e precipita. L'altro, il meccanico, sembra incallito nell'agire in modo fortemente illegale. Ambedue hanno come caratteristica malata l'idea del guadagno facile. All'epoca della stesura, nel 1931, quindi freschi freschi dal tracollo di Wall Street, che si pensava fosse causata da questo forsennato desiderio del tutto subito da ottenere con qualsiasi mezzo, nel 1931, dicevo, questa piaga era stigmatizzata al massimo. Ne troviamo echi esemplari ancora vent'anni dopo nel film capolavoro di Antonioni “I Vinti”.

Il ricco perdutamente innamorato della malvivente, Carl Andersen che con un cognome così ovviamente non può non essere danese, cercherà di farla recedere dalla tentazione del male e, si ricordi, che qui per male s'intende tutto ciò che porta alla impossibilità di generare nuova vita. Questa ragazza, che ha fatto perdere la testa ad un rampollo che frequenta la casa reale, sembra incallita non per necessità, ma per gusto della trasgressione e, una volta che abbiamo compreso la sua vera natura abbiamo l'impressione che sarà assai impegnativo per il “favoloso” Andersen invaghirla solo, se solo si può dire, dell'amore.

Anche in questo caso il termine del libro non coincide con la fine degli eventi. In questo caso il finale da favola va lievemente corretto come segue. “...E vivranno felici e contenti quando usciranno dalla galera ...”

Di uno siamo certi, ed è l'assicuratore. Del meccanico abbiamo buona speranza perchè la bontà della sua partner sembra sufficientemente forte. Abbiamo appunto il dubbio per la futura signora Andersen che ha un caratterino che decisamente estremo, ma in quel periodo della sua vita, nonostante tutto, Simenon era ottimista e quindi, mentre vi rosolate al sole col libro già letto messo a cappannuccia sul naso per non abbrustolirlo, vi invito a proseguire quelle visite in carcere ai rispettivi indomabili. Immaginate che usciranno. La vedete la situazione? Troveranno solo una persona, una persona che ama talmente da non giudicarli, da conoscere le loro debolezze e accettarle come parte della vita. Non tutti i giorni hanno il sole, ma comunque valgono la pena di essere vissuti.....

Vi invito ad ammirare la trama che è veramente notevole. Quel che sempre mi ha stupito positivamente di Simenon, è questo talento di mettersi davanti alla macchina per scrivere, iniziare da un brandello vago di idea e pian piano costruire un intreccio che di solito è ammirevole. In questa struttura il suo io cerca la dimensione della giustizia, cerca i perché di un delitto e li trova spesso in un'atmosfera, nei limiti spesso sofferti di un ambiente, di una personalità e quasi sempre si pensa che solo questa sia la novità del Maigret di Simenon. E invece, l'inconscio va oltre e ci prende nella sua rete. Anche Simenon viene pescato e, pensate un po', da se stesso. Non so ancora come spiegarlo. Quando un artista ha chiara e completa consapevolezza di sé e riesce a descriverla consapevolmente, raggiunge vette colossali. Come non mi stancherò mai di dire, Kafka e pochi altri, brillano in questo difficilissimi risultato, Simenon rivela il suo io anche a se stesso e anche se non è all'apice della letteratura, almeno non in questo caso, rientra per me fra i grandi che dobbiamo assolutamente conoscere per considerarci ogni giorno un po' più umani.

E ora un appunto che merita di essere letto con mente attenta. Si scopre, e non solo in questo testo, una punta di antipatia verso gli ebrei. L'assassinato si chiama Isaac Goldberg e sulla totale scorrettezza del suo modo di vivere, dal testo non abbiamo dubbi. La sensazione è che sia stato liquidato un personaggio negativissimo e che così il cerchio si chiuda. Cattivissima azione, cattivo destino. Ma Goldberg ha due figli! Uno di otto e l'altro di diciotto anni! Una moglie che non finisce bene e che sembra una socia di malaffare! Ma come si spiega la mia teoria del nume tutelare delle famiglie, dei cuccioli che devono crescere in un ambiente decente? Non esiste crepa. Simenon era figlio del suo tempo e molti erano contro gli ebrei. Mi infastidisce dire antisemita, vocabolo omologato dalla storia e che puzza di pogrom e campi di sterminio. Simenon credo che non sarebbe mai arrivato a questo e mi risulta che prove non ce ne siano, ma sicuramente li avrebbe evitati nella vita quotidiana o trattati con una diffidenza superiore a quella che offriva al resto del genere umano.

In un libro che non ha nulla a che fare col celebre commissario, “Le finestre di fronte”, abbiamo un immagine di ebreo e comunista rivoluzionario che ha un alone sorprendente. Non è misticismo, ma la sensazione che si tratti una razza d'uomini che si è messa sulla via del comunismo, di questo ideale che a Simenon è estraneo e che teme. Non li capisce quindi li evita, ed è curioso che una briciola non piccola di destino di alcune persone, in quel libro, come in un furente capopolo della Rivoluzione Francese, sia in mano a quell'ebreo che quindi, almeno in quel contesto ha un potere sulla vita altrui che potrebbe esprimersi anche in modo negativo. Ne “Le finestre di fronte”, in un mondo russo di libertà sessuale, di incontri mordi e fuggi, la famiglia, il dio di Simenon, non esiste, non riesce ad essere immaginabile, e il suo fautore, il dirigente e ideologo di quel mondo è identificato con un ebreo comunista, equazione che per anni certe ideologie estreme hanno considerato vera e pericolosa, ma comunisti furono tanti, di tutti i colori e forme. Al popolo ebreo che stimo infinitamente, non può esser data alcuna colpa. Sono idealisti? Non è una malattia. Aiuta a sognare e sognare aiuta a vivere. Anche il comunismo fu un sogno.

Pensò che riempiendo le pance gli uomini potessero essere appagati, ma chi è sazio inizia a pensare...

il capitalismo invece, pensa che sia sufficiente dare la possibilità di acquistare, infinitamente acquistare. Una scossa compulsiva come quella del giocatore d'azzardo e del maniaco. Il desiderio di fare shopping, sempre appagabile ma mai sazio.

Attendo un mondo senza comunisti e capitalisti. Sono idealista …. non sono ebreo e nel mio mondo fatto di libri, cani e musica classica, le amicizie sono elevate e gli affetti sufficienti per non squagliarmi di nostalgia.

ma è anche vero che il novecento senza la cultura ebraica si ridurrebbe quasi a un deserto. Provate a snocciolare qualche nome: Einstein, Kafka, Primo Levi, Bellow, Woody Allen, Mandel'stam, Wladimir Horowitz, Mahler e poi mi fermo perché so che riempirei la pagina di nomi che meritano la mia, la vostra, la nostra ammirazione …. per sempre.

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