venerdì 11 gennaio 2019

Wladimir Nabokov "UN MONDO SINISTRO"


Titolo mal tradotto. Tanto valeva lasciarlo in inglese. "Bend sinister", che sarebbe la banda diagonale dello stemma araldico con la parte alta a sinistra. Nell'introduzione, dell'autore, scopriamo che erroneamente, si riteneva che rappresentasse un'origine bastarda del casato. Medita Nabokov e aggiunge quanto segue: "Il titolo ha però l'inconveniente che il lettore serio e solenne, il quale si aspetta di trovare "idee universali" o storie di "interesse umano" (il che è all'incirca la stessa cosa) in un romanzo, può essere indotto a cercarle in quest'opera."
Aggiunge poi che "poche cose sono più tediose della trattazione di idee universali inflitta da un autore o da un lettore a un'opera narrativa".

Penso che il lettore, sia quello degli anni quaranta quando il romanzo uscì, che quello attuale, da quelle parole esca assai destabilizzato e si domandò e si domanda ... "Ma allora ... un romanzo cos'è!"
Tentiamo di rispondere.
Prendo per esempio il giallo. Nacque con Poe (gli assassinii della rue Morgue) che mise in luce la, secondo lui, enorme possibilità della razionalità di sviscerare le situazioni. Poe era al di là del bene e del male, ma i bacchettoni di scuola wasp (White anglo saxon protestant) più gli inglesi, amanti della dicotomia bene/male, abbassarono il livello proponendo indagini nelle quali il male e il bene lottavano e ... ovviamente il bene, con l'arma della razionalità, vinceva sempre ... elementare Watson ...
E poi irrompono sulla scena Agatha Christie e Georgs Simenon che vanno oltre. Non ci interesserà più solo scoprire il colpevole (dopodiché il libro puoi anche gettarlo e sentirti gratificato se hai capito chi è l'assassino), mala descrizione di un mondo, di una mente ... quindi di un'epoca.  Il giallo è cambiato nel tempo, ma quando non ci sono fenomeni come Poe Christie e Simenon ecco che torna ad essere un prodotto usa e getta di scarsa durata nella nostra mente ... e nel cuore. Aggiungo un aforisma di Wilde, del quale Borges disse che aveva sempre ragione ... "Un libro non è bello o brutto, ma scritto bene o scritto male", e sempre questa regola fa la differenza, ma io aggiungo che un libro è scritto bene non solo quando l'autore cura minuziosamente l'aspetto estetico del testo. Primo avere un'idea, un'idea vera, qualcosa che ci fa male e che dobbiamo espellere per sopravvivere ... a noi stessi, e poi ci sta essere semplici come colpi di accetta o raffinati come un Proust o un Dante Alighieri.

Ora il romanzo. Anch'esso tende ad essere dozzinale e degno di durare poco nella nostra mente, divenendo atemporale solo se una grande idea si cela alla base. 
Quando Nabokov nega che nella sua opera si debba celare la "trattazione di idee universali", fa esattamente quel che faceva sempre Fellini, questo bugiardo infinito che le diceva talmente assurde che capivi immediatamente che era una balla e quale verità doveva venir fuori. 
Questo testo ha un tema universale ed è la scoperta della paternità.
Sempre nella prefazione Nabokov ci fa sapere che "il libro è stato scritto per la maggior parte a metà degli anni quaranta. 
Confrontiamo ora l'età del figlioletto dell'autore con quello del figlio del protagonista e il gioco è fatto.
Più avanti, sempre nella prefazione, contraddicendosi, lo ammette: "Il tema principale di Bend Sinister è, piuttosto, il palpitare del cuore colmo di amore di Krug" ... ecc.
Perché questa contraddizione.... secondo me per pudore. 
La sua vita fu molto razionale sin nei più piccoli gesti della quotidianità. Solo due eventi gli entrarono nel cuore; l'amore per Vera Slonim e il divenire padre. 
Per comprendere bene quel che intendo sarebbe necessario aver letto "II crollo della mente bicamerale" e non solo. Cerco quindi in modo molto semplice e, lo dico, di conseguenza inesatto, di spiegarmi. Nabokov "odiava" Freud perché forse e a ragione non lo trovava abbastanza razionale. Nel libro "Kafka Freud e Scholem", di Harold Bloom, questi definì Freud uno scrittore altamente autobiografico (e io aggiungo inconsapevole) ... ma Freud e Nabokov avevano più di qualcosa in comune: una grossa passione per le scienze, la completa indifferenza alla musica, la tendenza di giudicare senza vie di mezzo (della serie ... se non sei d'accordo con me ti decapito, ti annullo ti insulto, ti distruggo, ti uccido).
Veniamo ora al saggio di Freud sul Mosé di Michelangelo. vi invito a fare la seguente prova: prima osservate la statua, e per farlo prendetevi tutto il tempo ce volete, poi su un foglio descrivetela. vi chiedo semplicemente di descriverla ... sembra semplice vero? ebbene, io lo feci e poi lessi quel saggio. Prima di tutto mi colpì quanto lui vide e quanto non vidi io! una mente razionale a livelli notevoli e per me, credo, inaccessibili. Freud, quando dirigeva la sua capacità analitica verso un pensiero, un oggetto, un essere vivente, era comunque sorprendente, al di là del giusto o sbagliato che potesse essere considerato quel che poi deduceva perché era comunque uomo del suo tempo e certe visioni per noi ora un po' strane le aveva. Per chi ben vuol cogliere questo "essere calati nella propria epoca e plasmati in parte almeno all'inizio da essa", consiglio la lettura prima de "Il ramo d'oro" di Frazer. Vi sembrerà tutto bello e sensatissimo ... a questo punto leggete in un fiato (è piccolissimo) "Note al ramo d'oro" di Wittgenstein e comprenderete quel che non avete capito ... almeno quel che non avevo capito io.
Nabokov, Entomologo appassionato, direi esattamente farfallologo, al punto che ritenne la massima soddisfazione il fatto che una farfalla da lui scoperta prendesse il suo nome, viaggiava, educato da questa scienza, nella razionalità pura e operativa, come Freud nella medicina e poi nella psiche.
Abbiamo dunque due menti, razionali si, ma non come i teorici puri. La loro esistenza si concentrò sull'osservazione che alla fin fine ci trasmette un senso di certezza che non tollera discussioni. Kafka quindi per Nabokov diviene un genio e altri ... spazzatura. 
Mi permetto comunque di dire che Kafka non lo capì. Il saggio a lui dedicato smonta e rimonta ma, non accettando l'idea di passare dal cuore, non poteva colpire nel segno. Lo stesso accade con Freud e una certa risposta di Romain Rolland sulla religione. Inaccettabile perché emotiva, e l'emozione per il momento, lo dice proprio Freud, non è affrontabile dal punto di vista scientifico.

Comprendiamo ora il pudore di Nabokov nell'ammettere che due emozioni hanno fatto breccia in modo devastate e positivo nella sua esistenza e quindi la bugia necessaria per non dover ammettere che la sua forma mentale era da rifondare? ridirezionare?
Ora l'altro aspetto: essere refrattari alla musica.
Terribile per me, ma penso anche che in futuro sia possibile che il fenomeno diventi meno raro. Una mente allevata, come attualmente capita troppo spesso, a musica che spesso è rumore ritmato un tanto al chilo che non appaga, potrebbe diventare ... più fredda. Cos'è il ritmo? ne ho parlato molto in molte sedi ... vi basti, per comprendere la vastità dell'argomento, meditare sulle cristallizzazioni di Masaru Emoto (acqua cristallizzata con musica di Bach o con rock duro per esempio e scoprire che con Bach i cristalli son più perfetti) alle quali aggiungo quel che contiene il cubico libro "Il crollo della mente bicamerale" che alla fin fine secondo me dimostra che diveniamo sempre più razionali a scapito della dimensione emotiva che mai si esaurirà completamente ma che ormai vive per molti in un monolocale di periferia con vista sulla discarica. Se Antonio Damasio ci dimostra in modo scientifico che emozione e razionalità agiscono in armonia e non sono due dimensioni opposte, ho comunque l'impressione appunto che l'essere razionali fino all'anaffettività, sia diventando un fenomeno comune a chi studia statistica, economia materie scientifiche ecc. 
Freud e Nabokov sono due scienziati che sanno scrivere, ma Nabokov ha una marcia in più, e questo romanzo ce lo dimostra. L'irruzione del sentimento, dei due affetti della moglie e del figlio, lo portano a contraddirsi per salvare la facciata del suo modo di essere, scientifico fargallologo minuziosissimo ... ma alla fin fine cede e immagina questa opera che è esattamente come un sogno ... e potrebbe essere che da un sogno venga l'idea.
Noi possiamo "girare" solo intorno a noi stessi. In modo consapevole (o inconsciamente) in un'opera letteraria o di qualsiasi tipo, e in modo sempre inconsapevole nel sogno.
Spesso ho incontrato sogni nei quali, chi ama profondamente, vive disavventure che feriscono o uccidono la persona amata. Secondo me accade perché la quantità di amore accumulata, che ci rende talmente emotivi che basterebbe vedere una foglia che si stacca da un albero per avere gli occhi lucidi, è divenuta insopportabile e, la sofferenza del sogno la consuma riportandoci all'equilibrio. 
Nel romanzo la moglie muore per un intervento ai reni andato male. La descrizione di questo stato d'animo che poi sfocia nelle lacrime, è eccezionale. Il pianto può essere definito in termini scientifici, freddi, senza sfiorare il sentimento. Questo fa Nabokov. La descrizione della pozzanghera all'inizio e del paesaggio di fronte all'ospedale è per me identica al testo della canzone "Emozioni" nella quale una descrizione che sembra niente più che una descrizione ... con le parole finali .... "tu chiamale se vuoi emozioni", ci apre una crepina nel cuore dal quale, la luce lavica, antica, stupenda del sentimento, irradia il suo calore. 
Il figlio invece viene per errore seviziato in modo orribile e così muore ... e cosa c'è per la mente umana di peggiore di sapere di un bimbo stuprato e massacrato fino alla dipartita!?!
La scelta di Nabokov è ovvia e potente. Il dolore poteva essere tollerato nel caso della moglie\madre morta a causa di un intervento, ma quel che accadde al figlio! il dolore si fa incontenibile e l'autore, Nabokov stesso irrompe in scena come una divinità e dona la follia a Krug perché "sente" come noi che quel tipo di dolore è umanamente insopportabile.

Se Freud fu quasi completamente anaffettivo, Nabokov scoprì e ammise in questo testo di non esserlo ... ma non accettò di mostrarsi nudo. Nego di esserlo e poi lo ammise e si godette in fondo a piene mani le luci dei due sentimenti che lo hanno reso vivo e non solo entomologo.











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