lunedì 2 settembre 2013

Londra, 20 agosto 2013....




Il 20 agosto a Londra, muore Moritz Erhardt... aveva ventun anni. La notizia sui quotidiani è durata due giorni e poi è sparita. Non si tratta di una morte diciamo normale, ma causata da un eccesso di lavoro. Settantadue ore consecutive. Non era la prima volta che gli accadeva. Si trattava di uno stage presso una banca molto nota. Non riporto il nome poiché non intendo stigmatizzare un'azienda ma un sistema. Si trattava di uno stage pre-laurea pagato anche abbastanza bene. La follia secondo me sta nell'aver accettato di sottostare ad una situazione simile. Se lo avessero proposto a me li avrei mandati a quel paese. Non sono migliore di un altro se accetto situazioni così assurde e invece è questo il messaggio che passa. Su un quotidiano di fianco alla foto di questa vittima, c'era scritto “Talento”. Ma talento in cosa …. nel farsi sfruttare?

Ci interessa un curriculum? Va bene, si faranno dei sacrifici per renderlo interessante, ma esiste un limite oltre il quale si va nell'assurdo. Il male comunque è così generalizzato e diffuso che gli esempi si sprecano. Io che ho avuto in sorte di passare qualche estate sulla famosa riviera romagnola, ho visto spesso, troppo spesso, quasi sempre, dipendenti stagionali strapazzati oltre ogni limite. E questo esempio che guarda verso il basso dimostra che lo stagista a Londra, che prende settemiladuecento euro per sette settimane, dovrebbe comprendere, come lo stagionale di riviera, che se chi pretende, supera certi limiti, va lasciato al suo destino. È ovvio che lo stagionale è in un certo senso costretto ad accettare orari di lavoro massacranti poiché così la situazione, per chi non ha lavoro, per chi lotta quotidianamente con la sopravvivenza, e che costringe ad accettare gogne tristi. Questa categoria è vastissima ma non riguarda quel ragazzo. Non c'era altra necessità che nutrire un curriculum e quindi l'ambizione, ma l'ambizione di cosa?.

Ognuno di noi si faccia un esame di coscienza e mediti su quanto segue. Se lo stipendio ci serve per vivere, siamo in quella categoria che potrebbe essere costretta prima o poi, ad accettare situazioni diciamo poco umane, poco civili. E non si pensi a stipendi bassi.

Io immagino anche colui che prende per esempio cinquemila euro al mese e ha creato un tenore di vita tale che in quei trenta giorni che li ha guadagnati, li spende tutti.... se la mettiamo in quest'ottica, vittime di cilindrate potenti che mensilmente salassano, di rate su tutto, ci accadrà che un gradino alla volta, si accetterà l'abiezione. Vedete … il gradino in sé è una piccolezza, è quasi tollerabile, ma un gradino oggi e uno domani, ecco che inconsapevolmente ci si trova in un abisso. Se ci si volta, per un attimo si potrebbe inorridire valutando quel che era un passato forse normale, civile, coerente, nel quale il lavoro era in funzione della vita e non la vita del lavoro. Anche per questo motivo la nostra epoca evita il passato, poiché come l'artista vero, rappresenta una coscienza fastidiosa. Questo metodo subdolo e involontario dei gradini, sporca qualsiasi istanza morale. E il lavoro, se dalla morale viene sradicato e si fa suddito solo dei bilanci e dell'arrivismo fine a se stesso, diventa una mostruosità.

Mi si può dire, l'ho accennato prima, che la necessità in molti casi costringe ad accettare situazioni infami. Ne so qualcosa. Io vengo dal nulla più assoluto, ma ho preferito lasciar perdere, rinunciare a certe proposte veramente indecenti ma grondanti contante. Penso spesso ad una frase di Van Gogh, che si trova nelle lettere che inviava a suo fratello Theo. “Per riuscire serve l'ambizione, ma l'ambizione mi sembra assurda”. E ce lo dice qualcuno che nel suo campo è indiscutibilmente riuscito come pochi nella storia dell'umanità. Non si pensi che lui stesse parlando solo del suo essere artista, ma della vita in generale. Non vendeva niente o quasi, era consapevole in anticipo delle critiche che sarebbero state mosse alla sua opera, ma non si arrese. Il punto è che, se perdiamo tempo per l'ambizione fine a se stessa, essa ci assorbirà, alla fin fine completamente. Arrivare arrivare arrivare, là in cima, ma ...perché! Per i soldi, la potenza (detta anche potere...)? Ma la meta deve avere sempre e comunque un senso. Arricchirsi non è un valore sufficiente, ma una premessa per fare qualcosa di preciso e consapevole e l'ambizione è il modo di agire che si applica su una visione chiara di quel che vogliamo fare. Chi è solo e semplicemente ambizioso è già rovinato e irrimediabilmente in partenza, anche se è un adolescente, anzi, peggio se è un adolescente. Cosa vuoi dalla vita? Soldi. E quando li hai? Vivo. Ma i soldi non si vivono, si spendono... Nelson Rockfeller, quando gli chiesero se la ricchezza portava la felicità. Rispose che non la porta, ma permette di pagare un gruppo di esperti per studiare il problema …. chiaro, non trovate? Ed è detto, con ironia anche perché di esperti sulla felicità non se ne conoscono, ed è detto dicevo, da uno che era più ricco degli Stati Uniti. Ricchezza e felicità sono, e aggiungo fortunatamente, due aspetti della vita non incompatibili, e non necessariamente presenti insieme

Facciamo un esempio: anche un'operazione banale come comprare, fare shopping, richiede gusto e se interpretata come una meta, ovvero il poter comperare di tutto, è sintomo di follia. Follia diffusissima purtroppo. Comperare è un'azione. Questa azione deve essere preceduta da un ragionamento, non da un impulso, quel che si chiama appunto shopping compulsivo, e che consiste nell'uscire con l'idea di acquistare senza un motivo o una necessità.

Cosa ha spinto Moritz Erhardt, all'età di ventun anni, ad accettare uno sforzo così al limite da averci rimesso la vita? L'ambizione ovviamente, ed è tristissimo. Mi domando se una società che è riuscita a far credere ad un ragazzo di quell'età che quella era una scelta giusta, non sia ridicola. Vince chi guadagna di più o chi lotta per la felicità? E guardate che quella parola, F E L I C I T A', non è una chimera.

Io penso questo della vita. Più si è, e siamo miliardi, più diventa evidente che l'unica legge è il caso. Quel che si deve fare è prepararsi ed essere pronti e, quando (o se) l'occasione si presenta, saltarle in groppa. Ma se l'occasione che ci viene inculcata come fondante è solo far soldi, allora la faccenda si fa triste. I soldi sono possibilità, entro un certo limite sopravvivenza, ma poi possibilità … Ho amici che guadagnano cifre astronomiche e non hanno tempo, io volo basso, ma so cos'è un tramonto. Per me un tramonto non è solo una parola o un evento fisico. Ricordo un giorno a Milano che mi presentarono un tipo munito di vettura che vale quanto un appartamento, orologio che vale quanto un appartamento, cartella portadocumenti che vale quanto una macchina di media cilindrata e abiti che valgono quanto un'utilitaria. Aveva di fianco un figlio settenne. Me lo presentano e mi chiede dove abito. Glielo dico e faccio presente che la mia casa è a cento metri dalla spiaggia. Vedo nel bambino uno sguardo sognante. Chiedo se gli piace il mare e mi dice si. Poi aggiunge che l'ha visto solo in televisione. A questo punto mi arrabbio veramente col padre. Prima lo prendo in giro poi lo massacro. L'Italia ha circa cinquemila chilometri di coste e un bimbo italiano a sette anni non ha mai visto il mare!?! il padre mi guarda con odio, è sempre stato assecondato e lisciato proprio perché vistosamente benestante e non poteva immaginare nemmeno lontanamente che un essere deviato, un artista, che preferisce un tramonto ad un'auto di lusso, potesse ancora esistere, ma purtroppo per lui siam sempre esistiti … l'ho infamato, ma ho ottenuto qualcosa. Una cartolina con su scritto ho visto il mare, mandata da quel bambino qualche mese dopo.

L'artista vero è la coscienza sporca di un'epoca. L'esempio più evidente è Fitzgerald. I suoi romanzi mostrano la follia amorale degli anni venti americani. Lui aveva capito cosa stava accadendo e aveva visto, calcolato al millimetro, il baratro che li stava inghiottendo, lui compreso. Io non so nulla del mio valore; non devo, non posso interessarmene, ma sento che devo proseguire per la mia strada che è purtroppo solitaria e difficile. Ma pensateci un Po'! a ventuno anni, per ambizione in fondo solo di denaro, il denaro che è un mezzo e non una meta, ha accettato più di un turno di quattro giorni consecutivi, senza sosta, senza tregua, di lavoro! E se resisti sei bravo? No, sei uno schiavo con i soldi, ma i soldi se non hai avuto tempo di pensare, di capire te stesso, per cosa li usi? E lo sappiamo che si compreranno oggetti ... ne abbiamo le case piene. E anche le donne, e in generale i partner, poiché il problema riguarda tutti, diventano oggetti. Ma un partner comprato, un oggetto comprato e non studiato, meditato, compreso, che senso ha? Produrranno solitudine e angoscia.

Non sono luoghi comuni. Avrete certamente letto di quanti divorzi hanno avuto come causa scatenante la crisi economica. Non garantisci più un certo tenore di vita al partner e il giocattolo si rompe. E' accaduto poiché quei rapporti si reggevano sulla falsa convinzione che felicità e denaro siano sinonimi. E quanti comprano oggetti carichi di prezzo senza valutarne il senso! Ho visto acquistare opere scellerate per cifre folli e l'unico movente per quella spesa era la moda, averlo in salotto, essere al passo col proprio ambiente. Opere che spesso sono solo apparenza, mercato ma purtroppo non di rado gioielli di profondità, frammenti di anima veri. Con lo stesso pensiero non pensato, si compera un Tiziano o , per esempio un duchamp (minuscolo meritato...).

Ricordo un uomo che ricevette in dono dal padre una Porsche. Non sto inventando, era un mio prof delle superiori.... dopo un annetto non resistette, la vendette e lo si vide girare con una macchina famigliare indubbiamente decente ma molto meno costosa and vistosa della precedente. Gli chiesero perché aveva fatto così, rispose che nella Porsche non ci stavano le canne da pesca. Quando si è allontanò lo derisero, ma la sua scelta era, anche se per un fatto irrisorio, nella direzione dell'essere, e non certo dell'apparire. Non aveva dimenticato che, se la riduce all'essenziale, un'auto è un mezzo di trasporto … ma per molti, per troppi una protesi, un prolungamento del pene....

Che il nostro io si senta migliore di altri in relazione alla qualità e quantità degli oggetti che possediamo è osceno, ma se osserviamo la nostra esistenza ci accorgeremo che è questo il meccanismo che ci ha deformati, travolti. E come è accaduto? Un gradino alla volta, un oggetto alla volta, sgranati, nel tempo. Mi si potrebbe dire che predico bene e razzolo male poiché ho tante cose belle ma … primo, non sono tante, secondo, io mi affeziono agli oggetti, sono, come direbbero i filosofi, un po' animista. Per me cambiare macchina è sempre un dispiacere. La mia auto è piena di ricordi. Mafalda, Tata, Sophie, Tonino Guerra, Danelia eccetera ...un amore che di fianco a me venne a vedere un lago che intensamente mi ricordava mio padre… per questo poso dire che le mie scelte non son compulsive. Amo per esempio per la casa, gli oggetti disegnati da Richard Sapper. Aveva “la fissa” della durata. Dovevano “vivere”, le sue creazioni, almeno quanto una vita e così la loro morte, (anche gli oggetti muoiono, si feriscono, invecchiano), e così la loro morte non ci colpirà e ci sarà meno sofferenza, anche se non comparabile con la dipartita di un essere vivente. Solo dei doni non mi considero responsabile e quindi colpevole. Ne ho ricevuti di notevoli di irreali e di assurdi. Spesso stanno relegati in una stanza che chiamo coscienza, nella quale si stratifica quel che è mio controvoglia e, quando credo che donare quei doni sia ormai senza offesa per chi me li ha donato, li libero da quella stanza senza tempo. Anche gli oggetti devono vivere, hanno diritto di esistere … e per esistere non è mai mai mai sufficiente esserci.

E penso alla London school of economics. Un figlio di Gheddafi ci “comprò” un titolo di studio, ma tuttora quella scuola è ambita. Io l'avrei chiusa e messo in galera chi ha “venduto” quel titolo. É come l'Università Bocconi, nella quale qualche studente di famiglia non abbiente è stato invitato ad andarsene. Solo figli di gente che ha l'azienda! E chi invitò ad andarsene si chiama Monti e fa il senatore a vita, l'onorevole eccetera; chi fu così maltrattato, resistette e riuscì comunque a laurearsi, fa l'onorevole giustamente arrabbiato. E chiudiamo pure la Bocconi! Intervista fatta davanti a questo tempio del nulla: “a cosa ambisci?”, “ Ad un lavoro da almeno settemila euro al mese...” e io lo prendo, aggiungo una enne a euro e lo sbatto alla neuro. Qualche clistere alla menta, così ha un retrogusto di freschezza che potrebbe piacere … lo farei per dare almeno l'illusione che parte dello schifo che hanno dentro, sia eliminato, e poi un po' di silenzio e di Beethoven, con quei la e sol iniziali della Quinta che sono il destino, quello vero, che bussa all'anima che non hanno, per far sentire il peso angosciante del loro essere veramente e completamente, il nulla, e poi a zappare la terra, a “sentire” la vita, come quel protagonista proprietario di terra di “Anna Karenina”, che nel corpo, del corpo si sforzò di comprendere il linguaggio della vita. Settemila euro al mese! Ma mi dicesse una casa, che è sicurezza, una famiglia, un amore … ma anche una collezione di quadri o di farfalle rare, o della beneficenza! E invece no!!! Minimo settemila euro secchi. Senz'anima.

E su questa china ci siamo da decenni.


2 commenti:

  1. Ambizione di serenità, di avere un equilibrio vitale che tende a valorizzare la bellezza. Quasi tutti oggi tendono al possesso come unico pseudovalore della vita, perfino il possesso delle altre persone pervade la società, ma sono tutti insoddisfatti comunque. Nessuno mai gli ha insegnato a guardare un tramonto e a gioire. Povere tristi creature vittime di un sistema che spaccia falsi miti e valori e poi.... li uccide.

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  2. ricordo con estrema lucidità una breve passeggiata in campagna con un cane dolce che seguiva con gli occhi una farfalla bianca piccolissima,,, anch'io ho inseguito il suo volo ,,, di pochi istanti è fatta la bellezza...

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