Flajano morì nell'autunno
del 1972. Non glielo perdono facilmente e lo sa. Avrei desiderato
conoscerlo in carne e baffi ma non me ne ha dato il tempo. Ho la sua
opera, e lui mi viene a trovare spesso in sogno, ma poteva aspettare.
Perché poi tanta fretta! … Era nato nel 1910 e poteva vivere
ancora. Dipendeva da lui. È vero che aveva avuto un primo infarto
due anni prima, ma lui, come sant'Agata, dopo aver dato abilissima
prova di sé, so che ha detto col Creatore “ora basta, mi merito il
paradiso” … e il Dio, al quale forse credo (ma non sono sicuro...), ma non nella forma
barbuta dei cristiani, ha ammesso che era giusto. Gli ha detto
“guarda che c'è qualcuno che vorrebbe conoscerti e forse esserti
allievo, e ci vuole ancora qualche anno!”, ma a Flajano la vita andava ormai stretta. Lui era il
Marziano che atterrò a Roma. Racconta Cesare Garboli: “per Flajano
la favola del Marziano occupa un posto primario. Il Messia, il
Cristo, l'abitatore di mondi sconosciuti il cui avvento in terra
dovrebbe segnare la rinascita, il rinnovamento della società umana
che potrebbe finalmente specchiarsi in una swiftiana immagine di
bontà e di sapienza, viene progressivamente contagiato e
ridicolizzato dal riduttivo, pettegolo e decrepito inferno di Roma. A
Roma Flajano abitò e diede il meglio di sé, ma si sentiva appunto,
un Marziano, In “Una e una notte” (del 1959) un personaggio dice
di Roma che è un popolo che non mette nessuna cura nel piacere agli
altri … e a chi l'ha vissuta un poco non solo con gli occhi del
turista, questa considerazione apparirà tuttora come una verità
intoccabile. Flajano coglieva certi cambiamenti epocali degli anni
cinquanta e con felice mano d'artista li descriveva. Le sue trame e
il loro grande significato, che spesso son entrate in celebri film,
colpivano quel livello che sovrasta il pensiero e lo plasma. Spesso
il discorso si faceva esplicito, perché solo così anche il povero
di spirito poteva comprenderlo e non si trattava di crogiolarsi in un
complesso di superiorità, allora come oggi assai diffuso. Cito da
“Una e una note”:
“A sera, tornando a
casa, Adriano fu accolto da un urlare gaio e concitato. Per prendere
fresco, un tale che abitava nella casa dirimpetto, aveva messo il suo
apparecchio di televisione sul terrazzo e così seguiva lo
spettacolo, con tutta la famiglia. “Ne avrò fino alle undici e
mezzo” pensò Adriano. Avrebbe voluto uscire, ma era stanco e cascò
in una poltrona. Impossibile leggere o pensare a qualcosa. L'unico
pensiero che venne a turbarlo riguardava l'avvenire di una società
che è arrivata a questo genere di divertimenti e non vuole più
abbandonarli, e comincia anzi a credere che tutto si trasformerà in
divertimento.”
Saltiamo qualche riga e
riprendiamo … “Così trascorse quella serata. La famiglia
dirimpetto continuò a guardarsi lo spettacolo e Adriano continuò ad
ascoltarne l'eco. Gli sembrò un bel sunto della sua condizione.
Pensava: “questi applausi mi incuriosiscono come un fenomeno di
generosità collettiva, di ansia di sopravvivere, ma non sino al
punto di voler conoscere a che cosa e a chi sono diretti”.
Provate ora a leggere a caso della
saggistica che critica questo aspetto della società e vi annoierete perché di solito fatta da un personaggio
che si traveste da artista ma che in fondo è solo un intellettuale
che la sa più lunga dei colleghi su come prendere la sua epoca per
la gola … Troverete i medesimi contenuti ma con un razionalismo di facciata che annoia e che deve atteggiarsi e non spiegare. La differenza sta nel
fatto che Pasolini,(in questo caso mi riferivo particolarmente a lui), urla e pretende di dire una
verità assoluta. Flajano, con le armi dell'arte sua, la certezza di
certe dinamiche che stanno accadendo, ce la fa sentire, comprendere, con un linguaggio semplice, pacato, colloquiale, che tutti possono comprendere.
Nessuno perde tempo a contestarlo perché quasi sempre si contesta
chi urla certo non per quel che dice, ma per il fatto che urla, è Flajano al massimo è ironico, ma non grida mai. Tutto
qui, e la lezione di Flajano, è un veleno gentile e non uno
schiaffo. La televisione era nata da poco e già monopolizzava la
massa. La situazione creata, e forse realmente vissuta da Flajano,
con la tivù del vicino che invade tutto col suo volume, porta ad
una conseguenza epocale, che si coglie solo ad una più attenta
rilettura. Ci dice: “impossibile leggere o pensare a qualcosa” …
queste quattro parole, sono la conseguenza dell'effetto invasivo
della tivù. Ed è l'aspetto radicale del cambiamento. Si badi bene
che Flajano non ci vuol dire che non si penserà e non si leggerà
più. Sarà semplicemente più difficile farlo. All'epoca quello
strumento era di uso collettivo, non come ora, che almeno nelle
società che si credono più evolute, si è fatto individuale. Ognuno
solo con uno schermo. Sarà quindi ancor più difficile leggere e
pensare e ancor meno allettante.
E questo artista, senza
rompere vetri, insultare astrazioni e altre strategie di
bassa lega, sorprende ad ogni pagina. Ottimo il romanzo che vinse il
primo premio Strega nell'immediato secondo dopoguerra: “Tempo di uccidere”.
Eccellente “Le ombre bianche”, un capolavoro “Una e una notte”
del quale spero di aver voglia di parlare prossimamente, e eccellente
“Un marziano a Roma”. Nel quadro settimo di questa opera, si
scopre che il marziano ha scritto un taccuino. Quando hanno curiosato
sulla scrivania di Flajano, dopo il 1972, lo hanno trovato. Aforismi
scritti da un essere di un altro mondo che visita il nostro e che
scrive delle regole ciniche per vivere sulla terra. Si trovano in
“Autobiografia del blu di prussia”, libro che contiene anche un
altro apice struggente che è “La spirale tentatively”. I
paragrafi 1, 2, 3, 4,8, 10 e 12 sono di un livello impressionante. Io
personalmente sono catturato fino in fondo dal secondo, il quarto e i
decimo, e da una parte del primo che .. non so resistere … lo
trascrivo:
“Se guardo a quello che
ho fatto è povera cosa, un continuo rimestare le prove di
un'inqualificabile crisi di volontà, il rinviare, il compromettere,
il soprassedere. Tutto ha il senso di una finzione assurda. La
futilità di aver vissuto ai margini fuori di ogni corrente decisiva
e costruttiva, contro me stesso, gli altri, le donne soprattutto, uno
sbaglio volutamente barocco che si pasce delle sue stesse evoluzioni
in cerca di prevedibili analogie e nei fregi che invocano la polvere.
Questi pensieri mi inchiodano al letto da dove sul muro del garage di
fronte, un muro di terra rossa ridipinto di fresco, posso leggere la
targa di Via Montecristo”.
La sensazione è
fortissima. Come per Nabokov abbiamo le parole di una persona grande,
consapevole del fatto che sta morendo. Ecco di cosa si tratta. In
quelle poche righe c'è un'analisi di sé sincera fin nei minimi
termini. Flaiano era così e quella era la sua grandezza. Mi
piacerebbe che Sebastiano Vassalli, che stimo, leggesse e rileggesse
queste poche righe, lui che rimpiange il periodi nel quale c'erano
movimenti artistici, letterari eccetera. Esiste solo una grande
individualità che ha un unico compito, essere onesta fino in fondo
con se stessa. Quelle parole di Flajano sono la via della grandezza
per chiunque. Il problema sta nel fatto che, quella regolina, così
facile da scrivere, bastano poche parole, è difficilissima da
mantenere. Non ci si può distrarre mai da lei, si crollerebbe e
l'uomo che con quelle briciole viene ricostruito sarà
definitivamente impuro … a se stesso. Potrà negarlo al mondo,
recitare, ma lui saprà e questo decreta una fine. Rileggo “la
Spirale” con profonda concentrazione. C'è ancora qualcosa che mi
sfugge, ma la via è quella, lo sento e lo so. È la medesima che
Fitzgerald consegnò ai taccuini e che ho scritto sul muro della mia
camera. “Non si scrive per dire qualcosa. Lo si fa solo se si ha
qualcosa da dire.” Frase senza scampo. Impossibile fraintendere.
Avevo iniziato questo
scritto poiché in questo solitario pomeriggio avevo riletto per
diletto alcune frasi dai taccuini di Cioran, anche questi trovati
sulla sua scrivania dopo la fine. Son poi passato a leggere quelli
del Marziano e avevo deciso di metterli nel blog. Alcuni aforismi
sono grandiosi poiché contengono un frammento puro. Non oso dire che
si tratta di briciole di verità. Ma se ci si ritrova a trascriverli
e a desiderare di saperli a memoria anche solo per fare bella figura
in società, ecco che abbiamo capito almeno un po', che si tratta di
oro per l'anima. Ovviamente spesso usiamo il materiale celeste che la
vita ci offre, per bassi scopi come brillare in un salotto. Nessuno
che sia vivo può salvarsi dalla banalità, ma accade sicuramente che
nell'arco della giornata si passi davanti ad uno specchio e ci si
ricordi di se stessi, ed ecco che il rigirare nella bocca come una
caramella squisita di quell'aforisma, potrebbe arrivare, non sempre
dopo il primo tentativo, a dare una scossa all'anima, che frastornata
dai sensi, non sa più nemmeno di esistere ... e lo stupore di esistere
non solo col corpo è sempre il vero atto di nascita di un essere che
ambisce a definirsi umano …
Buona lettura:
da Cioran
(la mia preferita …)
…Talvolta ho
l'impressione che tutta la mia carne, tutto quanto è in me materia,
un giorno di colpo si dissolverà in un grido, il cui significato
sfuggirà a tutti,
ma non a Dio ...
… Per scrivere ci vuole
un minimo di interesse verso le cose. Bisogna anche credere che
possano essere afferrate, o almeno sfiorate, dalle parole …
… Vivere significa
venire a patti. Chiunque non muoia di fame è quindi sospetto.
… Si dimenticano tutti
i dolori, ma non si dimentica nessuna umiliazione …
combustione
a scapito del corpo …
E Ora Flajano: inizio con
qualcosa che ho segnato su un taccuino:
… Soffiare nell'orecchio
degli amanti le parole che impediscono di impazzire al risveglio
… Che vittoria, riuscire
a farla sorridere …
… era bella come gli
antichi amori che erano uno scontro e una lotta, non una discussione
come oggi …
… Niente aveva un senso,
ma soltanto un'apparenza, e di quella bisognava accontentarsi
… Quando gli scienziati
avranno finito, toccherà ai poeti dire l'ultima parola …
…La nostra curiosità
non aggiunge niente al pensiero, e la nostra fede non lo risolve…
… “Forse anche si
divertono” disse. “Oh, impossibile” rispose l'altro. “In
questo paese l'economia non può mantenersi all'altezza del vizio”
…
… Dopo il chiosco
sostarono davanti alla vetrina del fioraio, dove i fiori spiccavano
ben acconciati, tesi nel loro sforzo di perfezione come piccoli
fuochi d'artificio. La loro solitudine, pari a quella delle donne
sulle copertine, sembrava incolmabile …
(le ultime due
evidentemente non hanno caratteristiche di aforismi, ma mi piacevano
...)
… La parola serve a
nascondere il pensiero. Il pensiero a nascondere la verità. La
verità fulmina chi osa guardarla in faccia …
...A vent'anni si tenta la
poesia, a cinquanta si pensa che bisognava insistere …
L'attività erotica chiede
uno o più complici, che non sanno tacere e si ritengono il fine, non
il mezzo …
… La prostituzione ci
interessa perché è la nostra condizione, il delitto perché è la
nostra aspirazione ...
…Colui che crede in se
stesso, vive con i piedi fortemente appoggiati su una nuvola...
… In amore bisogna
essere senza scrupoli, non rispettare nessuno. All'occorrenza, essere
capaci di andare a letto con la propria moglie …
… La serietà è
apprezzabile solo nei fanciulli. Negli uomini saggi è il rancore
della rinuncia, che diventa virtù …
… La pornografia è
noiosa perché fa del pettegolezzo su un mistero …
… L'evo moderno è
finito. Comincia il medio evo degli specialisti. Oggi anche il
cretino è specializzato …
… Ci lusinga di più il
cieco favore della fortuna che il riconoscimento dei nostri meriti …
… Il tiranno più amato
è quello che premia e punisce senza ragione …
… Offrire il fianco al
ridicolo è norma ottima. Il ridicolo può uccidere nelle società
colte o aristocratiche. Nelle società arriviste e democratiche è la
condizione necessaria allo sviluppo della fama …
… Chi nasce si preoccupi
anzitutto di non nascere in una famiglia povera, o numerosa. La
povertà sofferta durante l'infanzia o l'adolescenza, conduce l'uomo
intelligente alla letteratura, alla politica, alle rivendicazioni
sessuali. Scegliere una famiglia ricca e pretendere un'educazione
basata sul principio che la ricchezza compra e giustifica tutto ...
- - - - - - - - - - - - -
c'è uno di questi
aforismi che mi ha dato da pensare … (anche gli altri in fondo, ma questo un poco mi riguarda)
“ A vent'anni si tenta
la poesia, a cinquanta si pensa che bisognava insistere”.
Meditazione. È giusto
tentare la poesia sempre. Se a cinquant'anni si pensa che si doveva insistere vuol dire che qualcosa della vita ci ha allontanati dalla
poesia. Credo che per poesia, non si debba intendere espressamente il
fare versi, scrivere poesie. Fare poesia è un modo di concepire la
vita.
Trovo che si incastri bene
coll'aforisma seguente: “la prostituzione ci interessa perché è
la nostra condizione” che equivale, se invertita al dire di Cioran: “ Vivere è
scendere a patti”.
Il poeta per
Cioran, è quindi colui che “muore di fame”, che è “sospetto”
poiché non si è uniformato scendendo appunto, a patti.
Essere Poeti quindi
equivale a mantenersi coerenti con ideali che, mi permetto di
credere, non si trovano nella società che ci circonda, ma sentiamo
fiorire da radici profonde che abbiamo in noi … buona notte
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