Mi viene chiesto spesso
come mi vengono le idee che utilizzo non solo nella scrittura. Ecco
due esempi che partono da due sogni, nei quali cerco di mostrare i
ragionamenti e il modo di agire che … in me si muove. Mi raccomando … i sogni non sono la mia unica fonte. La vita sa offrire situazioni che … se si riesce ad essere semplicemente non solo un essere emotivo ma ricco di due talenti che si costruiscono con l'esercizio, ovvero la passione per l'osservazione e il meditare non solo a caldo sul senso di quanto ci accade … la vita sa offrire situazioni dicevo … che possono essere un punto di partenza interessante. Altra fonte le letture. Un esempio è il caso del racconto "Maritza" … l'idea che contiene, questa scelta fra la bellezza ideale (Venere di Milos) e bellezza reale (Maritza), alla quale il Visconte di Marcellus si trovò legato, mi viene dalla lettura della sua descrizione del ritrovamento della statua. Se si legge il brano si noterà che il "passo" di Maritza, che conclude l'avventura, sembra quasi un cameo gradevole messo li per concludere con un successi grande (portare la Venere a Parigi) e uno minore (vedere Maritza, nota in Europa grazie ad alcuni ritratti fatti da un artista che fu autorizzato a ritrarla dal padre). Quel che ci ho invece "sentito" è la sconfitta, l'errore fatale di chi avrebbe potuto "portarsi via" anche la bellezza reale, quella che potrebbe rendere bella la vita di tutti i giorni. Secondo me il visconte ha mostrato una sua sconfitta, errore, malinconia, capita col senno di poi. Da qui l'invenzione del racconto che rende evidente quel che Marcellus scrisse probabilmente con troppa sottigliezza e che potrebbe sfuggire al lettore attuale. quel ricordo secondo me è una ferita che l'anima salottiera dell'epoca ha trasformato in un evento grazioso e sofferente che secondo me veniva colto in tutta la sua pienezza. Un caso simile ma più esplicito lo si ritrova in "Memorie d'oltretomba" di Chateaubriand quando narra dei suoi incontri con Charlotte Ives … toccante, enorme, ma non delicato come il nostro Visconte e paradossalmente Chateaubriand ha comunque prodotto uno dei libri più importanti e profondi della sua epoca, mentre il Visconte, secondo me offre meno, molto meno … ma Maritza vale quanto Charlotte Ives …
FONTI possibili della creatività fin qui elencate:
Sogni, Realtà e Letture.
All'ultimavoce, Letture, mi permetto di aggiungere una variante; non si leggono solo i libri, ma anche le persone. La "ricchezza" di Elias Canetti per esempio, questo lui ammetteva, veniva anche dal suo essere un ascoltatore accanito. Se siamo sempre noi a parlare …. di fatto cosa stiamo facendo? due cose: 1) ridefiniamo il nostro io più per noi stessi che per gli altri e quindi l'interlocutore di fatto non ci interessa. Potrebbe essere un cane o una statua e la versione esatta sarebbe lo specchio. 2) accade anche che alcuni di noi propongano al mondo, all'altro, una versione di se stessi che raramente coincide con la realtà. Questa è una necessità, una debolezza che serve per ristrutturare un io che sentiamo avere qualche debolezza.
Ascoltare invece equivale a crescere. Imparare a fare domande e difendere una propria morale (non vale nulla chi non ce l'ha oppure chi la cambia dopo aver valutato del vantaggio che se ne può trarre), può accadere solo dopo aver ascoltato. La nostra morale non deve essere rigida poiché davanti a nuove nozioni, e alla loro maturazione in noi, è lecito cambiare anche se secondo me alcune norme sono fondanti. per esempio … chiesero ad un rabbino con quale frase si poteva riassumere la Bibbia … lui rispose: "non fare agli altri quel che non vuoi che sia fatto a te" … concordo, e ritengo che questa sia la base della morale associativa, ma altri particolari possono essere posti in discussione, variare, ma saranno briciole in confronto a quel principio che considero fondante.
Aggiorniamo l'elenco:
Sogno, Realtà, Letture e Ascoltare .
Atra precisazione per quel ce riguarda il sogno.
Quel che facciamo da addormentati va indubbiamente bene, ma anche quell'inventare da svegli che di fatto è come osservare la nostra mente che si gira un film che ha noi stessi per spettatori, funziona. Si ricordi che il nostro io può girare solo intorno a se stesso e quindi ogni sua opera parlerà inevitabilmente di sé.
Si potrebbe obbiettare che anche l'intellettuale gira solo intorno al proprio io e rispondo che non è vero. Egli gira intorno a qualcosa di esterno a lui … la carriera principio motore che non rispetta la regola fondamentale consigliata dal rabbino ...
ED ORA DUE SOGNI
Cercherò di descrivere come li ho "vissuti" e si vedrà, nel primo, che mentre cerco di descriverlo (che equivale a cercare di comprendere) già di fatto diviene racconto, anche se in questo caso di scarsa qualità. Vale semplicemente l'esempio per far toccare con mano il passaggio dall'onirico all'elaborazione.
Il secondo sogno diviene invece materiale per una elaborazione forse futura, poiché il suo nucleo scotta e non si lascia acciuffare.
PRIMO SOGNO
FONTI possibili della creatività fin qui elencate:
Sogni, Realtà e Letture.
All'ultimavoce, Letture, mi permetto di aggiungere una variante; non si leggono solo i libri, ma anche le persone. La "ricchezza" di Elias Canetti per esempio, questo lui ammetteva, veniva anche dal suo essere un ascoltatore accanito. Se siamo sempre noi a parlare …. di fatto cosa stiamo facendo? due cose: 1) ridefiniamo il nostro io più per noi stessi che per gli altri e quindi l'interlocutore di fatto non ci interessa. Potrebbe essere un cane o una statua e la versione esatta sarebbe lo specchio. 2) accade anche che alcuni di noi propongano al mondo, all'altro, una versione di se stessi che raramente coincide con la realtà. Questa è una necessità, una debolezza che serve per ristrutturare un io che sentiamo avere qualche debolezza.
Ascoltare invece equivale a crescere. Imparare a fare domande e difendere una propria morale (non vale nulla chi non ce l'ha oppure chi la cambia dopo aver valutato del vantaggio che se ne può trarre), può accadere solo dopo aver ascoltato. La nostra morale non deve essere rigida poiché davanti a nuove nozioni, e alla loro maturazione in noi, è lecito cambiare anche se secondo me alcune norme sono fondanti. per esempio … chiesero ad un rabbino con quale frase si poteva riassumere la Bibbia … lui rispose: "non fare agli altri quel che non vuoi che sia fatto a te" … concordo, e ritengo che questa sia la base della morale associativa, ma altri particolari possono essere posti in discussione, variare, ma saranno briciole in confronto a quel principio che considero fondante.
Aggiorniamo l'elenco:
Sogno, Realtà, Letture e Ascoltare .
Atra precisazione per quel ce riguarda il sogno.
Quel che facciamo da addormentati va indubbiamente bene, ma anche quell'inventare da svegli che di fatto è come osservare la nostra mente che si gira un film che ha noi stessi per spettatori, funziona. Si ricordi che il nostro io può girare solo intorno a se stesso e quindi ogni sua opera parlerà inevitabilmente di sé.
Si potrebbe obbiettare che anche l'intellettuale gira solo intorno al proprio io e rispondo che non è vero. Egli gira intorno a qualcosa di esterno a lui … la carriera principio motore che non rispetta la regola fondamentale consigliata dal rabbino ...
ED ORA DUE SOGNI
Cercherò di descrivere come li ho "vissuti" e si vedrà, nel primo, che mentre cerco di descriverlo (che equivale a cercare di comprendere) già di fatto diviene racconto, anche se in questo caso di scarsa qualità. Vale semplicemente l'esempio per far toccare con mano il passaggio dall'onirico all'elaborazione.
Il secondo sogno diviene invece materiale per una elaborazione forse futura, poiché il suo nucleo scotta e non si lascia acciuffare.
PRIMO SOGNO
Sono al mare con una
donna. La spiaggia è vuota e il mare piatto. Vediamo in lontananza
qualcosa che spunta dall'acqua ad un paio di metri dalla riva. Ci
avviciniamo e ci troviamo davanti ad un fiore enorme, grande quasi
quanto una persona. Ha uno stelo molto grosso, circa una spanna di
diametro, che spunta dall'acqua. La forma è a pannocchia ma non
esattamente. Ha qualcosa di quei tulipani che non hanno i petali
lisci e i colori sono rosso e bianco alternati in increspature e
linee curve. Ci emoziona il fatto che si sta aprendo. Vediamo che
lentamente, ma comunque in modo da essere percepito dai sensi, si sta
aprendo. Osserviamo con attenzione. Non è come quando guardi un
orologio senza le lancette dei secondi che vedi i minuti che sono
avanzati, ne prendi atto, ma di fatto non sei in grado di coglierne il
movimento. Qui vediamo questo lento fiorire e in noi il ricordo di
racconti lontani nel tempo, crea un'attesa silenziosa e direi sacra.
Sappiamo, ce lo hanno raccontato, che quando sarà completamente
fiorito sarà quasi sferico e nel centro si vedrà una luce sottile
ma persistente che tocca il cuore e ti fa sentire vivo non solo
perché hai un corpo. Provo a filmare questo prodigio ma
l'apparecchio non va e in fondo ne sono contento. In fondo lo avrei
fatto per abitudine mentre invece devo concentrarmi e osservare
minuziosamente per arricchirmi, perché comprendo già dai primi
movimenti dei petali in alto, che ne uscirò cambiato. Ma ecco che il
mare si increspa e diventa sempre più tumultuoso. Si formano onde
che scuotono il fiore, ma nonostante questo la fioritura, lenta ma
percepibile, continua. Ora un'onda enorme che non ci aspettavamo,
travolge il fiore, e poi un'altra e un'altra ancora. Eravamo con i
piedi nell'acqua bassa e ci siamo allontanati per non essere
travolti. Osserviamo il fiore ma da lontano la crescita non s coglie.
Passano una certa quantità di onde enormi e poi il mare torna pian
piano calmo. Ci avviciniamo è il fiore, quel che resta del fiore, è
un qualcosa di scomposto, strapazzato che sembra vecchio. Non
cogliamo più quel movimento minimo. Siamo rattristati e guardiamo la
spiaggia che, completamente vuota lascia intravvedere in lontananza
qualcos'altro forse di simile sempre ad un paio di metri dalla riva.
Decidiamo di andare a vedere anche perché non essendoci niente ed
essendo noi due comunque vivi, qualcosa dobbiamo pur fare … e sono
tre fiori, uno più grande di me e due piccoli, se piccolo può essere
un fiore di circa un metro e mezzo. Sono strapazzati, distrutti. Si
vedono gli inizi di decomposizione e nell'acqua qualche brandello di
petalo sembra sciogliersi e colorare l'acqua. Ci avviciniamo,
immergiamo le mani e ci rendiamo conto che effettivamente si stanno
sciogliendo e diluendo. Pensiamo alla loro fine. Se son ormai morti,
la loro radice non farà più forza nel fondo e galleggeranno verso
riva, marcendo, se perdere colore può essere un modo di marcire,
oppure dileguandosi in alto mare, in una sensazione d'infinito che
comunque ci sembra una soluzione migliore della riva.
Ci allontaniamo
sconcertati. Che senso ha tutto questo! E sentiamo in lontananza
delle voci e qualche applauso. Non vengono dalla riva ma dall'interno.
Fra le dune c'è quindi qualcuno. Ci avviamo e spesso comunque
voltiamo lo sguardo verso quei fiori che giovani, son stati
strapazzati dalle onde e ora hanno l'apparenza di vecchi senza aver
vissuto. Ci fanno pena ma non sappiamo che fare. Ci manca la
promessa di quella luce che ci hanno detto essere stupenda. Ed ecco
davanti a noi due persone ognuna con un pallone da calcio. Fanno
acrobazie da giocolieri e il pubblico applaude ad ogni nuova
evoluzione. Lei e io comprendiamo che non può durare; un corpo umano
per quanto snodato, ha pochi movimenti e con una palla può osare
fino ad un certo punto, e anche la forza di gravità detta le sue
leggi. Infatti nessuno dei due osa ripetere lo stesso numero poiché
evidentemente sanno che immediatamente arriverà la noja ad
allontanare il pubblico. I loro giochi son sempre più virtuosi …
ecco, hanno raggiunto il limite, oltre non possono andare, è
umanamente impossibile. Iniziano per forza le ripetizioni e sperano
di attirare il pubblico trasformandolo in una giuria. I due acrobati
compiono lo stesso numero e loro votano, ma nel giro di poco
rimangono da soli con la loro palla che ora calciano con rabbia. Ci
chiedono di guardarli ancora. Siamo rimasti lei e io che davanti alle
loro insistenze ci prendiamo per mano e non sappiamo cosa dire.
Rimaniamo perché ci fanno pena ma loro lo capiscono, si allontanano
e vanno verso l'acqua, tirano al largo la palla e poi la ritirano e
spariscono là in fondo, dove il cielo sembra toccare il mare.
Ora siamo soli. Anche dei
fiori più nessuna traccia. Andiamo a cercare per vedere se almeno è
rimasta una chiazza ma nulla di nulla e nel nulla anche orientarsi è
difficile … direi impossibile. Vediamo in lontananza qualcosa che
solleva tanta sabbia. É una enorme auto color oro. Si avvicina. É
d'oro e brilla in modo insopportabile. Ne scende un tipo che da come
cammina comprendiamo che si considera il non plus ultra
dell'eleganza. Sembra ignorarci ma si è fermato vicino a noi perché
ha bisogno di un pubblico. Dal portabagagli prende un fiore come
quelli che son stati distrutti dalle onde. Siamo meravigliati e
osserviamo con attenzione. Con gesti potenti e l'ausilio di uno
strumento anche lui in oro, lo pianta ad un pajo di metri dalla riva
e poi si allontana. Lo vediamo che si è fermato sulle dune e il
riflesso dei raggi del sole sulla sua auto e sugli abiti lo rendono
insopportabile alla vista. Ci avviciniamo al fiore. É stupendo come
gli altri. I suoi colori sono verde e giallo come uno di quelli
piccoli e si sta aprendo lentamente … ma qualcosa non mi piace.
Forse il pensiero che non è nato spontaneamente ma è stato messi li
da quella persona che non brilla di luce propria e si accontenta di
riflettere. Mi avvicino e mi accorgo che è un fiore artificiale.
Faccio cenno con la mano alla mia lei che si avvicina. Lei ancora
cresceva a quella illusione e ora le mostro il motore elettrico, i
fili di ferro e le plastiche indubbiamente belle ma irrimediabilmente
finte. Ce ne andiamo. Il tipo vestito in oro con la grande auto in
oro non c'è più. Siamo soli. Dobbiamo bastare uno all'altro? Sembra
di si. Dei fiori finti e degli acrobati non sappiamo che farcene e ci
diciamo che in quel vuoto, in quel nulla, nemmeno fare un figlio ha
senso.
Ci sediamo al tramonto
guardando il mare. Possiamo solo attendere i fiori veri. Abbiamo
deciso di preparare una struttura di tronchi per proteggere il
prossimo fiore vero che troveremo, ma non sappiamo come fare. Il mare
è troppo forte e senza pensiero e noi così piccoli … e ci
addormentiamo abbracciati … senza futuro
Com'è nata questa
fantasia
Sono partito dall'immagine
di un sogno fatto questa notte, esattamente la notte fra l'uno e il
due febbraio 2019. I miei sogni sono semplici. Intendo nella trama.
Conosco persone che quando mi dicono “ho fatto un sogno!” e
iniziano a raccontare, si scatenano in avventure bizzarre che
riempiono almeno mezz'ora di monologo. Ci credo che sognino così, ma
non è il mio caso. Io ho semplicemente sognato di essere con questa
lei che è in simbiosi con me e di aver visto il primo fiore, le onde
che lo sconquassano bloccandone la crescita, e poi il nostro sguardo
sulla spiaggia interminabile, lievemente curva e vuota. Il resto l'ho
aggiunto come in un sogno ad occhi aperti. Ho immaginato noi due che
ci muoviamo e mi son detto “siam vivi, qualcosa dobbiamo fare
altrimenti che senso ha esser vivi” e accade il fatto dei
giocolieri acrobati. L'invenzione è sì nata da sveglio, ma la
osservavo come se fossi stato spettatore di un film. Non un frammento
di quanto ho descritto l'ho consapevolmente costruito. Questo aspetto
è per me importantissimo. Se costruisco spontaneamente ho la
sensazione di non essere più sincero e … sempre secondo me, la
prima regola di un artista vero consiste nell'essere sincero …
almeno con se stesso. L'atto della creazione è individuale? no.
Anche l'artista è spettatore, seduto in se stesso e osserva spesso
sorpreso, il mondo che in sé prende forma. Per chi stenta a
credermi, che si provi a meditare su quello stato che fa spesso parte
di un momento depressivo e ci accade anche quando muore una persona
cara. Noi siamo presenti ma non viviamo l'evento. Noi, il nostro io,
è dentro di noi che osserva la loro recita e la nostra e questo
accade perché altrimenti il dolore, l'emozione, che è troppo
grande, ci travolgerebbe. Cosa accade a questo punto all'artista?
Egli si trova a disporre di un materiale che prima di tutto lui
stesso deve comprendere … e comprenderlo equivale a capire stessi?
Secondo me è così … e poi deve riordinarlo. Solo ora può usare
la tecnica, il virtuosismo e simili giochi dell'intelligenza che a ma
non affascinano molto. Preferisco l'aspetto primordiale, sorgivo che
ho vissuto nella dimensione che precede sia le immagini che le
parole. Se secondo qualcuno c'è della tecnica in quel che ottengo di
concreto, sappiano che ce la vedono gli intellettuali che, non avendo
altro che l'intelletto qualcosa devono pur fare ... Io non riesco a
limare e contro-limare, Il mio stato è grezzo, per alcuni può
sembrare un non finito. La vivo così e non devo giustificarmi.
Ora … il brano che ho
scritto non è niente di eccezionale. É troppo esplicito. Se a
qualcuno sembra troppo fantasioso posso dirgli che se la vive così
perché mai si è inoltrato per questa via, in sé stesso. Il fiore
altro non è che l'artista che fiorendo produce quella luce che
illumina l'esistenza, unica luce alternativa a quella enorme,
necessaria e lancinante, del sole, luce della natura e per la natura.
La spiaggia è il luogo dell'esistere e il vero mistero sembra essere
quel fenomeno ondoso che distrugge la … luce interiore … che
secondo me solo l'artista è inconsapevolmente in grado di produrre.
Lei e io nella spiaggia-vita siamo attratti da qualunque cosa …
perché si deve pur vivere! Ed ecco il simbolo troppo banale (non
posso farci niente, Di Bulgakov e di Kafka ne nascono veramente
pochissimi) dello sport. Io sono in Europa e qui predomina il calcio.
La descrizione della noia che interviene in quel meccanismo
ripetitivo che è il gesto atletico, per me è reale. Lo sport mi
stanca, sempre diverso di un micron, ma in fondo sempre uguale e
grossolano nel suo intasare il presente di emozione solo emozione …
e basta.
E poi quell'uomo che è
coperto d'oro e quindi ricco, che vive della luce riflessa del sole
carnale, naturale, che ostenta e si ostenta e sa di non avere un
valore se non ha un pubblico (a differenza dell'artista che in fondo
fa per se stesso, perché non può farne a meno)… e cosa può fare
se non riprodurre artificialmente l'unico rito sensato, quello
dell'arte? Ma riconoscere il valore dell'artista è avvilente per lui
perché vuol dire ammettere che l'artista è superiore a lui ricco
d'oro di luce riflessa. L'arte invece è tutta un'altra faccenda,
nell'egoismo prospera il più furbo e mai il più furbo sarà il
migliore se non per qualche frammento di presente e per quelle
persone che scelgono di vivere di luce riflessa. E quella solitudine
alla fine della descrizione … E lei che ormai non è più una lei
in carne ed ossa … e ora mentre descrivo ecco che continua in me
questa favola di solitudine … e nella notte mi sveglio (ultimamente
sono purtroppo insonne) e lei brilla di luce propria. Lei di fianco a
me che dorme. E sento che è la mia anima, che è parte di me. E mi
commuovo in modo indecente ma vero. Sto fiorendo … si sto fiorendo.
In questa notte del ventunesimo secolo, coi soli raggi della luna che
mi rivelano a me stesso, senza l'oscenità dell'oro riflesso e del
rumore, riesco a calmarmi almeno per un attimo … l'attimo di questa
scrittura
Secondo sogno detto del Cinghiale.
Sono in una città che non
conosco. Una grande città. Ho un enorme cinghiale al guinzaglio. Non
so cosa farne ma se lo lascio libero rischia di essere investito e mi
sgridano perché avendomi visto che lo tenevo io al guinzaglio,
pensano che sia mio. L'animale è veramente enorme e brutto. Fa
quello che gli pare e mi tocca seguirlo dando ogni tanto uno
strattone, che lo contraria senza mai comunque renderlo pericoloso,
perché altrimenti blocca il traffico o il marciapiedi. La
situazione è insopportabile. Quando lascio andare il guinzaglio che
è stranamente lungo qualche metro, il cinghiale va da altra gente ma
tutti lo rifiutano inorriditi e anche impauriti. Anch'io non sono per
niente tranquillo. Si sa che è un animale pericoloso e da questa
situazione non so uscirne. Decido di andare via dal centro anche se
dovrei stare li, non so perché ma è quello il mio posto. Mi
allontano, con qualche accorto strattone lo indirizzo verso la
periferia. Penso che se arriverò ad un bosco si inoltrerà e
finalmente sarò libero di tornare alle mie faccende.
Fine del sogno
Ecco un evento interiore
che non so spiegarmi. É mio. L'ho sognato io. Contiene una parte di
me e se riesco ad interpretarlo avrò a disposizione una informazione
in più … su me stesso. La via per la consapevolezza è lunga.
Questo sogno è della
notte precedente a quello della spiaggia, quindi fra il 31 gennaio e
il primo febbraio 2019. La mattina mi son trovato con i brandelli di
altri due sogni, ma erano talmente impalpabili e sfilacciati che non
sono riuscito a recuperarli. Spesso ho sognato animali. Il caso della
volpe che ha dormito per un certo periodo nel portabagagli della mia
auto che aveva eletto a sua tana, mi guidò in questa direzione e un
racconto che amo, che sento molto mio quello stupendo animaletto me
lo donò inoltrandosi nei sogni. Anche in quel caso vi sono l'animale
e la città, ma in questo caso il cinghiale mi è estraneo. É lui,
questo essere enorme e mostruoso, che mi condiziona e oltre a dover
stare attento a non irritarlo, devo anche studiare il modo di
liberarmene. Il sogno si blocca evidentemente davanti a questa
impossibilità e si sente (almeno lo sento io) che lo stratagemma del
bosco non arriverà a niente. Ora, mentre descrivo la situazione,
invento. Se uno come me arriva in un bosco, si trova bene. Amo i
boschi sopra ogni cosa. Il sogno della mia vecchiaia (chissà se mai
mi sentirò vecchio … è una questione di testa, il corpo non
c'entra) consiste in un bosco di larici un torrente (un musicale Bach che è torrente nella lingua della mia insondabile infanzia) e un
cane. Sono a buon punto … mancano “solo” i larici e il Bach …
ma ho ancora tempo. Torniamo al sodo … se io arrivo al bosco col
cinghiale mostruoso, ho come l'impressione che sarò io a trovarmi
bene, sicuramente più di lui. Ma il bosco è romitaggio, è
solitudine si, ma con equilibrio e bellezza, almeno secondo me. Ma …
se io dovevo assolutamente stare nel centro di una metropoli … vuol
dire forse che avevo delle ambizioni alle quali per colpa del
cinghiale devo rinunciare? Curiosa situazione … So che per un bosco
e la sua saggezza, sarei in grado di rinunciare a molte di quelle
spinte esistenziali che questa vita ti fan sentire necessarie ma che
di fatto non lo sono. Non riesco comunque ad immaginare quel che
accadrebbe nel bosco. Il cinghiale andrebbe finalmente per i fatti
suoi? Non lo so e qui la mia mente si blocca.
Se accade questo, è
spesso mi accade, vuol dire che sto per affrontare un qualcosa di
profondo che condiziona la mia esistenza. So per esperienza che
questo “materiale”, questo sogno, proprio perché va a cozzare
contro qualcosa di enorme dal quale dipende il mio equilibrio, e del
quale non sono consapevole, padrone, so per esperienza che questo
materiale non lo posso utilizzare ora. Prima devo se non capire,
almeno intuire. Qui si cela un aspetto di me che, se riuscirò a
rendere chiaro, mi renderà più consapevole, più padrone del mio
io. Kafka quando scrisse per esempio “Il cacciatore Gracco”,
secondo me agì nel medesimo modo. Aveva l'immagine del morto che
arriva a Riva sulla barca dei morti, ma ormai possedeva anche il suo
senso. Solo in quel momento, con la lucidità ben presente in lui,
acquisiva un senso scrivere. Questo mostruoso animale e la trama
bloccata forse mi verranno rivelati nel senso da altri sogni, oppure
quella parte di mente che ragiona per conto suo quando noi pensiamo
di utilizzarla semplicemente per la quotidianità, quella parte di
mente dicevo, potrebbe comprendere e darmi la soluzione. Succede
spesso. Un esempio simile è il famoso sogno di Kekulè. Egli non
riusciva a comprendere come comporre la struttura del benzene e sognò
un serpente che si inoltrava nell'esagono (che era la parte certa
della struttura) e vi si posizionava all'interno in forma di uroboros
(serpente che si mangia la coda, figura a forma di anello) rivelando
così che alcuni elettroni “vagano” all'interno dell'esagono non
legati a nessuno dei suoi “nodi” angoli di carbonio.
Una aspetto certo di questo
sogno è che devo prendere atto di un problema della mia attuale
esistenza che non riesco a risolvere ,,, mami devo fermare qui …
perché se il pensiero diventa razionale la qualità di quel che
otterrò potrebbe essere un alibi e non la realtà. Qualcuno disse e
giustamente che il genere umano non può sopportare troppa realtà …
aveva ragione … ma l'artista non può fingere … almeno davanti a
se stesso deve fare i conti con la realtà in tutta la sua potenza
…
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Nell'arte del novecento l'uso del sogno è stato prettamente intellettuale. Il movimento surrealista ha letto Freud and company e ha creato a tavolino certe immagini. Magritte per esempio, fa giochini che hanno del sogno, ma in maniera troppo artificiale. E' come se io vi chiedessi di farmi una immagine onirica e voi col ragionamento mi mettete una mela enorme in una stanza. Sogno è Delvaux. Sogno è Max Ernst, sogno è Savinio. Un errore orrendo del mercato dell'arte che non è interessato a capire ma solo a vendere, è di considerare di valore ogni "cosa" prodotta da un artista. Sarà sempre qualche opera e mai tutta la produzione, a toccare l'anima. E si ricordi che Breton, semplicemente estensore su "le Figaro" del manifesto surrealista, ammise che le idee erano di Savinio il quale rispose che era vero ma che non le avevano capite. Il messaggio di questo grande (fratello minore di Giorgio de Chirico) è per me chiaro. La parte onirica non va pensata, ma deve sgorgare dal nostro profondo. Un esempio semplice che dimostra la paternità della pittura metafisica … leggete "Ascolto il tuo cuore città" di Savinio e capirete per esempio il senso della piazza metafisica: l'uomo fermo nell'atto del sogno … E Savinio ce lo dimostra anche in letteratura con alcuni ottimi racconti e con un romanzo breve: "La tragedia dell'infanzia".
Nel novecento troppo spesso il sogno è stato pensato e invece deve sgorgare. Salvador dalì per esempio stupì coi comportamenti, con l'abilità del pennello e con certe stranezze come gli orologi liquidi ecc, ma di fatto quest'uomo che fu anche l'ultimo capo dei Rosacroce, mai sì è fatto guidare dal sogno e costruire lo posso accettare solo in un secondo tempo e solo su un "Materiale" sgorgato in noi al di là della nostra volontà.
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Nell'arte del novecento l'uso del sogno è stato prettamente intellettuale. Il movimento surrealista ha letto Freud and company e ha creato a tavolino certe immagini. Magritte per esempio, fa giochini che hanno del sogno, ma in maniera troppo artificiale. E' come se io vi chiedessi di farmi una immagine onirica e voi col ragionamento mi mettete una mela enorme in una stanza. Sogno è Delvaux. Sogno è Max Ernst, sogno è Savinio. Un errore orrendo del mercato dell'arte che non è interessato a capire ma solo a vendere, è di considerare di valore ogni "cosa" prodotta da un artista. Sarà sempre qualche opera e mai tutta la produzione, a toccare l'anima. E si ricordi che Breton, semplicemente estensore su "le Figaro" del manifesto surrealista, ammise che le idee erano di Savinio il quale rispose che era vero ma che non le avevano capite. Il messaggio di questo grande (fratello minore di Giorgio de Chirico) è per me chiaro. La parte onirica non va pensata, ma deve sgorgare dal nostro profondo. Un esempio semplice che dimostra la paternità della pittura metafisica … leggete "Ascolto il tuo cuore città" di Savinio e capirete per esempio il senso della piazza metafisica: l'uomo fermo nell'atto del sogno … E Savinio ce lo dimostra anche in letteratura con alcuni ottimi racconti e con un romanzo breve: "La tragedia dell'infanzia".
Nel novecento troppo spesso il sogno è stato pensato e invece deve sgorgare. Salvador dalì per esempio stupì coi comportamenti, con l'abilità del pennello e con certe stranezze come gli orologi liquidi ecc, ma di fatto quest'uomo che fu anche l'ultimo capo dei Rosacroce, mai sì è fatto guidare dal sogno e costruire lo posso accettare solo in un secondo tempo e solo su un "Materiale" sgorgato in noi al di là della nostra volontà.
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