sabato 7 novembre 2015

Pasolini. Dico quel che ne penso liberamente!

Giovedì cinque novembre 2015. Sul “Corriere della sera” a pagina 23, leggo di un attacco a Muccino (quello amerikano) perché ha osato dire cose non osannanti di Pasolini … Dice Muccino su Facebook: “ho sempre pensato che Pasolini regista fosse fuori posto, anzi, semplicemente un non regista” … uno che usava la macchina da presa in modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente cinematografico sulle cose che raccontava in anni in cui il cinema italiano era cosa altissima … ha di fatto impoverito e sgrammaticato il linguaggio cinematografico dell'epoca, altissimo sia in Italia che nel resto del mondo.
In risposta ad una critica che secondo me dovrebbe invitare a pensare, qualcuno ha scritto “Muccino sei un accattone”, battuta che non fa ridere e nemmeno piangere ma solo pena ….” Qualcun altro ha risposto “sei un ignorante, vai a vedere i film che ha fatto” e anche questa non mi va giù e non c'entra il mio pensiero su Muccino! Lui ha dovuto chiudere la pagina per eccesso di insulti e io do stura alle mie appassionate invettive. Mi spiego con un esempio. Secondo me, e proverò poi a dimostrarlo, Italo Calvino era un intellettuale e non un artista. Le sue invenzioni erano pensate, non sgorgavano mai dall'io interiore, unica via per me per giungere all'opera autentica. Se un artista può essere intellettuale (ovvero, dopo aver colto l'idea in sé nascente, la riordina con l'intelletto), un intellettuale potrà giocare a fare l'artista e mai esserlo sul serio. In questa sua finzione però si cade spesso perché l'intellettuale fa un mestiere e dedica quindi ore lavorative alla sua costruzione, mentre l'artista lo è suo malgrado poiché una sofferenza si rende sopportabile solo quando viene espulsa in forma di opera concreta. Esiste un libretto Einaudi di “La bella estate” di Pavese che in fondo include qualche lettera fra l'autore e il giovane Calvino appena entrato in Einaudi. Si comprendono chiaramente due cosucce; uno, Calvino non ha compreso il romanzo di Pavese e lo sbeffeggia con super superficialità. Due, Pavese lo distrugge, lo mette in riga rapidamente. Accade poi che Pavese si spara, e Calvino mediocreggia in un certo partito, fa l'intellettuale di successo perché in fondo come intellettuale funziona anche, ma se non avesse avuto la sinistra dietro cosa sarebbe stato di lui? Forse avrebbe avuto un ruolo minore, più consono alle sue capacità. Riesco a leggere e imparo spesso dal suo lavoro di intellettuale, e invece mi irrito col suo lavoro da artista perché sento la costruzione solo intelligente.

Ebbene, non mi interesso al Muccino regista ma medito su quel che ha detto di Pasolini ovvero ascolto l'intellettuale e non mi curo dell'artista. Dico per prima cosa che ad una critica così circostanziata si risponde con un ragionamento, non dicendogli, come qualcuno ha fatto, “cervello di ricotta”.
E aggiungo che se, nella letteratura del secondo dopoguerra si desse il giusto valore ai raccomandati della sinistra, la letteratura itagliana (errore voluto) risulterebbe quasi nulla come consistenza. Accade invece che sia forse la migliore in Europa per quel periodo e forse per tutto il novecento! Maraini, Moretti, Benigni, Silone, Cassola, Pasolini, Moravia, Guttuso sono esseri mediocri (strana eccezione Marianna Ucria per la Maraini. Un gran libro, ma non riesco a capacitarmi che la medesima persona abbia firmato schifezze totali, atteggiamenti fintissimi come “Buio”, che ha pure vinto il salottiero premio strega (minuscolo voluto).

Veniamo ora ad un fatto quotidiano. Dico troppo spesso delle cosucce sccomode e mi hanno fatto notare che per questo non sfondo. Rispondo di solito che non mi interessa il successo, quando non stimo chi me lo dovrebbe elargire. Mi interessa scrivere bene e ci sto provando da anni. Tutto qui. Ma quando, in occasione di questo anniversario di Pasolini, dico che non mi piace per niente con delle prof d'italiano e mi sento dire che la pensano allo stesso modo ma preferiscono tacere perché se tocchi Pasolini ti disprezzano.....non pensate che si deduca che la situazione itagliana sia ridicola?

Ebbene. Ecco quel che dico da anni. Pasolini ha dichiarato in un tempo nel quale era un tabù potentissimo, di essere omosessuale, e ha lasciato comprendere che aveva preferenze per ragazzini di ambienti loschi o se preferite, poveri. Questo fece sensazione e incuriosì, un po' come l'assassino seriale elevato a mostro, che viene intervistato e che fa una grande audience perché tocca confini che non tolleriamo ma che proprio per questo incuriosiscono. Ci arrivò a suo tempo Musil che nella sua opera più nota, mostra la morbosità del pubblico per l'assassino Moosbrugger e come egli stesso, il mostro, diventi creatore consapevole della sua immagine. Ci si pensi per favore. Dici oggi che sei gay e ti dicono “affari tuoi” e se dici che sei pure pederasta rischi abbastanza perché questo aspetto infastidisce tuttora. Pasolini ci ha marciato! E si sapeva che persona era. Ci si informi sul perché lasciò l'insegnamento in Friuli per esempio e ditemi onestamente se oggi, come allora sarebbe accettabile una persona così. Ha cavalcato l'etichetta di mostro perverso della sessualità, ecco tutto, come Bukowskij ha cavalcato l'onda della sincerità triviale dell'ubriacone. Si fa audience … ma la qualità non è invitata.
Ora veniamo alla sua opera. I romanzi non mi piacciono, e non lo dico in modo soggettivo. Un'epoca come la sua, che aveva vivi Flajano, Savinio, Brancati, Ortese, Manganelli, Tobino, Landolfi, Malaparte, Guareschi per esempio, lo condanna. Ha creato uno schemino mentale e ci ha fatto di tutto. La società che cambia (solo quelle malate non cambiano...), l'omologazione culturale, la perdita dell'individualità che è la ricchezza dell'Italia (come se in Germania e Francia fosse una benedizione...). Roba semplice fatta film, romanzi e poesie. Dissi con dei docenti che i film sono fatti male e le idee che emergono (quelle vere) sono morbose a sfondo erotico, una ossessione dalla quale non sapeva liberarsi, e questo è ovvio poiché ogni essere può girare solo intorno alla sua individualità e, se non sa essere sincero crea maschere trasparenti o con crepe che permettono di vedere la sua personale realtà.
A tavolino ha pensato un cinema che ha fallito. Se in Russia un Dovshemko utilizzò magistralmente attori non professionisti (ma ebbe l'accuratezza di prepararli almeno un poco, si vedano gli spezzoni di “Terra” su you tube...), se Nanni Loi fece un film capolavoro sulla liberazione di Napoli utilizzando comparse per piccoli ruoli e attori per le parti vere, mettendoci pure idee semplici e geniali (ma purtroppo è stato dimenticato...!!!!), se questa esagerazione, di far recitare al personaggio, se stesso, dimenticando che recitare è un'arte, e che io che recito per esempio la parte di me stesso, produco troppa realtà che sembra finta, mentre nella dimensione scenica o cinematografica, solo una finzione abile può dare un certo senso della realtà..... insomma ... Pasolini di cinema non ci capiva niente e perseverava nei suoi banalissimi errori.
So cosa ne pensava Fellini che era indiscutibilmente un maestro e non lo scrivo perché è un giudizio in volgarese. So tramite Tonino Guerra cosa ne pensava Tarkovskij, che considero il geniaccio del cinema del novecento, il suo poeta totale, e non ne parlava bene. Immondizia, diceva. So che Tonino e Lussu, usciti dalla prima di “Salò”, non erano sconvolti, ma schifati. Tonino mi disse all'inizio della nostra conoscenza, che forse lo avrebbe capito fra anni, ma poi quando iniziò a sbottonarsi parlò chiaro e disse che non gli piaceva. Lo conobbe personalmente e mi raccontò di una volta che uscirono in quattro. Visconti, Pasolini e Moravia. Visconti, raffinatissimo e gentile (diveniva intollerabile e feroce se si innamorava di qualcuno e non veniva corrisposto), Pasolini giudicatore di professione e gay dichiarato che girava con la feccia, e Moravia che, forse bisex, spesso spariva sui colli con le tasche piene di contanti, a caccia di ragazzini. Lo sapevano tutti, ma non ne faceva un vanto e in fondo non ne aveva bisogno per vendere, perché decente lo era nella sua opera, anche se non meritava di essere paragonato a Flajano, Savinio ecc. e … mi raccomando! Ne Tonino ne io abbiamo mai avuto preconcetti verso i gay. Ognuno è quel che è; ho amici e amiche di tutte le “parrocchie” e così era anche per Tonino, e non m'interessa la vita sessuale di una persona, ma la sua sensibilità, il suo pensiero.
Posso anche aggiungere, per chi pratica la discriminazione sessuale, che ci si diverte di più se in compagnia c'è almeno un gay di quelli dichiarati, che di solito hanno un umorismo e una fantasia che noi etero ce la sogniamo … e le risate son quasi sempre garantite. Guardarsi invece da un gay deluso in amore, meglio martellate sulle dita. Sono l'apoteosi della lagna!!! dico sul serio!
Non trovate che sia curioso che gli addetti ai lavori che ho conosciuto nel settore cinema, ne ho citati solo alcuni, non lo stimassero? Ovviamente a telecamere accese si deve sempre parlare bene. Quella è una regola! Pensate che Tonino diceva al massimo di chiunque, se non lo stimava, “non è un artista sul quale io sia cresciuto”. Solo privatamente usciva la verità. E questo accade a tutti i livelli. Anni fa, un amico laureatosi poi in lettere alla Normale di Pisa, inveì, davanti ad una tazza di caffè, sul fatto di avere dovuto sostenere un esame su Dino Campana. Ne disse peste e corna. “Ma ti rendi conto? Stella variabile per Campana voleva dire cometa! Ma che senso ha se devo leggere con le interpretazioni sotto!” aggiunse poi che l'Italia voleva il suo poeta maledetto. Non ebbe un Verlaine e quindi andò in manicomio a cercarsene uno. Spietato, e secondo me veritiero, ma in pubblico lo sentii dire … il contrario. Chissà se ha compreso che è per questa sua maschera che non lo frequento più....
E che dire delle professoresse d'Italiano che mi dicono “la pensiamo come te ma non si può dire?”
E quegli indocenti che, quando dico che i romanzi son banali e scritti male, e che i film sono squallidi, mi dicono che però la poesia è bella? E li spiazzo rispondendo che quella è la loro risposta di repertorio per salvare il salvabile e quindi il loro mestiere, e che la poesia di Pasolini l'ho letta ed e la trovo insipida insipida insipida?

Aggiungo anche che un giorno, parlando di Joyce, dissi che è illeggibile. Mi risposero che ero matto ma sbiancarono quando aggiunsi poi che era una citazione di Borges! Joyce lo si inizia per curiosità e poi lo si lascia perdere. Solo il dovere di un esame ti condanna ad approfondirlo.
Questo fatterello ci rivela un aspetto medievale che la sinistrata sinistra ha riportato in auge: il concetto di autorità. Il valore di una frase dipende da chi l'ha detta o da quel che contiene? Il bello è che, come dimostra il caso della frase di Borges sul quell'irlandese che terminata la moda è morto alla letteratura, è facile farli morire delle loro medesime insensatezze! Conta l'autorità? Mi presto la frase di uno che per te è un fenomeno, mi lascio insultare e poi ti rivelo che l'ha detta il tuo idolo … Povera Itaglia.

Eppure esiste un'Italia vera, degna della majuscola assoluta.
Due esempi. Leggere “I tre amici di Tobino” e “Poveri e semplici” più “il cappello piumato della Ortese”. La sorpresa sarà la seguente. La sinistra già nel 1952, era l'ombra ipocritissima degli ideali che sbandierava. Quella che Tobino racconta è una storia vera che da sola basterebbe a domandare quali erano gli scrittori iscritti al partito nonostante l'ipocrisia rivelata, e usarli in bagno come carta igienica o nel caminetto! E la Ortese! Premiata perché brava al Viareggio, se non erro, e che viene dimenticata perché diceva verità scomode. Avrebbero dovuto fare una scelta nel partito: leggere quelle opere e apertamente accettare le critiche. Ma questo avrebbe portato a cambiamenti che non erano in grado più di attuare perché? Perché erano realmente ipocriti, con la maschera di un grande ideale. Accantonati gli artisti perché sinceri, ecco che emergono gli intellettuali che per prendere quegli spazi lasciati vacanti devono fingersi scrittori … e così due veri maestri, Tobino e la Ortese, razzolano nella terza classe degli anniversari di nascita e di morte, stabiliti da una nuova generazione di intellettuali altrettanto ipocriti perché tuttora nessuna di quei sinistrati reduci e nemmeno dei nuovi senza ideali, vuole ammettere il fallimento della loro linea culturale. Servivano artisti asserviti, ma era una razza pericolosa che poteva reagire anche contro chi li coccolava. Non obbedivano! E quindi solo chi stava al gioco faceva carriera. Ma un artista che sta al gioco per definizione … non è più un artista ma un traditore prima di tutto di se stesso.

Direi che sia ora di fare piazza pulita e riscrivere una vera antologia della letteratura del novecento!
E penso a Emanuel Carnevali, il maudit che l'Italia cercava ma che non era obbligatorio avere! Tornò dagli Stati Uniti falciato dalla Spagnola. Era ormai una larva, ricoverata a Bazzano in clinica e se, meditate …., e se Ezra Pound e Montale andarono a trovarlo e gli pagarono un anno di cure, ci sarà pure un motivo! Quel Carnevali che collaborò con Poetry ed ebbe il coraggio onesto e all'epoca vero, di dire a Pound che si atteggiava troppo! E nell'incontro anche polemico fra giganti, c'è comunque spazio per le scintille come per il rispetto. Emanuel era dilaniato ormai, scriveva solo con un dito, che lentamente batteva i tasti della macchina per scrivere e si nutriva di calmanti, ma Pound e Montale fecero quel pellegrinaggio ad un uomo che in poesia fu “Quasi un dio” (poesia riedita recentemente da Adelphi nel volume “Il primo Dio”).

Esiste un documentario diviso in due parti, la prima a cura di Guareschi, la seconda di Pasolini. Si scelse un autore di sinistra e uno di destra. Decisero per il padre di don Camillo che era di destra si, ma rispettato perché era stato in campo di prigionia. Cercatelo de divoratelo. L'effetto che fa dopo tanti anni, è rivelatore. Pasolini cavalca luoghi comuni, Guareschi fece centro e tuttora tocca profondamente. Si pensi che una volta terminate riprese e montaggi non fu messo in circolazione. Il motivo risulta evidente per chi visiona l'opera. Pasolini dice quel che si può e che si deve dire, è indottrinato e allineato; ha creato un contenitore di luoghi comuni e scoprirete vedendo la sua parte, quanto anche voi vi siete nutriti di quella propaganda. Guareschi è andato oltre, e con una scena, quella dei gatti per intenderci, se mai lo vedrete, avrà il potere di sbalordirci e prevedere. è carino pensare, per non dire grottesco fino al ridicolo, che Pasolini definì Guareschi un prelogico, ovvero un animale. Ma finita la moda Guareschi, non solo con Don Camillo segna un'epoca con una saggezza sorridente e profonda e Pasolini viene ancora "osannato" dalle pecore della sua stalla.

Morale: spero che, al più presto, vengano riscoperti e valorizzati come meritano i veri Grandi della letteratura italiana. ciao






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