Giovedì cinque novembre
2015. Sul “Corriere della sera” a pagina 23, leggo di un attacco
a Muccino (quello amerikano) perché ha osato dire cose non osannanti
di Pasolini … Dice Muccino su Facebook: “ho sempre pensato che
Pasolini regista fosse fuori posto, anzi, semplicemente un non
regista” … uno che usava la macchina da presa in modo amatoriale,
senza stile, senza un punto di vista meramente cinematografico sulle
cose che raccontava in anni in cui il cinema italiano era cosa
altissima … ha di fatto impoverito e sgrammaticato il linguaggio
cinematografico dell'epoca, altissimo sia in Italia che nel resto del
mondo.
In risposta ad una critica
che secondo me dovrebbe invitare a pensare, qualcuno ha scritto
“Muccino sei un accattone”, battuta che non fa ridere e nemmeno
piangere ma solo pena ….” Qualcun altro ha risposto “sei un
ignorante, vai a vedere i film che ha fatto” e anche questa non mi
va giù e non c'entra il mio pensiero su Muccino! Lui ha dovuto
chiudere la pagina per eccesso di insulti e io do stura alle mie
appassionate invettive. Mi spiego con un esempio. Secondo me, e
proverò poi a dimostrarlo, Italo Calvino era un intellettuale e non
un artista. Le sue invenzioni erano pensate, non sgorgavano mai
dall'io interiore, unica via per me per giungere all'opera autentica.
Se un artista può essere intellettuale (ovvero, dopo aver colto
l'idea in sé nascente, la riordina con l'intelletto), un
intellettuale potrà giocare a fare l'artista e mai esserlo sul
serio. In questa sua finzione però si cade spesso perché
l'intellettuale fa un mestiere e dedica quindi ore lavorative alla
sua costruzione, mentre l'artista lo è suo malgrado poiché una
sofferenza si rende sopportabile solo quando viene espulsa in forma
di opera concreta. Esiste un libretto Einaudi di “La bella estate”
di Pavese che in fondo include qualche lettera fra l'autore e il
giovane Calvino appena entrato in Einaudi. Si comprendono
chiaramente due cosucce; uno, Calvino non ha compreso il romanzo di
Pavese e lo sbeffeggia con super superficialità. Due, Pavese lo
distrugge, lo mette in riga rapidamente. Accade poi che Pavese si
spara, e Calvino mediocreggia in un certo partito, fa l'intellettuale
di successo perché in fondo come intellettuale funziona anche, ma se
non avesse avuto la sinistra dietro cosa sarebbe stato di lui? Forse
avrebbe avuto un ruolo minore, più consono alle sue capacità.
Riesco a leggere e imparo spesso dal suo lavoro di intellettuale, e
invece mi irrito col suo lavoro da artista perché sento la
costruzione solo intelligente.
Ebbene, non mi interesso
al Muccino regista ma medito su quel che ha detto di Pasolini ovvero
ascolto l'intellettuale e non mi curo dell'artista. Dico per prima
cosa che ad una critica così circostanziata si risponde con un
ragionamento, non dicendogli, come qualcuno ha fatto, “cervello di
ricotta”.
E aggiungo che se, nella
letteratura del secondo dopoguerra si desse il giusto valore ai
raccomandati della sinistra, la letteratura itagliana (errore voluto)
risulterebbe quasi nulla come consistenza. Accade invece che sia
forse la migliore in Europa per quel periodo e forse per tutto il
novecento! Maraini, Moretti, Benigni, Silone, Cassola, Pasolini,
Moravia, Guttuso sono esseri mediocri (strana eccezione Marianna
Ucria per la Maraini. Un gran libro, ma non riesco a capacitarmi che
la medesima persona abbia firmato schifezze totali, atteggiamenti
fintissimi come “Buio”, che ha pure vinto il salottiero premio
strega (minuscolo voluto).
Veniamo ora ad un fatto
quotidiano. Dico troppo spesso delle cosucce sccomode e mi hanno
fatto notare che per questo non sfondo. Rispondo di solito che non mi
interessa il successo, quando non stimo chi me lo dovrebbe elargire.
Mi interessa scrivere bene e ci sto provando da anni. Tutto qui. Ma
quando, in occasione di questo anniversario di Pasolini, dico che non
mi piace per niente con delle prof d'italiano e mi sento dire che la
pensano allo stesso modo ma preferiscono tacere perché se tocchi
Pasolini ti disprezzano.....non pensate che si deduca che la
situazione itagliana sia ridicola?
Ebbene. Ecco quel che dico
da anni. Pasolini ha dichiarato in un tempo nel quale era un tabù
potentissimo, di essere omosessuale, e ha lasciato comprendere che
aveva preferenze per ragazzini di ambienti loschi o se preferite,
poveri. Questo fece sensazione e incuriosì, un po' come l'assassino
seriale elevato a mostro, che viene intervistato e che fa una grande
audience perché tocca confini che non tolleriamo ma che proprio per
questo incuriosiscono. Ci arrivò a suo tempo Musil che nella sua
opera più nota, mostra la morbosità del pubblico per l'assassino
Moosbrugger e come egli stesso, il mostro, diventi creatore
consapevole della sua immagine. Ci si pensi per favore. Dici oggi che
sei gay e ti dicono “affari tuoi” e se dici che sei pure
pederasta rischi abbastanza perché questo aspetto infastidisce
tuttora. Pasolini ci ha marciato! E si sapeva che persona era. Ci si
informi sul perché lasciò l'insegnamento in Friuli per esempio e
ditemi onestamente se oggi, come allora sarebbe accettabile una
persona così. Ha cavalcato l'etichetta di mostro perverso della
sessualità, ecco tutto, come Bukowskij ha cavalcato l'onda della
sincerità triviale dell'ubriacone. Si fa audience … ma la qualità
non è invitata.
Ora veniamo alla sua
opera. I romanzi non mi piacciono, e non lo dico in modo soggettivo.
Un'epoca come la sua, che aveva vivi Flajano, Savinio, Brancati,
Ortese, Manganelli, Tobino, Landolfi, Malaparte, Guareschi per
esempio, lo condanna. Ha creato uno schemino mentale e ci ha fatto di
tutto. La società che cambia (solo quelle malate non cambiano...),
l'omologazione culturale, la perdita dell'individualità che è la
ricchezza dell'Italia (come se in Germania e Francia fosse una
benedizione...). Roba semplice fatta film, romanzi e poesie. Dissi
con dei docenti che i film sono fatti male e le idee che emergono
(quelle vere) sono morbose a sfondo erotico, una ossessione dalla
quale non sapeva liberarsi, e questo è ovvio poiché ogni essere può
girare solo intorno alla sua individualità e, se non sa essere
sincero crea maschere trasparenti o con crepe che permettono di
vedere la sua personale realtà.
A tavolino ha pensato un
cinema che ha fallito. Se in Russia un Dovshemko utilizzò
magistralmente attori non professionisti (ma ebbe l'accuratezza di
prepararli almeno un poco, si vedano gli spezzoni di “Terra” su
you tube...), se Nanni Loi fece un film capolavoro sulla liberazione
di Napoli utilizzando comparse per piccoli ruoli e attori per le
parti vere, mettendoci pure idee semplici e geniali (ma purtroppo è
stato dimenticato...!!!!), se questa esagerazione, di far recitare al
personaggio, se stesso, dimenticando che recitare è un'arte, e che
io che recito per esempio la parte di me stesso, produco troppa
realtà che sembra finta, mentre nella dimensione scenica o
cinematografica, solo una finzione abile può dare un certo senso
della realtà..... insomma ... Pasolini di cinema non ci capiva
niente e perseverava nei suoi banalissimi errori.
So cosa ne pensava Fellini
che era indiscutibilmente un maestro e non lo scrivo perché è un
giudizio in volgarese. So tramite Tonino Guerra cosa ne pensava
Tarkovskij, che considero il geniaccio del cinema del novecento, il
suo poeta totale, e non ne parlava bene. Immondizia, diceva. So che
Tonino e Lussu, usciti dalla prima di “Salò”, non erano
sconvolti, ma schifati. Tonino mi disse all'inizio della nostra
conoscenza, che forse lo avrebbe capito fra anni, ma poi quando
iniziò a sbottonarsi parlò chiaro e disse che non gli piaceva. Lo
conobbe personalmente e mi raccontò di una volta che uscirono in
quattro. Visconti, Pasolini e Moravia. Visconti, raffinatissimo e
gentile (diveniva intollerabile e feroce se si innamorava di qualcuno
e non veniva corrisposto), Pasolini giudicatore di professione e gay
dichiarato che girava con la feccia, e Moravia che, forse bisex,
spesso spariva sui colli con le tasche piene di contanti, a caccia di
ragazzini. Lo sapevano tutti, ma non ne faceva un vanto e in fondo
non ne aveva bisogno per vendere, perché decente lo era nella sua
opera, anche se non meritava di essere paragonato a Flajano, Savinio
ecc. e … mi raccomando! Ne Tonino ne io abbiamo mai avuto
preconcetti verso i gay. Ognuno è quel che è; ho amici e amiche di
tutte le “parrocchie” e così era anche per Tonino, e non
m'interessa la vita sessuale di una persona, ma la sua sensibilità,
il suo pensiero.
Posso anche aggiungere,
per chi pratica la discriminazione sessuale, che ci si diverte di più
se in compagnia c'è almeno un gay di quelli dichiarati, che di
solito hanno un umorismo e una fantasia che noi etero ce la sogniamo
… e le risate son quasi sempre garantite. Guardarsi invece da un
gay deluso in amore, meglio martellate sulle dita. Sono l'apoteosi
della lagna!!! dico sul serio!
Non trovate che sia
curioso che gli addetti ai lavori che ho conosciuto nel settore
cinema, ne ho citati solo alcuni, non lo stimassero? Ovviamente a
telecamere accese si deve sempre parlare bene. Quella è una regola!
Pensate che Tonino diceva al massimo di chiunque, se non lo stimava,
“non è un artista sul quale io sia cresciuto”. Solo privatamente
usciva la verità. E questo accade a tutti i livelli. Anni fa, un
amico laureatosi poi in lettere alla Normale di Pisa, inveì, davanti
ad una tazza di caffè, sul fatto di avere dovuto sostenere un esame
su Dino Campana. Ne disse peste e corna. “Ma ti rendi conto? Stella
variabile per Campana voleva dire cometa! Ma che senso ha se devo
leggere con le interpretazioni sotto!” aggiunse poi che l'Italia
voleva il suo poeta maledetto. Non ebbe un Verlaine e quindi andò in
manicomio a cercarsene uno. Spietato, e secondo me veritiero, ma in
pubblico lo sentii dire … il contrario. Chissà se ha compreso che
è per questa sua maschera che non lo frequento più....
E che dire delle
professoresse d'Italiano che mi dicono “la pensiamo come te ma non
si può dire?”
E quegli indocenti che,
quando dico che i romanzi son banali e scritti male, e che i film
sono squallidi, mi dicono che però la poesia è bella? E li spiazzo
rispondendo che quella è la loro risposta di repertorio per salvare
il salvabile e quindi il loro mestiere, e che la poesia di Pasolini
l'ho letta ed e la trovo insipida insipida insipida?
Aggiungo anche che un
giorno, parlando di Joyce, dissi che è illeggibile. Mi risposero che
ero matto ma sbiancarono quando aggiunsi poi che era una citazione di
Borges! Joyce lo si inizia per curiosità e poi lo si lascia perdere.
Solo il dovere di un esame ti condanna ad approfondirlo.
Questo fatterello ci
rivela un aspetto medievale che la sinistrata sinistra ha riportato
in auge: il concetto di autorità. Il valore di una frase dipende da
chi l'ha detta o da quel che contiene? Il bello è che, come dimostra
il caso della frase di Borges sul quell'irlandese che terminata la
moda è morto alla letteratura, è facile farli morire delle loro
medesime insensatezze! Conta l'autorità? Mi presto la frase di uno
che per te è un fenomeno, mi lascio insultare e poi ti rivelo che
l'ha detta il tuo idolo … Povera Itaglia.
Eppure esiste un'Italia
vera, degna della majuscola assoluta.
Due esempi. Leggere “I
tre amici di Tobino” e “Poveri e semplici” più “il cappello
piumato della Ortese”. La sorpresa sarà la seguente. La sinistra
già nel 1952, era l'ombra ipocritissima degli ideali che
sbandierava. Quella che Tobino racconta è una storia vera che da
sola basterebbe a domandare quali erano gli scrittori iscritti al
partito nonostante l'ipocrisia rivelata, e usarli in bagno come carta
igienica o nel caminetto! E la Ortese! Premiata perché brava al
Viareggio, se non erro, e che viene dimenticata perché diceva verità
scomode. Avrebbero dovuto fare una scelta nel partito: leggere quelle
opere e apertamente accettare le critiche. Ma questo avrebbe portato
a cambiamenti che non erano in grado più di attuare perché? Perché
erano realmente ipocriti, con la maschera di un grande ideale.
Accantonati gli artisti perché sinceri, ecco che emergono gli
intellettuali che per prendere quegli spazi lasciati vacanti devono
fingersi scrittori … e così due veri maestri, Tobino e la Ortese,
razzolano nella terza classe degli anniversari di nascita e di morte,
stabiliti da una nuova generazione di intellettuali altrettanto
ipocriti perché tuttora nessuna di quei sinistrati reduci e nemmeno
dei nuovi senza ideali, vuole ammettere il fallimento della loro
linea culturale. Servivano artisti asserviti, ma era una razza
pericolosa che poteva reagire anche contro chi li coccolava. Non
obbedivano! E quindi solo chi stava al gioco faceva carriera. Ma un
artista che sta al gioco per definizione … non è più un artista
ma un traditore prima di tutto di se stesso.
Direi che sia ora di fare
piazza pulita e riscrivere una vera antologia della letteratura del
novecento!
E penso a Emanuel
Carnevali, il maudit che l'Italia cercava ma che non era obbligatorio
avere! Tornò dagli Stati Uniti falciato dalla Spagnola. Era ormai
una larva, ricoverata a Bazzano in clinica e se, meditate …., e se
Ezra Pound e Montale andarono a trovarlo e gli pagarono un anno di
cure, ci sarà pure un motivo! Quel Carnevali che collaborò con
Poetry ed ebbe il coraggio onesto e all'epoca vero, di dire a Pound
che si atteggiava troppo! E nell'incontro anche polemico fra giganti,
c'è comunque spazio per le scintille come per il rispetto. Emanuel
era dilaniato ormai, scriveva solo con un dito, che lentamente
batteva i tasti della macchina per scrivere e si nutriva di calmanti,
ma Pound e Montale fecero quel pellegrinaggio ad un uomo che in
poesia fu “Quasi un dio” (poesia riedita recentemente da Adelphi
nel volume “Il primo Dio”).
Esiste un documentario
diviso in due parti, la prima a cura di Guareschi, la seconda di
Pasolini. Si scelse un autore di sinistra e uno di destra. Decisero
per il padre di don Camillo che era di destra si, ma rispettato
perché era stato in campo di prigionia. Cercatelo de divoratelo.
L'effetto che fa dopo tanti anni, è rivelatore. Pasolini cavalca
luoghi comuni, Guareschi fece centro e tuttora tocca profondamente. Si pensi che una volta terminate riprese e montaggi non fu messo in circolazione. Il motivo risulta evidente per chi visiona l'opera. Pasolini dice quel che si può e che si deve dire, è indottrinato e allineato; ha creato un contenitore di luoghi comuni e scoprirete vedendo la sua parte, quanto anche voi vi siete nutriti di quella propaganda. Guareschi è andato oltre, e con una scena, quella dei gatti per intenderci, se mai lo vedrete, avrà il potere di sbalordirci e prevedere. è carino pensare, per non dire grottesco fino al ridicolo, che Pasolini definì Guareschi un prelogico, ovvero un animale. Ma finita la moda Guareschi, non solo con Don Camillo segna un'epoca con una saggezza sorridente e profonda e Pasolini viene ancora "osannato" dalle pecore della sua stalla.
Morale: spero che, al più
presto, vengano riscoperti e valorizzati come meritano i veri Grandi
della letteratura italiana. ciao
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