giovedì 5 settembre 2013

Simenon; "La finestra dei Rouet"




Penso sia la prima volta che mi avventuro a descrivere i contenuti di un'opera di Simenon che non sia della serie del commissario Maigret. Come ho già spiegato in altri post, Migret era scritto con la macchina per scrivere. Serviva per far quadrare il bilancio famigliare. Le altre opere, quelle scritte a mano, avevano, nelle intenzioni dell'autore, ambizioni più elevate, più profonde. Si trattava quindi di ciò che gli era più caro. L'opera che mi accingo a meditare, fu terminata nel luglio del 1942, e già questo particolare deve farci pensare perché della guerra non troviamo il minimo accenno. Accade la medesima situazione in un quadro di Balthus che, con l'aiuto della data di composizione, 1940, diviene apparentemente enigmatico. Ecco l'opera:


una ragazza che raccoglie ciliegie in un paesaggio naturale, bello. Ecco la soluzione; l'uomo può distruggere ma le stagioni continueranno a tornare, ad esistere, indifferenti all'uomo e alla sua follia.

Balthus aveva tentato di difendere in divisa, il suo mondo, la sua Francia, la sua Parigi, ma tutto crollò in un attimo e, ferito e rifugiato in Svizzera ci diede questa lezione di umiltà.

Torniamo a Simenon. Fu accusato di collaborazionismo per aver scritto e pubblicato romanzi in piena invasione tedesca del suolo francese … ma se si leggono le opere di quel periodo, si coglie che non gli interessava calarsi nella descrizione della situazione contingente. Non era schierata la sua opera, parlava d'altro e, a differenza del quadro di Balthus, parlava d'altro anche se si va a scavare a fondo come per esempio mi accingo a fare per quest'opera.

Devo prima fare una specie di “riassunto delle puntate precedenti”. Il lettore stakanovista-masochista se vuole, può reperire nel blog gli altri scritti su simenon, oppure, e glielo consiglio, accontentarsi di questa piccolo riassunto. Dalle opere del commissario Maigret, ho dedotto che per Simenon il nucleo fondamentale è l'unione uomo donna che produce la tenerezza. La famiglia è invece il gradino successivo e lo scopriremo qui. L'umo e la donna, son di fatto una coppia che cambierà valore e significato davanti al mondo e davanti a se stessa, sia intesa come coppia che come due individui, solo davanti al figlio.

Il singolo, la singola, sono sacrificabili; la coppia ha valore per il suo essere in divenire, la famiglia, entità che diviene tale solo con la presenza di almeno un figlio, è il nucleo al quale tutto si scarifica. Essa deve poter crescere, procedere. Essa diviene culla concentrata sulla crescita della prole.

Maigret, questo alter ego semidivino di Simenon, sembra semplicemente un commissario che agisce per tutelare la legge scritta, ma di fatto cura la legge di natura. Non si deve pensare che un suo libretto sia terminato con la “cattura” del colpevole. Il suo compito è reintegrare secondo la legge di natura. Ebbene … le opere scritte a penna, e “La finestra dei Rouet” ne è uno degli esempi più totali, completi, le opere scritte a penna, dicevo, si incaricano di descrivere la legge di natura. Capita che qualche opera, ad esempio “Il piccolo libraio di Archangersk”, sembri indipendente, ma di fatto agisce con una spinta prevalente su uno solo dei tasselli del mosaico che compone la legge di natura secondo Simenon. Ci tengo a dire che è soggettiva questa legge, è la sua, poiché, per quanto io la condivida, ritengo che un tassello manchi. Mi spiegherò più avanti. Ne “Il piccolo libraio di Archangelsk” l'argomento è l'integrazione nella comunità. Lo ritroviamo in fondo sempre nel modo di agire di Maigret, il quale di fatto sempre, agisce calandosi nella comunità nella quale il crimine è stato commesso. Diviene uno di loro, cerca di ragionare, come loro. Dalla comprensione della comunità si ottiene il risultato principale, ovvero la comprensione del perché di un atto. Di conseguenza a questo agire, si ha la scoperta del colpevole che verrà aiutato o consegnato a seconda che la colpa sia in relazione alla legge di natura o a quella dei codici. Esemplare è in questo caso la lettura de “Il porto delle nebbie”. Nel finale Maigret è talmente integrato e accettato che gli dispiace venire via da Ouistreham.

Qui si coglie un problema anzi, il Problema con la P majuscola, della giurisprudenza umana. Essa non tiene conto delle realtà, definiamole comunitarie, ma da essa solo, parte. Ogni ambiente ha il suo galateo, la sua scala di valori. Ci basti pensare che chi ha compiuto reati di natura sessuale contro i bambini di solito in carcere viene ucciso … questo dimostra che perfino quel luogo estremo ha le sue norme. Ebbene. La legge scritta nei secoli dall'uomo, si è distanziata dalla natura e anche dalla comunità. Ci basta leggere “Maigret e il barbone” per comprendere e venire convinti dell'esistenza di questa problematica. Anche “Il porto delle nebbie”



si può comprendere solo se si è consapevoli di queste dolorose discrepanze. In questo libretto, tutto accade per riunire non una famiglia legale, ma una famiglia naturale! Legge, contro natura! E tutta la battaglia si giustifica e si fa sensata e bella proprio perché è un'ottica condivisibile. Il suicidio di colui che ha usato la legge per “fregare” la natura, quasi ci fa piacere, lo sentiamo giusto. E questo accade perché ci rendiamo conto che nulla può la legge contro la mostruosità che quel suicida ha attuato. Il padre naturale ha le sue colpe, ma esse non danneggiano la legge di natura. È in quest'ottica che si valuta se un comportamento è più o meno grave, condannabile o perdonabile. In più, sempre ne “Il porto delle nebbie”, Maigret, che è stato legato come un salame e abbandonato su un pontile per tutta una notte piovosa e fredda, reagisce con un certo cameratismo rendendo la “bagnata” a chi lo ha bagnato, ovvero gettandolo nel canale. Comportamento poco adatto per un commissario, non credete? ma ammissibile da parte di due persone che sentono di fare parte della medesima comunità.

Ne “Il ranch della giumenta perduta”, la mania del gioco d'azzardo di uno dei protagonisti, diviene, la si sente minima. Ha più il sapore della colpa l'averla taciuta e nascosta all'amico fraterno a colui che è massima espressione del vivere comunitario rasentando la simbiosi. Si è quel che si è e la perfezione non esiste. Questo ci viene detto dall'esperienza e da Simenon. La natura lo sa, e la legge scritta invece no, punisce nella sua generalità e freddezza, chiunque non sia perfetto. E ditemi se non è perfetto chi agisce in tutto per tutto secondo le leggi. Perfetto in modo strano, irreale, e quindi malato. Ci basti pensare a quando stati come Italia e Germania, spinti da grottesche dittature, ordinarono il razzismo, lo resero legge, contro ebrei e minoranze. L'uomo, che è ovviamente imperfetto, diviene quindi spesso non un tutelato, ma una vittima di un sistema di legge che aderisce alla logica, alle idee … ma la vita è concretezza, quotidianità...

Se pensiamo poi al rapporto della morale con la legge scritta! La legge insegue la morale, ad essa cerca di conformarsi, ma essendo la morale sempre in continuo mutamento …. si hanno micro e macro tragedie. L'esempio più ridicolo e invadente che la storia ricordi è secondo me l'invenzione del purgatorio avvenuto a Parigi per merito del monaco Pietro il mangiatore (di libri), per salvare dall'infermo i mercanti.

La morale che più ci interessa è esattamente quella sessuale. Da essa dipende la coppia, in essa la coppia si fa famiglia, e ne “La finestra dei Rouet” abbiamo esempi dei danni che si possono creare se si ha pretesa di regolare un qualcosa che in ognuno di noi è di fatto autoregolato, ovvero la legge di natura, che nasce e diviene consapevole in ogni individuo con lo sviluppo sessuale all'inizio dell'adolescenza. Prima predomina l'egoismo che è uno strumento primordiale per la sopravvivenza individuale. Veniamo a qualche brano tratto dal libro:

“... aveva ricominciato a sentirsi viva: era avvolta da un'atmosfera di gioia amorosa...”

“Vive. Vivrà. Ha incominciato a vivere. La sua anima e la sua carne sono appagate. Lo incontrerà, rimarrà sola con lui. Vivrà l'unica vita che valga la pena di essere vissuta.”

Per Simenon si vive quando si ama. Si deve fare il possibile per amare, anche compiendo atti che la legge umana non permette? si. La legge di natura, secondo Simenon, non ha pietà. Essa non ha rispetto se non per se stessa. Premetto che su questo punto non sono in accordo con Simenon e mi spiego. La protagonista ha sposato il rampollo della ricca famiglia Rouet. Lui si ammala. Ha attacchi quotidiani. Lei gli da le gocce … e poi un giorno decide di non dargliele. È nella stanza di fianco. Lo sente rantolare. Non entra e senza quelle gocce lui soffoca. Deduzione. Secondo la legge di natura, lui che è tagliato fuori dall'erotismo, dalla carnalità, può soccombere, anzi deve, poiché la sua presenza, limita la vitalità di un altro. Per me è inaccettabile. Ho un'altra idea dell'amore. Immaginiamo una coppia. Uno dei due si ammala e non è più in grado di fare sesso... sarò un sognatore ma per me, la storia potrebbe andare avanti, poiché l'amore non si basa sulla sessualità. Sa trascenderla, andare oltre! Serve quasi sempre per l'innesco, non per il proseguimento.

Nella seconda citazione leggiamo: “...Vivrà l'unica vita che vale la pena di essere vissuta”... non va, almeno per me personalmente. Posso comprendere che la pulsione erotica sia potente, invadente oserei dire, ma essa è più in basso della mia concezione dell'amore.

Faccio notare ora un altro aspetto che mi distanzia da Simenon che comunque stimo e leggo con estremo interesse, consapevole che mi insegna molto: in lui non esiste il sacro. La vita è solo carnalità, è terribilmente, completamente e secondo me assurdamente laica. In me esiste un'intuizione del sacro che probabilmente per molti miei coetanei, sembrerà ridicola. Se solo ciò che è dimostrabile è veritiero, hanno ragione, ma il sacro non ha bisogno di avere a che fare con laboratori, teorie scientifiche e simili. E non si tratta dell'accettazione delle norme, in fondo sociali di un dio barbuto. Per spiegarlo uso la letteratura, mi faccio artista, ma senza ambizione, con umiltà. Nel blog si può assaggiare “Incubo bianco”. Penso che rimetterò anche in circolazione il racconto “Viagra”, dopo un'ennesima limatura, poiché in esso quell'intuizione, non so se ben resa, convive con la più bassa carnalità, nel tentativo di far comprendere anche quel che il linguaggio umano non è in grado di … spiegare. Forse anche “Ciliegi in fiore” rende l'idea del sacro, e senza miracoli gnomi o fatine. Ci penserò ...Esso, il linguaggio appunto, è nato per la vita, per la quotidianità, per risolvere problemi pratici che richiedono l'intervento di un'altra persona. La celebre frase dei Flinstones ne è un simpatico esempio: “Wilma dammi la clava!” ti serve uno strumento e devi saper modulare un verso che renda possibile il passaggio della clava da parte di … Wilma, ovvero di una comunità. Nel dialogo con se stessi, dobbiamo invece imparare a tenere staccati i pensieri dal linguaggio, così, senza i suoi limiti, vanno molto più nel profondo... Ora la lingua si è raffinata. Esistono bei paroloni come metafisico, ontologico (che giustamente somiglia molto a oncologico), ma a me sembrano più una malattia del linguaggio, una cancrena causata da una ristretta cerchia che cerca appunto di descrivere l'indescrivibile, il non razionale che è ben diverso dall'irrazionale oppure cose fini con un linguaggio nato per farsi passare la ...clava. Si tratta ovviamente dei filosofi... io son laureato anche in filosofia, ma mi ha fatto ribrezzo questo “gioco” del linguaggio. Spesso si ha una costruzione immensa di migliaia di parole e paroloni per approdare ad un significato piccolo piccolo. Non va, non mi piace. Non so se in futuro il linguaggio riuscirà a risolvere questo suo limite. Per ora accade che l'intuizione del sacro possa trovare casa solo nell'arte, nella letteratura, spesso nella forma a parabola che Kafka utilizzò … divinamente.

Penso a Hemingway, esattamente a “Per chi suona la campana”. Un capolavoro. L'intuizione di un destino da parte di una donna anziana è la chiave di tutto. La sua scelta di lasciare che la ragazza che protegge “vada” col protagonista e faccia esperienza della vita, avviene perché ha compreso che lui morirà. Una scintilla di divino. Diversamente non si spiega quella certezza. Poi l'amato Fitzgerald che visse un'epoca, gli anni venti del novecento, ne descrisse la malattia, ne intuì il crollo e crollò con essa …. un mondo senza sacro. Insisto su un aspetto. Il sacro non è una religione. Il novecento poi si ubriacò di religioni laiche come il comunismo, i fascismi, il nazismo che si differenzia dagli altri fascismi per il fatto che il culto del capo stava per diventare religione …

Il sacro è l'intuizione che esiste un'armonia fra noi e il tutto. Ci sono momenti nei quali ne sono pervaso e non è certo l'amore, nel mio caso per una donna, essendo io eterosessuale, a portarmi a questo. L'idea dantesca e della sua epoca, che una Beatrice, (per altri una Laura, secoli prima una Cinzia), possa portarmi a dio, simbolo del sacro, non mi sfiora, e il risultato è dato dall'esperienza che ho fatto nella mia breve e scalcagnata esistenza. Ho addirittura la sensazione che l'amore sia la distrazione che la carne ottiene per non pensare ad altro. La comunità, calarsi in essa, l'amore come massimo contatto con un altro essere. Ma si nasce da soli, e il primo atto è un pianto. Si muore soli, oggi più che mai. Si è soli davanti alla luce della vita. Ci si immerge nella comunità e nel sentimento di origine carnale, e non si pensa. Anche mangiare è una deviazione dal pensiero quando si allontana troppo dalla sua funzione base che è nutrirsi. A me non interessa che si pensi alla morte. Mi interessa il contrario. Pensare alla vita. Ci sfugge il sacro perché viviamo troppo la carne. Essa deve essere assecondata e compresa, ma la sua ebbrezza non deve diventare una ubriacatura perenne. Quando si scopre che ogni fame del corpo, sessuale o di cibo è uguale, non è mai sazia, questo circolo vizioso dovrebbe secondo me insegnarci che ci siamo impantanati, che giriamo intorno, a vuoto. E si rischia di arrivare avanti negli anni senza aver pensato. I sensi e le loro esperienze sono la base dalla quale prendere il volo. Se non accade così, se non si tratta di un trampolino di lancio ma di un vizio ripetitivo, allora, quando la morte giunge, si muore davvero, totalmente, irrimediabilmente.

Torniamo a Simenon e alla “Finestra dei Rouet”. Abbiamo una donna sui quarant'anni, Dominique, che abita in un appartamento che dà sulle finestre di casa Rouet. Lei vede la vitalità di questa moglie che uccide il marito (oppure come precisa il testo, non dandogli le gocce lo lascia morire). Lei vede la sua sensualità e la misura con la sua esistenza men che vuota. Figlia di un generale burbero che mai fece il padre. Membro di un clan famigliare estremamente selettivo ed esclusivista e di una madre arrendevole e senza carattere, si è ritrovata adulta senza sapere come si vive e senza soldi. È rimasta sola con un appartamento in usofrutto, ma non lavora e non ha rendite. Vive al minimo anche economicamente. Si vede costretta a “prendere” un inquilino e questi, nel giro di poco si porta la fidanzata che poi diventa moglie. Ha quindi espressioni di vitalità in casa e dalle finestre di fronte. Impara così, la vita. Guarda dalla serratura e vede tutto. L'amplesso, il membro eccitato del maschio, e ne è attratta e schifata. Quella è la vita, ma non sa come fare per farne parte. La sua comunità, l'unica nella quale aveva un ruolo, era il clan famigliare coi parenti, ma vivevano in varie città. Erano presenze non costanti e troppo regolate. Senza una comunità nella quale essere integrati, senza nemmeno l'intuizione della vita carnale … si soccombe. Bellissima è la descrizione del suo orgasmo in treno. Inizia, per l'edizione italiana, a pagina 134, (dal punto che inizia con: dovevano essere ormai lontani, oltre Digione...). Il tutto accade in una situazione di dormiveglia ed è innescato dal contatto fisico con un giovane militare che è seduto al suo fianco e si è addormentato. Spesso la sua testa “cade” sulla spalla di lei che si assopisce, ha uno strano sogno e … appunto un orgasmo che si attua in lei come una sensazione notevole ma incomprensibile. Ricorderà che le accadde solo un'altra volta, a sedici anni. In quel dormiveglia lei fa un sogno. Appare una vicina che abita in alto nel palazzo di fronte. È appena morta e per prima cosa vuole vedere lei, parlarle, dirle che ora che si è liberata del corpo sta bene, finalmente bene. Da qui si intuisce che la nostra quarantenne senza vita approderà al suicidio. Il corpo la tortura, il corpo che manda segnali che la spaventa, che non comprende, quindi del corpo si libererà.

Si tenga conto che l'intuizione della morte della vicina anziana della quale non ha certezza se non dopo il dormiveglia, non ha nulla della fattucchiera o del misterioso. Si tratta di un dato razionale che viene elaborato in modo non consapevole. Lei ha notato che da giorni la finestra di questa anziana vicina è rimasta chiusa; ... lei che tutti i giorni, con la pioggia, il sole o la neve, ci si metteva davanti per osservare la vita degli altri... come lei. Due escluse che vivevano … di altri. Si ricordi, e questa è una delle tante conferme, che in Simenon il sacro non esiste! C'è una terza persona che vive alla finestra. È la signora Rouet, la suocera. Non cammina quasi più e la sua esistenza consiste nel controllare la nuora, ora vedova, come prima controllava in tutto e per tutto la vita del figlio e poi degli sposi che vivevano nell'appartamento sotto al suo. Il suo significato nella trama è assai presente in Simenon. Si tratta di colei o colui che, col suo agire, limita la vitalità di altri. Ne “Maigret e il barbone” chi non permette alla coppia, e poi alla famiglia, di formarsi, quindi frena la vitalità, viene ucciso per annegamento.

Questo libro, “La finestra dei Rouet”, ci mostra anche i gradi di evoluzione di un rapporto di coppia normale. Mi riferisco agli inquilini della protagonista. Si conoscono e scatta l'intesa erotica, intensa e gioiosa. Essa, in casi normali dovrebbe evolvere nella nascita di almeno un figlio, situazione che dovrebbe, secondo Simenon, cambiare profondamente la natura degli amanti una volta fattisi genitori. La situazione normale la possiamo “vedere” in Maigret e il corpo senza testa”. Nelle prime pagine, abbiamo a che fare con due fratelli che vivono e lavorano su un barcone. Hanno vari figli. Sto procedendo a memoria. Mi sembra siano cinque, di cui uno appena nato e una delle due mogli è in dolce attesa. In Simenon il barcone è una dimensione congeniale poiché fonde insieme l'ambiente di lavoro e quello della famiglia. In quel contesto si intuisce che quelle due coppie son passate dallo stadio di amanti a quello di genitori con una continuità che oserei definire perfetta.

Nel caso de “La finestra dei Rouet”, la condizione perfetta, ideale, del barcone (che Simenon non si limitò a vedere, ma visse anche e quindi comprese dall'interno) non è presente. Lui non ha un lavoro sicuro quindi non può garantire alla coppia quella situazione che rende abbastanza naturale il passaggio amanti-genitori. Ho detto abbastanza poiché appunto per Simenon, il fatto di doversi assentare per tante ore per andare a lavorare, fa male alla famiglia. (Ha ragione ma trovo che attualmente sia un problema irrisolvibile). Cosa accade nel romanzo? Che la sessualità di coppia, che non può trovare il suo sfogo naturale, si trasforma in una di quelle situazioni che la morale definisce col vocabolo dispregiativo … perversione. Un rapporto puramente sessuale e consenziente di due donne con un uomo, per una notte. È solo la notte, quindi solo sesso. Non c'entra la vita quotidiana che rimane di coppia e tendente al suo naturale divenire, e infatti hanno dato una scadenza e stanno per andare in un appartamento tutto loro perché le condizioni di lavoro di lui son diventate più stabili.

Quando dico che Simenon, nonostante sia assai distante da me per quel che riguarda il sacro, è una lezione continua, non sto giocando con le parole. La sua spiegazione sul perché accadono situazioni prettamente erotiche, sessuali, diciamo non canoniche, è secondo me adattissima alla sua epoca e anche un poco, ma solo un poco ormai, alla nostra. Se la vita erotica non trova le condizioni ideali per evolversi naturalmente … crea degli adattamenti.

Anche in questo caso Simenon parla per esperienza e non per ipotesi o idee nutrite, ingrossate e farcite a tavolino. Il suo inizio di carriera ebbe ritmi frenetici e molte incertezze:

“ (A casa mia a Parigi) … Io sto là, nella veste di barman, maglione bianco a collo alto, ad agguantare una bottiglia dopo l'altra e mescolare i vari liquori. E ci sono parecchi rappresentanti di Montparnasse, da Foujita a Vertès e a … Ma a che scopo elencarli? Qualche volta c'è Josephine in persona, con tutta la sua gloria, e poi ballerine russe, la figlia di qualche ambasciatore orientale, e, alle tre del mattino, un certo numero di corpi nudi e altri corpi allungati su cuscini di velluto nero dove passeranno il resto della notte, mentre io, alle sei in punto, mi metterò alla macchina per scrivere le regolamentari ottanta pagine … (Memorie intime, pag 41)

(nota di colore … la Josephine citata era la Baker e … sentite un po'!: “perché ero diventato l'amico, come si diceva appunto in quel romanzo, di Josephine Baker, che avrei sposato se non mi fossi rifiutato, io che ero nessuno, di diventare il signor Baker. E sono persino andato, con Tigy, a rifugiarmi nell'isola di Aix, davanti alla Rochelle, per cercare di dimenticarla.”

Il caos dell'esistenza che si ripercuote sull'erotismo in una vita che ben poco ha di privato. Questo accadde nella vita di Simenon e accade alla coppia affittuaria della nostra protagonista. Qui il caos è compresso in pochi giorni, nel tempo della preparazione del nuovo appartamento che è comunque vissuto nella cattività della stanza in affitto.

Per spiegare invece l'affinità fra le frasi precedenti citate, quelle che riguardano la vita come vera solo quando si ama, ecco una citazione, sempre da “Memorie intime” che dimostra quanto Simenon fosse vero, e la sua invenzione letteraria prendesse sempre spunto dal vissuto e mai si trattava di un gioco puramente intellettuale preparato a tavolino: “Se a volte mi è capitato di inseguire qualcuno dei miei simili, si è sempre trattato di donne, perché ero continuamente a caccia di amore, di amore fisico e tenerezza. Ed è la caccia più estenuante e più scoraggiante che ci sia, perché nella società che ci siamo costruiti, o meglio che altri, più avidi e maligni, hanno costruito per noi, sempre più coercitiva, l'amore e la tenerezza sono più rari del diamante. Quella benedetta tenerezza, specialmente, che tutti noi sogniamo e di cui abbiamo un bisogno profondo, radicato nella carne, e che, non essendo quasi mai raggiunta e goduta, crea tutto un universo di scontenti, di automi infelici.” (pag 60 edizione italiana)

Questo pensiero, scritto da un Simenon settantasettenne, uomo vissuto e sconfitto minuziosamente, catastroficamente, questo pensiero dicevo, ci serve per comprendere altre sfumature de “La finestra dei Rouet”. La frenesia della vedova che nella carnalità cerca … la mai raggiunta tenerezza. La scena chiave è quella di lei ubriaca col mulatto, quando esce nel locale e vomita. Scena estrema dell'angoscia, di una ricerca di affetto.

Sono nel locale, la vedova trentenne e il suo nuovo amante mulatto. E' ubriachissima.

... lei piangeva sulla sua spalla del mulatto, come una bambina, si lamentava, commiserava lui e se stessa.

capisci almeno? … Dimmi che mi capisci … Ci siamo solo noi due adesso … Non c'è nient'altro … dimmi che ci siamo solo noi due e baciami, stringimi forte ...”

Il cameriere ci guarda”.

Lei volle a tutti i costi bere un'altra bottiglia, che rovesciò; le misero il visone sulle spalle; fuori inciampò sul bordo del marciapiede, l'uomo la sostenne passandole un braccio intorno alla vita, e a un tratto, vicino a un lampione a gas, Antoinette si chinò in avanti e vomitò; dagli occhi le scorrevano lacrime che non erano di pianto, cercava ancora di ridere e ripeteva:

Non è niente, dai … Non è niente ...”

Poi, aggrappandosi all'amante, che si girava dall'altra parte:

Mica ti faccio schifo, di'? … Giurami che non ti faccio schifo, che non ti farò mai schifo, perché ora sai …”

E aggiungiamo noi al silenzio che segue, “perché ora sai, ci siamo solo noi ...”

prima di tutto complimenti a Federica di Lella e a Maria Laura Vanorio. La traduzione è la loro e la trovo quasi perfetta. Dico quasi solo perché ritengo che agli umani non sia concessa...

Notiamo la scrittura. Termini quotidiani. Linguaggio necessario e sufficiente. Non c'è tempo per colorare, per andare a cercare in un cassetto della mente i pastelli-aggettivi. È diretto il rapporto fra il pensato di Simenon, che è rivivere per trasformare in parole, stati d'animo vissuti. Anche a lui, come a noi, è capitato di stare male e di dire “perché sai, ci siamo solo noi ...”

scrittura sincera e vera, quindi geniale. Come è geniale la semplificazione della pennellata e della tavolozza nel Picasso del Periodo blu, figlio di un grande e vero dolore e, per la stessa dinamica, la poesia di guerra di Ungaretti.

Della citazione presa a pagina sessanta di “Memorie intime”, ci serve anche il frammento che riguarda la coercizione della ricchezza. Esso ci aiuta a comprendere la figura della signora Rouet, la suocera. Coercizione esercitata sulla necessità fondamentale … la tenerezza.

Veniamo ora a quelle che un bachettone chiamerebbe deviazioni sessuali. E osserviamo il nostro tempo. Immagino una lei che abita lontano per lavoro e un lui che … altrettanto. Lavori ovviamente instabili, come si dice attualmente, precari. Riuscite a vederla la distanza non tanto dalla situazione ideale e perfetta del barcone-casa di “Maigret e il corpo senza testa”, ma dalla classica coppia che va al lavoro e che già scende, agendo così, a compromesso con la legge di natura? Ma che in fondo, in confronto a due precari distanti è … principesca?

Io si. E tanto. Tante persone hanno pagato un prezzo altissimo per questo, rimettendoci equilibrio, salute e spesso un rapporto. Nel vivere insieme, la sessualità si stabilizza, nella distanza salta. In più immaginiamo persone che abbiano un passato che non corrisponde, non accade mai, alla perfezione evolutiva dell'esistenza. Ricordo una ragazza che aveva l'ossessione della pulizia. Qualcosa di estremo. Mai ha capito che era patologica, nemmeno contava dirglielo. Era la sua normalità. Non era calata nel clan famigliare, ma distante, prima per studio e poi per lavoro. Se viaggiava e doveva cambiarsi maglia, per esempio perché iniziava a far caldo, la metteva dentro un sacchettino e poi nella tasca esterna del trolley. Quando arrivava alla meta, causa quella maglietta, così diceva, lavava tutto il contenuto della valigia... Dove abitava la chiamavano “quella della lavatrice”, poiché era sempre in funzione e quando andava la centrifuga … si sentiva bene per vari isolati. Veniamo a un confronto con Dominique, la quarantenne troppo sola de “La finestra dei Rouet”. Ovviamente è un'altra epoca, ma non “sentite” una certa somiglianza con il suo (di Dominique) passeggiare, consapevole di essere notata e derisa dalle operaie del cartonificio? Il suo osservare la vedova Rouet ormai scopertamente senza riuscire a controllarsi, a farlo con discrezione, sapendo che non è bello ...! Quel trovare l'anomalia che si vive, così necessaria da non riuscire più a rinunciarvi nemmeno se si è consapevoli che è stigmatizzata e in sé esagerata… invece di comprendere che rappresenta la parte affiorante del problema, una notte che gestisce la quotidianità come una febbre! poiché è il sintomo di uno scombinamento generale. Sommate questo esempio alla distanza sia da un eventuale partner e dalla comunità originaria e avrete, per esempio una persona estremamente emotiva, sempre al limite.

Ho descritto una situazione che prende parzialmente dalla realtà, ma non ha a che fare con una persona concreta in tutte le sue parti. abbiamo comunque così due realtà oggi per nulla estreme. Una sul lavoro precario, una su un'instabilità interiore che si manifesta in manie ossessive ed emotività a fior di nervi. Troppo emotivi, per mancanza di tenerezza, dono questo che può prendere forma solo partendo da certe basi che per essere elaborate e predisposte richedono consapevolezza, equilibrio e ... buona sorte.

Ecco come vedo l'umanità odierna. Senza comunità. Vai dove ti porta il lavoro, e sei forse inserito in apparenza, ma mai completamente. Completamente, vuol dire esseri nati, aver condiviso la vita. Per "sentire" la portata di questo valore, si legga “Il piccolo libraio di Archangelsk”. In più sommo appunto uno sviluppo adolescenziale precario ora assai diffuso, e la difficoltà di passare dalla situazione di amanti a quella più stabile di coppia forse con prole...  forse, perché attualmente fare un figlio … è un atto di irresponsabilità verso il bilancio famigliare che conta più del cuore e si rimanda giorno per giorno l'angoscia del bilancio risicato. Il non farlo è in fondo paura della vita? o a forza di rimandare la vita sfugge ed è finita, si è troppo vecchi per tutto, anche per se stessi...

Noticina a piè di un ragionamento. Più che all'iperigienismo che in fondo è abbastanza raro ed è solo un caso fra le miriadi di manie che accumuliamo in quanto sradicati e con una sessualità sbalestrata, si pensi alla mania, che ormai è considerata una normalità, di presentarsi agghindati perfettamente ma, in effetti omologati. Perfezione esteriore che costa ore di attenzione … su ben poco, poiché la profondità che dovrebbe reggere quell'apparenza, o esserne in sintonia, rappresentarla, richiede il lusso più grande, il tempo al quale, solo rinunciando alla ricchezza, e al suo inseguimento o mantenimento, possiamo accedere. Tempo, ricco lui veramente, di sensibilità … e anche di tenerezza.

Ma questo esempio costruito su tre variabili sempre presenti, rapporto con la comunità, equilibrio interno e sessualità sofferta, possiamo trovarla anche in una quotidianità più comune e riuscita. Si lavora e si torna a casa con il pensiero del denaro, del bilancio, del desiderio di oggetto che mai ci lascia in pace. Si cerca amore, la coccola è diventata abitudine e il sesso, senza il suo contorno di corteggiamento continuamente rinnovato approda quasi sempre all'orgasmo, ma quasi mai alla tenerezza. È come per sentire le mille sfumature della grande musica. Occorre silenzio e nella nostra vita non esiste più. Puoi tacere, ma è il mondo intorno, come un grande meccanismo a fare sempre … rumore.

Problema tecnico de “La finestra dei Rouet”. È molto lento. La descrizione delle situazioni è minuziosa … per un'epoca abituata a libri pieni di trama, di un'azione che si ribalta e stupisce ad ogni pagina, questo sembrerà una noja. …. E invece è oro, e merita non solo di essere letto, ma riletto con umiltà, con calma, col tempo che non avete ….

Simenon è un mondo. Non condivido tutto ma mi aiuta a pensare, a crescere, a capirmi, a capire il mio passato, certi miei comportamenti che mi stupiscono ma hanno un senso spesso sorprendentemente coerente anche se solo scavando un po', come quel quadro di Balthus del ciliegio...
Chiudo con un brano da Memorie intime: pag 51

Sempre, in tutta la mia vita, ho avuto grande curiosità per ogni cosa, non solo per l'uomo, che ho guardato vivere ai quattro angoli della terra, o per la donna che ho inseguito quasi dolorosamente, tanto era forte e spesso lancinante, il bisogno di fondermi con lei; ero curioso del mare e della terra, che rispetto come un credente rispetta e venera il suo dio, curioso degli alberi, dei più minuscoli insetti, della più piccola creatura vivente, ancora informe, che si trova nell'aria o nell'acqua.”

E poi, breve e stupendo …

... Quella grande culla vivente che è il mare ...”

ciao   




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