lunedì 6 maggio 2013

"Il grande Gatsby": Francis Scott Fitzgerald




In questi primi di maggio 2013 inizia una colossale operazione commerciale. Si Chiama “Great Gatsby” e “usa” un capolavoro della letteratura, già passato in pellicola varie volte, per vendere camice, giacche, gioielli eccetera. La prima proiezione ufficiale sarà all'Avery Fisher Hall del Lincoln Center. Da New York, luogo nel quale la sagra dell'effimero toccherà il suo apice in quella sfilata-proiezione, il dieci, invaderà le sale negli Usa. Il 15 approderà a Cannes per aprire il festival eccetera eccetera.

Prada, Brooks Broothers e Tiffany, ci mettono negozi e vetrine e una mostra. Quest'ultima, ora ovviamente nella Grande Mela, si sposterà con una tappa sicuramente in Asia e una non ricordo più dove.

Per gli amanti delle apparenze fornisco un dato da consumare in fretta. Si va all'Epicentro Prada, la città ormai la sapete, e avete tempo fino al 12 per vedere gli abiti disegnati da Miuccia e Catherine Martin (griffata da un oscar per i costumi) per di Caprio e Carey Mulligan. Siamo stati informati che la coroncina Savoy tempestata ovviamente di diamanti, costa duecentomila dollari e altre amenità da parrucchiera.

Bene, ottimo e abbondante, come si doveva dire sempre e comunque del rancio in caserma … ma io aggiungo, ottimo, abbondante e insipido.

A livello cinematografico stimo moltissimo di Caprio e penso che riuscirà a fare una figura notevole. L'ho visto in film di una banalità sconcertante e lui, in un attimo sapeva salvare tutto. Miuccia Prada sa fare il suo lavoro e lo fa bene. Gli altri saranno sicuramente bravi ma, e di Francis Scott Fitzgerald ci si degna di dire qualcosa? Quel libro, “Il grande Gatsby”, sembra facile, e proprio per questo scivola via … si commette, con quella lettura, un peccato comune e non veniale: ci si identifica con l'eroe o con l'eroina. Si pensa che ci sia il buono e il cattivo, ma purtroppo non è così.

Preciso che secondo me esiste peccato quando la superficialità di un comportamento non ci mette nelle condizioni di cogliere l'oro, l'oro vero, non quello dei gioielli.

La malattia inizia proprio negli USA e ve la racconto senza ingigantire i fatti. Sono a Saint Paul, Minnesota, a un passo da Minneapolis. Ci ho passato una bella manciata di giorni. La prima volta che arrivo nella via principale sono tutto, interiormente, con Fitzgerald. Desidero percepirlo ovunque, ed ecco la via col suo nome e la statua. Bene, mi dico. Iniziamo bene! Chiedo ad un passante dove si trova la casa di Francis Scott Fitzgerald e mi dice che non lo conosce e si allontana. Lo chiedo ad un altro che dice di averlo sentito ma non sa dove abita. Quando faccio presente che è morto da qualche mese, mi dice che gli dispiace e mi stringe con partecipazione la mano … insisto, non sto scherzando! Gli dico che era uno scrittore. “davvero? Era famoso?”, “a little … e questa è la sua statua. Anche la via ha il suo nome”. Il mio interlocutore va in corto circuito e si dilegua.



Consigli per un accurata comprensione, perché spesso se certe cosucce le dico io, si pensa che stia “caricando un po' troppo”. Robert Altman: vedere assssolutamente il film CAPOLAVORO, “Radio America”.
È del 2006. fu il suo ultimo film e per me è da brividi la scena finale, mentre stanno demolendo il teatro e il pianista suona con la testa, scolpita e bianca, di Fitzgerald, accanto. E poi smette di suonare, prende quella materia bianca e per l'America ormai anonima, e se la porta via, sparendo nel nulla che l'America attualmente è tranne pochi solitari come Auster e Philip Rot eccetera.

E ora, da quella mia esperienza minnesotana, due deduzioni folli. 1)Non si può capire se non si viene messi nella condizione di poterlo fare e 2)non possiamo apprezzare ciò che non conosciamo. L'eco dell'operazione commerciale è immensa. E l'eco in direzione del senso, dell'anima, è muta.

In Europa la situazione è migliore. L'Europa, non so ancora per quanto, un passato ce l'ha. L'America ha solo un presente.

Con stupore ho letto ieri su una testata nazionale che in Italia, la classifica per la narrativa straniera è corredata di nomi stupendi e mi fa piacere. Primo Dostoevsky con “Le notti bianche”, segue Jane Austen, terzo “Gatsby”, quarto Poe con dei racconti, quinto “Amleto” dello scuotilancia e sesta la Nemirovsky con “Il ballo”. Sembra un'epidemia di saggezza! Che bello mi dico e poi plano sulla classifica italiana della narrativa e primo brilla Saviano che scrittore non è, e come ho già scritto altrove, non mi convince più. Proseguo e trovo un presente letterario decisamente mediocre. Quel che deduco è che chi ha un po' di fiuto va sul sicuro e compra classici. Chi fiuto non ne ha sguazza nella fanghiglia contemporanea. Non si pensi che per me tutto il presente sia da buttare. Pochi sono i talenti. Il presente di ogni epoca ne ha avuti pochi, ma li ha rispettati. Attualmente la pressione dell'operazione commerciale mastica la qualità e la riduce quasi ad un ostacolo. Essa richiede il pensiero che è una fatica … e quindi chi veramente vale è d'impiccio.



Torniamo a Fitzgerald. Per me da quando ero un ragazzino è una figura fondamentale. Nel mio studio, sul muro, ho incollato delle lettere dell'alfabeto che formano una sua frase che ritengo sacra. Guai a discostarsi da essa! La trovai ancora adolescente e già malato di varie arti, nei suoi taccuini. Eccola: “Non si scrive per dire qualcosa. Lo si fa solo se si ha qualcosa da dire.” qualche anno fa ho fatto stampare dei segnalibri sempre con quella frase e li uso quotidianamente.

E … se si provasse ad applicare quella frase al suo autore? Sommiamoci anche la seguente: “il romanzo deve nascere dall'esperienza”, e domandiamoci di conseguenza da quale esperienza personale dell'autore è nato “Il grande Gatsby” e che cosa ha da dire.

Devo prima premettere che non sono soddisfatto della traduzione della Pivano che circola tutt'ora in Italia. Con lei ne parlai e le portai i seguenti due esempi;

ecco il brano: “Si cacciò le mani nelle tasche della giacca e ritornò impaziente alla sua vigilanza come se la mia presenza contaminasse la santità della veglia. Così me ne andai e lo lasciai nel chiaro di luna a montare di guardia: a niente.”

Non perdiamo tempo nel voler contestualizzare la scena. Essa, così com'è, ha per il lettore un senso. Togliamo ora quel “niente” che chiude la frase e mettiamo “nulla”. La sentite una dilatazione verso una dimensione metafisica? Anche in un mio racconto “uso” questo esempio. Mi spiego. Il niente presuppone una scena. Su una tavola potrebbe non esserci niente … ma c'è la tavola, “sentiamo” un ambiente, una stanza. Il nulla è qualcosa di diverso. Il nulla va oltre.

In un altro punto, una vettura “corre a ottanta all'ora”. Ma quella era lentezza per una macchina di lusso del 1925! si trattava di miglia ed era il caso di aggiornare il dato.

Come si vede ci sono impurità piccole e grandi e nascono dal fatto che la Pivano si limitava a cercare gli aspetti autobiografici dell'autore nell'opera e del resto non si curava troppo.



Torniamo alle due domande: cosa vuol dire Fitzgerald con quel Libro? Da quale sua esperienza nasce?

Inizio sondando la prima: Il Libro ci descrive l'America ruggente dei primi anni venti. Dal 1920 in un crescendo impressionante Fitzgerald, diventa famosissimo e punto di riferimento della mondanità, ma sempre le uscite superano le entrate quindi “scappa” per un po' in Francia come fece a suo tempo anche un certo d'Annunzio che scappava dai creditori. Perché in Francia? Perché l'Europa in generale con la sua crisi economica del primo dopoguerra era economicamente, come per un Italiano oggi, un paese del terzo mondo. Da Berlino a Wienna, con il cambio favorevolissimo del dollaro si poteva vivere in un modo che negli USA era appena sopravvivenza.

Uscito per un attimo dal turbine americano, Fitzgerlad lo ferma sulla carta e inventa una gioventù d'elite che sistematicamente ha qualcosa sulla coscienza.



Veniamo al fulcro e scopriamo l'eternità dell'opera di Fitzgerald. Essa si cela nel significato profondo di un matrimonio mancato. Jay Gatsby, quando era economicamente un nessuno, si innamora della bella e ricca Daisy. Nessuno dubita, nemmeno io, che si tratti di amore vero. Lui parte per la guerra e si comporta da eroe, ma lei che ha fretta di vivere cede alle avances di un “calciatore” di fama di nome Tom Buchanan.

Un inciso. Anche Emilio Fede comprende che c'è qualcosa che non va. Un calciatore celebre negli Usa è come un caspo d'insalata sulla luna, una irrealtà. La Pivano avrebbe potuto mantenere il vocabolo originario che ben conosciamo, Football, che ci avrebbe portato alla mente quegli uomini corazzati che si contendono una palla ovale....

Gatsby torna e in modo rapidissimo diventa più che ricco. Una ricchezza che si comprende non essere pulita. Ma … a proposito di pulizia … se si osserva con un po' di attenzione si vedrà che nessuno dei personaggi principali è di fatto pulito. Tom Buchanan si sposa e si concede varie amanti, Gatsby si arricchisce con azioni immorali. E Daisy? Sembra pulita! Quando marito e spasimante se la contendono sembra che lei scelga il marito perché il passato di Gatsby “pesa” più di qualche avventuretta … ma già sentiamo che il fatto che, l'avere una figlia non salga mai sul piatto della bilancia, e la sua incapacità di attendere la rendono un po' torbida …

La totale consapevolezza del suo “valore”, la si ha poi verso la fine. Daisy, se pure involontariamente uccide, ma quel non fermarsi con la macchina la sporca definitivamente. Mi raccomando. Non si misuri quella scena con le leggi di oggi. Allora investire una persona con l'auto, anche se si correva e si era brilli, non portava alle conseguenze odierne. Si aggiunga poi il fatto che lei è una potente e si coglie la pura dimensione morale della sua scelta di tirare dritto con la Rolls. Dopo questo esito, si somma la consapevolezza del lettore che lei, non accollandosi alcuna responsabilità nemmeno dopo, sia veramente squallida. Nemmeno nella cerchia intima accade, e questa finta pulizia della persona, questo essere belli solo fuori, Fitzgerald lo descrive con le seguenti parole: “erano gente sbadata Tom e Daisy: sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro ampia sbadataggine o in ciò che comunque li teneva uniti, e lasciavano che altri mettesse a posto il pasticcio che avevano fatto.” Va spiegato che il marito merita la medesima infamia. La colpa estrema di Tom, oltre al fatto di essere un donnaiolo impenitente, è di aver detto al marito della donna morta nell'incidente, che la macchina era di Gatsby, innescando così una morte, di Gatsby appunto, e un suicidio.

Si aggiunge per lui, anche un'altra colpa più sottile ma durevole e più che eterna. Tom preferisce una donna di una volgarità esagerata ad una moglie che è l'essenza della bellezza e dello stile. Per dare l'idea di come questa riverenza verso la bellezza sia immensa e spesso ribalti il senso degli eventi, si pensi al caso Lewinsky. Quel che ha dato fastidio ufficialmente agli americani non è stato l'aver giurato il falso, ma di fatto che lui, proprio lui, il presidente degli Stati Uniti, l'uomo percepito come il più potente, si sia relazionato sessualmente con una donna poco bella per non dire brutta. Si pensi a John Kennedy. Il suo mito, ormai andato in soffitta, ha resistito alle sue manie erotiche perché sempre coinvolgeva donne percepite come belle. Marilyn ne è un esempio, nonostante la fine piena di sospetti. Venendo all'Italia … se un certo personaggio politico, notissimo per le sue fidanzate, ne avesse collezionata una, una sola, ritenuta universalmente indecente in relazione ai canoni estetici, avrebbe non perso ma straperso, e con infamia, le elezioni. Tutti lo criticano, ma nel frattempo … (dichiaro ora, e per sempre che non lo voto, e quando spendo il vocabolo “stima” lo faccio per altre persone...). Si ricordi che la bellezza è un abisso e in essa il senso si perde! Ci basti un esempio quotidiano. Immaginiamo una donna brutta che quasi ci investe. La nostra reazione non sarà splendida. Ci accade il giorno dopo nel medesimo punto e con la medesima dinamica, siamo carichi di rabbia, alziamo lo sguardo e … ammiriamo quanto è bella. Ecco che ci comportiamo diversamente, che siamo disposti a comprendere che insomma siamo umani e nessuno è perfetto eccetera. Lo sappiamo che è così. La bellezza semina morte ingiustizia e doni e Tom Buchanan scegliendo un'amante volgare, che è la forma più irriverente di bruttezza, ci ha irrimediabilmente offesi tutti!

E ora l'atemporalità del messaggio di Fitzgerald in questo libro.

Pensiamo al concetto di verginità. Esso non riguarda quel certo aspetto fisiologico che accostiamo automaticamente a quel vocabolo, se non in superficie. Poniamoci la domanda. Cosa rendeva non sposabile anticamente una donna e in fondo anche un uomo? Mi viene in mente San Nicola effigiato nel Medio evo con tre palle d'oro in mano.
(Nella tavola sottostante, la scena che ci interessa è quella in alto. Uffizi, di Ambrogio Lorenzetti)
Se poi osserviamo una vera tavola dell'epoca, scopriamo che tre sorelle in età da marito, non potevano convolare perché erano povere. Il santo fece avere ad ognuna una palla d'oro che divenne dote. e ... se ci si mettevano pure i santi si vede che la questione era seria....
E uno. La verginità nel medio evo era la dote. Per l'altra verginità, quella della carne, sempre qualche comare sapeva consigliare. Una delle “cure” che ho trovato, consisteva nel immettere in vagina un uovo di non ricordo più quale uccello selvatico. Accadeva così che il maritino novello nell'impeto amatorio lo avrebbe infranto e l'indomani le lenzuola avrebbero garantito il suo primato da pulcinella. E … sappiamo che attualmente molti medici con un interventino sanno ri creare quella finzione.

Domandiamoci ora: da quale logica, se mai ne ha una, viene la verginità della carne? Dalla proiezione nel popolo di un'esigenza regale. Mi spiego: si chiamava porfirogenito l'imperatore di Bisanzio concepito nella “stanza di porfido”. Se sposavi il Cesare d'oriente, dopo accurata ispezione, venivi tenuta ingabbiata nelle tue stanze e scortata rigorosamente solo da eunuchi e copulavi solo in quella stanza di porfido davanti a testimoni che avrebbero così garantito al mondo la legittimità dell'erede. Poter insinuare l'illegittimità equivaleva a perdere i diritti al trono. Dio li avrebbe dati a quel casato e qualsiasi infrazione alla Sua volontà andava depurata. Diversamente si sarebbe trasformata in anni neri per il popolo.

Veniamo ai comandamenti. Già non commettere atti impuri non ha a che fare con la masturbazione come ci han detto i pretini per millenni!

Impuro era ogni atto che non rispettava una procedura rituale. Un esempio è il Kosher nel cibo ebraico, ma ogni aspetto, anche minimo della vita di ogni singolo, era codificata. “Scantonare” equivaleva a commettere atto impuro. Perché ve lo ricordo? Perché nel linguaggio comune dire “pura” o “vergine” era la medesima cosa.

Non uccidere! Non era una norma universale come la si percepisce oggi. Esattamente era: non uccidere nessuno dei tuoi, ma scatenati come e peggio di Sansone sugli altri se così fai il bene della tua comunità ... Eccetera. Ance in questo caso la purezza stava nell'eseguire l'ordine e anche un assassino aveva diritto all'etichetta di puro, era solo questione di scegliere coscienziosamente la vittima.

Veniamo ora alla verginità di Daisy. Essa è di natura morale. All'inizio, Gatsby non era vergine, nel senso che non era benestante, non aveva una dote. L'aveva solo lei e per l'epoca non bastava. Era così anche anticamente. Avevi la moglie che ti potevi permettere e non uno spicciolo di più. I calcoli erano precisi ed erano tenuti da madri arcigne e padri stanchi di femmine che costava assai sposare.

Ne troviamo una eco nel romanzo in questione quando Daisy, la cuginetta, chiede a Nick, voce narrante se è fidanzato. “Abbiamo sentito dire che sei fidanzato”

E' una calunnia. Sono troppo povero.”

purtroppo si prende quella risposta per una battuta ma si tenga conto che in tutti i dialoghi aleggia la lezione di Wilde che consiste di dire, con paradossi, la verità.

La verginità di Daisy, quella vera, consisteva nel fatto che poteva, essere per l'amore, con l'unico motivo dell'amore. Era ricca. Bastava. La frenesia dei sensi e dell'età, che la getta nelle braccia del giocatore di football, non ci soddisfa. Non è poi un caso se Fitzgerald sceglie di far fare al futuro marito quel quel mestiere. Si legga il livello intellettuale e di sensibilità del campione di baseball in “Mr Vertigo”, qualificabile come stupidità abissale, di Paul Auster e si facciano due conti con il 2013. siamo tutti d'accordo nel riconoscere bellezza e ricchezza ai calciator, che son gli sportivi più in vista, ma non certo saggezza. È vero che si collezionano le “perle” di un Cassano, ma non certo per appuntargliele al petto come medaglie …

Ecco il punto. Daisy cede al presente, non sa attendere la bellezza distante anche se è corredata da un sentimento vero, e oltre il resto distante per un motivo “alto” come la guerra che allora ancora coniava eroi, e di fatto Gatsby torna in questa veste. La sua umiliazione, sempre in divisa perché non ha nemmeno i soldi per un abito civile, pesa su di lei. Il premio dell'eroe, la femminilità, Andromaca che non attende Ettore... Penelope che non attende Ulisse. ecco la ferita mortale che Fitzgerald ri attualizza con la sua opera.

Il valore fondante che finalmente quell'epoca opulenta, gli anni venti del novecento, poteva trasformare in regola, e non più in lusso folle, ovvero amare l'amore, cede il passo alla fretta del tutto ora. Tom Buchanan oltre all'essere ricco, c'era, le ronzava intorno.

L'altro, Gatsby, è eroe? Non basta più. E' innamorato? Non basta. È Povero e assente. Due malattie che chi vive nel presente non può sopportare nemmeno se prese una alla volta. Nemmeno la volgarità e la violenza fisica di Tom Buchanan sanno fare la differenza. Ha rotto il naso all'amante, dimostra una matrice bassa, completamente incolta, ma galleggia nel presente, c'è, e questa forma di nuovo crudele è l'americano che il libro condanna ed è l'antitesi dell'eroe che riceve il premio del sentimento. Gli USA ne erano pieni di gente simile. Quei nuovi crudeli l'anno spolpata e distrutta innescando la crisi morale che esplose definitivamente nel sessantotto e quella economica che divorò nel ventinove, ma di fatto diede i primi segnali neri nelle masse dal 1927.

Esiste un altro sportivo nel romanzo. Si chiama Jordan Backer e gioca a Golf. Sembra che si stia fidanzando con la voce narrante, Nick, ma non accade. Quel che in lei è macchia che si eleva a sistema, è la scoperta di una bugia, di un colpo proibito sul campo di gioco. Questo avvelena lo sport. Demone e fata del novecento, che non ha senso se non entro a regole rispettate. La sua impurità, le costa il rapporto con Nick.

Veniamo al secondo aspetto, quello autobiografico. Zelda, divenne la moglie di Fitzgerald dopo qualche vicissitudine. La ebbe quando arrivò il successo. Prima ci fu un rifiuto. Il fatto che questo aspetto si ritrovi nella trama non deve affrettarci nel tirare le somme. Quasi mai un autore si rispecchia in un solo personaggio. Quel dolore, quell'impurità sarà sempre fra loro a rendere un po' finte, mai completamente vere, anche le parole più tenere ma ...immaginate uno specchio. Esso riflette la vostra immagine. Ora dategli un pugno. La vostra immagine la ritroverete in ogni frammento. Provate ora a pensare alla voce narrante. Essa impersona la morale pulita dell'autore. Colui che davanti alla prova di scorrettezza si ritira. Gatsby rappresenta l'angoscia di una consapevolezza. La donna amata, se fosse stato ricco, un'esperienza vissuta … ? Tom Buchanan è l'antitesi. Quel che si vorrebbe essere ma non si è. Ogni umano che pensa, più pensa e più diventa in un certo senso debole poiché meno è capace di brutalità, ma della brutalità ha nostalgia. Chi non ha sognato di spaccare la faccia a qualcuno ma poi nella realtà non fa altro che evitarlo! Quel Buchanan, quell'energumeno con cervello da sportivo, reagirebbe coi fatti e si sa che ai buoni, come riscatto, fa bene ogni tanto sognare di essere cattivi. Fitzgerald insomma, è in varie percentuali in ogni personaggio.

Frasi tratte dal libro che meritano di essere gustate con cura:

Il senso della dignità fondamentale è distribuito con parzialità dalla nascita.”

E quanto pesa questa verità. E quale rabbia innesca in chi non ce l'ha, la nascita nel benessere senza sforzo, come dono del caso! Ma con questa distribuzione tutti dobbiamo fare i conti. Mi, e vi, consoli il fatto che la gente ricchissima ci invidia sempre qualcosa. Nessuno si sente baciato dalla sorte in quella spartizione.

L'evitare i giudizi è fonte di una speranza infinita”.

Bello. Giudicare il meno possibile. I complimenti sono carezze e ne abbiamo tanto bisogno. Se si osserva accuratamente l'altro, sempre si troverà qualcosa che si presterà ad una parola gentile. Io consiglio di giudicare e quindi ferire, solo per difendersi, quando il ritirarsi con ordine non è più possibile.

Era giunto a un'età nella quale la morte non rappresenta più una sorpresa sopranaturale.”

Arriva per tutti. Io mi sento ancora immortale … speriamo che duri.

Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato.

Nulla da dire. Merita di essere imparata a memoria. Questa è la frase finale del romanzo,

Trasportare da un'epoca all'altra sogni dimenticati.”

Questo è l'argomento del libro. Lo ritroviamo anche in “Lolita” di Nabokov. Un amore adolescente che sta per sbocciare ma lei parte e muore in Grecia e quel sogno il protagonista lo cerca in ogni donna per proseguirlo. Nel sogno lei rimane una adolescente, nella realtà della vita lui cresce e invecchia, ma continua a “trasportare” con sé quel sogno dimenticato.

Aggiungo io che i sogni che si fanno in due, se si rimane soli, diventano incubi, ossessioni.... meglio lasciarli andare, ma a parole è facile.

Che cosa facciamo dopo pranzo?” Esclamò Daisy. “E che facciamo domani? E nei prossimi trent'anni?”

Capolavoro. In questo vuoto di mete, in questo ripetere se stessi in riti esteriori stava maturando il male di quell'epoca. E chi di voi non è arrivato almeno una volta nella vita a quel punto di noia, di spavento del futuro, forse seduto al pub con amici, e ha sussurrato quelle parole ma le ha trattenute perché ha pensato che così si introduce una nota stonata e personale nella vita degli altri … e Fitzgerald quelle parole ha avuto il coraggio, e non la debolezza, di dirle, di viverle fino in fondo.

...e per un momento credetti di amarla. Ma sono molto lento a pensare e pieno di regole interiori che agiscono sui miei desideri.”

E penso al mio passato. Ricordo qualcuno che asserviva la spontaneità del sentimento alle regole, ad esso il sentimento doveva inchinarsi....

Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava -o pareva affrontare- l'intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un giudizio irresistibile a suo favore. La capiva esattamente, la persona, fino a dove voleva essere capita, credeva in lei come a lei sarebbe piaciuto credere in se stessa.”

E ora provate a confezionare un dono così perfetto! Solo per averlo inventato, un simile sorriso, Fitzgerald si consegna all'eternità.

...Ma io immagino di Caprio che legge e rilegge e deve riuscire a mostrarcelo, questo sorriso totale e incoraggiante! Come ho già detto, secondo me lui è in assoluto uno dei migliori. Penso l'abbiano scelto per la faccia, che ha qualcosa di anni venti e il ritorno di cassa che offre, ma la garanzia per me, è la sua coscienziosità. Lui quelle parole le ha lette e rilette. Quel sorriso lo ha provato centinaia di volte, e si tratta di sfumature .

Ricordo Mastrojanni quando doveva prepararsi per “Il volo” di Anghelopulos. La severità del mestiere dell'attore, la fatica di comprendere e tentare di riprodurre con un gesto o una mimica, un senso enorme, l'ho vista e la rispetto.

E ora qualche paragone.

Esiste l'arte legata alla moda e dura una stagione. Esiste l'arte che elimina il tempo e sempre è valida. Penso a “Mystic river” di Eastwood, a quella terribile scena finale.


tratto dal romanzo di Lehane




La festa dei pompieri ... e gli assassini sono in quella espressione buonista di comunità. Ecco quel che l'America, vista dagli occhi di un grande americano, vorrebbe essere ma fermamente non è. Si tratta esattamente del medesimo discorso di Fitzgerald. Ricordatevi che siamo ad un livello che esce dal tempo.... in “Mystic river”, si uccide per errore, ma si uccide. Accade anche ne “Il grande Gatsby”. In esso l'istigazione ad uccidere viene poiché il colpevole è dedotto con troppa immediatezza. Rimangono vivi mandanti ed esecutori, e la prima morte, quella dell'incidente, è involontaria, ma viene immediatamente sporcata.

La coscienza dell'America.... Si pensi ora a “Gran Torino” del medesimo regista.



Il protagonista ha ucciso. Di nuovo non si sa quanto la volontarietà sia diretta. Vietnam, stragi. E assistiamo ad un riscatto. Io che ho ucciso, “e la colpa è uccidere, ora e sempre”, io che ho ucciso, dono me stesso per farti vivere. L'America di Eastwood vede una possibilità di riscatto. Quella di Fitzgerald non ci riesce e crolla lui con la sua epoca.

Veniamo a de André. Alla canzone “Ottocento” dell'album “Le nuvole”.



Si mescola lo jodel con altri generi. Un misto sapientemente volgare e stridente che fa da contraltare ad un testo che narra una vita volgare e stridente. Qualcuno muore. Aleggia la colpa ma non è diretta. Ecco il testo.


                                                                      Ottocento

Cantami di questo tempo
l'astio e il malcontento
di chi è sottovento
e non vuol sentir l'odore
di questo motor
che ci porta avanti
quasi tutti quanti
maschi, femmine e cantanti
su un tappeto di contanti
nel cielo blu
Figlia della mia famiglia
sei la meraviglia
già matura e ancora pura
come la verdura di papà
Figlio bello e audace
bronzo di versace
figlio sempre più capace
di giocare in borsa,
di stuprare in corsa e tu
moglie dalle larghe maglie
dalle molte voglie
esperta di anticaglie
scatole d'argento
ti regalerò
Ottocento, Novecento
Millecinquecento scatole d'argento
fine settecento ti regalerò
Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio,
quante belle figlie da sposar
e

quante belle valvole e pistoni,
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar
Figlio, figlio,
povero figlio,
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio
figlio, figlio,
unico sbaglio,
annegato come un coniglio
per ferirmi, pugnalarmi nell'orgoglio,
a me, a me
che ti trattavo come un figlio,
povero me,
domani andrà meglio
Ein klein pinzimonie

wunder matrimonie
krauten und erbeeren
und patellen und arsellen
fishen Zanzibar
und einige krapfen
früer vor shlafen
und erwachen mit walzer
und Alka-Seltzer für
dimenticar
Quanti pezzi di ricambio...
e quante belle valvole e pistoni,
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar


Proviamo a misurare la parte di testo che ho sottolineato con quanto segue e che ho estratto da “Il grande Gatsby”:

Gatsby racconta a Nick come è accaduto l'incidente e ammette che al volante c'era Daisy. La cosa rimarrà fra loro ma...:

Nel momento che afferrai il volante, sentii l'urto: deve essere morta sul colpo”.

L'ha squarciata.”

Non dirlo, vecchio mio”, ebbe un fremito. “Comunque … Daisy ha proseguito. Ho cercato di farla fermare, ma non ci riusciva, così ho tirato il freno d'emergenza. Poi mi è caduta in grembo e io ho proseguito.”

Fece una pausa.

Domani starà bene.”

Lo “sentite” che l'abisso descritto da de Andrè e che stigmatizza la borghesia milanese e per esteso italiana, ha il medesimo, identico sapore di quello che esplode in Fitzgerald nel 1925?

Domani starà bene” (Daisy, che ha investito una persona e non si è fermata)

Domani andrà meglio”. (Padre di un figlio suicida)

Ambedue hanno un cadavere sulla coscienza, un cadavere nato, scusate il paradosso, dalla banalità, dalla superficialità con la quale si è “presa” l'esistenza.

Tre esseri ormai fuori dal tempo, oltre il tempo. Fitzgerald, de Andrè e Eastwood. Nella loro opera ci dicono qualcosa che non vale solo per l'oggi, qualcosa che se non lo si rispetta annienta la vita.

E ora la premonizione di Fitzgerald. Qualcosa che ha scritto con limitata consapevolezza o con chiara preveggenza?

L'ebreo torbido ovviamente ricchissimo e immorale, non meno di quelli della Nemirovsky, l'uomo che ha falsificato le scommesse del '19 nel baseball... e amico di Gatsby, ha un'azienda che si chiama Swastika Holding Company. L'effetto è snervante. Nella medesima pagina, nel 1924, la parola ebreo e la swastika....

La storia la conosciamo, ma Fitzgerald ce la fa “assaggiare” anni prima che Hitler vada al potere che sia inconsapevole come una pizia o chiaro a se stesso come Apollo non so dire. È una sensazione, non può essere spiegata.

Ora l'anima di Fitzgerald forse abita a Delfi.

amen


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