E' estate. Caldo torrido. Si suda anche
a pensare e quando, a sera, forse arriva il fresco, ci si vendica su
angurie, gelati e birre dorate e fresche, spesso il fresco non arriva
e allora ci si rifugia da mamma aria condizionata... mi viene in
mente la Florida. Mi disse un suo abitante che secondo lui è
diventata abitabile solo dopo l'invenzione dei condizionatori.....
possibile. Dove c'è troppo umido non si respira e si sibila come una
vecchia teiera in ebollizione. La palustre Bassa Romagna che in
questo istante mi accoglie, per quanto bonificata al tempo del Duce,
da Ferrara a scendere, per quanto abbia perso stagni e acquitrini,
l'atmosfera l'ha mantenuta intatta.... Ravenna era una Venezia di
sette isolotti e l'imperatore non ci si insediò, ma rifugiò,
esattamente come toccò in sorte ai fuggitivi di Aquileia che poi
fondarono la Serenissima.
Storia di acqua e zanzare.... non c'è
più l'acqua, se non di mare, almeno dove io trascino il corpo, e un
lago salato a cento metri da me che chiamano Pialassa. Dal veneziano,
piglia e lascia. È collegato all'Adriatico, acqua salata e piglia e
lascia son le sue composte, minime alte e basse maree... ci sono i
fenicotteri. Arrivano dall'Africa che cono rosa, terribilmente
kitsch. Nella patria di Armani non è tollerabile e qui sbiancano
rapidamente. Mi dicono che è a causa ai gamberetti africani che
inrosano e per merito di quelli italiani che sbiadiscono. Qui in
Italia comunque, tutti i colori si spengono. Qui tutta l'esteriorità
è scelta estetica consapevole. E se guardi le automobili e decidi di
contare quelle grigie, quasi finisci i numeri. Gli altri colori sono
eccezioni...pensi che siano appena tornati da un funerale, che ci sia
un lutto che si esprime così, col grigio delle auto e gli abiti che
mai imitano la saggia allegria dei fiori....
In questa patria dell'apparire, per
questi italiani che han trasformato il proprio corpo in opera d'arte,
e si ostentano per le vie appagati solo per un attimo e poi
angosciati dal duro compito di anticipare le mode, meditano un nuovo
modo di apparire, e che considerano superate le imbrattature anche
ragionate delle tele che li resero grandi, e la grandiosa tradizione
musicale culminata in Vivaldi, Domenico Scarlatti e Boccherini, e lo
scalpellare dei candidi marmi di Carrara che ora si fan base per
lampade e lapidi per cimiteri, mentre prima erano Pietà geniali e
Bacchi e veneri danzanti.... In questa terra dicevo votata ormai
all'apparire, l'atto di leggere, che è interiore, pudico,
individuale, solitario, accade? Quasi mai. Il senso estetico chiede
di essere acculturato per gradi imitando, guardando e a volte, in
casi rari, anzi rarissimi, osservando.
Leggere abbellisce l'interiorità. Ma
quella chi la vede! Ti giri a guardare la donzella con l'abito di
Emilio Pucci, non certo quella che ha l'occhio distante che pensa.
Ugualmente immagino in questa terra
,qualche mezzo matto come me che decide di rilassarsi pensando.
Cosa si può consigliare col solleone?
Primo, le riletture. Secondo, roba breve oppure anche lunghina ma,
con capitoli ben delineati che se giri al massimo due pagine vedi
che l'apnea del cervello terminerà presto. Mai come in quest'epoca,
che vuole affidare tutto agli occhi, del pensare si è perso il
piacere e l'abitudine. Ai sensi bastano le emozioni ma all'Uomo? Al
cibo il sapore e il profumo, al tatto la seta delle stoffe o della
pelle di lei, al sesso, l'orgasmo.... e poi si è sazi per un po'. Il
corpo si riprende dalla sazietà e si riparte, in un circolo vizioso
eternamente uguale che per me si fa aberrante, angosciante, sinonimo
di morte dell'anima che dei sensi fa uso per porre le basi per un
grande viaggio....l'inferno è in ogni forma di ripetizione. Penso al
mondo di Walt Disney, alle città di Topolino e Paperino che in
Italia si chiamano Paperopoli e Topolinia. Son belle ma ripetitive.
Rappresentano un dolore enorme. Senza genitori, tutti, quindi senza
complessi di Edipo, quindi liberi sì, di ripetersi eternamente
uguali. Walt Disney era un pozzo di sofferenza. Il film Bambi era
dolore puro. Speranza. E ci si gettava da bambini su quei giornaletti
con gioia. Accadeva. Era giusto che accadesse, perché per un bambino
il mondo è statico. Lui è il centro e, se tutto va bene, babbo e
mamma sono certezze, pilastri inamovibili. In questo ambiente fatto
delle colonne genitoriali che ai suoi occhi sembrano appunto
immobili, la vita non si srotola nel tempo. Ogni alba ripete la
medesima giornata. Ecco cos'è l'infanzia quando la sorte aiuta. Ecco
anche perché, quando iniziamo a sentire il cambiamento, quando la
crescita nostra e di quel ci circonda ci porta con naturalezza a
considerare diversamente la vita, quei giornalini, senza alcuna
nostalgia, tornano in soffitta. Son specchi che si sono offuscati.
Rappresentano ormai un mondo di Walt.....non più il nostro.
Immagino quindi un giovane. Sì,
mettiamo vent'anni appena diplomato che ha studiato e si domanda,
mentre sbuffa all'ombra, cosa se ne farà di tutti quegli studi ai
quali si è sentito a volte attirato ma più spesso costretto. Penso
per comodità, che abbia fatto il liceo classico. Mi concedo il lusso
di questa selezione perché sto pensando a un libro. Immagino che lo
trovi su un tavolo in casa, la sera. Nessuno sa di chi è quindi lo
prende. È sottilissimo. Appena sessantotto pagine e la narrazione
inizia a pagina nove, quindi di fatto 59 da leggere. Antipaticamente
non ha capitoli, non ha spazi bianchi, mezze pagine nelle quali
riposare gli occhi e tirare il fiato della mente. L'autore ha un nome
strano. Durrenmatt, chissà come si pronuncia. Con uno sgorbio di
cognome simile sarà sicuramente di area tedesca, come lingua,
s'intende. Sarà pesante? Immergere lo sguardo non costa nulla. È un
Adelphi rosso, elegante. Una casa editrice che immediatamente dona
idea di serietà. “...fa sul serio”, e questa potrebbe essere
una sfida. Lui non può sapere, ha vent'anni.... che anche questa
casa editrice ha pubblicato qualche corbelleria... la sorte lo ha
aiutato fino ad oggi e lo aiuterà ancora. Questo libro di nessuno
apparso sul tavolo sarà “vero”.
Ha studiato i miti, i greci, e non
sapeva cosa farsene di quelle nozioni. Il titolo. “La morte della
Pizia”. Ecco, la Pizia. Sa chi è. Uno a zero per lui. Prima la
sorella gli ha chiesto chi era. Forse papà lo sa. Lui sa tutto. Il
fatto di sapere qualcosa che non tutti sanno lo rinfranca. Si sente
importante. Superiore a qualcuno, ma a chi, e cosa farsene di quella
superiorità! Lo pensa. È un buon inizio. È nato e cresciuto in un
mondo involgarito dall'etica dello sport. Esiste sempre una
classifica, un migliore. Ha avuto un attimo il sospetto che sia una
cosa stupida, particolarmente se applicata in ambiti estranei allo
sport. Pensa ai premi letterari. Primi anche li. Anche li
classifiche. Ai premi scientifici. Si sta perdendo. Non sa ancora
elaborare nella stratosfera. Si è appena staccato dal suolo. Ci
vuole calma. Tempo.... ed ecco che inizia a comprendere che il
tempo.... ma anche questo non è ancora chiaro. E poi, la
letteratura. A scuola danno solo certezze, l'ha capito. Devi
ripeterle per avere un buon voto, ma non son certezze. Lo ha capito
tanti anni fa e quel dubbio tuttora irrisolto torna a galla spesso.
Ricorda che verso i dieci anni ebbe un'infatuazione per i libri di
avventura. Inciampò nel Moby Dick e qualcosa non funzionò come
negli altri libri. Il capitano Achab ogni tanto la notte appare con
la rumorosa gamba di legno e lo sveglia. Non dice niente e sorride.
Strizza l'occhio destro e si siede sull'unica sedia della stanza. Gli
dice “dormi, dormi. Ci penso io a non far entrare brutti sogni” e
lui si addormentava con quel mistero ancora irrisolto. Quel capitano
aveva perso la gamba per colpa della balena bianca. Nel romanzo la ri
sfidava ma si cappiva benissimo e subito che non avrebbe potuto
batterla. Ma che senso ha leggere la descrizione di una sconfitta!
Che senso ha che il buono non si capisce se è veramente,
profondamente buono! È tutto mescolato in quel libro. Che senso ha!
Spesso la notte lo avrebbe voluto chiedere al capitano, ma non l'ha
mai fatto. Sapeva che era un sogno...
va a letto. La finestra è aperta su un
paesaggio di alberi. Rumore di grilli. Un congegno elettrico e
lievemente profumato difende dalle zanzare. Non c'è frescura ma
stando immobili si può almeno leggere, pensare. Lei da quando il
caldo si è fatto insopportabile non striscia più dalla finestra nel
suo letto. Non arrotola più il suo sottile e lungo corpo al suo.
Quella stretta che esplode in un orgasmo e poi si fa asfittica, non
necessaria, lo sorprende sempre. Lo attira all'inizio e si fa
repulsione. I suoi occhi brillano nel buio. I denti bianchi, i baci a
fior di pelle. Speso si sente cibo e lei a piccoli morsi lo fa
impazzire di estasi. Ma poi tutto finisce, e lei senza una parola
scivola via. E si perde in quell'immensità di prati, alberi e
cespugli. Non ha il coraggio, la forza, la volontà di chiudere la
finestra. La attende e poi alla fine la teme. Ma questa sera, ed è
la terza, questo caldo folle la terrà lontana. La immagina in questa
notte di luna che si bagna nel lago. Dista cinque minuti e inizia con
acque basse...
si stende. Apre il libro. Dunque, la
Pizia.... ha letto d'un fiato. Ha ritrovato i suoi studi. Gli studi
si son fatti base di partenza. Gli hanno permesso di capire, di non
affogare nei nomi di Laio, Creonte, Edipo, Tiresia, Omero,
Agamennone, Eracle, Delfi, Corinto, Tebe, Cadmo, Armonia, Prometeo,
Tantalo, Clitennestra, Leda, Minosse....
“...solo la non conoscenza del futuro
rende sopportabile il presente.....”
“...Niente al mondo infatti l'uomo
sopporta con più difficoltà della giustizia implacabile. Proprio
questa egli ritiene sommamente ingiusta. Tutti i tiranni che fondano
il loro dominio su grandi princìpi, l'uguaglianza dei cittadini tra
loro, o l'idea che i beni di ognuno appartengano a tutti, suscitano
in coloro sui quali esercitano la loro podestà, un sentimento di
soggezione incomparabilmente più mortificante di quelli che, anche
se assai più ignobili, si accontentano, come Laio, di fare i
tiranni, troppo pigri per addurre una qualsiasi giustificazione al
proprio comportamento: essendo la loro dittatura lunatica e
capricciosa, i sudditi hanno la sensazione di poter godere di una
certa libertà. Non si sentono tiranneggiati da una arbitraria
necessità che non consente loro speranza alcuna, ma piuttosto da un
arbitrio assolutamente casuale che ancora permette qualche
speranza....”
ha capito. Ha capito perché ha
studiato la storia, e ha provato quelle parole addosso a Syalin,
Hitler, Mussolini, Alessandro il Grande, Napoleone, Cesare...
La filosofia. Coi suoi ragionamenti
spesso frigidi, esasperati, così puntigliosi da sembrare maniacali,
in un letterato si fa viva? Ma chi è questo Durrenmatt.....
“ sui giorni felici non c'è mai
molto da dire -aggiunse la Sfinge dopo un lungo silenzio- la felicità
detesta le parole”
e ora pensa a lei. Lei che arriva dalla
finestra silenziosa e si adagia su di lui, in lui e senza una
parola....
ragiona poi sulla razionalità e la
fantasia. Due vie che, a quanto pare non hanno permesso a Tiresia e
alla Pizia di capire un bel niente della vita....
E quella felicità che detesta le
parole....
Chiude il libretto. È notte fonda. I
grilli tacciono.
Esce dalla finestra, passi cauti lo
portano al lago.
Pensa. “lei tace.... lei è felice.
Lei....” e non sa continuare.
Arriva all'acqua. La luna è completa e
illumina, ma la sua luce è irreale come nei sogni.
È solo. Si tuffa, nuota. Arriva dove è
è profonda. Qualcosa lo sfiora da sotto, lo tocca. Lo abbraccia, lo
tira giù.
Esplode il respiro, la luce si fa buia
ma intensa, si arrende.
E alla fine lei gli nuota di fianco.
Anche lui ora non parla. Non ne ha
bisogno, e non ha più paura ora che il “gioco” è terminato.
Pensa... “è un sogno. Mi sono
addormentato con il libro sul petto e nonostante il caldo, dopo tre
giorni la desidero talmente tanto che....”
si siede sulla riva del lago. Guarda la
luna sereno. Lei è di fianco. Lo sa. Chiude gli occhi cercando di
comprendere quanto può essere profonda la felicità.
E nel buio degli occhi il capitano
Achab per l'ultima volta lo saluta. Lo capisce perché dice addio e
si vede che è commosso.
“Addio. Si, addio mio capitano: ora
penso di sapere la rotta”
Nessun commento:
Posta un commento