Caro lettore, ti
consiglio, se vai di fretta, di iniziare da dopo l'immagine del Mosè,
poiché la parte che precede e che è immediatamente qui sotto,
riguarda le solite recriminazioni che non val poi tanto la pena di
leggere perché … se minimamente pensi e non vivi solo di emozioni
…. già le conosci …
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Iniziai l'Università
molto tardi, a 29 anni; non fui io a scegliere ma la vita. Arrivai
alla prima laurea, in Storia dell'arte, per passione. Per me, che non
avevo mai smesso di studiare le materie che amavo da quando ero un
bambino, si trattò più che altro di mettere un po' di ordine in un
cervello-crogiolo che conteneva un po' di tutto ma in un modo che all'epoca consideravo assai disordinato. Mi resi conto che il mio caos apparente
era di fatto retto da principii esistenziali che col tempo mi si son
fatti sempre più chiari. Alla fine, ammisi a me stesso con
tristezza, che quel che avevo fatto e che continuo a fare da solo,
conta molto più di quel che questa rigida istituzione, offre. Un
pezzo di carta per un lavoro … e non sempre. Ormai non è altro. E
le mie arti, letterature e storie di varie epoche ... e filosofie, son
tornate completamente al mondo morale nel quale credo e son tornate a vivere. Secondo me, senza principii, nulla
nella dimensione umana, sia individuale che sociale, ha un valore.
Vediamo per esempio l'economia com'è ridotta ... e rabbrividii quando lessi e sentii dire che
Stalin aveva fatto fare un salto notevole alla industrializzazione russa …
dimenticando i più di quaranta milioni di vite umane che costò. La medesima
faccenda per una persona (….persona?) che fa master per gestione
d'impresa e parla di “materiale umano” come se fosse senza
sentimenti sia lui che quel materiale … e la filosofia poi! Da Kant
in poi sei filosofo se sei docente, se appartieni quindi ad una
cosca. Solo Wittgenstein rifiutò e andò ad insegnare in una scuola
elementare … lui che mai dimenticò che la filosofia è parte dalla
vita e non solo elucubrazioni di gente isolata in un inferno
autoreferenziale e che crede sia l'empireo. Si sono chiusi in un
linguaggio tecnico … il filosofese. Vidi il filosofo Paolo Rossi
lodare uno studente che parlava in un modo comprensibile solo agli
addetti ai lavori; a quattr'occhi, con calma riuscii a farglielo
notare ... quel ragazzo era come certe donne bellissime esteriormente ma che hanno speso tutte loro stesse in quell'apparenza … . Linguaggio
tecnico e forse un contenuto striminzito in centinaia di pagine … e
la filosofia non ha più un pubblico. Si inventano i festival della
filosofia per rimediare. Che tenerezza. E del novecento su nessun
libro trovate nemmeno citati quei veri filosofi (che hanno fatto un'epoca) che come al tempo di
Platone aprirono delle scuole ed ebbero discepoli ma non ebbero a che fare se non casualmente con gli atenei.
Un esempio di come la
situazione universitaria sia triste la trovate in questo scritto sul
Mosè. Quel che spiego lo scoprii alle superiori per conto mio (son
diplomato in chimica …). Capitò che un amico, terminati gli studi, mi
donò i suoi libri di storia dell'arte sapendo di farmi cosa gradita.
Li divorai trascurando gli studi ufficiali e da solo mi inoltrai in
letture di arte offerte dal caso e da rari consigli ricevuti. Quando
approdai all'università più vecchia al mondo che la più vecchia
non è, poiché il record, se mai ha un senso fregiarsene, appartiene
alla Schola Medica di Salerno, quando vi approdai dicevo, mi resi conto che
del Mosè si dicevano cose che non corrispondevano a quel che avevo
maturato per conto mio. Sempre da ragazzo, avevo letto i “saggi
sull'arte, la letteratura e il linguaggio” di Freud, libro che contiene il bellissimo e onestissimo saggio su quella scultura di Michelangelo. Questo testo aveva innescato la mia mente portandomi agli esiti che mi appresto rapidamente a
narrarvi. Questo scritto avrà quindi una prefazione inutile e lunga
ed un testo breve ma forse utile. Se non dissi nulla ai docenti è
perché compresi rapidamente che la proprietà del risultato ottenuto, sarebbe
passata a loro. Ogni docente è in grado di produrre immediatamente uno scritto
che rende ufficiale il fatto che quella scoperta l'ha fatta lui e fui rapidamente messo in guardia su queste rapine culturali.
Conosciamo una marea di casi simili. Ricordo per esempio Oliver Sacks
che racconta nella sua autobiografia quel che gli toccò subire in
proposito. Si sa che gli studenti vengono munti con facilità nelle
loro scoperte perché nell'età nella quale la passione vince sulla
razionalità, farli fessi è un attimo....
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IL MOSE' di MICHELANGELO
Nel saggio di Freud
dedicato a questa statua, l'autore si arrende ammettendo di non
riuscire a comprenderla completamente. Chiude lo scritto ipotizzando
che in futuro qualcuno troverà opere intermedie di epoche precedenti
o contemporanee al grande scultore che ci permetteranno di capire di
più.
Sappiamo che: il Mosè si
è appena girato e sta per alzarsi. Sembra che abbia visto qualcosa
di sconvolgente.
Miei ragionamenti: chi è
Mosè, un profeta. Le “corna” della statua lo dimostrano. Esse
rappresentano il raggio-pensiero di Dio. Il profeta riceve visioni,
quindi la visione non tratta di qualcosa di reale, ma appunto di una
profezia e quindi un evento futuro.
Domanda che faccio a me
stesso: chi sono gli artisti preferiti di Michelangelo? Vari testi mi
rispondono … i fratelli Pisano, e si sa che andò a vedere le sue
opere a Pisa. Cerco semplicemente su un testo delle superiori e già
trovo quel che mi interessa. Si osservi del Pulpito di Pisa la
crocefissione.
Alla sinistra di Cristo stanno i cattivi (alla destra
per noi che guardiamo il bassorilievo). Eccolo il medesimo
personaggio con la mano nella barba e l'altra sul ventre (questa mano
rappresenta un gesto antico, quel tenere la toga che Michelangelo
riutilizza).
Esito: Il Mosè di
Michelangelo ha appena avuto la visione della morte e resurrezione di
Cristo. Ne è sconvolto e nella statua di Michelangelo abbiamo il
momento successivo alla visione, quando si è ormai girato e cerca di
resistere alla forte emozione.
Si tenga conto che
Michelangelo frequentava gli ebrei e fu da essi aiutato per
“comporre” gli affreschi della sistina. Ci sta quindi il rispetto
per loro, ma anche la consapevolezza di Michelangelo che il
Cristianesimo corrisponde ad una crescita del messaggio divino che
culmina con la “sconfitta della morte”.