In questi primi di maggio
2013 inizia una colossale operazione commerciale. Si Chiama “Great
Gatsby” e “usa” un capolavoro della letteratura, già passato
in pellicola varie volte, per vendere camice, giacche, gioielli
eccetera. La prima proiezione ufficiale sarà all'Avery Fisher Hall
del Lincoln Center. Da New York, luogo nel quale la sagra
dell'effimero toccherà il suo apice in quella sfilata-proiezione, il
dieci, invaderà le sale negli Usa. Il 15 approderà a Cannes per
aprire il festival eccetera eccetera.
Prada, Brooks Broothers e
Tiffany, ci mettono negozi e vetrine e una mostra. Quest'ultima, ora
ovviamente nella Grande Mela, si sposterà con una tappa sicuramente
in Asia e una non ricordo più dove.
Per gli amanti delle
apparenze fornisco un dato da consumare in fretta. Si va
all'Epicentro Prada, la città ormai la sapete, e avete tempo fino al
12 per vedere gli abiti disegnati da Miuccia e Catherine Martin
(griffata da un oscar per i costumi) per di Caprio e Carey Mulligan.
Siamo stati informati che la coroncina Savoy tempestata ovviamente di
diamanti, costa duecentomila dollari e altre amenità da
parrucchiera.
Bene, ottimo e abbondante,
come si doveva dire sempre e comunque del rancio in caserma … ma io
aggiungo, ottimo, abbondante e insipido.
A livello cinematografico
stimo moltissimo di Caprio e penso che riuscirà a fare una figura
notevole. L'ho visto in film di una banalità sconcertante e lui, in
un attimo sapeva salvare tutto. Miuccia Prada sa fare il suo lavoro e
lo fa bene. Gli altri saranno sicuramente bravi ma, e di Francis
Scott Fitzgerald ci si degna di dire qualcosa? Quel libro, “Il
grande Gatsby”, sembra facile, e proprio per questo scivola via …
si commette, con quella lettura, un peccato comune e non veniale: ci
si identifica con l'eroe o con l'eroina. Si pensa che ci sia il buono
e il cattivo, ma purtroppo non è così.
Preciso che secondo me
esiste peccato quando la superficialità di un comportamento non ci
mette nelle condizioni di cogliere l'oro, l'oro vero, non quello dei
gioielli.
La malattia inizia proprio
negli USA e ve la racconto senza ingigantire i fatti. Sono a Saint
Paul, Minnesota, a un passo da Minneapolis. Ci ho passato una bella
manciata di giorni. La prima volta che arrivo nella via principale
sono tutto, interiormente, con Fitzgerald. Desidero percepirlo
ovunque, ed ecco la via col suo nome e la statua. Bene, mi dico.
Iniziamo bene! Chiedo ad un passante dove si trova la casa di Francis
Scott Fitzgerald e mi dice che non lo conosce e si allontana. Lo
chiedo ad un altro che dice di averlo sentito ma non sa dove abita.
Quando faccio presente che è morto da qualche mese, mi dice che gli
dispiace e mi stringe con partecipazione la mano … insisto, non sto
scherzando! Gli dico che era uno scrittore. “davvero? Era famoso?”,
“a little … e questa è la sua statua. Anche la via ha il suo
nome”. Il mio interlocutore va in corto circuito e si dilegua.
Consigli per un accurata
comprensione, perché spesso se certe cosucce le dico io, si pensa
che stia “caricando un po' troppo”. Robert Altman: vedere
assssolutamente il film CAPOLAVORO, “Radio America”.
È del 2006.
fu il suo ultimo film e per me è da brividi la scena finale, mentre
stanno demolendo il teatro e il pianista suona con la testa, scolpita
e bianca, di Fitzgerald, accanto. E poi smette di suonare, prende
quella materia bianca e per l'America ormai anonima, e se la porta
via, sparendo nel nulla che l'America attualmente è tranne pochi
solitari come Auster e Philip Rot eccetera.
E ora, da quella mia
esperienza minnesotana, due deduzioni folli. 1)Non si può capire se
non si viene messi nella condizione di poterlo fare e 2)non possiamo
apprezzare ciò che non conosciamo. L'eco dell'operazione commerciale
è immensa. E l'eco in direzione del senso, dell'anima, è muta.
In Europa la situazione è
migliore. L'Europa, non so ancora per quanto, un passato ce l'ha.
L'America ha solo un presente.
Con stupore ho letto ieri
su una testata nazionale che in Italia, la classifica per la
narrativa straniera è corredata di nomi stupendi e mi fa piacere.
Primo Dostoevsky con “Le notti bianche”, segue Jane Austen, terzo
“Gatsby”, quarto Poe con dei racconti, quinto “Amleto” dello
scuotilancia e sesta la Nemirovsky con “Il ballo”. Sembra
un'epidemia di saggezza! Che bello mi dico e poi plano sulla
classifica italiana della narrativa e primo brilla Saviano che
scrittore non è, e come ho già scritto altrove, non mi convince
più. Proseguo e trovo un presente letterario decisamente mediocre.
Quel che deduco è che chi ha un po' di fiuto va sul sicuro e compra
classici. Chi fiuto non ne ha sguazza nella fanghiglia contemporanea.
Non si pensi che per me tutto il presente sia da buttare. Pochi sono
i talenti. Il presente di ogni epoca ne ha avuti pochi, ma li ha
rispettati. Attualmente la pressione dell'operazione commerciale
mastica la qualità e la riduce quasi ad un ostacolo. Essa richiede
il pensiero che è una fatica … e quindi chi veramente vale è
d'impiccio.
Torniamo a Fitzgerald. Per
me da quando ero un ragazzino è una figura fondamentale. Nel mio
studio, sul muro, ho incollato delle lettere dell'alfabeto che
formano una sua frase che ritengo sacra. Guai a discostarsi da essa!
La trovai ancora adolescente e già malato di varie arti, nei suoi
taccuini. Eccola: “Non si scrive per dire qualcosa. Lo si fa solo
se si ha qualcosa da dire.” qualche anno fa ho fatto stampare dei
segnalibri sempre con quella frase e li uso quotidianamente.
E … se si provasse ad
applicare quella frase al suo autore? Sommiamoci anche la seguente:
“il romanzo deve nascere dall'esperienza”, e domandiamoci di
conseguenza da quale esperienza personale dell'autore è nato “Il
grande Gatsby” e che cosa ha da dire.
Devo prima premettere che
non sono soddisfatto della traduzione della Pivano che circola
tutt'ora in Italia. Con lei ne parlai e le portai i seguenti due
esempi;
ecco il brano: “Si
cacciò le mani nelle tasche della giacca e ritornò impaziente alla
sua vigilanza come se la mia presenza contaminasse la santità della
veglia. Così me ne andai e lo lasciai nel chiaro di luna a montare
di guardia: a niente.”
Non perdiamo tempo nel
voler contestualizzare la scena. Essa, così com'è, ha per il
lettore un senso. Togliamo ora quel “niente” che chiude la frase
e mettiamo “nulla”. La sentite una dilatazione verso una
dimensione metafisica? Anche in un mio racconto “uso” questo
esempio. Mi spiego. Il niente presuppone una scena. Su una tavola
potrebbe non esserci niente … ma c'è la tavola, “sentiamo” un
ambiente, una stanza. Il nulla è qualcosa di diverso. Il nulla va
oltre.
In un altro punto, una
vettura “corre a ottanta all'ora”. Ma quella era lentezza per una
macchina di lusso del 1925! si trattava di miglia ed era il caso di
aggiornare il dato.
Come si vede ci sono
impurità piccole e grandi e nascono dal fatto che la Pivano si
limitava a cercare gli aspetti autobiografici dell'autore nell'opera
e del resto non si curava troppo.
Torniamo alle due domande:
cosa vuol dire Fitzgerald con quel Libro? Da quale sua esperienza
nasce?
Inizio sondando la prima:
Il Libro ci descrive l'America ruggente dei primi anni venti. Dal
1920 in un crescendo impressionante Fitzgerald, diventa famosissimo e
punto di riferimento della mondanità, ma sempre le uscite superano
le entrate quindi “scappa” per un po' in Francia come fece a suo
tempo anche un certo d'Annunzio che scappava dai creditori. Perché
in Francia? Perché l'Europa in generale con la sua crisi economica
del primo dopoguerra era economicamente, come per un Italiano oggi,
un paese del terzo mondo. Da Berlino a Wienna, con il cambio
favorevolissimo del dollaro si poteva vivere in un modo che negli USA
era appena sopravvivenza.
Uscito per un attimo dal
turbine americano, Fitzgerlad lo ferma sulla carta e inventa una
gioventù d'elite che sistematicamente ha qualcosa sulla coscienza.
Veniamo al fulcro e
scopriamo l'eternità dell'opera di Fitzgerald. Essa si cela nel
significato profondo di un matrimonio mancato. Jay Gatsby, quando era
economicamente un nessuno, si innamora della bella e ricca Daisy.
Nessuno dubita, nemmeno io, che si tratti di amore vero. Lui parte
per la guerra e si comporta da eroe, ma lei che ha fretta di vivere
cede alle avances di un “calciatore” di fama di nome Tom
Buchanan.
Un inciso. Anche Emilio
Fede comprende che c'è qualcosa che non va. Un calciatore celebre
negli Usa è come un caspo d'insalata sulla luna, una irrealtà. La
Pivano avrebbe potuto mantenere il vocabolo originario che ben
conosciamo, Football, che ci avrebbe portato alla mente quegli uomini
corazzati che si contendono una palla ovale....
Gatsby torna e in modo
rapidissimo diventa più che ricco. Una ricchezza che si comprende
non essere pulita. Ma … a proposito di pulizia … se si osserva
con un po' di attenzione si vedrà che nessuno dei personaggi
principali è di fatto pulito. Tom Buchanan si sposa e si concede
varie amanti, Gatsby si arricchisce con azioni immorali. E Daisy?
Sembra pulita! Quando marito e spasimante se la contendono sembra che
lei scelga il marito perché il passato di Gatsby “pesa” più di
qualche avventuretta … ma già sentiamo che il fatto che, l'avere
una figlia non salga mai sul piatto della bilancia, e la sua
incapacità di attendere la rendono un po' torbida …
La totale consapevolezza
del suo “valore”, la si ha poi verso la fine. Daisy, se pure
involontariamente uccide, ma quel non fermarsi con la macchina la
sporca definitivamente. Mi raccomando. Non si misuri quella scena con
le leggi di oggi. Allora investire una persona con l'auto, anche se
si correva e si era brilli, non portava alle conseguenze odierne. Si
aggiunga poi il fatto che lei è una potente e si coglie la pura
dimensione morale della sua scelta di tirare dritto con la Rolls.
Dopo questo esito, si somma la consapevolezza del lettore che lei,
non accollandosi alcuna responsabilità nemmeno dopo, sia veramente
squallida. Nemmeno nella cerchia intima accade, e questa finta
pulizia della persona, questo essere belli solo fuori, Fitzgerald lo
descrive con le seguenti parole: “erano gente sbadata Tom e Daisy:
sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o
nella loro ampia sbadataggine o in ciò che comunque li teneva uniti,
e lasciavano che altri mettesse a posto il pasticcio che avevano
fatto.” Va spiegato che il marito merita la medesima infamia. La
colpa estrema di Tom, oltre al fatto di essere un donnaiolo
impenitente, è di aver detto al marito della donna morta
nell'incidente, che la macchina era di Gatsby, innescando così una
morte, di Gatsby appunto, e un suicidio.
Si aggiunge per lui, anche
un'altra colpa più sottile ma durevole e più che eterna. Tom
preferisce una donna di una volgarità esagerata ad una moglie che è
l'essenza della bellezza e dello stile. Per dare l'idea di come
questa riverenza verso la bellezza sia immensa e spesso ribalti il
senso degli eventi, si pensi al caso Lewinsky. Quel che ha dato
fastidio ufficialmente agli americani non è stato l'aver giurato il
falso, ma di fatto che lui, proprio lui, il presidente degli Stati
Uniti, l'uomo percepito come il più potente, si sia relazionato
sessualmente con una donna poco bella per non dire brutta. Si pensi a
John Kennedy. Il suo mito, ormai andato in soffitta, ha resistito
alle sue manie erotiche perché sempre coinvolgeva donne percepite
come belle. Marilyn ne è un esempio, nonostante la fine piena di
sospetti. Venendo all'Italia … se un certo personaggio politico,
notissimo per le sue fidanzate, ne avesse collezionata una, una sola,
ritenuta universalmente indecente in relazione ai canoni estetici,
avrebbe non perso ma straperso, e con infamia, le elezioni. Tutti lo
criticano, ma nel frattempo … (dichiaro ora, e per sempre che non
lo voto, e quando spendo il vocabolo “stima” lo faccio per altre
persone...). Si ricordi che la bellezza è un abisso e in essa il
senso si perde! Ci basti un esempio quotidiano. Immaginiamo una donna
brutta che quasi ci investe. La nostra reazione non sarà splendida.
Ci accade il giorno dopo nel medesimo punto e con la medesima
dinamica, siamo carichi di rabbia, alziamo lo sguardo e … ammiriamo
quanto è bella. Ecco che ci comportiamo diversamente, che siamo
disposti a comprendere che insomma siamo umani e nessuno è perfetto
eccetera. Lo sappiamo che è così. La bellezza semina morte
ingiustizia e doni e Tom Buchanan scegliendo un'amante volgare, che è
la forma più irriverente di bruttezza, ci ha irrimediabilmente
offesi tutti!
E ora l'atemporalità del
messaggio di Fitzgerald in questo libro.
Pensiamo al concetto di
verginità. Esso non riguarda quel certo aspetto fisiologico che
accostiamo automaticamente a quel vocabolo, se non in superficie.
Poniamoci la domanda. Cosa rendeva non sposabile anticamente una
donna e in fondo anche un uomo? Mi viene in mente San Nicola
effigiato nel Medio evo con tre palle d'oro in mano.
(Nella tavola sottostante, la scena che ci interessa è quella in alto. Uffizi, di Ambrogio Lorenzetti)
Se poi
osserviamo una vera tavola dell'epoca, scopriamo che tre sorelle in età da marito,
non potevano convolare perché erano povere. Il santo fece avere ad
ognuna una palla d'oro che divenne dote. e ... se ci si mettevano pure i santi si vede che la questione era seria....
E uno. La verginità nel
medio evo era la dote. Per l'altra verginità, quella della carne,
sempre qualche comare sapeva consigliare. Una delle “cure” che ho
trovato, consisteva nel immettere in vagina un uovo di non ricordo
più quale uccello selvatico. Accadeva così che il maritino novello
nell'impeto amatorio lo avrebbe infranto e l'indomani le lenzuola
avrebbero garantito il suo primato da pulcinella. E … sappiamo che
attualmente molti medici con un interventino sanno ri creare quella
finzione.
Domandiamoci ora: da quale
logica, se mai ne ha una, viene la verginità della carne? Dalla
proiezione nel popolo di un'esigenza regale. Mi spiego: si chiamava
porfirogenito l'imperatore di Bisanzio concepito nella “stanza di
porfido”. Se sposavi il Cesare d'oriente, dopo accurata ispezione,
venivi tenuta ingabbiata nelle tue stanze e scortata rigorosamente
solo da eunuchi e copulavi solo in quella stanza di porfido davanti a
testimoni che avrebbero così garantito al mondo la legittimità
dell'erede. Poter insinuare l'illegittimità equivaleva a perdere i
diritti al trono. Dio li avrebbe dati a quel casato e qualsiasi
infrazione alla Sua volontà andava depurata. Diversamente si sarebbe
trasformata in anni neri per il popolo.
Veniamo ai comandamenti.
Già non commettere atti impuri non ha a che fare con la
masturbazione come ci han detto i pretini per millenni!
Impuro era ogni atto che
non rispettava una procedura rituale. Un esempio è il Kosher nel
cibo ebraico, ma ogni aspetto, anche minimo della vita di ogni
singolo, era codificata. “Scantonare” equivaleva a commettere
atto impuro. Perché ve lo ricordo? Perché nel linguaggio comune
dire “pura” o “vergine” era la medesima cosa.
Non uccidere! Non era una
norma universale come la si percepisce oggi. Esattamente era: non
uccidere nessuno dei tuoi, ma scatenati come e peggio di Sansone
sugli altri se così fai il bene della tua comunità ... Eccetera.
Ance in questo caso la purezza stava nell'eseguire l'ordine e anche
un assassino aveva diritto all'etichetta di puro, era solo questione
di scegliere coscienziosamente la vittima.
Veniamo ora alla verginità
di Daisy. Essa è di natura morale. All'inizio, Gatsby non era
vergine, nel senso che non era benestante, non aveva una dote.
L'aveva solo lei e per l'epoca non bastava. Era così anche
anticamente. Avevi la moglie che ti potevi permettere e non uno
spicciolo di più. I calcoli erano precisi ed erano tenuti da madri
arcigne e padri stanchi di femmine che costava assai sposare.
Ne troviamo una eco nel
romanzo in questione quando Daisy, la cuginetta, chiede a Nick, voce
narrante se è fidanzato. “Abbiamo sentito dire che sei fidanzato”
“E' una calunnia. Sono
troppo povero.”
purtroppo si prende quella
risposta per una battuta ma si tenga conto che in tutti i dialoghi
aleggia la lezione di Wilde che consiste di dire, con paradossi, la
verità.
La verginità di Daisy,
quella vera, consisteva nel fatto che poteva, essere per l'amore, con
l'unico motivo dell'amore. Era ricca. Bastava. La frenesia dei sensi
e dell'età, che la getta nelle braccia del giocatore di football,
non ci soddisfa. Non è poi un caso se Fitzgerald sceglie di far fare
al futuro marito quel quel mestiere. Si legga il livello
intellettuale e di sensibilità del campione di baseball in “Mr
Vertigo”, qualificabile come stupidità abissale, di Paul Auster e
si facciano due conti con il 2013. siamo tutti d'accordo nel
riconoscere bellezza e ricchezza ai calciator, che son gli sportivi
più in vista, ma non certo saggezza. È vero che si collezionano le
“perle” di un Cassano, ma non certo per appuntargliele al petto
come medaglie …
Ecco il punto. Daisy cede
al presente, non sa attendere la bellezza distante anche se è
corredata da un sentimento vero, e oltre il resto distante per un
motivo “alto” come la guerra che allora ancora coniava eroi, e di
fatto Gatsby torna in questa veste. La sua umiliazione, sempre in
divisa perché non ha nemmeno i soldi per un abito civile, pesa su di
lei. Il premio dell'eroe, la femminilità, Andromaca che non attende
Ettore... Penelope che non attende Ulisse. ecco la ferita mortale che
Fitzgerald ri attualizza con la sua opera.
Il valore fondante che
finalmente quell'epoca opulenta, gli anni venti del novecento, poteva
trasformare in regola, e non più in lusso folle, ovvero amare
l'amore, cede il passo alla fretta del tutto ora. Tom Buchanan oltre
all'essere ricco, c'era, le ronzava intorno.
L'altro, Gatsby, è eroe?
Non basta più. E' innamorato? Non basta. È Povero e assente. Due
malattie che chi vive nel presente non può sopportare nemmeno se
prese una alla volta. Nemmeno la volgarità e la violenza fisica di
Tom Buchanan sanno fare la differenza. Ha rotto il naso all'amante,
dimostra una matrice bassa, completamente incolta, ma galleggia nel
presente, c'è, e questa forma di nuovo crudele è l'americano che il
libro condanna ed è l'antitesi dell'eroe che riceve il premio del
sentimento. Gli USA ne erano pieni di gente simile. Quei nuovi
crudeli l'anno spolpata e distrutta innescando la crisi morale che
esplose definitivamente nel sessantotto e quella economica che divorò
nel ventinove, ma di fatto diede i primi segnali neri nelle masse dal
1927.
Esiste un altro sportivo
nel romanzo. Si chiama Jordan Backer e gioca a Golf. Sembra che si
stia fidanzando con la voce narrante, Nick, ma non accade. Quel che
in lei è macchia che si eleva a sistema, è la scoperta di una
bugia, di un colpo proibito sul campo di gioco. Questo avvelena lo
sport. Demone e fata del novecento, che non ha senso se non entro a
regole rispettate. La sua impurità, le costa il rapporto con Nick.
Veniamo al secondo
aspetto, quello autobiografico. Zelda, divenne la moglie di
Fitzgerald dopo qualche vicissitudine. La ebbe quando arrivò il
successo. Prima ci fu un rifiuto. Il fatto che questo aspetto si
ritrovi nella trama non deve affrettarci nel tirare le somme. Quasi
mai un autore si rispecchia in un solo personaggio. Quel dolore,
quell'impurità sarà sempre fra loro a rendere un po' finte, mai
completamente vere, anche le parole più tenere ma ...immaginate uno
specchio. Esso riflette la vostra immagine. Ora dategli un pugno. La
vostra immagine la ritroverete in ogni frammento. Provate ora a
pensare alla voce narrante. Essa impersona la morale pulita
dell'autore. Colui che davanti alla prova di scorrettezza si ritira.
Gatsby rappresenta l'angoscia di una consapevolezza. La donna amata,
se fosse stato ricco, un'esperienza vissuta … ? Tom Buchanan è
l'antitesi. Quel che si vorrebbe essere ma non si è. Ogni umano che
pensa, più pensa e più diventa in un certo senso debole poiché
meno è capace di brutalità, ma della brutalità ha nostalgia. Chi
non ha sognato di spaccare la faccia a qualcuno ma poi nella realtà
non fa altro che evitarlo! Quel Buchanan, quell'energumeno con
cervello da sportivo, reagirebbe coi fatti e si sa che ai buoni, come
riscatto, fa bene ogni tanto sognare di essere cattivi. Fitzgerald
insomma, è in varie percentuali in ogni personaggio.
Frasi tratte dal libro che
meritano di essere gustate con cura:
“Il senso della dignità fondamentale è distribuito con parzialità dalla nascita.”
E quanto pesa questa
verità. E quale rabbia innesca in chi non ce l'ha, la nascita nel
benessere senza sforzo, come dono del caso! Ma con questa
distribuzione tutti dobbiamo fare i conti. Mi, e vi, consoli il fatto
che la gente ricchissima ci invidia sempre qualcosa. Nessuno si sente
baciato dalla sorte in quella spartizione.
“L'evitare i giudizi è fonte di una speranza infinita”.
Bello. Giudicare il meno
possibile. I complimenti sono carezze e ne abbiamo tanto bisogno. Se
si osserva accuratamente l'altro, sempre si troverà qualcosa che si
presterà ad una parola gentile. Io consiglio di giudicare e quindi
ferire, solo per difendersi, quando il ritirarsi con ordine non è
più possibile.
“Era giunto a un'età nella quale la morte non rappresenta più una sorpresa sopranaturale.”
Arriva per tutti. Io mi
sento ancora immortale … speriamo che duri.
“Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato.
Nulla da dire. Merita di
essere imparata a memoria. Questa è la frase finale del romanzo,
“Trasportare da un'epoca all'altra sogni dimenticati.”
Questo è l'argomento del
libro. Lo ritroviamo anche in “Lolita” di Nabokov. Un amore
adolescente che sta per sbocciare ma lei parte e muore in Grecia e
quel sogno il protagonista lo cerca in ogni donna per proseguirlo.
Nel sogno lei rimane una adolescente, nella realtà della vita lui
cresce e invecchia, ma continua a “trasportare” con sé quel
sogno dimenticato.
Aggiungo io che i sogni
che si fanno in due, se si rimane soli, diventano incubi,
ossessioni.... meglio lasciarli andare, ma a parole è facile.
“Che cosa facciamo dopo pranzo?” Esclamò Daisy. “E che facciamo domani? E nei prossimi trent'anni?”
Capolavoro. In questo
vuoto di mete, in questo ripetere se stessi in riti esteriori stava
maturando il male di quell'epoca. E chi di voi non è arrivato
almeno una volta nella vita a quel punto di noia, di spavento del
futuro, forse seduto al pub con amici, e ha sussurrato quelle parole
ma le ha trattenute perché ha pensato che così si introduce una
nota stonata e personale nella vita degli altri … e Fitzgerald
quelle parole ha avuto il coraggio, e non la debolezza, di dirle, di
viverle fino in fondo.
“...e per un momento credetti di amarla. Ma sono molto lento a pensare e pieno di regole interiori che agiscono sui miei desideri.”
E penso al mio passato.
Ricordo qualcuno che asserviva la spontaneità del sentimento alle
regole, ad esso il sentimento doveva inchinarsi....
“Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava -o pareva affrontare- l'intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un giudizio irresistibile a suo favore. La capiva esattamente, la persona, fino a dove voleva essere capita, credeva in lei come a lei sarebbe piaciuto credere in se stessa.”
E ora provate a
confezionare un dono così perfetto! Solo per averlo inventato, un
simile sorriso, Fitzgerald si consegna all'eternità.
...Ma io immagino di
Caprio che legge e rilegge e deve riuscire a mostrarcelo, questo
sorriso totale e incoraggiante! Come ho già detto, secondo me lui è
in assoluto uno dei migliori. Penso l'abbiano scelto per la faccia,
che ha qualcosa di anni venti e il ritorno di cassa che offre, ma la
garanzia per me, è la sua coscienziosità. Lui quelle parole le ha
lette e rilette. Quel sorriso lo ha provato centinaia di volte, e si
tratta di sfumature .
Ricordo Mastrojanni quando
doveva prepararsi per “Il volo” di Anghelopulos. La severità
del mestiere dell'attore, la fatica di comprendere e tentare di
riprodurre con un gesto o una mimica, un senso enorme, l'ho vista e
la rispetto.
E ora qualche paragone.
Esiste l'arte legata alla
moda e dura una stagione. Esiste l'arte che elimina il tempo e sempre
è valida. Penso a “Mystic river” di Eastwood, a quella terribile
scena finale.
La festa dei pompieri ... e gli assassini sono in quella espressione buonista di comunità. Ecco quel che l'America, vista dagli occhi di un grande americano, vorrebbe essere ma fermamente non è. Si tratta esattamente del medesimo discorso di Fitzgerald. Ricordatevi che siamo ad un livello che esce dal tempo.... in “Mystic river”, si uccide per errore, ma si uccide. Accade anche ne “Il grande Gatsby”. In esso l'istigazione ad uccidere viene poiché il colpevole è dedotto con troppa immediatezza. Rimangono vivi mandanti ed esecutori, e la prima morte, quella dell'incidente, è involontaria, ma viene immediatamente sporcata.
tratto dal romanzo di Lehane
La festa dei pompieri ... e gli assassini sono in quella espressione buonista di comunità. Ecco quel che l'America, vista dagli occhi di un grande americano, vorrebbe essere ma fermamente non è. Si tratta esattamente del medesimo discorso di Fitzgerald. Ricordatevi che siamo ad un livello che esce dal tempo.... in “Mystic river”, si uccide per errore, ma si uccide. Accade anche ne “Il grande Gatsby”. In esso l'istigazione ad uccidere viene poiché il colpevole è dedotto con troppa immediatezza. Rimangono vivi mandanti ed esecutori, e la prima morte, quella dell'incidente, è involontaria, ma viene immediatamente sporcata.
La coscienza
dell'America.... Si pensi ora a “Gran Torino” del medesimo
regista.
Il protagonista ha ucciso. Di nuovo non si sa quanto la volontarietà sia diretta. Vietnam, stragi. E assistiamo ad un riscatto. Io che ho ucciso, “e la colpa è uccidere, ora e sempre”, io che ho ucciso, dono me stesso per farti vivere. L'America di Eastwood vede una possibilità di riscatto. Quella di Fitzgerald non ci riesce e crolla lui con la sua epoca.
Il protagonista ha ucciso. Di nuovo non si sa quanto la volontarietà sia diretta. Vietnam, stragi. E assistiamo ad un riscatto. Io che ho ucciso, “e la colpa è uccidere, ora e sempre”, io che ho ucciso, dono me stesso per farti vivere. L'America di Eastwood vede una possibilità di riscatto. Quella di Fitzgerald non ci riesce e crolla lui con la sua epoca.
Veniamo a de André. Alla
canzone “Ottocento” dell'album “Le nuvole”.
Si mescola lo jodel con altri generi. Un misto sapientemente volgare e stridente che fa da contraltare ad un testo che narra una vita volgare e stridente. Qualcuno muore. Aleggia la colpa ma non è diretta. Ecco il testo.
Si mescola lo jodel con altri generi. Un misto sapientemente volgare e stridente che fa da contraltare ad un testo che narra una vita volgare e stridente. Qualcuno muore. Aleggia la colpa ma non è diretta. Ecco il testo.
Ottocento
Cantami
di questo tempo
l'astio e il malcontento
di chi è sottovento
e non vuol sentir l'odore
di questo motor
che ci porta avanti
quasi tutti quanti
maschi, femmine e cantanti
su un tappeto di contanti
nel cielo blu
Figlia della mia famiglia
sei la meraviglia
già matura e ancora pura
come la verdura di papà
Figlio bello e audace
bronzo di versace
figlio sempre più capace
di giocare in borsa,
di stuprare in corsa e tu
moglie dalle larghe maglie
dalle molte voglie
esperta di anticaglie
scatole d'argento
ti regalerò
Ottocento, Novecento
Millecinquecento scatole d'argento
fine settecento ti regalerò
Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio,
quante belle figlie da sposar
e
quante belle valvole e pistoni,
l'astio e il malcontento
di chi è sottovento
e non vuol sentir l'odore
di questo motor
che ci porta avanti
quasi tutti quanti
maschi, femmine e cantanti
su un tappeto di contanti
nel cielo blu
Figlia della mia famiglia
sei la meraviglia
già matura e ancora pura
come la verdura di papà
Figlio bello e audace
bronzo di versace
figlio sempre più capace
di giocare in borsa,
di stuprare in corsa e tu
moglie dalle larghe maglie
dalle molte voglie
esperta di anticaglie
scatole d'argento
ti regalerò
Ottocento, Novecento
Millecinquecento scatole d'argento
fine settecento ti regalerò
Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio,
quante belle figlie da sposar
e
quante belle valvole e pistoni,
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar
Figlio, figlio,
povero figlio,
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio
figlio, figlio,
unico sbaglio,
annegato come un coniglio
per ferirmi, pugnalarmi nell'orgoglio,
a me, a me
che ti trattavo come un figlio,
povero me,
domani andrà meglioEin klein pinzimonie
wunder matrimonie
krauten und erbeeren
und patellen und arsellen
fishen Zanzibar
und einige krapfen
früer vor shlafen
und erwachen mit walzer
und Alka-Seltzer für
dimenticar
Quanti pezzi di ricambio...
e quante belle valvole e pistoni,
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar
Figlio, figlio,
povero figlio,
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio
figlio, figlio,
unico sbaglio,
annegato come un coniglio
per ferirmi, pugnalarmi nell'orgoglio,
a me, a me
che ti trattavo come un figlio,
povero me,
domani andrà meglioEin klein pinzimonie
wunder matrimonie
krauten und erbeeren
und patellen und arsellen
fishen Zanzibar
und einige krapfen
früer vor shlafen
und erwachen mit walzer
und Alka-Seltzer für
dimenticar
Quanti pezzi di ricambio...
e quante belle valvole e pistoni,
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar
Gatsby racconta a Nick
come è accaduto l'incidente e ammette che al volante c'era Daisy. La
cosa rimarrà fra loro ma...:
“Nel momento che afferrai il volante, sentii l'urto: deve essere morta sul colpo”.
“L'ha squarciata.”
“Non dirlo, vecchio
mio”, ebbe un fremito. “Comunque … Daisy ha proseguito. Ho
cercato di farla fermare, ma non ci riusciva, così ho tirato il
freno d'emergenza. Poi mi è caduta in grembo e io ho proseguito.”
Fece una pausa.
“Domani starà bene.”
Lo “sentite” che
l'abisso descritto da de Andrè e che stigmatizza la borghesia
milanese e per esteso italiana, ha il medesimo, identico sapore di
quello che esplode in Fitzgerald nel 1925?
“Domani starà bene” (Daisy, che ha investito una persona e non si è fermata)
“Domani andrà meglio”.
(Padre di un figlio suicida)
Ambedue hanno un cadavere
sulla coscienza, un cadavere nato, scusate il paradosso, dalla
banalità, dalla superficialità con la quale si è “presa”
l'esistenza.
Tre esseri ormai fuori dal
tempo, oltre il tempo. Fitzgerald, de Andrè e Eastwood. Nella loro
opera ci dicono qualcosa che non vale solo per l'oggi, qualcosa che
se non lo si rispetta annienta la vita.
E ora la premonizione di
Fitzgerald. Qualcosa che ha scritto con limitata consapevolezza o con
chiara preveggenza?
L'ebreo torbido ovviamente
ricchissimo e immorale, non meno di quelli della Nemirovsky, l'uomo
che ha falsificato le scommesse del '19 nel baseball... e amico di
Gatsby, ha un'azienda che si chiama Swastika Holding Company.
L'effetto è snervante. Nella medesima pagina, nel 1924, la parola
ebreo e la swastika....
La storia la conosciamo,
ma Fitzgerald ce la fa “assaggiare” anni prima che Hitler vada al
potere che sia inconsapevole come una pizia o chiaro a se stesso come
Apollo non so dire. È una sensazione, non può essere spiegata.
Ora l'anima di Fitzgerald
forse abita a Delfi.
amen