Nabokov è stato vittima di un successo spropositato che sarebbe stato giustissimo se fosse scaturito da una vera consapevolezza del suo valore. Mi riferisco ovviamente a “Lolita”. Per dare idea della situazione, che tuttora colpisce, di recente, a casa di un amico, “Lolita” era posizionato in un angolo abbastanza schivo della libreria e neppure in quella che non è di facile acceso all'ospite occasionale. Non è certo un libro che molta gente riesce a tenere in salotto. Una sorta di pudore ancora condiziona, particolarmente negli ultimi anni nei quali si è dilatato talmente il termine pedofilia rendendo il “lolitismo” uno dei suoi aspetti più noti e controversi.
Mi risulta che la definizione esatta di pedofilia sia la seguente: manifestare interesse attivo di natura sessuale nei confronti di bambini, e col termine bambini si intende, per la precisione un esserino ancora sessualmente non sviluppato. “Dolores Haze, al mondo nota come Lolita, non era più una bambina, ma una adolescente. Sessualmente sviluppata senza ombra di dubbio. Mi raccomando, non si pensi per questo che io intenda sdoganare la visione del tardone con la fanciulla. Personalmente ritengo che un rapporto abbia senso quando c'è un mondo, un mondo essenzialmente mentale da condividere e credo che rientri nel caso della eccezionalità più unica che rara la ragazzina che sia in grado di relazionarsi alla pari con un essere pensante di altra età. Non che la ragazzina non pensi. Ma la visione della vita che ha, la pulsione erotica, fortissima e spoglia di esperienze, la rende più facilmente vittima di chi sente la decadenza del corpo e vuole nutrirsi dell'altrui freschezza per esorcizzare la propria. Un sentimento, per quanto possa divenire incontrollato, travolgente, parte da un luogo che spesso ho descritto. È inesistente e si situa fra il cuore e la mente. Non esito a chiamarlo anima, e la sua influenza sulla nostra esistenza, una volta che abbiam imparato ad essere più forti del basso ventre, è totale e benefica.
L'immagine posta invece dalla pedofilia, intesa esattamente, oppure se non siete in accordo con la mia definizione, supponendo che così essa sia, è a dir poco sconvolgente, intollerabile.
La Lolita è un essere che per definizione è in grado di avere rapporti e quel che scopriamo nel romanzo di Nabokov, è il motivo che spinge il protagonista verso lei e la subdola di lei essenza.
Andiamo per gradi. Dopo aver letto quel romanzo, ho cercato in vari mercatini l'edizione più datata e ne ho rimediata una al prezzo di un caffè, edita da Mondadori nell'ottobre del 1959. Il libro vide la prima pubblicazione nel maggio di quell'anno. In sei mesi siamo alla diciannovesima edizione.
Un successo strepitoso. Se ci si sofferma un attimo sulla cinematografia di quegli anni, si noterà quale sconvolgimento l'opera attuò sulle menti allora assai diverse dalle nostre e capaci di scaldarsi alla vista di un decolleté o di una caviglia. In più le regole sociali erano ferree. Le regole della massa, del popolo. L'elite invece, viveva già in una sorta di miscuglio che uno studioso ha definito “il nuovo disordine amoroso” che di nuovo non ha nulla, essendo sempre stata, la sessualità e il pudore che la riguarda, assai oscillante. Si pensi ai testi di precettistica di Vives da Valenza che qualche secolo fa consigliava le fanciulle veneziane di non esagerare col trucco. Fin qui tutto bene, ma quando andiamo a leggere come si “pittavano” ci coglie la sensazione che erano molto più libere o libertine di noi e con loro, l'epoca e il luogo. Il fondo tinta copriva viso e petto, seni inclusi che gli abiti lasciavano completamente scoperti. Il rossetto, veniva dato sulle labbra, ma anche sui capezzoli. Penso che basti questa constatazione per rendersi conto che non esiste, come si pensa, una corsa verso la liberazione del costume sessuale, ma un'oscillazione. Diciamo che la moralità si sta disinteressando dell'argomento e personalmente, penso che sia giusto. Criminalizzare la sessualità è ridicolo, e le religioni l'hanno fatto per poter attuare un controllo angosciante sulla popolazione. Questa libertà che si sta approssimando, e con un piede ci siamo già dentro, è dovuta al fatto che non esiste più una moralità dominante. La vita si è fatta più difficile ma anche più giusta. Sta a noi costruircene una che rispetti noi stessi e che sappia contenersi entro un limite che non è difficile cogliere nella comunità dei viventi. La pedofilia per esempio, e la costrizione dell'altro son cose spaventose. Lo sappiamo e se le si attua è con la consapevolezza di rompere un legame con il senso profondo della vita. Io aggiungo, ma è un dato altamente personale, che non deve esserci denaro. Per me, costringere una persona a fare quel che non le va e comprarla, è la medesima cosa. È semplice. Se avesse i soldi non lo farebbe? Allora la volgarità si sposta tutta su chi paga poiché, chi incassa vendendo ciò che ha senso solo se è donato, nelle giuste condizioni tornerebbe a rifiutare quel patto.
Torniamo a ”Lolita”. Nell'edizione che posseggo, il significato profondo dell'agire del protagonista si rivela nelle prime sette facciate che corrispondono ai primi tre paragrafi. Un ricordo della prima adolescenza: un rapporto carnale innocente che non riesce, la ragazzina che parte e morirà poco dopo a Corfù. Quindi l'anno successivo non la vedrà ritornare in vacanza nei pressi dell'albergo del padre. Questa situazione diviene traumatica negli anni. Egli cerca ossessivamente sempre lei, il suo primo amore che non si è realizzato, in quella cornice paradisiaca fatta di età d'oro e paesaggi stupendi. Lolita sarà l'ennesima ombra di quel primo amore che continua, in lui ad essere amato e cercato.
Questo primo aspetto, che è troppo evidente per riuscire a credere che al lettore sia sfuggito, si scioglie come neve al sole, nei primi anni sessanta, davanti al desiderio inespresso della adolescente che si fa erotismo puro e col sapore del proibito. Aspetto che travolge il lettore che, dominato dai sensi nemmeno si accorge che ha smesso di pensare.
Mi permetto una parentesi. Il surrealismo ha per me, eccezion fatta per la pittura metafisica, una chiave di lettura legata ad una disperazione erotica. Esso mostra l'uomo, il maschio destabilizzato da una situazione, nel rapporto col femminile, che sta sfuggendo dal suo controllo che era pressoché totale. Un maschio comperava la moglie con un patto matrimoniale che oggi non si esiterebbe a definire spaventoso per la donna. Ma la guerra, che portò le donne in fabbrica, cambiò tutto. Ora avevano due soldi in tasca e i soldi sono indipendenza. Indipendenza nella vita e nella sessualità. Ora la donna poteva dire di no all'uomo-maschio e sentirsi libera di farsi prendere da altri flussi per effettuare le sue scelte. Terminata la guerra le donne non vollero tornare a fare le mogli succubi e le madri. Si pensi che tutti i fascismi propongono e impongono lo status della moglie madre obbediente, ovvero tentano con la forza di ristabilire l'ordine precedente, ma non vi riescono. Ed ecco che nell'arte la femmina si fa oggetto che sfugge, si fa mostro, si rende indomabile. I quadri di Ernst! E particolarmente una tela di Balthus che Jouve tenne in camera da letto[1].
La ragazza ritratta ha il seno pesante. Non bello e nemmeno piacevole. È in piedi e ha un piede sulla sedia. Si sta pettinando i lunghi capelli. Tutto è femmina, ma nulla fa scattare nell'osservatore una se pur minima sensazione di piacere. E gli occhi. Velati di bianco, senza sguardo. Il quadro, di formato abbastanza grande, ci investe anche per l'aspetto dimensionale. Quella è una potenziale belva. Con lei non si può pensare che sia possibile instaurare un rapporto che non sia una lotta. Quest'opera, datata 1933[2] appartiene ad un'artista, l'unico, che aveva la stima di Picasso, lui così schivo, che si fece varie rampe di scale per ammirare le opere dell'unico artista in circolazione che non lo imitava. Per “sentirne” il valore si osservi a pagina 267, la ragazza col pendolino.
Un capolavoro di “costruzione della figura” degno di Raffaello. Se si osservano poi le foto che erano in possesso di molti surrealisti[3] si scopriranno molte adolescenti. Opere che oggi la morale guarderebbe con disappunto. Ma il momento della nascita ed evoluzione del surrealismo era appunto particolare. In occidente, stava per finire un “mondo” e le spose ragazzine stavano per diventare qualcosa di moralmente sgradito. Si ricordi però che in quel periodo il fenomeno non era terminato. Si concluderà definitivamente nel secondo dopoguerra. Le foto di Eluard e non solo, rappresentano quindi la nostalgia di un “mondo” al maschile che sta per terminare, un po' come i libri di certi autori Austroungarici dei primi del novecento trasmettevano e ci trasmettono tuttora, la sensazione di un'epoca che si sta concludendo.
Questa parentesi pretende di mostrare la complessità della situazione che vide approdare alle stampe “Lolita” e quel che più sconvolge il lettore che ha un controllo ormonale decente, è che ci rendiamo conto di “tifare” per il protagonista perché, nonostante tutto lo sentiamo puro. Si. Il fango della sua esistenza, condensato in quel trauma iniziale, non lo ha causato, ma subito e da lui scaturisce un sentimento malato ma vero e questo vale indiscutibilmente di più di quel che fa la ragazzina. Si può dire che lei usa un sentimento. L'apparente lordura di lui non è abnorme quanto la spietatezza di lei.
Questo libro è un capolavoro, e Nabokov ha anche fatto di meglio. Esiste un suo racconto nel volume “La veneziana”[4], che può essere posto, ovviamente secondo me, fra quei rari oggetti letterari che se non son perfetti, comunque rasentano la perfezione.
“Un diamante grosso come l’hotel Ritz” e “Berenice si taglia i capelli” di Fitzgerald, “Bartleby lo scrivano” e “il venditore di parafulmini” di Melville, “L'avvoltoio”, “Il cavaliere del secchio”, “Nella colonia penale”, “Il cacciatore Gracco”, “Un medico di campagna” e “Il ponte” di Kafka, “Lo spirito dei Boschi di Nabokov”, “La steppa” di Cechov, “Cantico dei cantici” di Sholem Aleikhem e “come le mosche d'autunno” di Irène Némirovsky, solo per citare alcuni di quelli, dei pochi, che mi sguazzano intorno, io felice di loro e loro pazienti con me, come delfini che ormai sempre mi seguono e mi guidano nella scia del mio ingombrante corpo-battello.
“Lo spirito dei boschi”. Eccezionale. Chiusi il libro e andai a passeggiare pieno della grandiosità, della completezza di quel che avevo letto. Un uomo è nella sua stanza. Vibra la luce della candela e coglie una presenza. È lo spirito dei boschi che, come lui, è fuggito dalla Russia della rivoluzione.
Quando qualcuno di noi, o uno storico anche di valore, dice che cambiò tutto, che un mondo con la rivoluzione di ottobre finì, non riesce a trasmetterci la portata totale del cambiamento-distruzione che accadde. Ed è ovvio. La letteratura va oltre l'ottica dello storico. Essa vede cosa finisce anche per l'uomo interiore.......
di Nabokov ho letto tutto, o almeno così credo, e tranne “Invito ad una decapitazione”[5] si ha sempre la sensazione di trovarsi davanti ad opere che toccano tasti di un'intimità che non sospettavamo di avere e che ci fa bene scoprire. È stato anche capace di una bella ironia. Mi riferisco a “Re, donna, fante”[6].
“Invito ad una decapitazione” risente secondo me della sconvolgente scoperta che Nabokov fece, dell'opera di Kafka. Ci mise un po' a “liberarsi” di questo colosso....che se non impari a domare ti trasforma in un imitatore. Accadde qualcosa di simile a Sciascia con Borges, a Canetti con Buchner, ma Nabokov, miniera per se stesso di infinite curiosità non solo entomologiche, si riprese rapidamente. Rimane una traccia, quel libro, che dagli intellettuali è invece considerato un kapolavoro.
Forse è il kaso di kiarire (la k la usava Pound nelle missive private kuando si arrabbiava e solo a nominare il termine intellettuale.....). Artista: colui che guidato da sensibilità e intelligenza, ma solo in un secondo tempo, si lascia andare al mondo che ha dentro ri velandolo, si, ri velandolo nel senso che trasformare una pulsazione della sensibilità profonda in parole equivale a velare nuovamente -quel che si è scoperto, disvelato nel mondo, e lo si deve fare perché l'atto dell'emozione interiore sensibile non è trasmissibile.....
Intellettuale. Colui che utilizza l'intelligenza. Un po' poco per pretendere di essere artisti o, peggio ancora di comprenderli ed ergersi a loro giudici.
Esempi: Pavese: scrittore. Calvino, intellettuale.
Andreste a comperare il pane da un tornitore? Ovviamente no. E allora perchè andate a comperare il pane della mente da chi non sa farlo? Ha imparato a venderlo? Nemmeno. Vende indirettamente se stesso e basta......
passata la rabbia auto causata da certi pensieri veniamo al libro di Nabokov che da il titolo a questo scritto: “L'originale di Laura”. Ce lo presenta il figlio di Wladimir. Fa, forse faceva, il cantante lirico. Iniziò con Pavarotti partecipando al medesimo concorso ad inizio carriera. Persona saggia ed equilibrata. Nella prefazione ci dice che i genitori son ombre tuttora presenti dietro di lui e che guidano le loro scelte. Come non pensare ad un quadro di Ruggero Savinio che ritrae un Bambino con dietro questa ombra che per quanto scura non fa paura?
Nabokov chiese di bruciare il manoscritto se la morte fosse arrivata prima di averlo concluso. Il figlio, Dmitri, non l'ha fatto perchè l'ombra paterna gli ha suggerito di non farlo. Ringrazio Dmitri e tramite lui l'ombra del suo geniale padre. “Laura” (si consiglia la pronuncia inglese, Lora, che si fa nome russo...) contiene qualcosa di eccezionale. L'idea del romanzo si accavalla, si moltiplica, si infrange e infine si disperde. Si fa spazio un gioco. Annientarsi prima di morire e Nabokov scrive questo perchè ha compreso che tocca a lui.
“Ho insegnato al pensiero a mimare un neurotrasmettitore imperiale, uno spaventoso messaggero che porti l'ordine di autodistruzione al mio stesso cervello. Il suicidio trasformato in piacere.”
noi leggiamo queste acrobazie di un uomo che sa che sta morendo. E ci vediamo un esorcizzare una paura immensa che prima o poi tocca a tutti. Inizia ad eliminare i piedi, che gli han sempre dato fastidio e dolorini. Piedi che stavano bene solo nelle pantofole, e poi elimina le gambe, ci prova col torace. E quando torna da questi viaggi illusione è integro, ma si è anche in un certo senso, abituato a non avere più una parte di sé.
Penultima pagina: “Cancellare se stessi con il pensiero
una sensazione di dissolvimento
un evahissement di dissoluzione deliziosa (sostan-
tivo prodigiosamente appropriato”
paginetta di un geniale e perfetto trilingue che insiste con quella illusione per non cedere se stesso a un tunnel che da un capogiro irreversibile. Tenere in pugno se stessi fino all'ultimo e decidere che il dissolversi da piacere.
E l'ultima pagina. Verbi incolonnati riportati in originale in copertina
estirpare
espungere
cancellare
sopprimere
strofinare via
annientare
obliterare
tutti più o meno sinonimi di quel primo “estirpare” (efface) cerchiato nell'originale, operazione che da subito dal corpo si fa volontaria della mente, si che nulla, nemmeno la morte non ci appartenga come scelta, come piacere
e poi più nulla.
Si chiude il libro.
un libro ben fatto che di ogni pagina ci offre anche l'originale, dando la sensazione che Nabokov stia qui, vicino a noi, a tenerci la mano, a dirci come si fa.
….e ora, con lo spirito dei boschi, io so dove, canta e ride e fa scherzi e ogni tanto, quando passeggio in Tirolo, mi fa volare via il cappello........
we
[1]Catalogo prodotto in occasione della mostra di Venezia, avvenuta poco dopo la morte dell'artista. È edito Bompiani, del 2001. sia la mostra che il catalogo si devono a Gianni Agnelli che era amico e grande estimatore di Balthus. A pagina 67, si può vedere la camera da letto con l'opera posta di lato dal letto si da poterla vedere mentre si è stesi. L'opera si intitola “Alice allo specchio”. Nella medesima pagina troviamo la foto a colori della tela ma, essendo grande quanto un francobollo non siamo in grado di cogliere la profonda impressione che produce quando si vede l'originale.
[2]Hitler ha appena raggiunto il potere e Mussolini imperversa da un decennio abbondante. Quel che nel mondo è cambiato con la spinta della prima guerra non è solo un ordine sociale che teme come un mostro il comunismo e quest'opera rappresenta molto della paura individuale, maschile, di un cambiamento che non rende più padroni dell'altro, ma partner. Un ruolo nuovo e tutto quel che è nuovo spaventa.....
[3]Ne abbiamo un esempio dalla collezione di Paul Eluard visibile a pag 22 del medesimo libro è evidente che i soggetti fotografati son ragazzine.....
[4]Ed Adelphi
[5]Ed Adelphi
[6]Ed Adelphi
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