Matteo Fantozzi....
diplomatosi lo scorso giugno (2018) in un liceo della penisola italica, ora sguazza nella palustre e nebbiosa accademia di belle (belle?) arti di Bologna. si lamenta. Mi dice "almeno all'ultimo anno di liceo con qualche prof c'era un dialogo" ...
E ripenso ad una sua opera che da molto mi gira fra nervi e mente:
questo viso .... sovrappensiero lo stava realizzando con la tavoletta grafica al pc. Gli chiedo "hai litigato con la ragazza?"
F: "si ... chi te lo ha detto?"
io: "tu da quell'immagine ... è conclusa o ci devi lavorare ancora?"
F: "non è conclusa, ma non mi viene da aggiungere altro ..."
io: "allora vuol dire che quel che ti premeva mettere nell'opera è già presente ... il non finito spesso è non finito solo per gli esseri semplicemente razionale, che poi sarebbero coloro che negano l'esistenza di una parte inconscia in noi che comunque ci guida e ci rivela a noi stessi. da quell'inconscio spesso riceviamo messaggi importanti ... ti racconto un fatterello ... ero in università. come sai iniziai per motivi pecuniarii a 29 anni ... capitò che a lezione, in una bella aula legnosa a forma di anfiteatro, sempre, una graziosa donzella si sedesse vicino a me e appoggiasse il braccio sulla mia spalla e cosette simili. Io mi illusi immediatamente ... pensai piaccio! e poi un sogno mi fece comprendere qualcosa. lei aveva testa di serpente, un serpente nero, e mai nel sogno mi guardava negli occhi. Mi sveglio e vado a lezione. sono sconcertato. Attesi in disparte ... di solito entravo fra i primi per accaparrarmi un posto in prima fila per sentire meglio. Lei entrò e si sedette vicino ad un altro . Con lui utilizzò il medesimo comportamento che teneva con me. Non mi vide entrare e la osservai da lontano. dopo un paio di volte compresi. Era interessata solo agli appunti. Quell'altro studente prescelto e io avevamo in comune ... solo la nitidezza degli appunti. Ecco Matteo cosa si può ottenere da un'opera, poiché un sogno in fondo è un'opera nostra nella quale l'io al completo quindi conscio e inconscio, rivelano te a te stesso ... se ti impegnerai a studiare ... la tua opera"
F: " e qui cosa ci vedi?"
io: "dimmi prima se secondo te veramente non ti viene più da aggiungere altro"
F: "sono fermo ... non riesco a proseguire"
IO: "e allora non devi. vuol dire che, come immaginavo, vi è già tutto. vedi ... spesso ci facciamo sopraffare dalla razionalità, da un certo senso del pudore, chiamiamolo così, e davanti ad un non finito, forse per dovere estetico o chissà che altro ... tendiamo a concludere, ma se non abbiamo più niente da dire, quel che aggiungerai diventerà una fastidiosa incrostazione. i capelli per esempio. quella massa scura così poco definita ... è sufficiente così, perché di quel particolare il senso profondo che viene fuori, non ha alcun bisogno. ora guarda ...
quegli occhi ... sono diversi. uno guarda e l'altro quasi glauco, incompiuto, sembra nemmeno altrove ... un mistero, ma la somma di quei due occhi crea il mostro. si farebbe così uno zombie ...
le ombre sotto il naso e sotto il labbro inferiore ... la forma del naso e del mento ... te le ho viste fare in un attimo ... questo vuol dire che hai una mano felice nel senso che oltre a saper fare è direttamente collegata con l'inconscio ... ogni tanto la mano dall'inconscio disegna ... e l'emotività, che spesso domina l'arte attuale insieme all'intellettualismo, giocattolo necessario per chi vorrebbe essere artista ma non sa lasciarsi andare ... e ... dicevo, l'emotività e l'intellettualismo, disarmati giacciono inermi. Nel loro silenzio, dovuto al fatto che non sanno comprendere quel che bolle nel profondo ... nel loro silenzio ecco che tu puoi osservare e udire la mano dell'inconscio che prende la tua mano e la guida.
ecco che ti riveli a te stesso ...
Quella crepa ... pensaci. Quella crepa si è creata perché lei ha urlato. Lei è andata oltre la normalità e il suo viso si è crepato ... quindi crollerà perché urlerà ancora.
Sommaci i due occhi diversi, e la sensazione sgradevole di potenziale aggressività che rivelano ... non è la prima volta che si arrabbia ... e il tuo io profondo ti dice che sarà lei a crollare, non tu .... forse perché del motivo delle sue esplosioni non ti senti responsabile ..."
F: "è gelosissima ..."
io: "un poò di gelosia fa bene all'amore, è erotismo, possesso, gioco ... ma se è in eccesso rappresenta una instabilità, un problema in lei che non è detto che tu possa risolvere nemmeno con la massima dedizione .... "
F: "si ... è così ... è da un po' che cerco di rispettare tutte le sue regole, ma aumentano e lei ..."
io: "e lei si riempie di crepe e tu ti senti impotente ...
hai capito ora cos'è l'arte? tu puoi girare solo attorno al tuo io e una parte di esso non lo conosci. Pochi, Kafka, Fitzgerald, Bulgakov, Bacon ecc, sono arrivati ad una elevatissima consapevolezza del loro io e di dove tendesse la loro esistenza. Io penso che l'arte attuale non sia altro che questo. Comprendere se stessi attraverso l'opera ... e l'opera la facciamo, sentiamo l'esigenza assoluta di farla, proprio perché desideriamo comprendere in noi.
Che sia una relazione esterna, come in questo caso a rivelare qualcosa, può accadere, anche il mio sogno/racconto te lo dimostra. Il risultato maggiore comunque è quando l'io si rivela a se stesso senza l'ausilio del mondo esterno. Ti faccio un esempio: leggi "il cacciatore Gracco" di Kafka. Non sembra ma è tutto semplice, tremendamente semplice. non è semplicemente un'idea originale ...
Un cacciatore, cacciando nella selva nera, muore cadendo dalle rocce mentre insegue un cervo. mette l'abito bianco e sale sulla barca dei morti che però sbaglia strada e quindi è destinata a vagare nel mondo, fra i vivi. La lettura inizia a Riva del Garda. La barca arriva, la salma viene prelevata dalla barca appena ormeggiata e portata nella casa del sindaco della cittadina. Dialogano e il lettore razionale va in corto circuito, mentre quello compulsivo commerciale apprezza l'idea e il piccolo pugno allo stomaco che spesso prova ma ..... ecco cosa c'è dietro. Kafka scopre di essere irrimediabilmente malato ... è fra i vivi quindi, ma è come se fosse morto. Chi sa che deve morire non è più vivo come gli altri... non so se mi spiego ... ecco la sensazione che prova chi ha appena saputo dallo specialista che gli rimangono pochi mesi da vivere ... vivere ... non è più vita. Immediatamente comprendi che il possesso degli oggetti per esempio, attività nella quale ci siamo accaniti per anni, non ha più alcun senso ... e comprendiamo che di fatto ne ha solo se si è eterni ... eccetera eccetera eccetara. Kafka quindi ha potuto decifrare uno stato d'animo che forse si rivelò al primo impatto come una angoscia insopportabile ... poi l'angoscia ... Angst ... divenne parole e comprendendo mi si potrebbe dire che in fondo non cambia nulla, ma non è vero. In barba alla razionalità ... quando confidi un dolore ad un amico, non ad uno psicologo, questi volgari amici a pagamento ... quando ti confidi con un amico ecco che stai meglio. é come se il peso ora lo si reggesse in due ... per un vero artista scrivere, dipingere, comporre, ovvero creare un oggetto che contiene il dolore, equivale ad allontanarlo almeno per un po', a trasferirlo. Come le pastiglie per il mal di testa l'effetto è limitato, è vero, ma almeno qualche attimo, di più all'uomo non né concesso, la leggerezza torna insostenibile a guidarci.
Ritengo comunque che la grande consapevolezza che "sento" ne "Bartleby lo scrivano", ne "Il cacciatore Gracco", "La morte della Pizia", "Come le mosche d"autunno", "La tragedia dell'infanzia", "Parliamo tanto di me", "il Maestro e Margherita", "La morte e la fanciulla" nell'andante, La scena finale sulla spiaggia di Mastrojanni con la adolescente ne "La dolce vita", tutto Tarkovskij, la Kreisleriana di Schumann, lo studio op 8 n 12 eccetera, ritengo che la grande consapevolezza che queste opere e non solo queste rivelano, donino ai loro creatori una tranquillità, una sintonia col tutto che rende la morte, l'estremo tuffo come un evento fra tanti. Un io forte non sente il timore di disgregarsi davanti per esempio al fatto che il corpo si dimetta. c'è una sensazione di eternità in premio a chi umilmente ha rinunciato alla corsa delle glorie mondane e, cercando di comprendere se stesso, con umiltà rinuncia a se stesso.
In fondo tutte le religioni lo enunciano se rinunci al tuo io non ti annulli ma diventi parte del tutto ... l'arte è quindi la nostra religione individuale e come per il miracolo è inspiegabile. Pensaci ... se ora ti accadesse qualcosa di incredibile, ne usciresti cambiato ... ovviamente lo racconteresti ma nessuno ti crederebbe. Il miracolo cambia solo chi lo vive in prima persona ... e l'arte, quella vera, è il miracolo dell'io che nella consapevolezza totale ... assai difficile da raggiungere come la santità nel cristianesimo,
e nella consapevolezza totale di te ... ecco che a te stesso puoi rinunciare perché per te sei diventato evidente, semplice, un limite, e solo nell'andare oltre l'io continuerai ad esistere."
Molte di queste cose non le dissi a Matteo.
Gliele consegno ora sulla carta come attestato di stima. raramente vale la pena parlare con qualcuno ma tu, Matteo, sei un talento e vivi in un'epoca nella quale esserlo non interessa che a pochissimi che incontrerai raramente ....
Ma serve a te ... E' comunque vero che serve anche al mondo ... ma ora, nella mediocre quotidianità hai altro a cui pensare ....