(Il Marino (1569 - 1625) stette due anni circa a Ravenna. Come per Dante (1265 - 1321), una giustizia fra le tante in Italia, non gli dava pace. e una notte...)
Notte
Stanza
lussuosa ma nel contempo decrepita e semplice. Un Tavolo massiccio
ed enorme sulla destra del pubblico, pieno di libri. Al centro un
letto con dentro un uomo coperto da una pelliccia. Si vede solo la
sagoma del corpo. Al fondale una finestra dalla quale per mezzo di
una luce fredda, lunare, si vede un rudere di sapore romano. A
sinistra la stanza non ha muro. Muschi e foglie secche entrano fin
sul pavimento della stanza. Si vede bosco, assai rado e nebbia che
pervade anche la stanza.
Si
sente ululare.
L'uomo
nel letto si muove, poi si siede e alla fine si alza. È
perfettamente vestito. Mette gli stivali, tiene la pelliccia addosso
e si siede ad una sedia.
Si
dondola un po'. Accende un candelabro:
“Ravenna.
Rifugio per peccatori e penitenti!”
ride.
Batte i piedi per scaldarsi
“Questa
umidità.... Anche tu, Durante, fuggivi e qui trovasti un simulacro
di dignità ...”
appare
la luna e proietta su un lato l'ombra grande del candelabro, essa è
poco chiara poiché è acceso.
Marino
(M) osserva l'ombra e decide di spegnere le candele.
“Ora
… cara ombra, sei più bella dell'oggetto che ti designa!”
ride
grassamente e si siede in modo che i raggi della luna piena, che ora
ben si vede dalla finestra, mostrino anche l'ombra della sua testa.
Gioca
con le mani e la l'ombra del cane.
“Ciao
cane! Almeno tu, ombra di cane … fammi compagnia!”
poi
scompone la figura aprendo la mano e si accorge che appare qualcosa
sul luogo ove era l'ombra del cane. Questo mistero s'ingrandisce e da
puntolino informe diviene piccola, ondeggiante, figura di donna.
“Ah
femmina della mia fantasia! Manchi alle mie carni da tempo! E ora ti
sogno ad occhi aperti ...”
M
sospira. “Vai via!” prima sussurrato poi gridato poi ripetuto
sempre più velocemente. Poi soffia e l'ombra vibra ma non si muove.
“Ma
cosa vuoi da me … ombra di femmina ...”
e
l'ombra s'incammina lenta, modificando i suoi contorni sugli oggetti
finché non sembra sparire in un libro. M lo prende e sfoglia …
“Tu
… Commedia … vuoi parlarmi in questa notte che mi fa veder
miraggi …” apre il libro a caso
“ti
ho letto troppo … non mi va anche stanotte”
sente
poi brividi. Si stringe nella pelliccia e va alla finestra. Durante
degli Aldighieri … tu … divino nelle parole in questo purgatorio
di ruderi zanzare e nebbie …. e ci sei morto! Brrr!
Si
sentono dei passi … M si guarda intorno.
“Chi
è … la figura si rimaterializza ed esce dal libro. Il rumore dei
passi coincide con il suo movimento. L'ombra si fa grande come una
persona e, dove il muro termina sembra sparire ma appare una persona
vera, luminescente, in bianco.
“Uno
spettro! Mi sia concesso o dio di aver timore dei miei peccati
passati e di renderti l'anima … ma questo no di grazia. No Noh.
Prendermi così, con lo spavento e la pelle d'oca, come il bimbo che
ha paura del buio. Ma … pensavo di non meritarlo!”
S'inginocchia
e alza il volto che nella luce lunare si mostra con gli occhi chiusi
e le mani giunte.
Dante
(D) “alzati col corpo e con la dignità”
M,
con gli occhi chiusi “chi sei”
“Colui
che stimi sopra tutti e che pensi così intensamente da … da
togliermi il sonno”
M
“sei venuto a prendermi?”
D
”prenderti? O suvvia! E per portarti dove?”
“ma
nel regno dei morti … so di non meritare il Paradiso...”
D
“vero … ma sei io dissi …. (colpetti di tosse e recitare se
stesso) io non Enea, io non Paulo non sono e comunque meritai poi
quel sogno, tu non puoi accedere”
M
“nemmeno in sogno?”
D
“puoi sognare, ma sei troppo carnale per poter vedere anche solo il
riflesso infinitesimo della fiamma del Paradiso … e o quelle
dell'infero. Apri quegli occhi. Non fare il grullo. Per colpa tua la
notte non dormo da quando sei venuto qui, in Ravenna, quindi sopporta
la mia immagine !”
M
apre gli occhi “… Deve essere stato quel vinello rosso di San Leo
e le carni troppo speziate … di solito sogno monna Silvietta....che
tu non conosci ...”
D
”sono morto e infinito è ora il mio intelletto … Monna Silvietta
te la vedo sognare ed è anche un mio diletto”
M
”la rima … bello”
D
”sono un po' arrugginito. Mi hai fatto tornar la voglia. Cicerone
parlava di Archia al quale bastava dire una parola e lui partiva
rimando tutto e tutti. Anch'io facevo così. Era il nostro
divertimento, e io che stavo a metà fra la lingua alta e quella
bassa, prendevo dal popolo e dai letterati. Da ser Brunetto e dal
cenciaiolo”
M
” E' così ancora Maestro ….”
D
”lo so”
M
”Lo sa?”
D
”certo. Tu possiedi solo il tempo e lo spazio della carne, io li
possiedo totalmente ...”
M
“e allora dimmi di me … del mio futuro ...”
D
”non posso … cioè potrei … ma non ha senso … ti farei solo
del male”
M
” è quindi così brutto quel che mi spetta dall'esistere?”
D
”no, perché lo pensi … tu ora ti stai agitando, ma io non posso
perché so cosa vuol dire il raccontare il futuro ad un'anima
incarcerata nel corpo. Sarebbe angoscia. Se ti dicessi la data della
tua fine carnale, nel vederla avvicinare impazziresti, se ti dicessi
la malattia che ti spegnerà, diventeresti ipocondriaco, se ti
dicessi quale donna sarà femmina e amore, tratteresti tutte quelle
che non portano quel nome … come sgualdrine ...”
M
”vero … e della mia poesia che mi dici!”
D
”meriterà l'attenzione degli studiosi e l'oblio del popolo”
M
”e la tua? Durerà almeno la tua? Nulla è etterno, ma ancora alle
soglie, ed oltre il secondo millennio, mi canteranno le genti e anche
in altri luoghi, Albione prima fra tutte, studieranno apposta la
lingua d'Italia per dondolare al mio ritmo.”
M
“ e sarà molto diverso quel futuro?”
D
“diverso negli oggetti. Per il resto sempre il medesimo … e
proprio oltre la soglia del secondo millennio, la plebe, tornata
analfabeta … riprenderà a giocare con le rime. Si chiamerà rap …
e in fondo era quel che facevano Archia e anche Virgilio e io.
Virgilio si faceva lo schemino di un capitolo. E poi la mattina, se
si era svegliato bene e si sentiva in forma, rappava quella pagina.
Lo schiavo scriveva e poi dopo Virgilio correggeva...”
M”un'altra
rima!”
D
”dove?”
M
”lo schiavo scriveva e poi dopo Virgilio correggeva ...”
D
” non me n'ero accorto … bruttarella ...”
M
“effettivamente …”
D
“ma dove ora risiedo ho ben altro da fare ...”
Dante
nel frattempo si è seduto e anche Marino.
M
”farai compagnia alle mie notti?”
D
“fossi matto! Il tuo pensarmi così intenso mi ha dato insonnia …
vedi
… la vita oltre la vita continua … e anche tu devi continuare …
M
“ma non so cosa … mi sono arenato come te in questa palude di
città tutta ruderi ...”
D
“ … e zanzare … ci son morto io per quelle bestiacce ...”
M
“due poeti … permetti di mettermi nel novero di questi, anche se
in tono minore al tuo … due poeti caduti qui per sfuggire alle
leggi”.
D
“alle leggi degli uomini … ma non a quelle di Dio … segui
quelle … e distraiti meno coi corpi delle femmine ...”
M
“non è facile. Troppo belle a Vinegia che per colpa loro in giorni
di nebbia come questi, due volte son finito in canale ...troppo
procaci le popolane di Roma che mai la notte riuscivo a riposare se
non ne avevo corteggiata alcuna … e Ravenna. Ridono che l'aria
diventa una festa. Hanno corpi morbidi … che siano piene di nebbia?
E una pelle che le mie labbra non si stancano di sfiorare anche solo
in un baciamano.”
D
“e non saremo gli unici poeti in questa città sbriciolata. Nel
futuro un romantico uomo spenderà una parte importante del tempo
della sua breve esistenza per un amore … poi morirà in Grecia per
un sogno”
M
“di lui che sai dirmi?”
D
“Byron d'Albione lo chiameranno e triste sarà il destino del suo
corpo. Lo metteranno in una botte piena di alcol e poi viaggerà
oltre Gibilterra fino alla patria. Il comandante della nave
consegnerà il poeta alla civiltà e venderà la grappa alla plebe ….
grappa alla Byron”
M
“davvero? Se era un grande poeta mi dispiace”
D
“era sincero … questa era la sua grandezza. Ora vado”
M
“ho speranza di incontrarti di nuovo?”
D
“No. Ho chiesto licenza di venire qui per invitarti a non turbarmi.
Pensami leggermente e vivi … per favore. So già che nella tua
solitudine desidererai ancora una notte come questa … ma non si può
… ma non comprenderai e attenderai due anni fra questi miasmi, in
questa terra dove cadde Fetonte e il corpo del figlio di un
immortale, quando si decompone impiega millenni … vattene. Torna
alla vita.
M
“immortale? Fetonte era figlio del sole! Ma allora non è il dio
dei cristiani ma un altro che lassù Regna?”
Lo
prende per un braccio, ma Dante se lo scrolla da addosso e si
allontana andando dietro il muro dal quale era apparso. Riappare
l'ombra e Marino la vede dirigersi verso il libro e sparire.
Marino
sospira, torna a letto e dice
“Grazie
Sommo della visita … e spero di non disturbare più il tuo sonno e
i tuoi compiti sublimi ...”
si
avvolge nella pelliccia. fine
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