IL
RITMO
Questa sera, 29 giugno, affronto pubblicamente questo
argomento che per me è a dir poco importantissimo e cerco ora di
spiegarmi in poche parole (spero...).
Ho l'illusione profonda di essere nato per la musica, ma
il destino non mi ha concesso la soddisfazione di diventare
musicista. Da sempre essa comunque è nei miei pensieri. Ascolti,
studi di natura musicale e storico musicale fanno parte da decenni
della mia quotidianità, ed è accaduto che pian piano ho “sentito”
profondamente un senso di incompletezza nel senso che avevo la
sensazione che la musica, quella occidentale intendo e in special
modo alla classica, sfiorasse appena, e raramente qualcosa dentro di
me che rimaneva inappagato e pian piano, negli anni, ha trasformato
una piccola insoddisfazione in un fastidio tale da passare lunghi
periodi senza ascolti.
Avevo comunque intuito, grazie a vari spunti caotici
quanto casuali, che c'era qualcosa che mi sfuggiva e che dovevo
cercare con umiltà di cogliere nella sua essenza.
Posso dire che una meditazione attenta e non più legata
a stimoli casuali mi venne dall'osservazione della reazione del mio
cane all' AVE MARIA di Schubert.
Questo beagle timidissimo, salvato da una situazione
squallida e finalmente approdato ad un po' di serenità, beatamente
spaparanzato sul suo divanetto, mai aveva dato segni d'interesse
verso la musica, ma quel giorno, quando dallo stereo si è avviata
l'ave Maria, non subito, ma quando la soprano ha iniziato a cantare,
prima, dalla posizione a pancia in alto stile “dolce far niente”,
si è seduta composta, poi ha raddrizzato le orecchie e infine si è
lanciata in un ululato che ha continuato ogniqualvolta la cantante ha
detto la sua. Ebbene, un delizioso animaletto che ha un cervello più
elementare del nostro e che per olfatto e udito ci batte
notevolmente, davanti ad una precisa stimolazione di natura melodica
innesca un comportamento inconscio. Per me, l'Ave Maria di Schubert
innesca una emozione da sempre notevole e penso che sia l'equivalente
dell'ululare di Lolita (nome della cagnolina) in un cervello che
media di più un'informazione sensoriale. In Lolita la percezione e
la reazione sono meccanismi, in noi anche, ma è intervenuto un
addomesticamento, una evoluzione (forse...), che spesso cala di
livello e come lei non ululo ma canto.
La reazione primordiale l'ho ritrovata poi, ma più
difficile da cogliere, nell'ascolto della “Misa Criolla” di Ariel
Ramirez. Si tratta di una messa, ma contrariamente a quel che
l'occidente colto si aspetta, prende a piene mani dalla musica
popolare sudamericana. Il brano è del 1964. In essa il ritmo è
fortemente presente, oltre all'aspetto emotivo e, sommando studi
sull'origine della musica nera in Africa e negli schiavi americani, e
orientale, pian piano si è fatta strada in me una interpretazione.
Una piccola parentesi. Agisco il meno possibile in modo
razionale. Introduco nel crogiolo del cervello le informazioni ed
esse mi tornano, per mezzo di una operazione a me totalmente
inconsapevole, con un certo ordine che scopro essere retto da un
senso, e quel senso un poco alla volta si fa chiaro. L'elaborazione e
il senso sono quindi azioni profondamente inconsce. Ormai mi lascio
agire così da questa dimensione che qualcuno chiama inconscio e
qualcun altro Dio. Io non mi do pena di risolvere un enigma che non
mi sembra, almeno per ora alla mia portata. Immaginate di scoprire
che, se tutte le sere nelle quali avete pensato a vostro padre, il
giorno dopo nella buchetta della posta trovate una buona notizia. Non
capite cosa sta accadendo ma siete spinti a pensare al padre …
penso possiate essere d'accordo. Ogni tanto ci sfiorerà una domanda
immensa ma sappiamo che in essa possiamo solo perderci. La soluzione,
forse, come la buona notizia, potrebbe arrivare da sola, senza essere
disturbata da ansie della razionalità …
Torniamo all'argomento.
Vengo immediatamente, come Ramanujan, alla formula che
mi son ritrovato nella mente, e che forse mi è giunta nel medesimo
suo modo...:
all'inizio esiste il RUMORE
- RUMORE = suoni caotici
- RUMORE regolare, cadenzato = RITMO
- RITMO LENTO = meno fatica nel lavoro
- RITMO CRESCENTE = trance
Questa sequenza si ottiene con le percussioni e il suo
risultato NON E' MUSICA
Definizione di MUSICA:
- MUSICA = RITMO più MELODIA
- MELODIA = reazione sentimentale
- Ritmo = reazione senza sentimento.
La somma di questi due stadi, ritmo più melodia, NON
PORTA ALLA TRANCE
ma in certe condizioni, nelle quali prevale l'aspetto
ritmico, può essere utile per fare meno fatica sul lavoro.
Questo è lo schema generale.
In occidente la situazione è invece la seguente:
Siamo abituati causa l'educazione che riceviamo, a
cercare in ogni brano una dimensione sentimentale, di conseguenza
prevale l'aspetto melodico su quello ritmico allontanando fino a
rendere nemmeno intuibili, i due aspetti fondamentali del ritmo da
solo e della musica (ritmo più melodia), ovvero nell'ordine lo stato
di trance e la minor fatica sul lavoro.
La situazione dell'occidente crea alienazione che nella
mia definizione è l'opposto della trance. Mi spiego.
ALIENAZIONE: immaginiamo il classico personaggio di
“Tempi Moderni” di Chaplin. A questo ometto che rappresenta
un'epoca, (narrato comunque per la prima volta da Kafka nella figura
di Gregor Samsa), deve adattare se stesso al ritmo della catena di
montaggio. In breve, quando il ritmo è dettato da un ente esterno si
ha alienazione a meno che (coincidenza rarissima) esso non coincida
col nostro.
Se si pensa ai soldati in marcia, essi produrranno
collettivamente un ritmo che corrisponderà alle loro caratteristiche
non individuali ma di gruppo.
TRANCE: stato sconosciuto ormai in occidente. Quando
viene raggiunto, la persona ha come la sensazione di uscire da se
stessa, al punto che vede il suo corpo da fuori esattamente come
ognuno di noi vede un'altra persona. Questa sensazione, di essere
senza la corporeità, tipica della trance, ha un esito sorprendente
se la si ottiene in ambito religioso; risponde alla domanda che molti
fedeli si pongono spesso angosciosamente … “Esiste Dio?”.
Ebbene, se in ambito religioso si raggiunge la trance si ha la
certezza di Dio e si tratta secondo me del massimo risultato che un
essere umano incarnato può ottenere con la zavorra limitante che si
ritrova e che si chiama corpo. Mi raccomando! Non si pensi che io
vada a caccia di misticismi e proseguendo nella lettura non parlerò
della capacità di fare miracoli e parlare coi morti. Questo fatto è
concreto! Ma l'occidente ha intellettualizzato troppo la musica e il
ritmo e loro due doni non si è nemmeno più in grado di immaginarli.
Si ricordi per esempio che la statuetta di Shiva
Nataraja (danzante), rappresenta il momento nel quale, con una danza
non musicale ma puramente ritmica, il Dio crea tutte le cose concrete
e il ciclo delle esistenze. Questo aspetto di Shiva sistematicamente
sbagliato anche come interpretazione in India, per me è stato
illuminante. Sbagliato in India perché si utilizzano i vocaboli
ritmo e musica come sinonimi.
Ho poi scoperto, o m'illudo di averlo fatto, il SIMBOLO
RITMICO DELLA CREAZIONE, in un video occidentale; “Born this way di
lady Gaga”. Premetto che questa cantante non mi piace (come donna
si, come artista … ho altri gusti, più esattamente mi è
indifferente), ma si sa ormai che nelle produzioni artistiche il
piacere o non piacere, come bellezza e bruttezza, misure emotive,
lasciano il passo alla qualità del contenuto.
Ovviamente non si tratta dell'unico caso in occidente.
Questo mi affascina perché è fortemente shivaista e, se Lady Gaga
ha agito, come penso, inconsciamente, allora il simbolo ritmico della
creazione può essere definito un simbolo primordiale inconscio.
Questi simboli riemergono quando in un'epoca si presentano
determinate esigenze di senso, ma questo è un altro argomento.
La zona che va dalla Turchia all'India, mostra tracce
del simbolo ritmico della creazione perfino nella danza del ventre.
In Africa, nelle culture più fedeli alla loro
tradizione, per esempio il concetto di ritmo (e non di musica) dei
Malinke, approda alla trance, ricchezza che appartiene ormai solo a
certi movimenti come i Sufi dell'Islam.
Il paradosso, che sento come sintomo altamente
patologico, della cultura occidentale, si ha con l'aspetto estremo
della musica colta; la dodecafonia. Esiste un ritmo, lo spartito lo
dimostra, e per esempio Glenn Gould, quando lo suona al piano e con
una mano ...ci prende per mano, allora riusciamo a sentirlo, ma senza
Glenn Gould, il ritmo il corpo non lo sente, esso si è fatto atto
puramente intellettuale. C'è, è indubbio, e la lettura dello
spartito ce lo dimostra senza ombra di dubbio, ma non è accessibile
alla struttura corpo nel quale il mio io è inserita.
Veniamo ad un esempio semplice, prendete una manciata di
monetine tutte uguali (per esempio cinque centesimi), e lasciatele
cadere su un tappeto monocromo. Si disporranno casualmente e, se vi
chiedo di contarle, tenderete a fare raggruppamenti di tre, in certi
casi di quattro (se la configurazione casuale ha certe simmetrie).
Nessuno di voi tranne gli autistici come Kim Peek (l'autistico del
film “Rain Man”) riusciranno a “vedere” il numero totale con
un solo colpo d'occhio, e altrettanto nessuno riuscirà a “vedere”
gruppi di dodici monetine.
I primitivi più primordiali che l'occidente ha potuto
studiare avevano questa sequenza: 1,2, molti. In alcuni casi si aveva
anche 1,2,3, molti, e noi, molto più allenati, evoluti o addestrati,
solo in particolari condizioni (configurazioni geometriche chiare
come quadrati esagoni ecc) riusciamo ad andare oltre. La dodecafonia
si pone nella medesima ottica. Non più percepibile sensorialmente ma
solo intellettualmente, è appannaggio intuitivo solo di personaggi
eccezionali come Kissin, Gould e la Utchida (Kissin ha una lieve
forma di autismo).
Come l'essere umano ha scoperto il ritmo
La via è una e, come vedremo, appartiene alla cultura
bassa.
Nel lavoro di gruppo, (immaginiamo che si sta pestando
qualcosa nel mortaio con altre due persone, ognuna munita di
pestello), il pestare casuale diviene ritmico in modo inconscio. Il
corpo effettua per noi questa scelta poiché si fa meno fatica.
In un essere quasi totalmente inconscio come il mio
primitivo immaginario, ogni volta che faceva qualcosa in gruppo, la
sintonizzazione ritmica era automatica, involontaria. Quando questa
funzione divenne consapevole venne cercata e applicata ad ambiti non
lavorativi come la religione. In essa i riti collettivi hanno portato
alla scoperta della trance.
Nell'occidente solo la parte bassa della popolazione è
giunta ad essere consapevole del ritmo come dato essenziale per
lavorare anche individualmente, facendo meno fatica. Se è accaduto
solo nella parte bassa è perché la parte alta, le cosiddette elite,
agiscono con la mente e raramente anche col corpo. Esempi evidenti: i
neri nei campi di cotone o nelle carceri dove si effettuano condanne
ai lavori forzati, gente di tutte le razze nella costruzione delle
vie ferrate nell'ottocento.
In occidente solo un aspetto, una variante del lavoro
ritmico, è giunta ad “affascinare” anche i ceti medi; sto
parlando della marcia militare.
Sarebbe interessante diventare storicamente consapevoli
dell'importanza che ebbero le marce per cementare le masse delle
undici dittature europee del Secolo Breve!
Immaginate il ventenne con ormoni grossi come conigli,
insicuro di tutto e particolarmente del futuro che, con la marcia
militare si sente partecipe di qualcosa di più vasto, si sente vivo,
ma l'aspetto ritmico della marcia no è pensiero, viene pensato
successivamente e vissuto come inclusione, e con questo
fraintendimento sta secondo me alla base dell'aspetto militaresco che
è fondamentale di qualsiasi dittatura.
COSA
DESIDERO COMUNICARE CON QUESTA MEDITAZIONE
Qualcosa di semplice … l'Occidente ha il mito
dell'arricchimento e l'angoscia del potere, sue due uniche forme
illusorie di realizzazione individuale. Arricchimento per chi ricco
non è, potere per chi è ricco. E' una tristezza infinita.
Milioni, centinaia di milioni di esseri, che girano a
vuoto.
“e così a distanza d'anni apri la mano, e avevo tre
monete d'oro finto, forse per questo non disse ti amo, forse per
questo non disse ho vinto, poi chiuse il pugno, roba d'un minuto, per
non sentirlo vuoto …. e mi manchi:”
Pensate un po'. So solo che son parole di una canzone di
Vecchioni, non ricordo quale e non garantisco che siano esatte, ma il
senso c'è, e dimostra che non ho scoperto nulla. Quel che però
aggiungo al testo di Vecchioni, è una via da percorrere.
Tornare alla consapevolezza del ritmo, ai suoi doni. E
chiedere alla vita come dono estremo, se si è credenti, di non
essere più assillati dal dubbio di Dio, e se non si crede, di
provare almeno una volta quell'immenso senso di armonia che, lo dico,
ho provato quasi per caso, uno sbocciare oltre il mio essere, una
sensazione di armonia che ….vale la vita.
(l'ho scritto di getto. Se ci sono degli errori abbiate
pazienza. Ora mi riposo. ciao)