mercoledì 29 giugno 2016

RITMO (in occasione della conferenza del 29 giugno 2016)


IL RITMO



Questa sera, 29 giugno, affronto pubblicamente questo argomento che per me è a dir poco importantissimo e cerco ora di spiegarmi in poche parole (spero...).

Ho l'illusione profonda di essere nato per la musica, ma il destino non mi ha concesso la soddisfazione di diventare musicista. Da sempre essa comunque è nei miei pensieri. Ascolti, studi di natura musicale e storico musicale fanno parte da decenni della mia quotidianità, ed è accaduto che pian piano ho “sentito” profondamente un senso di incompletezza nel senso che avevo la sensazione che la musica, quella occidentale intendo e in special modo alla classica, sfiorasse appena, e raramente qualcosa dentro di me che rimaneva inappagato e pian piano, negli anni, ha trasformato una piccola insoddisfazione in un fastidio tale da passare lunghi periodi senza ascolti.
Avevo comunque intuito, grazie a vari spunti caotici quanto casuali, che c'era qualcosa che mi sfuggiva e che dovevo cercare con umiltà di cogliere nella sua essenza.

Posso dire che una meditazione attenta e non più legata a stimoli casuali mi venne dall'osservazione della reazione del mio cane all' AVE MARIA di Schubert.
Questo beagle timidissimo, salvato da una situazione squallida e finalmente approdato ad un po' di serenità, beatamente spaparanzato sul suo divanetto, mai aveva dato segni d'interesse verso la musica, ma quel giorno, quando dallo stereo si è avviata l'ave Maria, non subito, ma quando la soprano ha iniziato a cantare, prima, dalla posizione a pancia in alto stile “dolce far niente”, si è seduta composta, poi ha raddrizzato le orecchie e infine si è lanciata in un ululato che ha continuato ogniqualvolta la cantante ha detto la sua. Ebbene, un delizioso animaletto che ha un cervello più elementare del nostro e che per olfatto e udito ci batte notevolmente, davanti ad una precisa stimolazione di natura melodica innesca un comportamento inconscio. Per me, l'Ave Maria di Schubert innesca una emozione da sempre notevole e penso che sia l'equivalente dell'ululare di Lolita (nome della cagnolina) in un cervello che media di più un'informazione sensoriale. In Lolita la percezione e la reazione sono meccanismi, in noi anche, ma è intervenuto un addomesticamento, una evoluzione (forse...), che spesso cala di livello e come lei non ululo ma canto.
La reazione primordiale l'ho ritrovata poi, ma più difficile da cogliere, nell'ascolto della “Misa Criolla” di Ariel Ramirez. Si tratta di una messa, ma contrariamente a quel che l'occidente colto si aspetta, prende a piene mani dalla musica popolare sudamericana. Il brano è del 1964. In essa il ritmo è fortemente presente, oltre all'aspetto emotivo e, sommando studi sull'origine della musica nera in Africa e negli schiavi americani, e orientale, pian piano si è fatta strada in me una interpretazione.

Una piccola parentesi. Agisco il meno possibile in modo razionale. Introduco nel crogiolo del cervello le informazioni ed esse mi tornano, per mezzo di una operazione a me totalmente inconsapevole, con un certo ordine che scopro essere retto da un senso, e quel senso un poco alla volta si fa chiaro. L'elaborazione e il senso sono quindi azioni profondamente inconsce. Ormai mi lascio agire così da questa dimensione che qualcuno chiama inconscio e qualcun altro Dio. Io non mi do pena di risolvere un enigma che non mi sembra, almeno per ora alla mia portata. Immaginate di scoprire che, se tutte le sere nelle quali avete pensato a vostro padre, il giorno dopo nella buchetta della posta trovate una buona notizia. Non capite cosa sta accadendo ma siete spinti a pensare al padre … penso possiate essere d'accordo. Ogni tanto ci sfiorerà una domanda immensa ma sappiamo che in essa possiamo solo perderci. La soluzione, forse, come la buona notizia, potrebbe arrivare da sola, senza essere disturbata da ansie della razionalità …

Torniamo all'argomento.

Vengo immediatamente, come Ramanujan, alla formula che mi son ritrovato nella mente, e che forse mi è giunta nel medesimo suo modo...:

all'inizio esiste il RUMORE

  1. RUMORE = suoni caotici
  2. RUMORE regolare, cadenzato = RITMO
  3. RITMO LENTO = meno fatica nel lavoro
  4. RITMO CRESCENTE = trance

Questa sequenza si ottiene con le percussioni e il suo risultato NON E' MUSICA

Definizione di MUSICA:

  1. MUSICA = RITMO più MELODIA
  2. MELODIA = reazione sentimentale
  3. Ritmo = reazione senza sentimento.

La somma di questi due stadi, ritmo più melodia, NON PORTA ALLA TRANCE
ma in certe condizioni, nelle quali prevale l'aspetto ritmico, può essere utile per fare meno fatica sul lavoro.

Questo è lo schema generale.

In occidente la situazione è invece la seguente:

Siamo abituati causa l'educazione che riceviamo, a cercare in ogni brano una dimensione sentimentale, di conseguenza prevale l'aspetto melodico su quello ritmico allontanando fino a rendere nemmeno intuibili, i due aspetti fondamentali del ritmo da solo e della musica (ritmo più melodia), ovvero nell'ordine lo stato di trance e la minor fatica sul lavoro.

La situazione dell'occidente crea alienazione che nella mia definizione è l'opposto della trance. Mi spiego.

ALIENAZIONE: immaginiamo il classico personaggio di “Tempi Moderni” di Chaplin. A questo ometto che rappresenta un'epoca, (narrato comunque per la prima volta da Kafka nella figura di Gregor Samsa), deve adattare se stesso al ritmo della catena di montaggio. In breve, quando il ritmo è dettato da un ente esterno si ha alienazione a meno che (coincidenza rarissima) esso non coincida col nostro.
Se si pensa ai soldati in marcia, essi produrranno collettivamente un ritmo che corrisponderà alle loro caratteristiche non individuali ma di gruppo.

TRANCE: stato sconosciuto ormai in occidente. Quando viene raggiunto, la persona ha come la sensazione di uscire da se stessa, al punto che vede il suo corpo da fuori esattamente come ognuno di noi vede un'altra persona. Questa sensazione, di essere senza la corporeità, tipica della trance, ha un esito sorprendente se la si ottiene in ambito religioso; risponde alla domanda che molti fedeli si pongono spesso angosciosamente … “Esiste Dio?”. Ebbene, se in ambito religioso si raggiunge la trance si ha la certezza di Dio e si tratta secondo me del massimo risultato che un essere umano incarnato può ottenere con la zavorra limitante che si ritrova e che si chiama corpo. Mi raccomando! Non si pensi che io vada a caccia di misticismi e proseguendo nella lettura non parlerò della capacità di fare miracoli e parlare coi morti. Questo fatto è concreto! Ma l'occidente ha intellettualizzato troppo la musica e il ritmo e loro due doni non si è nemmeno più in grado di immaginarli.

Si ricordi per esempio che la statuetta di Shiva Nataraja (danzante), rappresenta il momento nel quale, con una danza non musicale ma puramente ritmica, il Dio crea tutte le cose concrete e il ciclo delle esistenze. Questo aspetto di Shiva sistematicamente sbagliato anche come interpretazione in India, per me è stato illuminante. Sbagliato in India perché si utilizzano i vocaboli ritmo e musica come sinonimi.

Ho poi scoperto, o m'illudo di averlo fatto, il SIMBOLO RITMICO DELLA CREAZIONE, in un video occidentale; “Born this way di lady Gaga”. Premetto che questa cantante non mi piace (come donna si, come artista … ho altri gusti, più esattamente mi è indifferente), ma si sa ormai che nelle produzioni artistiche il piacere o non piacere, come bellezza e bruttezza, misure emotive, lasciano il passo alla qualità del contenuto.

Ovviamente non si tratta dell'unico caso in occidente. Questo mi affascina perché è fortemente shivaista e, se Lady Gaga ha agito, come penso, inconsciamente, allora il simbolo ritmico della creazione può essere definito un simbolo primordiale inconscio. Questi simboli riemergono quando in un'epoca si presentano determinate esigenze di senso, ma questo è un altro argomento.
La zona che va dalla Turchia all'India, mostra tracce del simbolo ritmico della creazione perfino nella danza del ventre.
In Africa, nelle culture più fedeli alla loro tradizione, per esempio il concetto di ritmo (e non di musica) dei Malinke, approda alla trance, ricchezza che appartiene ormai solo a certi movimenti come i Sufi dell'Islam.

Il paradosso, che sento come sintomo altamente patologico, della cultura occidentale, si ha con l'aspetto estremo della musica colta; la dodecafonia. Esiste un ritmo, lo spartito lo dimostra, e per esempio Glenn Gould, quando lo suona al piano e con una mano ...ci prende per mano, allora riusciamo a sentirlo, ma senza Glenn Gould, il ritmo il corpo non lo sente, esso si è fatto atto puramente intellettuale. C'è, è indubbio, e la lettura dello spartito ce lo dimostra senza ombra di dubbio, ma non è accessibile alla struttura corpo nel quale il mio io è inserita.
Veniamo ad un esempio semplice, prendete una manciata di monetine tutte uguali (per esempio cinque centesimi), e lasciatele cadere su un tappeto monocromo. Si disporranno casualmente e, se vi chiedo di contarle, tenderete a fare raggruppamenti di tre, in certi casi di quattro (se la configurazione casuale ha certe simmetrie). Nessuno di voi tranne gli autistici come Kim Peek (l'autistico del film “Rain Man”) riusciranno a “vedere” il numero totale con un solo colpo d'occhio, e altrettanto nessuno riuscirà a “vedere” gruppi di dodici monetine.
I primitivi più primordiali che l'occidente ha potuto studiare avevano questa sequenza: 1,2, molti. In alcuni casi si aveva anche 1,2,3, molti, e noi, molto più allenati, evoluti o addestrati, solo in particolari condizioni (configurazioni geometriche chiare come quadrati esagoni ecc) riusciamo ad andare oltre. La dodecafonia si pone nella medesima ottica. Non più percepibile sensorialmente ma solo intellettualmente, è appannaggio intuitivo solo di personaggi eccezionali come Kissin, Gould e la Utchida (Kissin ha una lieve forma di autismo).

Come l'essere umano ha scoperto il ritmo

La via è una e, come vedremo, appartiene alla cultura bassa.
Nel lavoro di gruppo, (immaginiamo che si sta pestando qualcosa nel mortaio con altre due persone, ognuna munita di pestello), il pestare casuale diviene ritmico in modo inconscio. Il corpo effettua per noi questa scelta poiché si fa meno fatica.
In un essere quasi totalmente inconscio come il mio primitivo immaginario, ogni volta che faceva qualcosa in gruppo, la sintonizzazione ritmica era automatica, involontaria. Quando questa funzione divenne consapevole venne cercata e applicata ad ambiti non lavorativi come la religione. In essa i riti collettivi hanno portato alla scoperta della trance.

Nell'occidente solo la parte bassa della popolazione è giunta ad essere consapevole del ritmo come dato essenziale per lavorare anche individualmente, facendo meno fatica. Se è accaduto solo nella parte bassa è perché la parte alta, le cosiddette elite, agiscono con la mente e raramente anche col corpo. Esempi evidenti: i neri nei campi di cotone o nelle carceri dove si effettuano condanne ai lavori forzati, gente di tutte le razze nella costruzione delle vie ferrate nell'ottocento.

In occidente solo un aspetto, una variante del lavoro ritmico, è giunta ad “affascinare” anche i ceti medi; sto parlando della marcia militare.
Sarebbe interessante diventare storicamente consapevoli dell'importanza che ebbero le marce per cementare le masse delle undici dittature europee del Secolo Breve!
Immaginate il ventenne con ormoni grossi come conigli, insicuro di tutto e particolarmente del futuro che, con la marcia militare si sente partecipe di qualcosa di più vasto, si sente vivo, ma l'aspetto ritmico della marcia no è pensiero, viene pensato successivamente e vissuto come inclusione, e con questo fraintendimento sta secondo me alla base dell'aspetto militaresco che è fondamentale di qualsiasi dittatura.

COSA DESIDERO COMUNICARE CON QUESTA MEDITAZIONE

Qualcosa di semplice … l'Occidente ha il mito dell'arricchimento e l'angoscia del potere, sue due uniche forme illusorie di realizzazione individuale. Arricchimento per chi ricco non è, potere per chi è ricco. E' una tristezza infinita.
Milioni, centinaia di milioni di esseri, che girano a vuoto.

e così a distanza d'anni apri la mano, e avevo tre monete d'oro finto, forse per questo non disse ti amo, forse per questo non disse ho vinto, poi chiuse il pugno, roba d'un minuto, per non sentirlo vuoto …. e mi manchi:”
Pensate un po'. So solo che son parole di una canzone di Vecchioni, non ricordo quale e non garantisco che siano esatte, ma il senso c'è, e dimostra che non ho scoperto nulla. Quel che però aggiungo al testo di Vecchioni, è una via da percorrere.
Tornare alla consapevolezza del ritmo, ai suoi doni. E chiedere alla vita come dono estremo, se si è credenti, di non essere più assillati dal dubbio di Dio, e se non si crede, di provare almeno una volta quell'immenso senso di armonia che, lo dico, ho provato quasi per caso, uno sbocciare oltre il mio essere, una sensazione di armonia che ….vale la vita.

(l'ho scritto di getto. Se ci sono degli errori abbiate pazienza. Ora mi riposo. ciao)