Quattro dicembre
duemilaquindici. Abazia (Croazia)
Da febbraio, quinta
piccola vacanza in questo porticciolo che nell'ottocento era il mare
del sud Europa più “vicino” alla Russia. La grande e la piccola
nobiltà veniva a intiepidirsi anche, come sto facendo io ora, in
dicembre. La famiglia Nabokov, col piccolo Wladimir che non scriveva
ancora ma già adorava le farfalle, affittava una villa. Il nonno,
ministro di due Czar, vi venne, e mi fermo qui, perché i fantasmi
degni di essere ricordati che passeggiano in questo clima
primaverile, sono più delle persone di carne e sangue.
Attualmente il paese,
Abazia (in croato Opatia con l'accento sulla i), nell'insieme
funziona. E' solamente quando si scende nel particolare che si
coglie, per esempio, nel liberty sparso, un senso di falso simile a
quello che provai a Budapest quando vidi e vissi brevemente, l'hotel
Four Season.
Dell'Austria Felix rimane
qualcosa di buono … le fette di torta. Ma è un altro popolo e si
“sente”.
Le donne per esempio, e
anche le ragazze, non passeggiano mai trasmettendo un senso di relax,
anche quando risulta evidente che si tratta di due passi sans souci.
Sembra sempre che siano
sole anche se non lo sono, e che stiano andando a fare qualcosa di
impegnativo. Tengono la borsa come se fosse una cassetta degli
attrezzi e così qui, questo oggetto icona, perde la sua “leggerezza”
e non appartiene più al superfluo strettamente necessario di ogni
donna a ovest del loro confine.
La loro bellezza è
pregevole e atletica, Esprimono elasticità, capacità di fare e
resistere.
Vi è in esse un accenno alla bellezza russa, inimitabile e “pericolosa” sopra tutte, con lo sguardo che mescola intelligenza e follia, illudendo il cacciatore di angeli che il risultato sia la Sensibilità … e invece è solitudine.
Vi è in esse un accenno alla bellezza russa, inimitabile e “pericolosa” sopra tutte, con lo sguardo che mescola intelligenza e follia, illudendo il cacciatore di angeli che il risultato sia la Sensibilità … e invece è solitudine.
Qui le donne non volano
nell'illusione. Sono concrete, efficienti … doti che apprezzo ma
non mi attirano.
Qualche eccezione … una
donna antica. Forse ha due o trecento anni. Lo sguardo da regina per
il mondo e di devota struggente col piccolo bassotto vecchio e arruffato.
Ho sempre con me minuscoli
biscottini da cane e seduco la saggia bestiola che mi annusa. Mi
riconosce come uno strano esemplare della sua razza, e sono promosso alle sue attenzioni.
Accetta il biscottino con
stile e la signora, in un tedesco più melodioso di quello parlato dai tedeschi,
sommato ad incantevoli sfumature frrranscesi, mi ringrazia a nome di
Kant.
Il bassotto filosofo
comprende e con uno sbandieramento della coda degno di Karajan,
approva ... quel Karajannis greco, penso per un attimo, che si finse tedesco per sembrare e non essere ... la Musica.
Mi torna a galla da un
passato remoto, per via della parlata della signora, che pensavo
fosse cancellato, un leggero inchino che si trasmette automatico al
corpo. Lei, elegante e simmetrica, risponde con le vertebre esauste
che sembrano tornare adolescenti. Mi osserva con nostalgia mentre mi
allontano. Per un attimo abbiamo resuscitato un'epoca, per un attimo
l'aria di Abazia era al ritmo di Strauss.
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Spazieren gehen,
passeggiare, Promenade.
Amo questi tetti troppo
squadrati che sembrano fatti di scaglie di drago. Potrebbero
contenere il filo di quel ricordo che cerco in me, che forse non
esiste ... e immagino che il terreno a ridosso di questa piccola baja, sia il luogo nel quale venivano per cambiare la pelle, una volta
ogni mille anni ... e che il nostro tempo è una briciola, un battito,
del loro.
E a queste rive tiepide
attendevano che la pelle nuova si facesse spessa, adatta per il fuoco
e il ghiaccio di tutti i luoghi, di tutti i desideri.
E poi, passeggiando, li
immagino prendere il volo, indossando finalmente il loro abito verde
tenue e primaverile delle favole, delle mie favole, che devo
decidermi a scrivere per smettere una buona volta di dubitare di
essere stato bambino.
Fingere il passato per
essere, perché senza fondamenta non esiste casa e destino che stia
in piedi.
Ma inventare utilizzando
quel che gli uomini chiamano realtà, non mi basta. Per me è già
favola lo sguardo di un cane, o quell'uccello che ora, sbattendo le ali,
inventa il vento, o il falco più potente, e padre dell'uragano. Ed è
sufficiente ignorare le leggi della prospettiva per credere, e
fermamente, che quell'uccellino laggiù, a dieci metri di distanza, sul mare, è
un drago con la pelle nuova, distante un chilometro. Se la prospettiva
è illusione ottica, io dell'illusione faccio l'uso che mi può far
sorridere.
Mi siedo ad un Caffè.
L'acqua sussurrante è a due passi. Prendo carta e penna e scrivo
queste parole. Poi sorseggio una bevanda tiepida come questo sole
delle otto e mezza del mattino, e mi lascio incantare … come un
bambino, da una montagna che in mezzo al mare e alla foschia, spunta come da un quadro zen. La sensazione è
che davanti a me ci sia un lago ma so che non è vero. A scuola me lo
hanno fatto studiare e so che l'Istria è una penisola, ma mi hanno
anche detto che la terra è tonda, e l'ho imparato a memoria, ma per
me questo pianeta è un seme che, nonostante le spine, sarà la Rosa.
E anche il mio sangue sarà il sacrificio per quel calore di porpora.
E quell'isola … stupenda e irraggiungibile che vedo là in fondo, mi ruba i pensieri …
Ora in groppa a un drago volo via, mentre le persone del posto, con
le pelli che i draghi hanno lasciato nei secoli dei secoli, ormai dure come pietre, costruiscono inconsapevoli di tanta storia, i loro tetti.
Sera. Caffè Wagner.
Sembra una fresca
primavera.
All'aperto. Se serve
offrono un plaid bordeaux, ma sembra sia dignitoso snobbarlo. Pini.
Il mare è immenso solo ora che non lo vedo, diluito nel buio. Così
silenzioso, questo mare che prima, alla luce del giorno, si fondeva
col cielo in un grigio fiorito di grida e curve gotiche di voli di uccelli.
Ma il pino del giardino
del Wagner, curvo e slanciato verso il mare, grosso come il nervo di
un dio, e come un dio immobile … lo “sento”, e mi sussurra
dalle foglie …
Questo pino vide i Nabokov, questa nobile e vasta famiglia, e lui ancora cucciolo, ancora inconsapevole della colpa che costruì con la sua fantasia per darsi un senso ... la colpa di amare eternamente le dodicenni.
Questo pino vide i Nabokov, questa nobile e vasta famiglia, e lui ancora cucciolo, ancora inconsapevole della colpa che costruì con la sua fantasia per darsi un senso ... la colpa di amare eternamente le dodicenni.
Era l'età di Dolores,
che la gente conosce col nomignolo di Lolita. Era l'età di Ada.
L'età di un ricordo mai rivelato e che per sempre voleva rivivere. Ma se a dodici, a quattordici, a sedici anni, amare una dodicenne fatata era possibile, e in quell'epoca era amore di fantasia, poi, coll'aumentare della distanza nel tempo, anche il sogno chiese il conto perché nella realtà divenne sconcezza e poi reato.
L'età di un ricordo mai rivelato e che per sempre voleva rivivere. Ma se a dodici, a quattordici, a sedici anni, amare una dodicenne fatata era possibile, e in quell'epoca era amore di fantasia, poi, coll'aumentare della distanza nel tempo, anche il sogno chiese il conto perché nella realtà divenne sconcezza e poi reato.
E fu la letteratura,
dichiarando che era pura invenzione, a far vivere l'impossibile.
Wladimir, l'adulto, mise la maschera. Finse di fingere per poter dire
la sua realtà intollerabile e irrinunciabile e poter così amare
eternamente la sua prima, mai toccata, fatina. La colpa era del
lettore ora, che sembrava leggere per desiderare perversioni, mentre
lui, l'autore del sogno, dal sogno fu perdonato.
Un valzer fragile, di
carta pesta e filo spinato, cancella l'immagine, nebbia sulfurea, di
un Wladimir ancora innocente, ancora bambino, che di fianco al
possente pino del Wagner, in calzoncini corti e camicia alla
marinara, pensa al mistero della musica, alla quale mai ebbe accesso
… e per me è inaccettabile ... inaccettabile questo valzer suonato per i turisti, senza stile, e mi fa cadere nella
realtà quotidiana quando si presenta così sgangherato, e passo dalla fantasia leggera all'odio per quei musicisti che, è evidente, non amano quel che fanno.
Mi alzo e me ne vado.
Wladimir mi segue per un poco come un fuoco fatuo chiedendomi di non smascherarlo, poi si avventura nel nulla
immenso di buio e mare, mentre io, dal nulla della realtà scrivo
queste ultime parole del quattro dicembre e, sorseggiando Chopin in camera, costruirò, negli occhi chiusi, un mondo di orchidee azzurre,
serpenti in forma di flauto che suonano respirando, e petali
croccanti come patatine.