lunedì 3 marzo 2014

Il film "La grande bellezza" di Sorrentino



Vengo invitato da giorni a dire cosa ne penso. Sembra che la mia interpretazione de “La grande bellezza” sia sorprendente, che nobiliti, e invece non consiste in altro che nel rendere evidente quel che una lettura impulsiva non concede. Quando anticamente si parlava di sette esoteriche spesso si spregiava un ristretto gruppo che si concedeva tempo per meditare e l'esito non era inaccessibile per regolamento, ma per tempo dedicato appunto. Era il tempo da dedicare alla meditazione che rendeva inarrivabile... e che nobilita l'esistenza.

Veniamo al film. Meglio essere rapidi. Questa è un'epoca rapida e quindi impulsiva, emotiva ....
Trama: un uomo vive a Roma in modo salottiero. Dei salotti è il re. Re del nulla, di una concatenazione di apparenze. Comprendiamo che non è appagato. In lui qualcosa è bloccato. Vive fra gente che nega la sua stessa realtà e un ricordo affiora, una ragazza alla fine della loro adolescenza, quando la vita si appresta a diventare realtà ed esce dall'ipotesi, dal sogno. Ed ecco l'ultimo atto del loro "rapporto". Lui e lei bellissimi, belli della loro età, un'isola, un sogno. È notte, uno di fronte all'altro, soli, candidamente felici, pieni di desiderio che può realizzarsi. Ma …. ma lei lo guarda, si apre la camicetta, mostra il seno, come anticipo del dono e poi sparisce. Scopriamo che la ragazza ha poi sposato un altro. Ha vissuto con lui e, una volta morta, un diario che il marito ha trovato per caso ci dice che lei ha continuato ad amare quel primo amore al quale non si è concessa. Il protagonista interpretato da Servillo non capisce. Ha in sé quell'enigma. e penso che il pubblico ... e non solo, no abbia risolto quell'enigmatico comportamento Il primattore incontra una ragazza che vive in un modo strano, ruolo ben interpretato dalla Ferilli.



Lei ha segreti col padre. Sentiamo lo scarto generazionale. Una generazione ormai canuta che ha massacrato, per egoismo e superficialità, la precedente. Medesima risposta ci viene dalla artista che fa quella performance buttandosi contro il muro e la bambina che colora non con le mani ma con i nervi esplosi.Nulla si consumerà anche questa volta per il protagonista. Lei è un fiore reciso dal destino, dal padre egoista inconsapevole (la razza peggiore), e dalla malattia in fondo liberatoria.

Il film non si srotola quindi in una trama lineare, ma gira intorno ad un enigma. Il comportamento di quella ragazza alla soglia dell'età adulta, che rifiuta l'amore e però continua ad amare è il perno e il mistero di senso.
Ci piace il film? Probabilmente per le scene, per idee valide come l'incrocio fra turisti giapponesi e il coro femminile dell'inizio, oppure la veggente anziana della quale non avrei mostrato il volto e le citazioni felliniane secondo me un poco consumate e ritrite, quando ognuno sa che si può passeggiare per Roma attualmente un'intera giornata senza vedere una suora..... Perle di scene che si alternano alla volgarità descritta purtroppo in modo troppo diretto, ovvero con la volgarità per esempio nelle scene salottiere e in discoteca, scene non romane ma purtroppo, parlo non per luoghi comuni ma per esperienza diretta, internazionali.

Veniamo all'enigma della ragazza..... preferisco far parlare un “amico”. Un genio. L'Italia del novecento è stata la terra che ha avuto più talenti in assoluto …. ma raramente se n'è accorta.
Alberto Savinio. Brano tratto da “Ascolto il tuo cuore città”. La mia edizione è la seconda del 1944 di Bompiani e il brano si trova a pagina 90. (nell'immagine la reperibile versione di Adelphi)



Savinio ci parla di un amore da uomo in fiore, ancora imberbe ma sensibilissimo alle leggi del cuore. Riesce a portare la ragazza in una camera d'albergo e per la prima volta sono soli: “.... Quanto sprecona la gioventù. Quanto poco sa approfittare dell'attimo che fugge. Tante fatiche da superare, tanti ostacoli da vincere, tanti pericoli da affrontare; e quando alfine ci troviamo in camera, soli, al sicuro, chiusi nel cerchio del lume galeotto, ; anziché cogliere il premio sospirato, consumavamo la notte a guardarci negli occhi, a divorarci con gli occhi, ad amarci con gli occhi, soltanto con gli occhi. Ma è generosità forse, spreco, o non saggezza piuttosto e arte di capitalizzare la felicità? IL DESIDERIO INSODDISFATTO VENT'ANNI FA, OGGI è ANCOR VIVO IN ME, CHE ALTRIMENTI SAREBBE MORTO. E UNA MORTA FELICITA' COSA CONTA, IN CONFRONTO A UN DESIDERIO VIVO?

Ho messo in grande la parte fondamentale e sottolineato la frase chiave. Una geniale raffinatezza quel pensiero, non trovate? Se ti amo consumo e non rimane più nulla. Se non accade il desiderio rimarrà in eterno in te... e questo accade al protagonista del film, eternamente legato a quella ragazza. Questo lei desiderava. Averlo per sé per sempre, e la via non era nella carne.
Il protagonista non comprende, ma è legato appunto, come stragato, e per sempre. … e io mi domando che senso ha per lui se alla fine non comprende. In questo sento il film inconcluso. Il cerchio non si chiude. Lui che capisce dovrebbe sorridere finalmente, e invece la pellicola si chiude con quel ricordo enigma puntato secondo me, con caduta di gusto, su gustose ghiandole mammarie.

Savinio ci fa sapere, da umile qual'è, che l'idea è di un certo Francesco Petrarca (sonetti XXI e XXII). Ma quel che il sommo ci racconta della sua Laura è calato in un'epoca nella quale si tendeva ad idealizzare la fanciulla una volta spirata. Così fa Dante e non solo appunto.
Savinio non sa, glielo comunico ora in sogno, che da queste righe da lui genialmente coniate poco prima della fine della seconda grande guerra, Savinio non sa dicevo, che ne è nata una sequenza di opere capolavoro poiché è impensabile che i suoi grandi contemporanei non lo leggessero visto che loro almeno sapevano che la sua sensibilità era oro puro. Inizia Pavese nel 1949, appena cinque anni dopo, con “Tra donne sole”,



 da questo Antonioni trae un bel film, "Le amiche" del 1955.



 Da Antonioni l'idea colpisce Tonino Guerra e in un libretto prodotto col disegnatore Mattotti intitolato “Cenere”, la ritroviamo.



 Ma Antonioni non è sazio dell'idea e la ricalcola, la ri misura nel film “Al di là delle nuvole”. Film a scene. In una di queste, una ragazza bellissima (Ines Sastre)



arriva alla fine nel letto con l'uomo che ama, ma non consuma e scappa, e la fuga è spiegata dalle parole di Savinio, ma non dal film purtroppo, poiché spesso Antonioni amava sottindendere rendendo la sua opera adatta ad una setta di sensibili legati al tempo della comprensione e dello studio, come ho accennato all'inizio. Il genio è una lunga pazienza, diceva Savinio. Il genio è tale perché non ha fretta e si prende tutto il tempo che gli necessita per tentare di comprendere non con l'intelletto, ma con l'anima che si trova in un punto invisibile a metà strada fra cervello e cuore. Non aveva fretta Antonioni, e nemmeno ne aveva Pavese. ne ha quest'epoca che così perde l'occasione di comprendere e ... comprendere è elevarsi. setta quindi, ma con la regola sola della calma, del tempo centellinato non a far soldi. regola che pochi hanno il coraggio di rispettare.



Il caso di Tonino Guerra con Mattotti è interessante. Una torre. Qualcuno che ambisce a raggiungere la cima, è la meta della sua vita. Arriva fino alla porticina ma non la apre e torna indietro. L'idea di Savinio quindi, legata all'amore, si fa qui regola generale di vita, e Tonino aveva ragone a pensarla così. Consumare è una forma di morte, di fine. Io da piccolo, da adolescente, scrissi una favoletta nella quale lo sceriffo della contea di Sherwood ha catturato finalmente Robin hood. Ma lo sceriffo, dopo una prima gioia non è soddisfatto, anzi, si rattrista e beve fino all'angoscia. Comprende che se Robin è preso la sua vita, basata su quella sfida, perde di senso e splendore. Libererà il rivale, in fondo per non morire lui stesso.

Ecco spiegato il film che ha vinto l'oscar. Avrei preferito un finale che rendesse più chiaro il contenuto. L'eccessiva sottigliezza potrebbe diventare invisibilità e penso che sia il caso del senso profondo di questa pellicola. Ora una domanda non sibillina ma onesta. Penso che il regista abbia letto Pavese e sicuramente visto i due film su quell'argomento girati da Antonioni. Potrebbe esser rimasto quindi bloccato da un senso non compreso, cosa che accade in chi vede quella scena de “Al di là delle nuvole”. Potrebbe aver omesso un finale più chiaro perché anche lui non sapeva e non sa spiegarsi quel comportamento della ragazza del film, comunque avvallato da mostri sacri come Pavese, Guerra e Antonioni. Questo penso sia accaduto, perché il libretto “Ascolto il tuo cuore città”, di Alberto Savinio è un capolavoro asssssssoluto, ma trascurato, oserei dire dimenticato....
Posso dire che di questo regista preferisco “Le conseguenze dell'amore”, titolo in fondo perfetto anche per questa sua ultima creatura che ha vinto l'oscar. In esso, l'amore e la fatalità, mescolati, hanno un esito grande e commovente. Tutti i conti tornano, il cerchio si chiude a livello di senso e ci sento una grande bellezza.... Ma poteva vincere l'oscar un film che non accondiscende nemmeno un po' al kitsch e alla volgarità? Ai significati sempliciotti accessibili anche ad emilio fede? se non fosse così l'Italia e non solo non esiterebbero a considerare "Nuovo mondo" di Crialese il capolavoro degli ultimi anni, ma capolavoro senza effetti, senza volgarità che parla di volgarità .... che bello il linguaggio indiretto ....

Solo un dubbio ho e lo ripeto: che il regista abbia letto e visto le opere col medesimo tema di Antonioni Pavese e Guerra e nulla sappia delle parole perfette di Savinio e quindi del senso profondo della scelta di quella ragazza, e dal film traggo la sensazione che anche lui Sorrentino, come il protagonista si domandi ... perché l'ha fatto, domanda che si è posto, immagino nella mia eccessiva fantasia, dopo aver visto la scena di "al di là delle nuvole".

post scriptum. Nella notte altri pensiero hanno condito l'argomento. Penso a "Lolita" di Mabokov. medesima situazione. due adolescenti. primo amore. sta per consumarsi ma dalla finestra della villa la chiamano. Lei partirà dal sud della Francia per proseguire le vacanze in Grecia e qui fatalmente morirà. Si crea in lui, nel ragazzo rimasto solo col suo desiderio inappagato, la condizione descritta magistralmente da Savinio.
Ebbene ... La situazione descritta da Savinio viene da un fatto vero a lui accaduto. Quella raccontata da Nabokov si suppone inventata ma sicuramente possibile. Il problema che "sento" nell'idea utilizzata da Antonioni prima in "Al di là delle nuvole" e in Sorrentino di recente, ha per me la colpa dell'impossibilità. Cerco di spiegarmi. A Savinio accade un fatto e l'esperienza di questo gli fa dedurre quel che dice.  ....Ma la ragazza del film, come la Sastre di Antonioni ... sono persone senza esperienza regressa, sono frutti fino a ieri acerbi e in fondo con un piede ancora nell'acerbità dell'adolescenza. Immaginare che la ragazzina di Sorrentino, neonata come donna, sappia quel che solo l'esperienza insegna!!! a quell'età gli ormoni sono grossi come conigli e la simbiosi fra spiritualità e carnalità fa dell'amore un tutt'uno irripetibile per intensità. Rinunciare è possibile, in grazia di quel ragionamento di Savinio, solo a chi sa, ha chi già ha vissuto quella situazione. Fare nell'arte cose prettamente mentali, non realizzabili nella vita, non possibili, secondo me ci sta, ma fino a un certo punto. Porto un esempio. Scena di Antonioni e Guerra: lei stesa sulla spiaggia. Dorme al sole. Un uomo la vede e si avvicina cauto per guardarla. Quando l'ombra di lui sfiora i suoi piedi lei si sveglia. Questa scena, di una delicatezza stupenda, va servita come corollario di una grande idea. E' un tassello di una sensibilità irreale che rappresenta per traslato qualcos'altro, ovvero la sensibilità della solitudine e forse anche dell'amore. Ma quando il nucleo fondante di un'idea artistica è irreale, impossibile ... come la facciamo riverberare nella nostra interiorità? come si trasforma in succo nutriente per l'anima? per la vita futura? La scena di "al di là delle nuvole" so per certo che lasciò di sasso il pubblico. Savinio dice, se proseguiamo la lettura di quel brano, che solo le persone grezze hanno bisogno di consumare e che una grande raffinatezza nel sentire porta alla sospensione dell'agire per mantenere il desiderio.  ... penso, come ho già detto, che possa accadere in una persona dotata di esperienza ed eventualmente sconfitta dalla vita. Non agire è anche evitare la vita per paura di farsi male....



Nessun commento:

Posta un commento