giovedì 11 agosto 2022

"LA FLAGELLAZIONE" di Piero della Francesca

Un altro saggio su questo argomento ... un altro fra centinaia, diranno in tanti, ma ho un preciso motivo per aver deciso di scriverlo. Di solito aggiungo "nel mucchio" del mondo solo quando ritengo di aver qualcosa da dare. Ho letto quel che altri pensano di quell'opera e ritengo che predomini un errore  nell'interpretazione di un particolare, che per me invece è chiarissimo e da questo si stratificano le complicazioni interpretative. Mi riferisco ai piedi scalzi del personaggio centrale della parte destra della composizione. 

Nel medioevo e quindi anche nel Rinascimento che si pone sia come sua fine che contemporaneamente come l'inizio di qualcos'altro, l'abbigliamento aveva un significato diverso da quello attuale, talmente diverso da riuscire difficile abituarsi a quella per noi inusitata forma mentale anche quando se ne prende atto dalle leggi suntuarie e da validissimi studi sulla storia dell'abbigliamento. Per esempio, quando si riceveva un incarico anche non di rilievo a questa corrispondeva si un contratto, ma anche un abito. A noi ne rimane traccia nel vocabolo "divisa" che ci fa venire in mente ormai solo i militari. 

... poi ... come è fondamentale per l'arte europea medievale e rinascimentale avere a disposizione un testo lapidario, un florario e un bestiario per cogliere il livello simbolico di piante animali e pietre, così serve, una certa conoscenza di storia dell'abbigliamento. In più, è una miniera sorprendente utile una certa overdose di cultura generale. Un esempio; sempre per Piero, la "Morte di Adamo" di Arezzo risulta incomprensibile se non si conosce l'opera di Jacopo da Varagine e una bella dose di mito da "pescare certamente in Ovidio ma non solo, perché altrimenti i due personaggi sulla estrema sinistra, Ercole e Alcesti, rimarrebbero enigmi. 

Descrizione dell'opera

Immaginiamo che dalla bocca del personaggio barbuto posto in primo piano nella parte destra del dipinto, parta la classica nuvoletta dei fumetti. La nuvoletta non contiene parole come oggi, ma una immagine che rappresenta quelle parole. Nella nuvoletta poniamo il quadrato a sinistra che contiene la flagellazione, colonne incluse. 





Definisco immediatamente i tre personaggi in primo piano a destra poi spiegherò perché la penso così. Il barbuto con gli stivaletti chiari, Giovanni VIII Paleologo, la figura centrale scalza, un angelo, la persona a destra Giovanni Bacci. 

Cosa significa la parte sinistra che ho posto nel fumetto? ... "leggo" le immagini e le trasformo in parole: Cristo = il Cristianesimo (ortodossi + cattolici) viene flagellato dai turchi (i due personaggi di schiena). La persona seduta è l'imperatore Giovanni VIII Paleologo che nell'opera è quindi rappresentato due volte, a sinistra col cappello imperiale, a destra senza perché così si può realizzare un dialogo alla pari. Poi chiarisco bene. L'edificio vuol dire, come in un rebus, Impero romano (d'oriente); si tenga conto che le insegne imperiali del celebre impero romano le aveva il trono di Costantinopoli poi, per parentela finirono a Kiev, poi Mosca e infine San Pietroburgo ... "zar" è la contrazione di "Caesar" ... 

I turchi  sono due e di spalle. Li si riconosce uno per il turbante e l'altro per il curioso copricapo blu e rosso. Vi è una terza persona che vediamo in viso e che allunga la mano verso il nodo nascosto dei polsi di Cristo. Questi è un romano, servo di Pilato che in questo rebus ha l'aspetto di Giovanni VIII. 

Trasformazione dell'immagine in parole: gli INFEDELI STANNO FLAGGELLANDO IL CRISTIANESIMO ED IO, (GIOVANNI VIII imperatore romano), NON SONO IN GRADO DI DIFENDERLO. AIUTATEMI. 

Alcuni studiosi hanno interpretato lo scranno sul quale il Paleologo siede, come un faldistorio (seggio mobile pieghevole utilizzato dal vescovo nelle situazioni ceimoniali in cui, essendo prevista una sistemazione laterale rispetto all'altare, non è possibile utilizzare la cattedra fissa posta in fondo all'abside). Si tratta invece della sella curulis, altrettanto pieghevole ed utilizzata solo ed esclusivamente dall'imperatore romano. Se quella rappresentata nel quadro non è troppo somigliante da come oggi sappiamo che fosse, è perché al tempo di Piero si sapeva che era pieghevole e poco più (l'imperatore era anche soldato e portarsi in giro un trono era lievemente scomodo come andare a funghi con i tacchi a spillo....). Quindi ... sella curulis = imperatore. 

Differenza di copricapo nelle due rappresentazioni del Paleologo. Non si poteva parlare con l'mperatore se era in trono. in questo caso era una ostensione, veniva mostrato. I riti di corte bizantini erano veramente particolari ed in occidente si conoscevano. Nella rappresentazione del Paleologo nel lato destro egli non è a capo scoperto perché sarebbe un atto di umiltà che lui rivolge solo alla divinità e ai santi. Ha quindi un copricapo fiorentino e non ci sono gradini che lo innalzano. Abbiamo da sinistra, un ortdosso (Giovanni VIII) un angelo (valido per ambedue le versioni del cristianesimo, e un cattolico romano (Giovanni Bacci). Concentriamoci ora su loro tre. Il Paleologo sta parlando, è concentrato e ha le labbra socchiuse. 


Veniamo al metalinguaggio. Le mani si muovono per rinforzare il parlato. Osserviamo ora le mani di Giovanni Bacci. Oreciso che per comprenderle serve un buon ingrandimento che ho qui allegato.


Ha i pollici all'interno della cintura che è sotto una discreta panza. Tipico atteggiamento di chi è concentrato e disposto all'ascolto quindi in attesa. Ora l'angelo: per noi che osserviamo il braccio sinistro è lungo il corpo, inerte, quindi senza messaggio. 

Il piede corrispondente è indietro. Il lato destro, posizione attiva, mano sul fianco che aiuta a rendere la postura eretta e da idea di azione.


Piede destro in avanti quasi a contatto con quello di Giovanni Bacci. Si coglie comunque immediatamente che l'angelo è più vicino al cattolico ... e in questa opera nulla è dato al caso. La lettura immediata è che l'angelo appoggia il cattolicesimo che non deve scendere a compromessi con gli ortodossi ma comunque riassorbirli (= unificare le due chiese) e aiutarli. Piccola precisazione: l'esito del Concilio di Basilea-Ferrara-Firenze (sedi cambiate per sfuggire alla peste) fu quello di unificare le due versioni del cristianesimo, ma senza modifiche fastidiose per i cattolici. Di fatto erano gli ortodossi ad essere in braghe di tela ... accadde poi che quando i documenti del Concilio arrivarono a Bisanzio, i religiosi ortodossi lo rifiutarono sdegnati. 

Perché sono sicuro che il personaggio centrale sia un angelo?

Perché non è possibile essere scalzi se si ha un vestito così raffinato. Scalzi o con gli zoccoli erano i poveri e basta. Quell'essere scalzi ha evidentemente un livello simbolico. Immaginiamo di osservare realmente quel dialogo. Si vedrebbero solo il Paleologo, Giovanni Bacci e lo sfondo cittadino e si udirebbero le parole ma non si vedrebbe la scena della flagellazione che le rappresenta. Ora immaginiamo che la Divinità ci dia un potere dei suoi ed ecco che vedremo l'angelo che come un ambasciatore appoggia la posizione cattolica per conto nientepopodimeno che del Grande Capo Assoluto. Gli ambasciatori divini hanno bisogno di parlare ? no. influenzano gli eventi per mezzo di visioni (Mosè di Michelangelo) o portando i contendenti sulle sue posizioni spesso senza che questi nemmeno si rendano conto di essere guidati. 

Perché ritengo che il personaggio all'estrema destra sia Giovanni Bacci?

La somiglianza con altri ritratti, il ruolo avuto al concilio di Basilea-Ferrara-Firenze, l'amicizia col Bessarione, la stoffa non italiana (broccato a melograni) rivestita di pelliccia, lusso estremo che il Bacci poteva permettesi, lui ricco commerciante aretino la cui famiglia commissionò le storie della vera croce in san Francesco, ma che di fatto rappresentava un incarico. Non si trattava di un commerciante comune ovvero semplicemente ricco. Il Bacci vestiva così perché si trattava della sua "divisa" del momento. Non dimentichiamo l'esigenza di vestire in certi modi già presente nell'antica Roma, per rendere immediatamente esplicito il ruolo che si svolge. Si noti che sulla spalla non in vista pende una fascia rossa. Egli aveva evidentemente un incarico all'interno del Concilio e per questo Piero lo scelse nella rappresentazione. Perché lui e non altri? Perché si conoscevano, si stimavano profondamente ed avevano molti amici ed argomenti in comune, in più era una delle star del Concilio di cui si voleva parlare. Trovo non sia assurdo considerarlo anche il committente.

Il falso problema della doppia rappresentazione del Paleologo ... è appunto falso. Osserviamo il già citato affresco della morte di Adamo e vedremo Adamo due volte ... perché accade nel caso della morte di Adamo? Perché senza soluzione di continuità partendo da destra, abbiamo quattro scene; tre di queste sono parte della trama come descritta da Jacopo da Varagine e la quarta è un'aggiunta simbolica (Ercole e Alcesti = prova mitica della possibilità di tornare dal segno di morti = resurrezione) che apparentemente sembra far parte della terza. Ne la Flagellazione di Pietro abbiamo dunque un dialogo contemporaneo al pittore a Giovanni Bacci e all'imperatore, nella scena destra, e il contenuto del discorso dell'imperatore trasformato in immagine nella parte sinistra.

Piedi nudi? Come mai questa scelta?

Corrisponde al nudo in generale come dimensione divina mutata dal mito. Si osservino il "concerto campestre" di Tiziano (Giorgione?) e "amor sacro amor profano" di Tiziano. I nudi ... divinità. Nel primo le muse, nel secondo Venere. La nudità definisce il divino. In quei quadri stiamo osservando delle visioni in atto. 

Angelo senza ali ... ma è possibile?

ja !!! vedere nel Giudizio Universale di Michelangelo e valutare anche le interpretazioni bibliche che all'epoca del primo rinascimento si nutrivano ormai anche delle interpretazioni ebraiche. Nella Bibbia i vari -el, Gabri-el, mich-el, erano angeli e le ali sono un modo pittorico per rappresentare la loro capacità di volare. Servono le ali per volare? direi non sempre ... io quando prendo l'aereo non indosso ali, le ha comunque il mezzo che mi permette di volare e quindi con un atto di fantasiapotrei rappresentarmi con ali di aeroplano ... le ali sono semplicemente simbolo della capacità di volare o meglio, passare dalla dimensione divina quella umana e ritorno. 

Un esempio pittorico simile nel qualcun concetto viene rappresentato con un artificio ... Assunzione della Vergine in cielo. Spesso dentro la tomba aperta si vedono fiori. Ma cosa si voleva rappresentare con quei fiori? un profumo ... poichè le tombe dei santi appunto profumavano e spesso per questo le si riconosceva fra molte. provatevi ora a dipingere un profumo ... 

Ebbene, l'angelo di Piero non è appena giunto e ripartirà subito come quello dell'annunciazione che doveva lasciare un breve messaggio, attendere un ancor più breve risposta e portarla al Grande Capo. L'angelo di Piero è presente al Concilio e come quello di Anatole France ne "la rivolta degli angeli", probabilmente le avrà messe in un armadio. Immaginate di arrivare in moto con tuta e casco a Milano e poi a sera sapete già che dovrete andare alla Scala. Vi cambierete o ci andrete con casco da coleottero di design e tutona stile bebè spaziale? ... vi cambierete ... non c'è dubbio ... le ali servono per volare, e in quel frangente il suo lavoro di manipolazione dell'esito del concilio che non sarà breve ... non le richiede. Un'altra osservazione sul presupposto angelo .... ha decisamente la faccia da angelo ... in più tre angeli della Madonna Williamstown vestono nel medesimo modo e quello a destra pure nel medesimo colore. Deduzione ... quello era il look da angelo secondo Petro de Burgo (foto subito sotto)





Se osserviamo gli angeli della Natività della National Gallery di Londra ...


(Dei 5 rappresentati ho scelto quelli più esterni perché evidenziano quel che sto dicendo), vedremo che, senza ombra di dubbio non hanno ali. Come spiegare questa scelta di Piero? Osserviamo per esempio che, nella Madonna di Senigallia, in quella di Williamstown e nella pala di Montefeltro  di Brera (quella famosa con la pectinidae e la perla che pende (non un 🥚 di struzzo...🤭 come nella pala di san Zeno ...) Maria non ha l'aureola ... sommiamo ⚓ un altro particolare particolare che spiego con una domanda: sempre nella pala di Montefeltro i quattro angeli hanno le ali?
Le noteremo solo se le cerchiamo .... e son ridotte alla parte più alta che svetta di un minimo nei soli due angeli di sinistra. 
Il punto è il seguente. Piero della Francesca stava trasformando un poco alla volta le scene sacre in scene che somigliassero sempre di più alla quotidianità. Maria sarà sempre più simile a noi comuni mortali, Gesù bambino sempre più un bimbo reale e non celestiale. Un altro particolare che troviamo per esempio nella pala di Montefeltro
e in quella di Senigallia 
ci dimostra questo intento, e mi riferisco al corallo al collo del sacro bambino. Questo oggetto non è un simbolo della passione di Cristo. Era un amuleto molto in uso in Campania (aveva questo ruolo ⚓ ai primi del XX° secolo), che si diffuse in tutto il sud e nel centro della penisola. Qualcosa di addirittura non cristiano poiché già nell'antica Roma lo si usava per i bimbi per proteggerli da incubi, crisi epilettiche e per aiutarli durante la crescita dei primi dentini ....


mercoledì 10 agosto 2022

MEDITAZIONE SU "LOLITA" DI NABOKOV

L'otto agosto di questo torrido 2022, mi son svegliato da sogni inquieti ma non mi ero trasformato in un mostruoso insetto. (si badi, trasformato perché die Verwandlung non vuol dire la Metamorfosi. Il bel pasticcio fu prodotto da intellettuali, non certo da artisti ... il titolo, "la metamorfosi", poi alla seconda riga del racconto troviamo il verbo verwandelt = trasformato, che è stato tradotto in modo corretto. Ma trasformazione e metamorfosi, alla pelle nervosa, quasi di cristallo e sensibilissima di un'anima sveglia ... fa venir brividi assai diversi ... e alcuni "geniacci" volevano pure tradurre verwandelt con metamorfosato, vocabolo che chiaramente è la masturbazione mentale di una nullità. Del resto si sa che l'artista vive, soffre e scrive o dipinge o compone ecc, mentre il critico come l'avvoltoio si nutre del corpo esausto dell'opera grande che ha un tale potere, se letta da persone leali, da aiutare a definire la realtà, a renderla sopportabile ...)

Ebbene, mi son svegliato verso le sei di mattina. Lolita, il mio tredicenne beagle, mi ha dato il buongiorno come solo lei sa fare e ci siamo preparati per la consueta passeggiata nel bosco poiché causa l'ora, il clima è ancora paradisiaco.

Poi la vecchia cucciola, si è dimostrata più pimpante del solito e allora l'ho caricata in auto e ci siamo recati al mio bar preferito. Dai tavoli esterni si vedono le navi passare. Dopo aver visto da fanciullo i giganti del porto di Amburgo e Kiel diretti in Sudamerica e grandi come solo nelle favole è possibile, eccomi felice di barchette che ad Amburgo sarebbero forse scialuppe di salvataggio. 

Che emozione quando da Catania arriva la nave carica di container che sembrano tanti lego colorati e il paesino, che si chiama Porto Corsini per una ventina di secondi va quasi completamente in ombra. In quel frangente che raramente mi è capitato di gustare, il mio ritorno ad un momento dell'infanzia era completo e mi son ritrovato sempre ad indugiare sorpreso che pa' non fosse seduto di fianco a me sorridente della mia fatale meraviglia.

Dunque. Arrivo, parcheggio, Lolita scende ed entriamo nel locale che sul lato dell'ingresso è tutto vetri. Dentro, vicino alla cassa, c'è un barboncino grigio scuro che è una elegante bomba di vitalità. Lolita è un'anziana signora tranquilla. Ama relazionarsi ma con calma, quindi fa la ritrosa. Io accarezzo il barboncino che è così morbido che sembra sciacquato con un ammorbidente di alta qualità e la signora mi conferma che è stato lavato da poco. Mi chiede il nome della ritrosa Lolita, lo dico e spiego che l'ho chiamata così perché quando, all'età di tre anni l'ho salvata dalle grinfie di un cacciatore di cinghiali, sembrava una cucciola. I bambini del vicinato non credevano alla sua età e allora Lolita, come uno dei soprannomi della celebre Dolores Haze, mi sembrò il nome adatto, perché per me era irresistibile la sua dolcezza e stavamo andando in simbiosi. Mentre parlavo avevo notato, appoggiati i gomiti al bancone, una personcina con pantaloncini corti non aderenti a fiori sull'azzurro e un top, non troppo corto della medesima mussolina romantica e leggera. Nel sentire il nome Lolita si è girata e guardava un po' il cane e un po' me. Aveva occhiali particolari, colorati, abbastanza appuntiti sulle tempie e ho detto senza quasi pensarci. "e tu hai degli occhiali da Lolita" anche se, ho poi pensato, nel celebre film secondo me mal fatto, sono rossi e a cuore e nella realtà del romanzo sono neri. Lei ha risposto "peccato che non abbia più l'età per essere una lolita ..." ho sorriso sconcertato. lei è uscita con la sua colazione in mano e io ho atteso la mia al banco.  Ho sempre la risposta pronta. In questo caso mi aveva bloccato la sensazione che la ragazza, chiamiamola Laura in omaggio a Petrarca, avesse torto. Non essendo in grado con certezza assoluta di poterle fare il dono di riabilitarla al rango di Lolita, ho taciuto, ma il cervello, come il fastidio crescente attorno ad una nuova carie, si faceva sempre più pressante offrendomi la sensazione di certezza, ma appunto senza ricordare di porgermi la prova. Mi son seduto e la vedevo davanti a me. Si, lo era, ed essendo accaduto due giorni fa, lo è ... ancora; devo riuscire a dimostrarglielo, mi son detto. Mi alzo e svanisco verso sinistra in direzione del molo per dare a Lolita il piacere di un'altra breve passeggiata e a me l'occasione di ammirare ancora, il capolavoro delledera su un muro bianco.

Ora si mescolano nella mente due pensieri, quello che dominava fino alla risposta di Laura era la mia interpretazione de "la flagellazione" di Piero della Francesca sulla quale stavo studiando e meditando da giorni. Poiché spesso mi si mettono in ordine i fatti e i sensi mentre passeggio con Lolita nel bosco e penso ad altro, nell'occasione a questo caldo afoso che mi rende faticoso anche pensare ... poiché, stavo dicendo ... che la mattina spesso fa doni di pensieri nuovi e sorprendenti, ero preso da una leggerezza deliziosa che prelude di solito ad una comprensione profonda dell'argomento al quale ho dedicato le mie energie o all'illusione di questa. Ora invece la flagellazione di Piero svaniva di fronte al sottile dispiacere di Laura, dispiacere che sapevo di poter dimostrare che era sbagliato. Mentre torno dalla medesima strada, la scorgo in bicicletta, la saluto dicendo ciao Lolita! come per dimostrarle senza argomenti che ancora lo è, e lei ha risposto sorridendo e con un bel gesto della mano. Siamo arrivati a casa e ho preso l'edizione più vecchia che ho di "Lolita" (Mondadori, 1958 traduzione di Bruno Oddera) 



e ho iniziato a leggere, dimenticandomi di tutto, compresa la salutare ed abitudinaria esigenza del corpo che ogni mattina dopo il cappuccino si fa urgente. Ed ecco che a pagina 28 del libro, ma di fatto la dodicesima facciata, trovo la risposta che riabilita Laura: prima il protagonista ci dice che le ragazzine, alcune ragazzine, fra i nove e i quattordici anni, hanno "una natura non già umana, ma di ninfa (vale a dire demoniaca)" e quel termine, demoniaco, riappare a pagina 29 e in forma mascherata in un altro punto in cui le chiama figlie di Lilith, la prima moglie di Adamo che di fatto era un demone. Sempre a pagina 29 ecco la salvezza di Laura! Leggiamo : (citazione n.1)"ma tutte le ninfette sono comprese entro questo limite di età? No certo. Se così fosse, noi che sappiamo, noi solitari vagabondi, noi ninfolettici, saremmo impazziti da un pezzo." 

Aggiunge poi, udite udite! (citazione n.2) "La bellezza non è affatto un valido criterio di scelta; e la volgarità, o almeno ciò che determinate persone così definiscono, non compromette necessariamente certe caratteristiche misteriose, la grazia torbida, il fascino elusivo, mutevole, struggitore e insidioso che distingue le ninfette dalle loro coetanee, incomparabilmente più legate al mondo spaziale dei fenomeni sincroni che a quell'isola immateriale immersa in un tempo incantato in cui Lolita si trastulla con le sue simili"

... e a questo punto il corpo mi ha sgridato facendomi notare che se non avessi voluto compiere i miei doveri naturali nei suoi confronti, avrei dovuto rinunciare al lassativo cappuccino. Quindi, ho obbedito alle leggi della natura e poi ho preparato la Moka per un altro caffettino e, col profumo di caffè nel naso e il corpo tornato strumento silente, ho ripreso i ragionamenti e la lettura.

Ci serve per ora la citazione n.1 ... Perché l'età conta poco e nel frattempo Humbert ci dice che l'ètà giusta per essere lolita è fra i nove e i quattordici? perché, secondo me in quella fascia di età la bambina cambia nel corpo e scopre, spesso con vergogna e fastidio, altre volte con gioia, di essere soggetto di sguardi a causa di quei cambiamenti. Premetto, mi sembra doveroso, che non rientro nella categoria del personaggio del romanzo di Nabokov, a me non basta un corpo che cambia, cerco un pensiero che non può ancora sussistere in quelle fasi della crescita in cui si è prima di tutto, sia ninfe che fauni, delle sgangherate bombe emotive. Quante volte ti dirà una ragazzina che ha voglia di piangere ma non sa il perché .... esiste comunque qualcosa di magico in quel momento di metamorfosi ma lo è solo per noi adulti che osserviamo, vocabolo esatto in questo caso quello della metamorfosi, perché si passa da esserino brucoso che poi si imbozzola, per finire la sua parabola nella forma di una farfalla stupenda si badi, per i sensi, un momento magico che divenne per me esprimibile a parole da quel giorno in cui salii sul vagone di un treno e mi trovai davanti una forse dodicenne bellissima e pensai di getto "sembra un futuro angelo, peccato che diventerà solo una donna". Solo una donna ... non si pensi che io intenda sminuire il femminile. Nulla può la bellezza di un essere umano nei confronti di un angelo che, come la luna si colora dei riflessi del sole, brilla della luce riflessa della divinità con la quale passa il suo tempo. Lo stesso Luchino Visconti disse, durante un festival del Cinema a pellicola conclusa da poco, del bellissimo ragazzino che recitò in "La morte a Venezia", che ormai era già vecchio, ed intendeva dirci che era ormai troppo grande per essere angelicale e ormai sulla strada sbagliata ovvero quasi uomo. 

Esiste quindi secondo me un momento in cui si sembra, agli occhi degli adulti, di alcuni adulti, un angelo. Ovviamente non capita a tutti, e per il fanciullo/a, oso pensare che si tratti di quella fase assurda in cui da te iniziano a pretendere cose da piccolo uomo o piccola donna, perché così ti vedono, e invece dentro, nella tempesta (ormonale) si è bambini che davanti ad una domanda troppo grande preferiscono prendere un peluche e stringerlo forte. Succede agli adulti di cogliere queste sfumature ... troppo tardi, quando li sfiora l'angelo della morte ... allora capiscono quante cose credevano di aver capito e si apre un mondo gentile ... e purtroppo sentono essere sull'orlo del baratro. Baratro si, ma non per tutti. I duri di cuore, solo dalla propria morte sono profondamente scossi, ma per pochissimi altri, anche quando la notturna ala sfiora qualcuno che conosciamo, si innesca un meccanismo di umiltà e di qualcosa che si situa ben oltre il pensiero e le capriole della logica, gabbia quest'ultima che non differisce dalla ruota del criceto ... 

Ebbene Laura, potresti essere ancora una Lolita, te lo confermo, ma ricorda che lo sei forse per qualcuno, che il lolitismo è nella mente di chi ti guarda con un eccesso di pensiero, non meno dannoso dell'esagerare coi bicchieri di vino, e per spiegartelo bene devo utilizzare la seconda citazione e misurarla su di te. 

Il tuo modo di vestire ... non è finto. Sei tu, ci stai bene dentro. Non è una maschera, un giocare ad essere quel che non sei o un seguire la moda che equivale ad un brillare falso di idee non tue. Certo è che ai sensi, quelli della carne, fai un certo effetto, se si è slegati dal pensiero. Per me, per esempio, sei ben oltre il tuo corpo, sei tutta in quella nostalgia di non poter più essere una lolita, che per te, immagino, sia una dimensione mista di stato mentale e fisico in cui ti sentivi accesa, come una stella, e ora percepisci in te una vitalità che ti sembra minore, ma che secondo  me è solo diversa. La vita sai, con gli anni si fa più faticosa non perché il corpo invecchia, quello per te avverrà più avanti. Tu per ora vivi in quello stato che sembra eternità e che inizia alla fine dello sviluppo del corpo e dura di solito una ventina d'anni. Ogni giorno il corpo ti sembra identico. Funziona e ti sembra normale che la sua capacità, la sua prestazione sia costante oggi come due anni fa, e sei talmente abituata al suo ottimo funzionamento che ti senti viva non quando muovi gli arti, come m'insegna Lolita (il cane) ogni giorno, ma quando i sensi o la sensualità ti scuotono come una nordica bandiera. Poi accadrà sai, che diventerai consapevole del suo rallentamento ma con calma, fra anni. Posso dire che da poco ne so qualcosa, ma non si vive male questo tempo successivo se nel frattempo si comprende che la vita osa ben oltre la corporeità. Ricorda, per me prima di essere una ventenne o una trentenne sensuale, sei quella frase. Se ti fa effetto il numero degli anni che cresce semplicemente per la corposità del dato ... non temere. Conobbi Boris Pahor che a cento anni aveva ancora la mente sveglia di un ragazzo e noi siamo la nostra mente prima di essere corpo o corpo più mente ... tu sei quella frase per me, te l'ho già detto, e medita ... quando pensi ad una poesia, il fatto che l'autore sia morto da secoli o abbia settant'anni o solo venti non influenza la ... bellezza che nasce da quella dimensione eterna dell'essere, l'unica vera, che si posiziona ben oltre il pensiero e il tempo che in fondo son sinonimi. 

Ora veniamo a quel che la seconda citazione chiama volgarità o grazia torbida. Non l'avevi nella posa sciolta, mentre sedevi sola davanti al canale del porto e alla tazza vuota e nemmeno nello sguardo, ma poi ti ho vista con una sigaretta in mano, non una di quelle confezionate, e in essa ho "sentito" quel torbido poiché strideva quell'oggetto fumante sulle tue labbra. Lolita che fuma, un'eterna bambina che fuma! ma fumare lo vedo da adulti anche se so che non è vero ... e qui le vie tortuose della fantasia individuale inquinata dalla morale esterna, inizia ad immaginare mondi anche se di poco, più contorti del proprio, per il quale la dose d'indulgenza per sé stessi è sempre superiore di quella che usiamo per gli altri ... perché osare il fumo per molti è una piccola perversione ma anche e soprattutto l'inizio di una scala di trasgressioni. Per me il fumo è semplicemente non volersi bene. Immagino la cassa toracica come una scatola di cielo e rondini, ma se si fuma ecco che diventa un grigio paesaggio industriale nel quale un cane randagio urla la sua fame ingiusta al vento. Eccola secondo me la tua grazia torbida, in quell'osare consapevole e noncurante il fumo che un poco ti spegne dentro o che rappresenta una debolezza che ci si concede, nonostante la sua negatività, per bilanciare un peso della vita.

Ora torno a Nabokov. La sua opera migliore é secondo me "Un mondo sinistro", titolo tradotto in modo assurdo. "Bend sinister" è l'originale e intende la banda a sinistra dell'araldica. Banalizzare non diventerà mai un'arte. "Cari" critici ... che peste vi colga! "Lolita è comunque un buon romanzo anzi, buonissimo. Certo che se lo legge un moralista nulla si salva. La mia edizione nell'interno di copertina pretende di giudicare e in effetti lo fa e chi giudica è morto anche se non lo sa ancora: "Lolita è un romanzo della decadenza del costume contemporaneo".... Ergastolo please ... e in galera in compagnia di Wanna Marchi ed Emilio Fede per espiare corposamente! Lolita è la descrizione di un'avventura individuale e tragica!! Ma quale collettività decadente! Un tredicenne vive il suo primo amore che si chiama Annebelle. I cuori sono appaiati, combaciano, e i corpi ci stanno provando. arrivano li ... sulla soglia del piacere condiviso ma dalla finestra della villa qualcuno chiama e Annebelle il giorno dopo partirà e morirà di febbri in Grecia. Il ragazzo vivrà nel ricordo di lei. La cercherà in ogni ragazza, ma cresce e si arriva al limite della morale in cui una tredicenne è un reato per una persona di venticinque anni più vecchia. Ed ecco che la trova; il suo vero nome si cela dietro a quello di Dolores Haze quindi mai lo sapremo. Alle pagine 62 e 63 della edizione citata possiamo leggere il primo incontro del lento Humbert con Dolores. "... e poi, senza alcun preavviso, un'onda turchina mi si gonfiò sotto il cuore e, dalla stuoia posta in un laghetto di sole, seminuda, inginocchiata, nell'atto di voltarsi su un ginocchio, mi sbirciò al di sopra di un paio di occhiali scuri, il mio amore della Riviera." Eccoci ... lui non vede Lolita, lui vede Annebelle reincarnata e un passo successivo ce lo conferma: "Riconobbi il piccolo neo marrone scuro sul suo fianco." Questa conferma la ritroviamo anche nell'eccellente "tetralogia del mare della fertilità" di Mishima. Quali illusioni prendono il via per alcuni nei che furono nel medesimo punto di qualcuno del passato... Mishima e Nabokov nell'aldilà che si son meritati, sono sorpresi ora e lo so che l'uno stasera leggerà il libro dell'altro ... Torniamo al primo incontro: "Un fazzoletto nero a pallini annodato al petto celava ai miei invecchiati occhi di scimpanzè, ma non allo sguardo dei ricordi di adolescente, i seni giovanili che avevo accarezzato QUEL GIORNO IMMORTALE." Ecco che di nuovo, per la terza volta, quel primo incontro rivela Annebelle reincarnata e non Lolita e appare l'immortalità alla quale basta purtroppo togliere una t per scadere nel banale.

"... quell'ultima, folle, IMMORTALE, giornata dietro "Roches Roses". I venticinque anni che avevo vissuto dopo di allora si ridussero a un punto palpitante e svanirono." Ecco ... il tempo si contrae. L'incontro di venticinque anni fa ora è appena accaduto e quel che accadrà da ora in poi è la continuazione della storia con Annebelle. 

Una illusione infinita per un cuore spezzatosi a tredici anni. Ecco cos'è Lolita. Il libro risulta essere un dattiloscritto che Humbert Humbert ha lasciato al suo avvocato il quale può decidere cosa farsene. Verrà pubblicato e noi leggeremo. Il moralista condannerà e qualcun altro coglierà il dramma senza via di scampo. Perché Humbert ha deciso di scrivere? Non per il perdono, ma per far sapere che il dramma nell'esistenza può assumere forme veramente dilanianti alle quali non si riesce e non si può, porre rimedio. Essere uccisi? se qualcuno avesse compreso, effettivamente questo gesto avrebbe reso refrigerio al povero Humbert, ma suicidarsi no, non avrebbe avuto senso perché anche Annebelle sarebbe morta (si muore completamente quando più nessuno ci ricorda) ... perché tu sei lo scrigno del ricordo ... unico al mondo in cui lei brilla ancora ... in cui la gemma inestimabile che fu Annebelle, continua a sopravvivere, ad esistere. 

Cos'è questo libro? il ricordo eternato, nonostante la crosta purulenta della morale esterna, di un amore grande, spezzato sul nascere.

Ora una considerazione personale. La storia di Annebelle è troppo fine, troppo sensibile ... per non essere realmente accaduta. Annebelle è quindi veramente esistita. In modo irrazionale ne ho avuta la certezza quando ho passeggiato per Abazia, luogo che vide Wladimir Nabokov bambino. Li accadde, ne sono inspiegabilmente certo. Le loro orme, il loro eterno passeggiare mano nella mano lo vedo ogni volta che raggiungo quel lido. Spesso siedo al Caffè Wagner. L'albero che brilla fra i tavoli che guardano il mare in direzione di Fiume e delle due isole, quell'albero, che con lo scricchiolare dei rami al vento, mi ha raccontato che lo vide bambino. Mi alzo la mattina presto anche ad Abazia, ma con un motivo in più. Passeggio da solo con carta e penna, Nabokov mi raggiunge, non dice nulla e sorride. Guarda spesso l'orologio perché la sinuosa Annebelle ama dormire, poi ... ecco che appare sulla Promenade, stupenda come solo nei sogni... Wladimir mi fa l'occhiolino, mi tocca una spalla poi la raggiunge e gioioso anche nel passo e ogni giorno, per sempre qui, si fonde con lei, in lei, nell'alba.



venerdì 4 febbraio 2022

ABENDGLOCKEN

Ho pubblicato questo brano senza offrire al lettore una guida. È accaduto perché dopo la scrittura, che è avvenuta di getto, di solito sono esausto. Come ho avuto occasione di spiegare altrove, quel che scrivo (in ambito letterario) non è pensato. Sgorga e basta. É come se per me esistessero ancora le Muse oppure, per chi non mi stima, si potrebbe pensare che mi capiti quel che accadeva agli antichi (fino all'Iliade che risulta essere l'ultima) e che è così ben descritto ne "Il crollo della mente bicamerale" di Jaynes. 

Nel caso di questo scritto, che secondo me non può essere definito diversamente poiché è un po' poesia ma non lo è,  un po' è prosa ma sa di poesia ... , nel caso di questo scritto dunque, è accaduto che la solitudine cercata e prolungata, in una stanza disadorna (un letto per via dei miei problemi alla schiena, Lolita che è il cane e alcuni libri) mi ha portato ad una sensazione di rallentamento del tempo non mio (quello dell'orologio) fino ad una immobilità totale di esso ... e dal tempo immobile così raggiunto nel quale ero immerso mi sentii alleggerito ... ed ecco che le pulsazioni del cuore che per via dell'annullamento del tempo esterno, divennero udibili ... le ascoltai commosso ... ecco il mio orologio pensai, che accelera o rallenta a seconda di quanta emozione spendo. E m'ingegnai di rallentarlo, fino a spegnerlo che non è morire, ma fermare, fermarsi veramente. L'ho fatto altre volte e non ho più timore... ed ecco che una voce si fece sentire, non localizzabile, incorporea per un attimo. Nel frattempo nella mia anima ora veramente ricettiva e immobile poiché le emozioni si erano non pulsavano più, nella mia anima che mia non è ma è un frammento di un tutto positivo, la mia anima dunque,  sentii "Hotel Supramonte" di de André e il tempo divenne "... un signore distratto, un bambino che dorme ... poi come una preghiera sorse il canto Abendglocken nella versione di Rebroff che è la mia preferita (youtube: Ivan Rebroff 3:37 minuti)Abendglocken). Ad esso seguì dopo un silenzio meraviglioso, Casta Diva cantata dalla Callas (youtube: Maria Callas sings "Casta Diva"(Bellini: Norma act 1. Recorded live at the Palace Garnier on the 18th of December 1958. Minuti 7:13). Se il brano di Rebroff mi estraniò dal mondo (il greco, l'orfico entusiasmo = uscire da sé stessi perché possa il dio entrarvi), quello della Callas, esattamente quello del 18 dicembre del '58, mi purificò per la sofferenza che vi colgo. Guardatela. Era all'apice della carriera esteriore, la dea, una delle dee, la più raffinata senz'altro della sua epoca, ma... aveva lasciato il marito per quell'Onassis che di elevato aveva solo il conto in banca e il nome ... sapeva di aver perso nell'unica battaglia terrena in cui vincere, o almeno non perdere, aveva un senso. Guardatela, elegantissima (di Dior forse l'abito),  diamanti grossi come noci che sfavillano, lo sguardo del teatro, lo sguardo del mondo per mezzo della neonata televisione  ... eppure sconfitta ... sola ... e canta Casta Diva col cuore in mano. Io ci vedo questo e mi strugge sempre poiché di solito soffro più della sconfitta degli altri che non delle mie ... le altrettanto irrimediabili mie ... 

La inconsapevole sacerdotessa Maria Callas, una volta che Ivan Rebroff spazzò via le emozioni del presente, la Callas dicevo, sbriciolò i sedimenti del passato. Ora ... arrivarono Roberto Murolo e Mia Martini che cantano insieme (Roberto Murolo & Mia Martini CU'MME' (remastering) wra videomovie minuti 4:25). Roberto Murolo, anziano, sereno, che trasmette la tranquillità di una vita spesa bene e dice parole che invitano ad andare oltre e poi lei Mia, che si sapeva che stava male dentro ... e urla quasi "come si fa a dar tormento all'anima che vuol volare" e lo dice in napoletano, in dialetto, in una lingua popolare che sa di cugini, parenti, vicini di casa, di odor di basilico ... e questa canzone portò via quel che Maria Callas aveva scalfito. Ora Tarkovskij apparve, seduto sull'ultimo letto a Parigi, col passerotto in mano che spontaneamente lo aveva cercato, quel Tarkovskij per me espressione di perfezione col suo Cinema/Poesia. Mi bastò il suo sguardo mentre dalla mano il passerotto/anima, vola via ... ed ecco che delle emozioni, anche delle passate, non rimase più nulla. In quel vuoto completo dell'io apparve un uomo magro, una visione in bianco e nero ... ed era Kafka alla Galleria Golz che legge invitato, "Ne la colonia penale" che considero uno dei suoi irraggiungibili capolavori. E poi lui, Kafka, svanì e apparve quella voce che mi parlò. Quando ebbe terminato, quasi gridando, provai una sensazione fisica, come di farfalla posata, la medesima che forse un paio di lettori ricorderanno, del primo bacio, della prima infatuazione descritta in un racconto. Quella sensazione provata vuol dire che stavo tornando, regredendo, alla fisicità. Gradualmente stavo tornando al mio tempo interiore gestito dal cuore, e in quel frangente non ancora carnale,  per quanto ormai imperfetto, chiesi "chi sei", prima che mi dissolvessi, frantumassi, nelle asperità monotone del tempo estetiore. Pensavo fosse Kafka a parlarmi e per un attimo lui apparve, ma poi si trasformò in Rebroff, in de André, nella Callas in Murolo poi in Mia poi in Tarkovskij e infine colsi un viso multiplo che tutti li contienva in un unica visione inesplicabile. Eccomi qui pensai, ecco il volto di Dio, influenzato da Swedenborg, che conobbi ragazzino da una poesia di Borges. Per questo mistico svedese non esistono l'inferno o il Cielo (Paradiso) ma la contemplazione del volto di Dio che è sofferenza per i reprobi e serenità per i salvati ... ed in quella immagine, somma di umani eccezionali, ognuno un frammento consapevole del Tutto,  in quella somma .... ho intuito per un attimo,  il volto premiante di Dio. 

 Ed ora lo scritto...

Ebbro di silenzio, da giorni rinchiuso da me stesso in una stanza, sapevo di dover attendere e resistevo e poi, quando il tempo per me non era più nulla e la fame e la sete si erano spente nutrendosi di sé stesse ... ecco che nella penombra un'ombra si muove.

Anche il respiro ho lasciato e nulla mi sfugge, sensibile ormai come gli dei.
L'enigma che ho dentro ecco ...
si scioglie in parole non dette che partono da quel punto inesistente posto fra cuore e mente che è il sofferto premio di pochissimi. Ecco cosa disse:
"Tu ricordi lo so, con stupore, quel che accadde quella sera d'inverno alla galleria Goltz a Monaco. Fu l'ultima volta che degli umani insieme, quel piccolo gruppo d'inconsapevoli eletti, uscirono da da sé stessi e si colmarono di stupore immenso. Accadde che un uomo magro che fra gli antenati, da parte di madre, aveva per guida un santo chassid, accadde che quell'uomo magro vestito di scuro, nascosto nell'ombra, con un filo di voce lesse parole che aveva scritto, parole indicibili ... come le note sensibili di Chopin appena udibili, perché dalle dita non note ma l'anima era uscita. Così l'uomo nella penombra, lui stesso li sconvolse ... fu l'ultimo ricordalo! Come Orfeo col gruppo d'inconsapevoli iniziati ... resi sacri da quella che pensavano fosse solo una pubblica lettura letteraria"... 

Io ascoltavo la non voce che da nessun luogo riempiva la stanza chiusa da me stesso dall'interno. Capivo ... e capivo anche che quella mente, fattasi voce inesistente ... era in me, e fino in fondo mi conosceva.

"Ascolta e non pensarmi!" disse,
"tu hai provato qualcosa di simile ma in estrema solitudine, e così gli altri non potranno mai capire. Prima con de André poi con Rebroff e Callas, ... e un'ultima volta in canto prima di chiuderti qui dentro, con una inno alla vita cantato da un vecchio felice e da una donna sofferente che la vita se la tolse per uccidere quel che la offendeva nella mente ... poi infine ... al culmine, ecco immagini di Tarkovskij e il passerò ultimo. Eri commosso e ti sei chiuso qui per capire. A Monaco invece svennero, lasciarono la sala, pochi resistettero. Le parole sussurrate dall'uomo in penombra furon sconvolgenti ...  parole che al massimo oggi sarebbero considerate sconvenienti. Ora ascolta ... tu solo che hai saputo creare il grande silenzio che permette di sentire tutto e di sentirmi ... ebbene ascolta!

Senza arte, senza poesia
la vita è un dono da buttare via ...
Senza il dubbio di Dio
non può esistere un briciolo di io
... e con la perfetta razionalità
si resta sempre senza umanità.

Cantalo ti prego, che il tuo tempo ha fame e sete e ha dimenticato il sentimento.
Cantalo tu a chi pensa di guarire accumulando!!!"

Le ultime parole le disse quasi urlando ... poi più nulla. E nemmeno il nulla ormai c'era. Qualcosa mi sfiorò la guancia come farfalla posata. Un attimo e se n'era andata. In quell'attimo di un tempo senza tempo, dopo il tocco leggero ... ecco che tornai alla carne e sangue che son io e chiesi timoroso ... "sei tu?" Fuori dalla stanza sentii cantare ... "comme se fa' a da' turmento all'anema che vo' vulà..." , ma quella voce non piangeva più quelle parole. Le cantava ora e sorrideva.
Ora, che il presente sempre mi raggiunge ... dicevo ora ... apro la porta ... è sera sul mondo ... sono tentato di richiuderla e dire che mi arrendo ... ma ora so e non devo essere egoista.
"Ma" ... ripeto ... "sei tu?" ...
La voce risponde un sì di marmo.
Il Virgilio che fu di Dante guida, il mio Virgilio ... Kafka ... in un lampo di buio mi si mostra, arcangelo infinito ... ma si trasforma ed è Andrej e poi Maria e Ivan e Fabrizio e poi Roberto e infine Mia. Tutto è accaduto in quell'ombroso batter d'ala di quella inesplicabile falena.
Questo attimo eterno che ho vissuto ora lo scrivo qui in questo quaderno e mentre esco volontariamente dal mio eremo per me per noi... Rebroff canta.

(Scritto oggi fra le 12 e le 13)