domenica 14 giugno 2015

Falsità o banalità del giornalismo attuale?

Questa mattina i quotidiani parlano della Battaglia di Waterloo.
Marco Zaterin su "La stampa", propone "L'errore fatale di Ney", parla della pioggia ... insomma, i soliti luoghi comuni di chi si avventura scivolando (e senza nemmeno rendersi conto di essere malamente caduto), sulla superficie sdrucciolevole dell'opinione, assai distante da qualsiasi verità storica. E' sufficiente digitare  GENERALE SHRAPNEL sulla insicura Wikipedia, per risolvere l'enigma. Generale si, ma prima di tutto inventore. Ebbe l'idea di rendere cava una palla di cannone e introdurci dell'esplosivo, così, oltre il potere di sfondamento della palla, si otteneva aveva l'effetto bomba. Fu adottata dall'esercito britannico, segretamente, dal 1803, Nel 1808, durante la battaglia di Vimerio, Napoleone già ne assaggiò la sgradevole potenza. Questa arma fu usata a Waterloo? Ja!!! e fece la differenza. Fu un salto tecnologico sottoposto a dodici anni di sperimentazioni segrete, che perfezionò a tal punto lo "shrapnel" che permise di fare la differenza.
Domandina .... perché ci son due facciate e di questo fatto nessuno ne parla? cinicamente rispondo che, sapere la verità limita la possibilità di dire. Un esempio ce lo offre la letteratura. Capire Kafka manderebbe in crisi un vastissimo settore di "indocenti" che campano ipotizzando di tutto e di più. E questo è solo un esempio. Più l'autore è complicato, criptico, più ci si può avventurare nelle ipotesi, e anche l'assurdo può degnamente sopravvivere su un quotidiano nel quale, ben sappiamo che le parole durano un solo giorno.

E ora un'altra grande colpa dei giornali e dei media in generale.
Qualche giorno fa si è svolta la partita Croazia Italia a Split. Si scopre che sull'erba del campo c'è una enorme svastica. Qualche giornale ha messo nel titolo la parola Choc. Definizione: condizione grave di compromissione della coscienza e di altre facoltà mentali a seguito di una stimolazione psicologica molto intensa. Ebbene ... questo vocabolo ci sta quando qualcuno ha visto la morte in faccia oppure ha passato uno spavento tale da esserne forse uscito traumatizzato. Quella svastica ci indigna, ma assolutamente non ci provoca uno stato di chock.
Sull'abuso del linguaggio, che ha la sua palestra più ridicolmente ardita nello sport, porto un altro esempio. Prima della finale di Champions di Berlino fra Barcelona e Juventus, la pubblicità in tivù diceva: "gli eroi si sfideranno nella finale per diventare leggenda". Eroi e leggenda per una partita di calcio, per la "conquista di una coppa" che appena terminata è dimenticata, poiché lo sport vive solo di presente presente e presente. Quel che è appena accaduto deve essere dimenticato perché un altro presente puramente emotivo, e che mai va oltre quel livello animale, è già in via di confezionamento.
Ricordo anche una sera con amici. La partita che guardo più per il piacere di stare in compagnia ed ecco che un giocatore cade, sembra sia fatto male e il cronista parla di dramma. Ma se le parole vengono svuotate così di senso come potranno definire un vero dramma quando in effetti accadrà!!!
Sarebbe così facile e secondo me rispettoso dei grandi valori della vita, utilizzare le parole per il loro giusto significato, ma ultimamente, oltre all'appropriarsi di significati alti in sfere banali, capita anche di ascoltare parole che da normali e chiare si son fatte ipocrite. Netturbino o spazzino non va; si dice operatore ecologico. Bah... ipocrisia appunto, per "ripulire" un vocabolo che nella sua prima versione aveva troppo aroma di spazzatura? di sporcizia? e peggio ancora è la parola "importante", ridotta a simbolo dell'assurdo e chiarissima chiave di comprensione dell'unica scala di valori della nostra epoca. Un'amica entra in gioielleria, mi ha chiesto di consigliarla per l'acquisto di un orologio. può spendere tanto e anche di più, ma desidera la qualità e non la moda. Il gioielliere ci mostra un ordigno tutto oro e smeraldi; ripeto che amo i meccanismi di qualità e chiedo di mostrarle un modello di una certa ditta sassone. Il gioielliere mette via l'ammasso di smeraldi dicendo "peccato, questo è un oggetto veramente importante!". Importante quindi, per lui e per una massa di squallidissimi ipocriti, vuol dire costoso. Solo costoso! poiché solo far capire che costa molto emancipa dalla massa? Trasforma un io respirante e digerente in un io pensante? in un io degno di essere ricordato? Scriveranno nei libri di una qualsiasi forma di storia che la signorina X aveva quell'orologio? Rido amaramente e dico con la mia amica che se non ci danno subito un altro commesso esco. Provvedono al cambio, ma sono cloni, accuratamente addestrati, senza più un'identità. Se chiedi un consiglio non è un io pensante che dice la sua anche su una cosa semplice come l'accostamento di una giacca con una camicia. Devi sapere che ti consiglierà i prodotti che da più tempo giacciono invenduti.

E ora veniamo alla bomba che i giornalisti tengono sempre accuratamente disinnescata.

Questi per ora erano giochetti da salotto. Ora si fa sul serio.
Dodici giugno 2015. Un signore la cui storia famigliare parte dagli ugonotti in Francia, compie cent'anni. Risulta che ha un patrimonio stimato di 3.2 miliardi di euro secondo la rivista Forbes. Sembra quindi un miliardario che raggiunge un traguardo che possiamo definire invidiabile. Gli articoli ci parlano che regalava tacchini ai poveri e che ha elargito un miliardo in beneficenza, ma la verità non la dicono e non la possono dire. Ecco lo schema elementare che chiunque può verificare.
Trilaterale: fondatori, questo caro vecchietto e Henry Kissinger, suo ("ministrello" personale) nel 1973
Bilderberg. Fondatore, sempre il caro centenario nel 1954
Aspen: fondato nel 1950 e foraggiato dalle fondazioni Ford, Carnegie e ... il caro vecchietto che elargisce tacchini.
Gruppo dei trenta, detto per comodità g30,: fondato da Geoffrey Bell  nel 1978 su "ordine" della fondazione dell'elargitore di tacchini e "guidata" da un suo parente.

A questi quattro club che non giocano a bocce, si partecipa solo su invito, i giornalisti rimangono fuori e, quelli invitati, esempio Gruber, fanno carriere fulminanti e ovviamente in cambio di certe cosucce, come questa, ovvero non parlano e ovviamente, alle notizie danno il taglio imposto dall'elargitore di tacchini.
Egli ovviamente non è solo, ma comanda. Nel 2012 lui e la famiglia dello "scudo rosso", si sono alleate e altre delle quali ho i nomi, partecipano in modo minoritario.
Dimenticavo. Un antenato dell'arzillo centenario ha fondato la federal reserve che non è un ente di stato, ma privatissimo e che quindi si fa gli affari suoi e non quelli degli Stati Uniti. La Fed stampa moneta. Una follia! e cosa decise John Kennedy? Propose l'atto 1110 che toglieva alla fed la licenza di stampare moneta e la passò ad un ministero statunitense. tempo sei mesi, ovvero l'invito a recedere, e a Dallas, John Kennedy comprende troppo tardi che quello non era un consiglio ma un ordine.

Ora veniamo a strane coincidenze. Napoliuretano (storpiato e minuscolo perché non merita nemmeno la morte), termina il suo mandato di presidente della repubblica delle banane (Gianni Agnelli docet), e nel giro di un mesetto riceve un premio dal "ministrello" dell'elargitore di tacchini ... ma ... se uno più uno fa ancora due allora ... allora ecco che sappiamo che mario monti era Bilderberg, che poi che andò a prendere ordini Letta junior. E perché non si tennero Monti che in fondo obbediva egregiamente? Per via della sommossa popolare detta "rivolta dei forconi" che stava marciando su Roma e che i forconi ce li aveva davvero. La faccina pulita di Letta junior ha retto un poco ma si stava per esplodere nuovamente ed ecco il guitto fiorentino che, interessato solo alla poltrona più alta,   è disposto ad obbedire con più ferocia e determinazione dei due servi precedenti. Si noti che ogni sua mossa, ogni sua legge o leggina ha uno solo scopo, ridurre le spese. Questo avrebbe senso se queste riduzioni tenessero conto dei un codice morale, ma egli obbedisce a chi cura solo il suo bilancio  e il fiorentino asseconda nella speranza di mantenere il più a lungo possibile la poltrona che lo lusinga così tanto.

Altri due casi interessanti. Per quanto io non stimi il signore di Arcore come politico, deduco, da quel che i giornalisti dicono e non dicono, che sia lui che Strauss Kahn, sono stati silurati da interventi mediatici possibili solo da un sistema di giornalisti venduti. Stessa tecnica; scandalo sessuale, e spariscono dai ruoli che contano. Strauss Kahn intendeva risolvere diversamente la crisi greca. Il signore di Arcore invece aveva capito cosa stava accadendo e stava per rivelarlo. Una cosa so per certa e qui la dico. Non si voleva dimettere. La sera lo hanno avvisato che tutte le banche non avrebbero più supportato le sue aziende e la mattina dopo si è dovuto arrendere. E questo in Italia, lassù nell'empireo della finanza, lo sanno tutti e lo dicono serenamente.

Altra considerazione. Il sommo elargitore di tacchini ai poveri, non è il re del mondo, ma di una sua parte. Americhe ed Europa sono prone, ma Russia India e Cina non si genuflettono, ma ci sta provando a convincerle. Ecco il senso dell'embargo a Putin, che è uguale, ma su scala diversa, all'azione rivolta contro le aziende del signore di Arcore. Questi è un presidente quasi re, e quindi l'azione ha bisogno di altre scuse, non più scandalo sessuale ma guerra con l'Ukraina. Una cosa sporchina. se si pensa che l'unione europea, minuscolo meritato, ha elargito qualche miliardo all'Ukraina a strane condizioni; deve aiutare la popolazione in crisi, versione ufficiale: di fatto deve aiutare tutta la popolazione quindi anche la parte contesa o ormai staccata dall'Ukraina. Questo vuol dire che i soldi servono per armarsi e fare la guerra, ma non contro i lo stato russo, bensì contro i russi residenti in Ukraina e che, essendo in maggioranza notevole (più del novanta per cento in Crimea dove con plebiscito hanno dimostrato di volere tornare alla Russia) cercano di affrancarsi. La storia la si conosce. Kruschev "donò" quelle terre, anche Donetsk, all'Ukraina. Nella Russia comunista era come assegnare un territorio ad un'altra provincia in Italia, una strategia interna di scarso impatto, ma quando finisce il comunismo e Ukraina e Russia diventano due realtà indipendenti ecco che quell'atto di Krushev diventa ingiusto e arbitrario. Attualmente si nega l'autodeterminazione a quei popoli. Si strumentalizza il tutto perché Putin non china il capo e quella è la scusa per agire. Come ho accennato poc'anzi, lo scandalo sessuale non basta con un uomo così potente. E io non sono pro o contro Putin, semplicemente osservo e faccio collegamenti che i giornalisti potrebbero fare ma son pagati proprio per non farlo.

Prevedere il futuro? tristemente troppo facile. Due schieramenti enormi che si scontrano ... e il resto è storia.

giovedì 4 giugno 2015

"Curzio" di Osvaldo Guerrieri





Ho letto un libro di Osvaldo Guerrieri. “Curzio”, edito da Neri Pozza. E' da parecchio tempo che sono tentato dall'idea di scrivere qualcosa su Curzio Malaparte, forse per questo mi son lasciato sedurre. E si è trattata di una seduzione non facile. La copertina del libro è di un kitsch meravigliosamente stupido ma, mi son detto, gli editori non la lasciano mai scegliere agli autori i quali, poiché giustamente amano la loro creatura al di là del suo valore effettivo, come l'amore di madre, quello vero, poiché appunto fanno proprio questo diritto, poiché “pompa” le vendite, mi faccio invece guidare dalla curiosità di sapere cosa un altra persona pensa di questo scrittore che apprezzo moltissimo.
Di Osvaldo Guerrieri nulla so e nulla intendo sapere. Mi basterebbe un'occhiata su internet per entrare in possesso del suo volto, ma non sopporto queste curiosità. Un viso, un corpo, in una foto sono entità distanti dalla realtà. Un solo gesto, dal vero, potrebbe frantumare l'essenza che abbiamo colto dall'immobilità della fotografia o dalla piattezza bidimensionale di un filmato.
Disapprovo comunque il titolo. Chiamarlo per nome, Curzio, non mi sembra il caso. Che accada dentro, fra le pagine, ci sta, poiché ovviamente si crea un rapporto di amicizia surreale col personaggio che abbiamo deciso di raccontare, di comprendere. E osservo di nuovo il volto della copertina, fra due cavalli scolpiti in posa i tempesta e una maschera carnascialesca (preferisco questo vocabolo a quello d'uso comune perché si “sente” di più la “carne”...); un volto da checca isterica. Un volto che non corrisponde per niente a quello della sua opera.

Veniamo al contenuto. Il libro mi è piaciuto. E' ben scritto, scorrevole, e funziona perchè, sull'onda lunga di “Limonov” di Carrere, descrive un arrivista che vuol sfondare a tutti i costi e agisce senza alcuna morale. Ma a differenza di Limonov, che tuttora la televisione russa spesso intervista, Malaparte scrive “maledettamente” bene, e già solo questo aspetto avrebbe dovuto spingere, secondo me, Il Guerrieri, ad andare oltre.
Cerco di spiegarmi. Quando lessi per la prima volta “La pelle”, e subito di seguito, “Kaputt”, (attirato dal caso, nella forma di una edizione vecchia che ammiccava con l'aggiunta del ricordo depositato in un cassetto della memoria, così, slegato e ancora senza senso, che come me, era nato fra due mondi, quello italiano e quello tedesco), mi colpì la sua immensa sofferenza per “i disastri della guerra”. Ho messo i “disastri” fra virgolette, per rendere un po' più immediato il collegamento con le incisioni di Goya che portano quel titolo. Io non sapevo niente del processo all'assassino di Matteotti e della difesa fatta da Malaparte, che salvò l'accusato e mondò il volto apparente del dittatore, di Malaparte non sapevo assolutamente nulla. E quei libri mi conquistarono per capacità di colpire al cuore con immagini indimenticabili. La guerra, la ferocia pura e inaccettabile da un qualsiasi essere dotato di sensibilità. Posso dire che la medesima potenza l'ho trovata in due volumi autobiografici di Elga Schneider, “Il rogo di Berlino” e, più di tutti, “Lasciami andare madre”.
E la continua domanda che aleggia nel libro … se i fatti narrati son veri, o parzialmente veri, o pura fantasia, la trovo insensata. Quel che conta è che le sue immagini, così potenti, così devastanti, si scolpiscono nella mente e vi rimangono per sempre e che l'orrore per la guerra si fa nostro in modo totale, come appunto mi accadde con Helga Schneider e Goya.
Forse non sa Osvaldo Guerrieri, che l'artista inventa! La realtà per lui altro non è che materiale che se vuole, può usare e, sempre se lo ritiene opportuno, modificare.
Se un Uomo, ha un vero messaggio da trasmettere, un messaggio che urge, che fa male dentro, diventa secondario, assolutamente ininfluente sul giudizio di qualità che ne daremo, se ha inventato o meno. C'è più verità in un racconto di pura fantasia di Kafka che in migliaia di opere che pretendono di descrivere la realtà, cosa di fatti impossibile. La visione può essere solo individuale, soggettiva. Zola, il principe degli illusi, che pretendeva di essere assolutamente oggettivo, di descrivere senza coinvolgimento quel che osservava, fa tenerezza, ad un lettore del principio del ventunesimo secolo, poiché risulta evidente che egli aveva un'idea per esempio del rapporto fra la moralità di un povero che non riuscendo ad emanciparsi, si lascia andare all'abiezione, allo “Scannatoio”, dell'osteria e non solo. Ma era suo questo schema, e in esso forzava i dati che sceglieva, si ricordi, sceglieva, per rendere dimostrata la sua tesi.

Secondo me con le due opere di Malaparte, la vita e l'opera, si devono fare i conti in modo differente.



Il suo comportamento, così fortemente anaffettivo, bilanciato da questo rispetto così grande per i cani, potrebbe insegnare qualcosa? Secondo me si.
Malaparte, capì velocemente che la vita quotidiana era una lotta di tutti contro tutti, che gli ideali, dai quali all'inizio si lasciò sedurre, erano un paravento, una facciata, una ipocrisia sistemica.
Quel che è curioso è che, l'ipocrisia degli ideali, questo scrittore la colse con la delusione del comportamento di Mussolini. (Premetto che non m'interesso di politica, non sono schierato quindi ho l'illusione di essere libero …). Esistevano tre blocchi: liberismo, comunismo e fascismo. Lui scelse il fascismo ma lo considerò rovinato dal protagonismo di Mussolini. L'ideale fascista quindi, ridotto a parole che nascondevano, e malissimo, il desiderio di un uomo di essere divinizzato. A questo punto il passo verso l'uso strumentale di uomini e ideali ipocriti, per vivere al meglio, non sembra così assurda. Se all'epoca si decideva di essere fascisti i motivi erano fondamentalmente tre, l'urgente fisicità della giovinezza, il senso di ordine che, con le medesime maniere violente e dirette dei comunisti, si voleva ottenere, e la reazione al capitalismo che, questa volta in maniera indiretta, massacravano l'esistenza delle persone. Io, che mi considero profondamente non violento, non avrei resistito in nessuna di queste “parrocchie” e se penso alla nostra, alla mia epoca, nella quale sopravvivo con tristezza, deduco che la vittoria del capitalismo neoliberista sia arrivata al punto che esiste un regnante che sembra occulto, ma nome e cognome li so e si possono facilmente dedurre, che fa viver male ormai tutti tutti tutti.

Spesso osservo con affetto la foto di Curzio Malaparte che, ben vestito e giovane, siede i fianco al suo Febo. In questo gli somiglio. Spesso dico che son stato allevato da Mafalda, un grosso cane pieno di vera umanità, e tuttora, dopo anni dalla sua dipartita, riconosco come i migliori, gli anni passati con lei. Figlio di un cane. Si, e ne sono fiero. E ringrazio la sorte di avermi dato quella madre dallo sguardo infinito e capace di esempi semplici ma pieni di amore vero, senza ipocrisie.
Guardo quella foto e riconosco, e riesco a mettere in ordine tutta la sua vita, tutte le sue solitudini, che assumono un senso tragico ma di valore.

Le biografie di uomini che sembra non abbiano rispettato niente e nessuno, da quando l'uomo sembra un essere capace di pensiero, son sempre andate di moda. Si pensi ai vari Caligola, Nerone e Giulio Cesare, Alessandro il grande e poi via col tempo a cercare anche nelle caste più basse e a riempire di valori a volte irreali (visconte di saint Germain per esempio) oppure estremi, come Rasputin, Jan Potocki, Restiv de la Bretonne, Casanova e Cagliostro … e Malaparte.
Ora si è scesi alla plebe mentale pura della quale Limonov è simbolo e moda, ma … ed è un grande ma, se leggo, com'è accaduto a me, un'opera di Malaparte, senza sapere niente di lui, quel che ottengo non è moda, ma un arricchimento eccezionale della mia sensibilità. La morte di Febo, per esempio, il cane della foto, fatto che, come sottolinea Guerrieri, avvenne mentre lo scrittore era via, fu ingigantita in “La pelle”, in un modo che è veramente, dico veramente, indimenticabile. E comprendere per quale motivo Malaparte ha agito così è per me, che cerco di scrivere col cuore in mano, comprensibilissimo. Mi spiego. Due anni prima che Mafalda morisse, ormai vecchia e assai sgangherata, stampai a mie spese un libretto che ebbe l'incasso devoluto poi in beneficenza. Immaginavo Lei, la mia Mafalda, che mi aveva scritto una lettera che era a preambolo del libretto. In essa mi diceva che sentiva la natura che la stava chiamando ed era preoccupata perché non sapeva a chi lasciarmi. Di notte poteva saltare dentro ai sogni e starmi vicino, “ma di giorno … di giorno a chi ti lascio” e mi commuovo tuttora pensando al monumento che le feci, come Malaparte fece per Febo, con queste parole … e questo dirle grazie per il suo affetto così sincero, così disarmante, così vero, così nostro, suo e mio, ma in fondo di tutti coloro che sanno cos'è un affetto.
Penso di essermi spiegato. Ecco cosa manca in quel libro, scritto bene e ben leggibile; doti che aiutano ma purtroppo da sole non bastano. Borges diceva: “la bellezza oggi è comune. Conta ora quel che merita di essere ricordato”. E Borges vide giusto. Si tratta quindi per Malaparte e non solo, di aver meritato uno spazio nella nostra memoria.